19 apr 2016

Un commento critico all'articolo di Domenico Cacopardo sul referendum

Quella retorica sui principi..che riduce ogni beneficio sui valori...
di vincenzo cacopardo

Non pare perdere occasione il cugino Domenico nell'esprimere tutto il suo entusiasmo a beneficio di una politica governativa..osannando in un crescendo rossiniano...il falso cambiamento voluto dal giovane premier. Domenico Cacopardo accenna ad un braccio di ferro come spinto da una parte della popolazione e non, al contrario, stimolato di proposito dal capo del governo in una sfida sulla sua personale figura. In realtà.. di recente.. non sembra vi siano state consultazioni simili che abbiano superato su base nazionale il 50% e quando si parla del 32,15% dei votanti per un quesito per molti versi secondario, non si può restare apatici circa la rappresentanza di coloro che si sono diretti alle urne.
Mi pare del tutto risibile leggere su questo articolo di Domenico Cacopardo di una corrente principale che corre nell'alveo riformista”: Se questo è quello che viene definito il vento del riformismo..siamo davvero messi bene!

Apprezzo la scrittura dei romanzi di Domenico, ma da tempo non riesco a comprendere come si possano affrontare questi temi con lo spirito delle uniche logiche di un sistema che guarda solo e semplicemente ai profitti.. in dispregio ad ogni principio di democrazia.. e dimenticando ogni altro valore che la società dovrebbe costruirvi attorno. La sua maniera assai pragmatica di scrivere di politica..ricca di una reale visione ai limiti del cinismo è proprio ciò che oggi si vuole combattere per definire al meglio un cambiamento che guardi all'equità ed ai suoi valori connessi: E' proprio il grande difetto di anteporre ogni principio (tra l'altro vecchio) per poi contrapporlo a qualsiasi valore utile alla definizione di un vivere comune più armonico!

Il caso del referendum sulle trivelle (dall'esito di certo scontato) ha però dimostrato come oltre tredici milioni di persone che hanno votato SI..non possano non contare nulla! Inoltre vorrei fare notare ai tanti che non sono andati al voto.. che questo referendum avrebbe potuto avere una sua logica se considerato per regioni...Insomma..se una regione è invasa dalle trivelle mentre un'altra non le ha..è chiaro che la consultazione assume un carattere diverso per il riscontro stesso di un quorum. Vi è poi il problema riguardante le royaltys..che ..come si è detto.. in parte vanno alla regione di pertinenza..e questo sposta automaticamente l'interesse sul relativo territorio!

La battaglia politica finisce col divenire in realtà anche una battaglia per la tutela di interessi economici. Non è dunque esattamente spiegabile la ragione per tutelare gli interessi delle compagnie.. evitando di immedesimarsi anche a difendere gli interessi degli enti locali che concedono i loro territori alle compagnie. Si entra inevitabilmente sull'argomento del guadagno dello Stato, delle Regioni e dei Comuni dalle attività di estrazione di gas e di petrolio. (Per l’Italia siamo ad un’aliquota del 7% per le estrazioni di petrolio in mare e del 10% per l’estrazione di gas che vengono però pagati solo se la produzione annuale supera le 50.000 tonnellate per il petrolio e gli 80.000 metri cubi per il gas). Grazie a queste franchigie impianti “poco produttivi” diventano convenienti perché poi la società produttrice può rivendere il prodotto “a prezzo pieno” La Stampa, a tal proposito, ha scritto che, “nel 2015 su un totale di 26 concessioni produttive solo 5 di quelle a gas e 4 a petrolio, hanno pagato le royalties. Tutte le altre hanno estratto quantitativi tali da rimanere sotto la franchigia e quindi non versare il pagamento a Stato, Regioni e Comuni”.Gli eventuali proventi delle royalties vengono quindi ripartiti.. facendoci capire come le pretese delle diverse Regioni di avere una voce in capitolo non sia del tutto infondata, anche perché lo Sblocca Italia prevede che le Regioni che autorizzano attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi vengano in parte esentate dal patto di stabilità.

