15 mar 2016

Un commento sul nuovo articolo di Pippo Russo su Livesicilia

L'articolo di Russo induce ad una profonda riflessione poiché l'argomento in questione è stato più volte trattato dal sottoscritto nel blog. Naturalmente.. come è noto ..fa molto più notizia e viene più letto quando questo viene proposto da un politico conosciuto nell'ambito regionale e non da chi esprime queste disamine in termini di libero pensiero e senza pretese di elevarsi a giornalista o professore.

L'analisi è corretta, perchè tocca l'indiscutibile quesito su un cambiamento che difficilmente potrà avvenire per via delle evidenti difficoltà da parte delle tante associazioni, dei movimenti, i soggetti istituzionali, le liste civiche ed altri.. che facendo fatica ad unirsi in modo compatto, tendono a lasciare intatta la forza ai vecchi contenitori di consensi già formati e più robusti che da anni hanno dimostrato incapacità ed inerzia nei confronti della crescita economica e sociale dell'isola. Partiti, come scrive Russo, sempre dediti alle solite manovre scambiste "di Palazzo", ed alle torbide soluzioni d'apparato.

Ma ciò che riesce difficile digerire in questo articolo, sicuramente corretto nella riflessione, è il tono di trasporto nei confronti dell'operato del sindaco di Palermo Orlando che pare superare ogni dimensione. Non è certo una questione posta come un pregiudizio quella dell'età del sindaco, ma come più volte percepito.. è proprio la sua figura che ormai appartiene ad un passato che lo ha visto da decenni in un percorso politico logoro che ha stancato gran parte dei cittadini che guardano all'innovazione. Quello che è ampiamente dimostrato..e che manca come accentuazione nell'articolo di Russo.. è l'incapacità della gestione di questa giunta che vede oggi una Palermo abbandonata nell'immondizia, nel caos di un traffico indecente, nelle strade da terzo mondo con buche e pozzanghere, marciapiedi divelti ..confusione e caos continuo, in mancanza di idee.. studi e logiche capaci di risolvere anche le più piccole questioni riguardanti insensati semafori. Una giunta che come scopo primario si preoccupa di raccattare risorse attraverso subdole manovre antismog.

Se per il dottor Russo che si approccia ad una analisi simile..fare il sindaco significa solo impedire atti di illegalità o combattere la malavita, credo che una città non avrà mai possibilità di crescere nei servizi necessari. Poco può importare il confronto con chi ha saputo o no far crescere la città con una classe dirigente nuova..se i risultati non si vedono per nulla!

Al di là di questa critica sulla giunta di Palermo l'articolo di Russo va interpretato sicuramente in pieno per quella parte riguardante le difficoltà oggettive di poter uscire da un vecchio sistema politico regionale che vede i soliti Partiti dettare regole e manovre di Palazzo. Ma la responsabilità è anche da imputare ai tanti cittadini ormai sottomessi ad un cinismo che non lascia intravvedere speranze. Una evidente frustrazione dalla quale fanno fatica a venir fuori.. che li trascina verso il non voto od i soliti voti di convenienza: Se i cittadini non si svegliano da questo torpore nulla potrà mai cambiare!   
vincenzo cacopardo



Il cambiamento in Sicilia? al di fuori dei partiti

Se coloro che potrebbero dare molto insieme si limiteranno a compiere una seppur brillante battaglia personale non approderemo ad alcun porto. E a vincere saranno i soliti noti.

Risulta oltremodo lacrimevole, lo confesso, continuare a denunciare la penosa condizione in cui agonizza la Sicilia per le chiare responsabilità di una classe politica complessivamente mediocre, con le dovute eccezioni, e di un governo regionale che possiamo certamente definire, nelle sue quattro declinazioni, tra i peggiori mai avuti. Proviamo, piuttosto, ad affrontare il tema del futuro. Con un recente articolo su Livesicilia, "La nostra sfida contro la cattiva politica" - probabilmente non a caso finora letto da 27.000 lettori - tratteggiavo un possibile scenario alternativo a quello prevedibile e logoro offerto dai partiti siciliani.

Uno scenario per le prossime elezioni amministrative a Palermo - ma vale ovunque - e per le regionali immediatamente successive (entrambe nel 2017). Il mio voleva essere, ed è, un appello ad una alleanza in Sicilia tra cittadini, associazioni, movimenti, soggetti istituzionali (i sindaci), liste civiche già esistenti o in via di formazione, per costruire un percorso della buona politica e del buon governo che, alla fine, giunga a delle liste civiche unitarie composte da donne e uomini di comprovata competenza e moralità. Un modo concreto per dire basta alla degenerazione in fondo alla quale è precipitata la politica siciliana, al sottosviluppo conclamato, a certa antimafia fasulla, alla corruzione diffusa.

