16 giu 2016

UNA RISPOSTA AL NUOVO ARTICOLO DI DOMENICO CACOPARDO



Il NO è suonato da molti tromboni

È un NO a un percorso che porta l'Italia fuori dal guado
 di Domenico Cacopardo



La fragilità del «Sistema Italia» torna a emergere in tutte le sue insospettabili dimensioni ancora oggi, quando l'ipotesi «Brexit» (l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea a seguito del referendum che si celebrerà il 23 giugno) cresce nell'opinione dei sondaggisti che danno sempre più vincente –anche se con margini modesti ma netti- il Sì.
Se non ci fosse l'ombrello aperto anche su di noi, soprattutto su di noi, da san Mario Draghi da Francoforte, lo «spread», già cresciuto sensibilmente, avrebbe raggiunto i livelli che, nel 2011, spinsero, per l'ardita manovra di Napolitano in accordo con la Merkel, il governo legittimamente (per vittoria elettorale) in carica, diretto da Berlusconi, alle dimissioni, consentendo così la costituzione del governo Monti e tutto ciò che ci è noto, compreso quel «Fiscal compact», inaccettabile per contenuti, forme e soprattutto sostenibilità.
Da qualsiasi punto di vista lo guardiamo, quell'episodio dev'essere considerato un vero e proprio commissariamento comunitario dell'Italia operato con forme e contenuti che, formalmente, cioè ipocritamente, salvaguardavano la sovranità nazionale.
E la cosa era così nota e considerata ineluttabile da tutti, che i partiti maggiori e minori presenti in Parlamento votarono senza battere ciglio le varie norme, anche le più assurde o sbagliate (vedi Fornero), che il governo Monti proponeva.
Quest'antefatto fornisce una chiara e logica interpretazione di ciò che è accaduto dopo. Le elezioni del 2013 con il successo della banda grillina, l'assenza di una maggioranza, e Napolitano costretto a promuovere una grande alleanza sinistra-destra per avviarcon il Pd di Bersani «non sconfitto»e (senza più il ricorso all'elemento estraneo) un processo di riforma costituzionale e di riforme di struttura, capace di ricondurre l'Italia nell'alveo del pacchetto di regole e di modalità di governo della società e dell'economia praticato nell'Europa comunitaria e, perché no, nel resto del mondo avanzato (a parte la Cina).
L'inefficienza ontologica di Enrico Letta costrinse ben presto il presidente della Repubblica e il neoeletto segretario del partito di maggioranza, a costituire un nuovo governo, diretto, appunto, da Matteo Renzi e fondato su una effimera prosecuzione dell'accordo sinistra-destra (Patto del Nazareno) saltato sulla mina dell'elezione del presidente della Repubblica, Mattarella.
Se non abbiamo presenti queste condizioni esogene ed endogene, ci viene difficile capire il punto cui siamo arrivati, la strada percorsa, quella da percorrere e le criticità, vaste e irrisolvibili nel breve, che rendono l'Italia un Paese fragile politicamente, economicamente e socialmente.
L'inquadramento del momento che attraversiamo nella vicenda di questi ultimi dieci anni, ci porta a considerare, quella attuale, la tratta di un lungo percorso che ci porterà in tempi non lontani a un assetto politico-legislativo pienamente compatibile con la presenza nell'Unione. Solo così la questione del debito pubblico può essere sminata in modo da permettere che il problema sia affrontato in Italia e a Francoforte con strumenti accettabili e gestibili nell'ambito del nuovo assetto istituzionale. È fondamentalmente questa, la ragione per la quale si deve approvare la riforma costituzionale che abolisce il bicameralismo paralizzante ora in vigore.
Sembra che, nell'affrontare la questione (come le altre oggetto di leggi di riforma), il governo si sia dimenticato di chiarire, ai cittadini italiani, di essere una formazione transeunte che si inserisce tra il governo commissariale di Monti, quello senza nerbo né un progetto coerente (nel senso che abbiamo spiegato) di Enrico Letta, e il governo del futuro quello che uscirà dalle prossime elezioni, con premio di maggioranza di lista e ballottaggio. In un contesto nel quale gli obblighi europei sono forti e condizionanti e che, tutto sommato, l'attuale elasticità e l'indulgenza di Bruxelles sono strettamente collegate a questo medesimo governo e a un disegno riformista ritenuto coerente con le esigenze del Paese e dell'Unione.
Diventa difficile, quindi, giustificare con argomenti razionali il voto contrario nel referendum costituzionale, annunciato con parole solenni e retoriche da tanti personaggi del passato.
Risulta parimenti –e peggio- incomprensibile accettare, senza una semplice contestazione, l'istinto suicida che ha colto molti esponenti della sinistra storica che si scalmanano a dichiarare che voteranno grillino. Penso a una persona per bene in particolare, a Vincenzo Vasile, storico giornalista dell'Unità, personalità del mondo dell'informazione democratica e antimafia palermitana, uomo senza macchia e senza paura che, su un social, dichiara di votare la grillina Virginia Raggi, rifiutando il voto a Roberto Giachetti.
Sembra che così si dichiari di essere orfani di Berlusconi e del primitivo gioco dello scontro buoni-cattivi, si immagini di sostituire il cavaliere con un simil-cavaliere, impersonato da Matteo Renzi, l'usurpatore dell'ortodossia (quale? Quella comunista, postcomunista, democristiana?), e si voglia liquidare l'idea, discutibile, ma attuata, di dotare l'Italia di un partito democratico, cioè moderato e riformista, capaci di portare a sintesi le esigenze dell'Europa e della sua economia, e una politica «light» di gestione dei sacrifici. E che questo sia il «mood» di questo governo, di questa gestione, lo si può capire solo confrontando le dure ricette attuate in Portogallo, Spagna, Irlanda e Grecia e le lievi (in termini comparativi) decisioni italiane in tutti i campi della spesa pubblica.
La ragione, ecco, la ragione dovrebbe prevalere. E dovrebbe ricordare a tutti coloro che hanno raggiunto gli anta che ci sono alcuni discrimini invalicabili in questa Nazione: uno è quello del fascismo, anche di ritorno, e l'altro è quello dell'antagonismo stragista, sempre in agguato. Nei confronti del secondo, ricordiamolo, il Pci di Berlinguer si assunse l'impegno di difesa democratica supremo, la delazione: denunciare i compagni collusi. Ci fosse un'emergenza democratica vera oggi ci sarebbe qualcuno, nella sinistra storica, capace di rischiare la vita come Rossa per la difesa della Patria? Questo è il problema esistenziale di tanta gente che non deve essere abbandonata dalla politica e portata a contribuire, a destra, al centro e a sinistra, al suo consolidamento e diffusione.