Un referendum definito male e senza una logica che ha finito col testare un chiaro malumore verso il governo...Un' errore quello di averlo ridotto in una lotta pro o contro Renzi!..Una lotta sicuramente voluta dal premier e non come afferma Domenico, sostenuta dai tanti giornalisti che, per spirito di servizio, hanno messo in luce le distonie di un sistema ricco di conflitti ed anomalie.

Non si può ridurre la questione attraverso il titolo di Una dura sconfitta per le regioni” poiché si continua a ripetere il solito errore della incongruente antitesi senza entrare nel merito di una discussione che invade mille problematiche come quelle ambientali, di salute e di vera resa economica dei territori. Se c'è qualcuno che ha sempre inteso porre la questione come un braccio di ferro è stato proprio il nostro Premier Renzi che, con la solita determinazione e la saccenteria che lo accompagna, continua costruire muri di separazione nel proprio Paese che occludono ogni scambio politico più fattivo.

Ma si resta più impressionati dalle tante figure di intellettuali che gli vanno appresso per un assurdo principio pragmatico e per porre ostacolo contro chi nel merito e nel metodo chiede maggior equilibrio e più attenzione verso il futuro della società e che con disprezzo viene anche definito detrattore. Tutto ciò si nota nel tono di questo articolo di Domenico che... con forte carica di astio..(di certo immotivata)... si accanisce contro Mentana, Travaglio, Scansi, Casaleggio ed Emiliano. Con chi.. per un verso od in un altro.. ha tutto il diritto di rappresentare meglio i contorni non volutamente definiri della questione e di esprimere la sua posizione in proposito.


Una dura sconfitta per le regioni

"Sempre impegnate contro tutte le iniziative produttive"

