L'ITALIA CHE NON CAMBIA
di Paolo Speciale
I recenti risvolti della
vicenda Renzi-Consip, non a caso rimbalzati in clima pre-elettorale
nelle ultime cronache quotidiane, confermano un’immagine pressoché
desolante - già purtroppo presente da decenni – della storia tra i
rapporti tra le istituzioni repubblicane, nell’ambito di un
conflitto difficile e per questo mai composto.
Il
problema della contrapposizione tra i poteri sovrani e fondamentali
dello Stato si era tragicamente posto, con una progressiva e
prevedibile ingravescenza dovuta all’inizio del ventennio
berlusconiano, nel 1992 con origine dalla Procura di Milano. Non che
altri Pubblici Ministeri prima di allora non avessero alcun politico
da inquisire, ma quell’anno, come è noto, segnò l’inizio di
una diversa filosofia relazionale e comportamentale attribuita al
Giudice in senso lato, il quale con la ricerca delle “mani pulite
“ seppe finalmente prendere coscienza delle “mani libere” che
le leggi fondamentali dell’ordinamento gli rendevano disponibili,
affrancandosi da una sorta di timore riverenziale verso l’esercizio
e l’espressione del potere politico sia legiferante che di
governo.
E
sin qui possiamo parlare con l’orgoglio derivante dalla grande
ammirazione e gratitudine nei confronti di chi ha avviato questo
naturale processo di attuazione vera e propria del dettato
costituzionale.
Dopo
qualche tempo, come è noto, la degenerazione infausta del timore
riverenziale ebbe modo di manifestarsi sotto altro, nuovo e
destabilizzante modus agendi: alcuni organi togati, rappresentanti
dello Stato nei procedimenti giudiziari, non seppero, umanamente,
rimanere insensibili a quel fascinoso potere politico che divenne
impropriamente il motore di inchieste giudiziarie in genere infondate
ma fortemente influenti sull’esercizio del potere politico stesso
ed oggetto, secondo una tradizione tipicamente italiana, di solenne
ma non sincera ammirazione dalle forze che allora costituivano
l’opposizione pulita e non iscritta nel registro degli indagati.
Semplice
opportunismo quello dell’allora PD senza la complicità dei
magistrati? Può essere. Ma anche no.
E
dunque, come non considerare oggi non onorevole la presa di posizione
di Renzi, più o meno direttamente coinvolto nell’inchiesta Consip,
che addirittura non parla neanche più di esercizio dell’attività
di indagine e giudiziaria con le caratteristiche di una lotta
politica impari - come aveva fatto il Cavaliere - ma definisce
addirittura “eversivo” il procedimento avviato dal Dottor
Woodcock nei confronti di Papà Renzi? Dove è finito il rispetto –
sempre e comunque dovuto – nei confronti dell’operato della
Magistratura, intesa come naturale destinataria di pubblica fiducia
nell’amministrare la Giustizia?
Ed
ancora però, come porsi da cittadini nei confronti di un Procuratore
Capo che affida sempre allo stesso Sostituto inchieste di particolare
risonanza presso la pubblica opinione, non nutrendo così minimamente
il legittimo dubbio che una scelta già a priori considerata
discutibile dell’istruttore del procedimento possa costituire essa
stessa danno all’immagine del potere giudiziario, giungendo in una
sorta di limbo dove la percezione della necessaria differenza tra il
ruolo dell’indagato (politico) e dell’ inquirente (aspirante
tale) si dissolve lasciando un vuoto inquietante?
Il
nostro Paese non cambia e non cambierà su parecchie cose e tuttavia
perché non proviamo innanzitutto a chiederci “chi deve cambiare
cosa?”.
Occorre
partire da una saggia e responsabile individuazione dei soggetti e/
o degli organi legittimati – o legittimandi – ad elaborare ed a
porre in essere una sostanziale riforma che ridisegni le reciproche
autonomie e garanzie di azione tra i poteri supremi dello Stato
democratico: epperò sappiamo anche tutti che nessuno può riformare
sé stesso perché la sua stessa condizione di destinatario
dell’azione istituente l’innovazione ne compromette la bontà
d’intenti.
Eppure
bisogna procedere, prima che sia troppo tardi.
Paolo
Speciale
NON SI CAMBIA... SE PRIMA NON SI ROMPE
“La divisione più netta dei ruoli ed un serio regolamento sui Partiti”..sono la mia risposta a queste domande poste dall'amico Speciale...Ma Paolo si chiede anche chi deve proporre le giuste riforme allo stato di una politica che ha ormai toccato il fondo. Questa sua domanda è quella che un po' tutti ci poniamo..ma nulla potrà mai cambiare se prima non si rompe il vecchio ingranaggio.
“La divisione più netta dei ruoli ed un serio regolamento sui Partiti”..sono la mia risposta a queste domande poste dall'amico Speciale...Ma Paolo si chiede anche chi deve proporre le giuste riforme allo stato di una politica che ha ormai toccato il fondo. Questa sua domanda è quella che un po' tutti ci poniamo..ma nulla potrà mai cambiare se prima non si rompe il vecchio ingranaggio.
Persino
il Movimento 5Stelle (l'unico in grado di poter rompere il vecchio
sistema) non sembra in grado di riformare nel modo giusto.: Le
parole di Grillo sul candidato a capo del Movimento che deve
proporsi come candidato Premier esprimono già di per sè una
mancanza di cognizione e di una attenta analisi di ciò che è
avvenuto in questi ultimi anni: Un doppio ruolo che ha solo
creato problemi e conflitti incolmabili. Questa partenza è già
di per sé un flop!
Possiamo
perciò immaginare che se anche il Movimento 5Stelle potrà essere in
grado di rompere, difficilmente, in considerazione della sua
struttura politica organizzativa, potrà essere in grado di ricostruire una
nuova politica per il futuro. Dobbiamo augurarci che riescano ad
entrare nuove forze in grado di riformare in termini più adeguati,
ma resta il fatto che la prima mossa è di certo quella di smontare
un vecchio sistema e nessuno oggi ha la forza dei numeri per farlo se non i pentastellati.
vcacopardo
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