21 apr 2013

La rielezione di Napolitano nel paese gremito di populismo



Ci voleva Napolitano per assorbire il grande vuoto da tempo presente nel nostro paese!
Con tutto il rispetto che si deve al professor Rodotà…appare davvero assurda e pretestuosa, la violenza verbale con la quale si è espressa la piazza invasa dai grillini a sostegno di chi è stato candidato e scelto al terzo posto da una votazione di poco più di 40mila partecipanti ed i cui voti sono stati distribuiti tra una decina di candidati.Un candidato…quindi..che potrebbe avere ricevuto anche meno di 10mila preferenze su 8milioni degli aderenti al movimento: Una piccola preferenza su una  inconsistente partecipazione.
Desta..perciò, maggiore stupore il fatto che Grillo abbia potuto gridare ad un “golpe”. Ma quale golpe?..Come si fa ad urlare che tale loro candidato era il vero candidato di tutti i cittadini?
Questa vergognosa pagina della storia politica contrasta con la rielezione di un uomo di 88anni che…con immenso sacrificio fisico e psichico…al di là di ogni possibile compromesso politico, ha sicuramente dimostrato un vero amore nei confronti del suo Paese.
Un becero populismo...quello condotto da chi non perde occasione per sobillare le piazze, manifestandosi in modo assai grezzo e duro all’ignoranza dei tanti accoliti. Ma…lo stesso Grillo dovrebbe intuire quali risvolti potrebbe avere un domani su se stesso…questo esagerato modo di esprimersi e l’alterazione che questo populismo potrà avere nei confronti di chi demagogicamente illude.
Ritornando a Napolitano…non possiamo che essere grati ad un Presidente che ha sempre promosso le riforme in una collaborazione piena e comune della politica,…ai suoi messaggi che hanno sempre messo in risalto la figura dell’ anziano Presidente come la figura di un inaspettato ed ispirato innovatore.
Qualunque scelta operata da Napolitano sulla governabilità, dunque…non potrà che essere suggerita da un chiaro impulso di voler porre fine alla politica litigiosa degli ultimi anni. Un sentimento chiaro che lo ha spinto ad un sacrificio che non potrà mai essere messo in discussione da una piazza spinta nell’irrazionale demagogia populista.
La particolare forza adesso assunta dalla riconferma…non potrà che fornire maggiore forza ad un Capo dello Stato che rimane oltre che un attento controllore, anche un inedito stimolatore,  per una Nazione che deve operare scelte per le indispensabili riforme ed integrarsi con l’Europa .
Vincenzo Cacopardo    

19 apr 2013

Elezioni del Presidente in salsa bipolare..



Quando analizzo la politica del mio Paese, non ho l’abitudine di schierarmi...il mio scopo è sempre quello di trovare delle riposte utili per la ricerca del nuovo. La mia osservazione sulla nuova elezione del Presidente, non si pone…quindi, come una critica alle figure proposte, ma analizza le opportunità, il momento storico ed il metodo con cui si affronta.
Con l’elezione di Prodi alla Presidenza della Repubblica…si mette definitivamente fine a qualunque dialogo con una parte della politica del nostro Paese. Forse ancora peggio!… si può scatenare una reazione a catena nella dialettica politica sempre più segnata da altre illogiche posizioni… poiché la stessa figura del Professore, rappresenta un passato  costruito sul modello che si vorrebbe cambiare. Un trascorso che ha visto, nel fallimentare bipolarismo, violente contrapposizioni (ideologiche, politiche e figurative) che hanno generato perenni conflitti…conducendo al collasso lo stesso sistema.
Prodi ha sempre rappresentato l’avversario simbolo del partito del Cavaliere. Sarebbe stato più prudente non tirare in ballo questa figura come l’assurda provocazione di un partito (il PD) che sembra sgretolarsi giorno per giorno nell’affannosa ricerca di nuove figure e nuove idee.
Con l’elezione di Prodi… la reazione del mondo politico interno al Paese non potrà che far crescere il consenso dello stesso Berlusconi e dei proseliti che gli girano attorno….avendo ulteriori giustificazioni per portare avanti campagne politiche spinte dalla mancanza di un vero cambiamento.
Un partito che non vince le elezioni e che…grazie ad un esoso premio di maggioranza..impone proposte per un Presidente della Repubblica (che in realtà dovrebbe essere espressione del popolo in qualità di garante)…non potrà che perdere consensi.
Abbiamo rinunciato a figure innovative, che di sicuro non avrebbero rappresentato l’istigazione allo scontro…per tornare ad una figura del passato, simbolo di una certa politica dell’esasperazione.
Con i presupposti con cui si è portata avanti questa elezione…dubito fortemente che vi possa essere una vera innovazione nel nostro Paese.
vincenzo cacopardo

18 apr 2013

Tutelare l’immagine dell’alta carica





Come dimostrano i fatti odierni …dai quali si ricavano manovre ed inciuci tali da trasformare un’importante elezione di un Capo dello Stato…per il futuro non ci si potrà sottrarre ad una fondamentale riforma costituzionale che possa promuovere l’elezione del primo rappresentante delle istituzioni della Repubblica, attraverso un aperto suffragio popolare. Dovranno essere i cittadini ad eleggere il loro Presidente !