IL SI..INVECE..SUONA I TAMBURI DI UNA PIU' COMODA OLIGARCHIA
di vincenzo cacopardo

In questo articolo Domenico Cacopardo sembra far trasparire una “forma mentis” bloccata ancora sulla visione di una repubblica del passato fondata su logiche e paradigmi ormai vecchi. Questa sua analisi.. nella lettura..appare impedita da un pensiero che non ci appartiene più..poichè gli errori sono stati tanti e le conseguenze inevitabili...Primo di tutto l'Unione Europea che è risultata un sciagura... Su di essa non si può più approfondire alcun argomento che possa reggere... Giorno dopo giorno si dimostra quanto questa Unione stia portando alterazioni ad un sistema internazionale che non riesce a premiare la sua crescita in un contesto globalizzato e che svantaggia tante Nazioni che ne fanno parte tra cui la nostra. Questa Europa è la inspiegabile dimora di Paesi che non trovano una solidale politica a beneficio della sua stessa Unione..sia in tema economico.. che politico e sociale.

Domenico sa bene che e' da tempo che si parla della mancanza di una politica internazionale che possa vedere in lungimiranza... attuando meno vincoli e misure restrittive per chi sfora l'impegno alla stabilità. Ci si comincia ad accorgere in gran ritardo di quanto sia in pericolo la nostra economia e quanto insidiose le molteplici reazioni populiste messe in evidenza.. giorno dopo giorno.. nei vari Paesi.