di domenico Cacopardo

L'Italia è un bel Paese nel quale le istituzioni hanno toccato il punto più basso della loro storia. La Banca d'Italia non solo è esautorata, ma, con la perdita di prestigio, paga anche una situazione bancaria nella quale, evidentemente, la vigilanza non è riuscita a impedire i disastri e le malversazioni di cui siamo stati attoniti spettatori.
La magistratura è ai limiti della considerazione dei cittadini italiani e rialza leggermente il basso gradimento di cui gode solo quando affronta, a torto o a ragione, il mondo della politica.
La situazione è tanto deteriorata che, rinunciando al senso della storia e a essere partecipi del processo di trasformazione innescato nella società che, di sicuro, toccherà i privilegi e i privilegiati, i magistrati hanno eletto alla presidenza della loro associazione Pier Camillo Davigo per un impossibile ritorno al passato. Tanto che questo magistrato al culmine della carriera invece di prospettare una strada per dare ai processi tempistiche europee, si è scagliato contro la prescrizione, ipotizzando in modo implicito procedimenti che possano durare ancora di più di quanto durano adesso. Un modo inaccettabile di tenere sotto scacco la società civile.
Ci domandiamo perché l'economia non riparte e perché la crisi continua, senza osservare il ruolo devastante delle regioni che, con normative restrittive e ricattatorie, pongono ostacoli ad attività ovunque favorite e promosse. La stessa protervia di Michele Emiliano (un magistrato regalato alla politica) che, ignorando lo stato dei depuratori pugliesi, se l'è presa con le piattaforme che danno un modesto contributo alla nostra bolletta energetica, dimostra come un vecchio modo di fare politica, legato ai privilegi delle vecchie Nomenklature continui a pretendere un ruolo cancellato dalla Storia. Emiliano, la cui ostensione e le cui prestazioni televisive hanno sfavorito la causa referendaria, non vede il «game out» e rifiuta di ammettere la sconfitta, immaginando fantascientifici scenari di rivincita
Ma gli sconfitti più sconfitti sono gli esponenti del Movimento 5 Stelle la cui attrattiva crolla nel momento in cui sembrava avessero raggiunto il massimo splendore, tanto da farli definire dai sondaggisti delle parrocchiette televisive (antiRenzi) possibili antagonisti di Renzi nel ballottaggio che dovrebbe esserci dopo la prima fase delle elezioni politiche. Il 28/29% di cui erano stati, falsamente, accreditati si sfarina all'interno della sconfitta referendaria. Non impareranno la lezione, vittime come sono di un sistema fondato su un dittatore indiscusso, Grillo, e sul suo braccio destro (o principale decisore?) scomparso in questi giorni e surrogato per via ereditaria (gli affari della ditta di famiglia) da Davide Casaleggio. Fanno una figura barbina gente come Travaglio e lo speciale protetto della zarina de La7 (che, per ovvi motivi, non nomino) Scanzi: probabilmente abbracciando la causa NoTriv hanno rallentato per qualche giorno l'inesorabile caduta del loro giornale. Ma, a furia di distribuire tossine, la gente si stanca e trova gli antidoti.
Risalta, nel panorama, Giorgio Napolitano, un politico non immune da critiche anche fondate, ma uomo coraggioso che, di fronte alla pusillanimità di tanti personaggi istituzionali, ha avuto il coraggio di parlare con chiarezza esprimendo le proprie opinioni. Se ci fate caso, coloro che non aderivano al fronte referendario erano soggetti a una generale damnatio, manifestazione contemporanea di intolleranza e di fascismo.
Due considerazioni finali sul referendum: la prima è che il fronte referendario ha perduto la partita. La stragrandissima maggioranza degli italiani ha mostrato disinteresse e contrarietà, indiscutibile dato politico.
La seconda è che questo è un Paese povero, senza risorse naturali, che ha inventato la propria ricchezza sulla trasformazione. Da molti anni, hanno avuto voce in capitolo coloro che auspicavano (e hanno attuato) una legislazione restrittiva, soprattutto le Regioni che hanno imposto una marea di condizioni e di balzelli (metodo ricattatorio i cui scopi sono immaginabili) tanto gravi da spingere coloro che avrebbero voluto investire nella loro Nazione a espatriare. La crisi occupazionale nella quale versiamo e della quale non si vede soluzione, si fonda su un clima generale delle istituzioni pubbliche contrario alle attività produttive. Le ultime perdite (la più grande ed eclatante, la siderurgia) aggiungono migliaia di lavoratori all'elenco dei disoccupati senza una prospettiva di rioccupazione. E lo scandalo maggiore è la bieca acquiescenza del sindacato votato ad appoggiare una normativa impeditiva, piuttosto che a sostenere le esigenze dei produttori di fronte alla mano pubblica votata alla rapina.
In questo contesto, va ricordato al presidente Mattarella che lui, proprio lui, deve porsi il problema di uscire dalla mediocrità, cercando di farsi coraggiosamente interprete del popolo italiano e delle sue pulsioni riformiste. Cambi squadra e cerchi qualcuno che sia capace di accendere di passione e di contemporaneità i suoi discorsi, abbandonando la retorica veterodemocristiana e i toni da sagrestia per riprendere la strada percorsa da alcuni presidenti del passato, tra i quali voglio ricordare Saragat, Cossiga e Napolitano. Non cito Pertini, non per dimenticanza, ma perché lo considero espressione consunta della peggiore retorica e incapace di interpretare il suo ruolo per quello che era (il New York Times, in occasione della sua visita negli Usa lo dipinse allo stesso modo in cui aveva dipinto Leone: una macchietta). Leggere le memorie di Antonio Maccanico per comprendere. Gli altri, a parte De Nicola ed Einaudi che appartengono all'archeologia della Repubblica –personaggi ammirevoli e disinteressati-, non meritano una citazione essendo stati mediocri nella vita politica e nell'esercizio delle loro funzioni istituzionali.
Domenica, 10 regioni hanno voluto giocare a braccio di ferro con gli italiani. Nelle urne hanno sonoramente perduto. Oggi è un altro giorno, non piove e si consolida la speranza che il cambiamento prosegua per la sua impervia via. Grideranno a più non posso i parassiti che sin qui hanno prosperato. Ma la corrente principale del fiume corre nell'alveo riformista.
Per il momento due sole calde richieste al premier Matteo Renzi: parli di meno e meno a casaccio. Rifletta di più. La seconda: allontani dal video la signora Serracchiani che fa più danni di Bertoldo a ogni apparizione. Grazie.















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