20 set 2017

Analisi di Paolo Speciale e breve commento

L'ITALIA CHE NON CAMBIA
di Paolo Speciale
I recenti risvolti della vicenda Renzi-Consip, non a caso rimbalzati in clima pre-elettorale nelle ultime cronache quotidiane, confermano un’immagine pressoché desolante - già purtroppo presente da decenni – della storia tra i rapporti tra le istituzioni repubblicane, nell’ambito di un conflitto difficile e per questo mai composto.
Il problema della contrapposizione tra i poteri sovrani e fondamentali dello Stato si era tragicamente posto, con una progressiva e prevedibile ingravescenza dovuta all’inizio del ventennio berlusconiano, nel 1992 con origine dalla Procura di Milano. Non che altri Pubblici Ministeri prima di allora non avessero alcun politico da inquisire, ma quell’anno, come è noto, segnò l’inizio di una diversa filosofia relazionale e comportamentale attribuita al Giudice in senso lato, il quale con la ricerca delle “mani pulite “ seppe finalmente prendere coscienza delle “mani libere” che le leggi fondamentali dell’ordinamento gli rendevano disponibili, affrancandosi da una sorta di timore riverenziale verso l’esercizio e l’espressione del potere politico sia legiferante che di governo.
E sin qui possiamo parlare con l’orgoglio derivante dalla grande ammirazione e gratitudine nei confronti di chi ha avviato questo naturale processo di attuazione vera e propria del dettato costituzionale.
Dopo qualche tempo, come è noto, la degenerazione infausta del timore riverenziale ebbe modo di manifestarsi sotto altro, nuovo e destabilizzante modus agendi: alcuni organi togati, rappresentanti dello Stato nei procedimenti giudiziari, non seppero, umanamente, rimanere insensibili a quel fascinoso potere politico che divenne impropriamente il motore di inchieste giudiziarie in genere infondate ma fortemente influenti sull’esercizio del potere politico stesso ed oggetto, secondo una tradizione tipicamente italiana, di solenne ma non sincera ammirazione dalle forze che allora costituivano l’opposizione pulita e non iscritta nel registro degli indagati.
Semplice opportunismo quello dell’allora PD senza la complicità dei magistrati? Può essere. Ma anche no.
E dunque, come non considerare oggi non onorevole la presa di posizione di Renzi, più o meno direttamente coinvolto nell’inchiesta Consip, che addirittura non parla neanche più di esercizio dell’attività di indagine e giudiziaria con le caratteristiche di una lotta politica impari - come aveva fatto il Cavaliere - ma definisce addirittura “eversivo” il procedimento avviato dal Dottor Woodcock nei confronti di Papà Renzi? Dove è finito il rispetto – sempre e comunque dovuto – nei confronti dell’operato della Magistratura, intesa come naturale destinataria di pubblica fiducia nell’amministrare la Giustizia?
Ed ancora però, come porsi da cittadini nei confronti di un Procuratore Capo che affida sempre allo stesso Sostituto inchieste di particolare risonanza presso la pubblica opinione, non nutrendo così minimamente il legittimo dubbio che una scelta già a priori considerata discutibile dell’istruttore del procedimento possa costituire essa stessa danno all’immagine del potere giudiziario, giungendo in una sorta di limbo dove la percezione della necessaria differenza tra il ruolo dell’indagato (politico) e dell’ inquirente (aspirante tale) si dissolve lasciando un vuoto inquietante?
Il nostro Paese non cambia e non cambierà su parecchie cose e tuttavia perché non proviamo innanzitutto a chiederci “chi deve cambiare cosa?”.
Occorre partire da una saggia e responsabile individuazione dei soggetti e/ o degli organi legittimati – o legittimandi – ad elaborare ed a porre in essere una sostanziale riforma che ridisegni le reciproche autonomie e garanzie di azione tra i poteri supremi dello Stato democratico: epperò sappiamo anche tutti che nessuno può riformare sé stesso perché la sua stessa condizione di destinatario dell’azione istituente l’innovazione ne compromette la bontà d’intenti.
Eppure bisogna procedere, prima che sia troppo tardi.
Paolo Speciale



NON SI CAMBIA... SE PRIMA NON SI ROMPE
La divisione più netta dei ruoli ed un serio regolamento sui Partiti”..sono la mia risposta a queste domande poste dall'amico Speciale...Ma Paolo si chiede anche chi deve proporre le giuste riforme allo stato di una politica che ha ormai toccato il fondo. Questa sua domanda è quella che un po' tutti ci poniamo..ma nulla potrà mai cambiare se prima non si rompe il vecchio ingranaggio.

Persino il Movimento 5Stelle (l'unico in grado di poter rompere il vecchio sistema) non sembra in grado di riformare nel modo giusto.: Le parole di Grillo sul candidato a capo del Movimento che deve proporsi come candidato Premier esprimono già di per sè una mancanza di cognizione e di una attenta analisi di ciò che è avvenuto in questi ultimi anni: Un doppio ruolo che ha solo creato problemi e conflitti incolmabili. Questa partenza è già di per sé un flop!

Possiamo perciò immaginare che se anche il Movimento 5Stelle potrà essere in grado di rompere, difficilmente, in considerazione della sua struttura politica organizzativa, potrà essere in grado di ricostruire una nuova politica per il futuro. Dobbiamo augurarci che riescano ad entrare nuove forze in grado di riformare in termini più adeguati, ma resta il fatto che la prima mossa è di certo quella di smontare un vecchio sistema e nessuno oggi ha la forza dei numeri per farlo se non i pentastellati.
vcacopardo


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