Malgrado gli enormi sforzi e le grandi sofferenze sopportate dai cittadini del nostro Paese..sembra che sia veramente impossibile ridurre il debito.. soprattutto in mancanza di una crescita del PIL che proprio per via di certe direttive europee si impongono... e fino a quando la crescita del Pil rimane vicina allo zero o di poco maggiore.. i tassi di disoccupazione saranno destinati a rimanere altissimi. Inoltre la politica del premier Renzi (per lo più imposta dalla stessa Europa)..malgrado la concitata comunicazione....non è riuscita a definire una vera via strategica operando con manovre a debito di convenienza elettoralistica e senza idee innovative sul lavoro più adatte e consone al nostro naturale sviluppo. Tutto ciò persino tenendo conto delle operazioni messe in atto da Draghi col QE.


Nella sua esplicita analisi storica della politica degli ultimi anni Domenico dimentica di indicare la lunga serie di anomalie condotte persino da Napolitano su ordine di una comunità europea sorda ad ogni sensibilità di un Paese che ha dovuto ottemperare a sacrifici enormi e che ha visto nell'Unione perdere ogni suo principio di qualità e di equità sociale. Le anomalie hanno di conseguenza continuato a generare conflitti sui quali si è imbastita la sottile tela delle riforme ideate da Renzi e la sua squadra alquanto inidonea.

Si può essere d'accordo con l'articolo di Domenico Cacopardo ..ma non si può non accorgersi di come tutto questo abbia potuto generare disgusto e mancanza totale di riguardo verso una politica che per salvaguardare un principio di governabilità ha dovuto sacrificare il più importante principio democratico di una repubblica che rimane parlamentare. Anche se l'insieme non portasse alla (più volte declamata) “deriva autoritaria”, lascia intravvedere irrisolto il problema di un equilibrato funzionamento dell'ordinamento istituzionale in una società che si dichiara ancora democratica.

Uno dei dubbi che si rileva in questa riforma pasticciata è il fatto che non ci si sia impegnati a fondo a guardare con più attenzione in direzione di un logico funzionamento che ogni sistema democratico dovrebbe tenere in considerazione e cioè: Che in democrazia tutto deve nascere dal basso confluendo verso l'alto (Cittadini-Partiti-Parlamento-Governo)..Una considerazione che dovrebbe vedere nei programmi e nei Partiti che li supportano.. una base di partenza sulla quale muoversi in direzione di una governabilità di funzione e non di scopo personale. Ciò significava avviarsi in prima battuta su una prudente ed avveduta riforma sui Partiti...rendendoli più partecipi e responsabilizzati ( finanche non legati ad interessi sull' amministrativo) Quindi, in realtà, non è proprio la riforma (assai poco convincente e pasticciata) che non convince, quanto il mancato indirizzo verso un vero funzionamento democratico..Un indirizzo che non si è voluto ricercare in modo più equilibrato e confacente alla natura politica del nostro Paese. E' mancato il vero obiettivo.. sia per la smisurata fretta..che per la supponenza imposta.

Affermare che il NO al referendum è un percorso che porta l'Italia fuori dal guado non è per nulla esatto ed è persino forviante se non si entra nel merito delle riforme volute da Renzi per mano della Boschi. Di fatto si è proceduto persino nel metodo in modo anomalo e discutibile... Con tutto il rispetto per chi la pensa per il SI.. che ha tutto il diritto di esprimersi come vuole, le circostanze per la quali si muove un fronte dei NO è supportato, oltre che da una considerazione di metodo assai imbarazzante (mancanza di una Costituente)..anche da quella di una assenza verso nuove idee in proposito: Come se avessimo perso il treno adatto per raggiungere quel traguardo tanto agognato...La prova di tutto ciò sta proprio nelle parole dei tanti politici che propongono quel SI e che oggi insistono con la retorica frase : “meglio questo che nulla”! Una frase che la dice lunga sulla superficialità con la quale si pensa di poter riformare una Costituzione.

Continuare a prendersela col Movimento 5Stelle..sminuendo ogni suo lavoro per cercare di salvaguardare i diritti ed i valori di una società non può aiutare (anche se in loro possono evidenziarsi difetti di vario genere)..Ma ha forse dimostrato la politica delle recenti figure del PD o PDL di saper cambiare e di amministrare con senno ed equilibrio? Ogni cambiamento merita rispetto.. e di sicuro Renzi al suo Paese, dati i risultati ottenuti.. non ne ha certo portato!



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