Un'alternativa  all'astensionismo, a suggestioni di sicilianismo estremo, di leghismo in salsa sicula e, soprattutto, ai partiti, questi partiti, dimostratisi degli involucri vuoti e dannosi. Il PD siciliano, da me lasciato perché in balia di logiche correntizie e dei padroni delle tessere, affaccendato per sete di poltrone in un colpevole sostegno ai disastrosi governi Crocetta e, in ultimo, in operazioni di riciclaggio di vecchio personale politico, ad oggi non è  in grado di offrire proposte e candidature credibili agli elettori, né a Palermo né alla Regione. Anzi, assisteremo alle solite manovre scambiste "di Palazzo", alle torbide soluzioni d'apparato, per assicurare a Palermo un sindaco frutto dell'accordo romano con i centristi e l'Ncd di Alfano e, a Palazzo d'Orleans, un esponente renziano.

Un piatto altamente indigesto per chi vorrebbe finalmente voltare pagina, ovviamente condito, accetto scommesse, con scontri alla baionetta fratricidi. Ce la fate, per esempio, a immaginare i salti di gioia dell'area di Raciti e Cracolici dinanzi a un'eventuale candidatura di Davide Faraone alla presidenza della Regione? In realtà, qualunque candidatura targata PD, allo stato degli atti, sarebbe divisiva. Poi ci sono i grillini, una forza ormai considerevole che spariglierà le carte ma che non potrà mai garantire in beata solitudine, per le spaventose condizioni finanziarie ed economiche della Sicilia e per la complessità di governo dei Comuni, una rivoluzione che non sia soltanto delle buone intenzioni.

Forse anche loro, spogliandosi della veste di detentori in esclusiva dei valori della moralità pubblica, dovrebbero considerare l'ipotesi di accordi ampi con le migliori espressioni dei vari mondi vitali e della stessa politica presenti in Sicilia. In tale quadro troviamo perfettamente armonica la ricandidatura, già annunciata, a sindaco di Palermo di Leoluca Orlando, figura abbastanza compatibile con iniziative di rottura di un inaccettabile sistema di potere, radicatissimo a livello regionale, gestito da partiti senza anima e da inquietanti cerchi magici.

Orlando, al netto di numerosi problemi ancora da risolvere, ha stabilizzato i conti, martoriati da imponenti tagli lineari dei trasferimenti agli enti locali; ha impedito a speculatori, mafiosi e faccendieri, a Palermo sempre in agguato, di mettere le mani sulla città; ha avviato, con la scelta di presidenti di specchiata rettitudine e adeguata competenza, il risanamento delle partecipate (alcune delle quali trovate saccheggiate, fallite o nel mirino della magistratura). C'è chi tira fuori la questione dell'età, argomento fragile se pensiamo che i due pretendenti al più potente trono della terra - la Casa Bianca - Hillary Clinton e Donald Trump, sono coetanei o addirittura più anziani del Professore.

A chi, invece, lo accusa di non aver saputo fare crescere attorno a lui una nuova classe dirigente vorrei chiedere quale classe dirigente, nuova per davvero, hanno saputo produrre in Sicilia i partiti, in definitiva i soggetti astrattamente titolati e attrezzati a farlo. In effetti, è vero, di giovani speranze, che vadano oltre il freddo dato anagrafico non di rado fuorviante, all'orizzonte non se ne vedono. Discorso a parte merita Fabrizio Ferrandelli, cui si deve riconoscere il coraggio di essersi dimesso da deputato regionale e di affrontare le piazze siciliane con un invidiabile entusiasmo.

Ma lui, mentre sto scrivendo, è ancora de iure e de facto nel PD ed è lì, quindi, che si dovrà candidare rischiando, alla squagliata della neve, di vanificare gli sforzi finora compiuti. I partiti, con le loro regole finalizzate all'autoconservazione appaiono irredimibili; al massimo, se hai un seguito, puoi imbastire l'ennesima corrente entrando in contraddizione. Inoltre, il PD lo candiderebbe a Sindaco di Palermo? A presidente della Regione? Ho fondati dubbi, anzi, sarebbero capaci di lasciarlo fuori financo dalla corsa per un semplice seggio all'Ars, dove, nella migliore delle ipotesi, mesto ritornerebbe dopo aver sbattuto la porta.

Per concludere, se coloro che potrebbero dare molto insieme si limiteranno a compiere una seppur brillante battaglia personale non approderemo ad alcun porto. E a vincere saranno i soliti noti, con annesse clientele, che avremmo voluto (e dovuto) mandare a casa.
Pippo Russo




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