Una prima riforma costituzionale potrà rappresentare il fondamentale passo in avanti a beneficio di altre innovazioni… evitando che tale figura di garante delle istituzioni del nostro Paese…non possa più essere sottoposta alla forza di trattative che espongono a compromessi il successivo iter politico.

Un domani potremmo non lamentarci più di tali scelte obbligate da strani inciuci...bisogna, quindi, spingersi con decisione verso le importanti riforme.
La figura del nostro Capo dello Stato..deve essere preservata come un’immagine di grande imparzialità ed equilibrio tra tutte le altre, poiché…malgrado i poteri limitati… dobbiamo sempre concepirla come un’attenta guida verso un sano cambiamento. 

Vincenzo Cacopardo   

Commento all'editoriale DI GIOVANNI SARTORI SUL CORRIERE DEL 17 APRILE 2013




(inerente alla ricerca ed allo studio della politica, non possiamo trascurare questo commento di un profondo politologo come Giovanni Sartori)


IL DIVIETO DI VINCOLO DEL MANDATO
La libertà degli eletti



Nel mio ultimo pezzo di febbraio il cui titolo doveva essere Le bugie elettorali dalle gambe lunghe scrivevo in esordio: «Che brutte elezioni». Era facile indovinarlo, ma non ho indovinato abbastanza. L’elezione è stata più che brutta, bruttissima; e il bello è che tra i suoi tre quasi-vincitori è stata quasi vinta da una organizzazione incostituzionale. Io non ho titolo per sottoporre la questione all’esame della Corte costituzionale. Ma l’Italia, mi raccontavano da bambino a scuola, è «la patria del diritto». Del diritto romano certo; ma del diritto costituzionale delle democrazie rappresentative (moderne) si direbbe proprio di no. E ancor meno ne sa, temo, la appena eletta presidente della Camera che ha esordito con questa puerile sparata retorica: «Noi abbiamo la più bella Costituzione del mondo».

Temo di no. Ho sostenuto più volte che quel testo andava emendato sui poteri del governo, che sono insufficienti; che i nostri costituenti avevano dimenticato di richiedere ai partiti dei veri e propri statuti, e che non avevano previsto lo «stato di emergenza» o di necessità: un istituto che sarebbe davvero servito, per esempio, a legittimare e rafforzare il governo Monti senza dover ricorrere alla fragile finzione del «governo del presidente». Ma salvo ritocchi come questi, ho sempre avversato l’idea di scrivere una nuova Costituzione ricorrendo ad una Assemblea costituente di politici.

Le buone Costituzioni sono sempre state stilate da giurisperiti, mentre le Costituzioni che sono un parto assembleare (vedi America Latina) sono state quasi tutte pessime (come non potevano non essere). Comunque, il primo punto da fermare è che il XX secolo ha anche prodotto Costituzioni intelligenti e innovative quali la attuale Costituzione della Germania federale, e la Costituzione semi-presidenziale (da non chiamare presidenziale, come è invalso nello sciatto giornalismo dei nostri giornali) della V Repubblica francese, la Costituzione stesa da Debré (e poi in parte modificata, ma senza danno, anzi).

Ma veniamo al punto che davvero importa. Questo: che il divieto del mandato imperativo è stato formulato dai costituenti della Rivoluzione francese, e che da allora si ritrova in tutte le Costituzioni ottocentesche e in buona parte anche in quelle del Novecento. Perché? Semplicemente perché istituisce la rappresentanza politica (di diritto pubblico) dei moderni. Senza questo divieto si ricadrebbe nella rappresentanza medioevale, nella quale, appunto, i cosiddetti rappresentanti erano ambasciatori, emissari, portavoce che «portavano la parola» dei loro padroni e signori. Il loro mandato era imperativo perché dovevano solo riferire senza potere di trattare. Esattamente come pretendono oggi Grillo e il suo guru.

Mi sembra chiaro che della ragion d’essere costituzionale (ineliminabile) del divieto del mandato imperativo (la cui formula è: «I rappresentanti rappresentano la nazione») Grillo-e-Guru non sanno nulla. Ma questo non li giustifica né li legittima. Fanno finta di praticare una nuova democrazia diretta (telematica). Ma la verità è che nel loro macchinario ha voce, e parla, solo la loro voce. Confesso che non riesco a capire come la nostra Corte costituzionale non abbia sinora veduto una così macroscopica violazione costituzionale.

17 apr 2013

ricerca e studio teorico dei ruoli


Dopo l'inatteso risultato della elezione del nuovo Presidente della Repubblica…proviamo a pensare,  in senso teorico… ma anche approfondito.. quali possibili riforme potrebbero riguardare la figura più alta delle nostre istituzioni.
A tal proposito credo che nel prossimo futuro sia indispensabile collocare il Capo dello Stato come un vero garante (oltre che della Costituzione) della importante fase delle elezioni.
Proviamo ad immaginare quindi… il nostro Stato democratico in cui... un Presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo, pur con gli stessi poteri limitati, possa esercitare un fondamentale potere di controllo e garanzia del sistema elettorale.