19 gen 2013

Un commento di Domenico Cacopardo

La rivoluzione di Ingroia svanisce nell'utopia
Dalla Gazzatta di Parma del 18/01/2013 - Domenico Cacopardo

Rivoluzione civile è la lista che fa capo al magistrato antimafia Antonio Ingroia e che comprende l’Italia dei valori (Di Pietro), i Comunisti italiani (Diliberto), Rifondazione comunista (Ferrero), i Verdi (Bonelli), gli Arancione (de Magistris), Azione civile de medesimo Ingroia e La rete 2018 (del perenne Leoluca Orlando).
Per farcene un’idea riprendiamo in sintesi il programma e tralasciamo le ultime esternazioni dei suoi esponenti: legalità e solidarietà; Stato laico; scuola pubblica che valorizzi insegnanti e studenti; politica antimafia volta all’eliminazione della mafia; sviluppo economico che rispetti l’ambiente; pace e disarmo; cultura motore dello sviluppo; imprenditoria libera di sviluppare i propri progetti senza burocrazia e tasse; partiti fuori dalle imprese; informazione non soggetta a bavagli; selezione dei candidati secondo competenza, merito e cambiamento; la questione morale pratica comune; reintroduzione del falso in bilancio; ritorno al reintegro dei lavoratori in azienda; conflitto di interessi; abolizione leggi ad personam.
Il decalogo di questi rivoluzionari (civili) si compone di tre tipi di proposizione: banalità; affermazioni vetero-radicali e corporative; contraddizioni. Risparmiamoci le banalità: ne sentiamo tante che soffermarci su queste è inutile.
Veniamo alle altre critiche. Sulla scuola al primo punto c’è la valorizzazione degli insegnanti. Come sappiamo, la scuola italiana è in fondo alle classifiche Ocse: il suo vizio di origine è quello di non avere messo al centro della sua missione gli studenti, il nostro capitale del futuro. Gli insegnanti non sono una categoria a sé stante: debbono dare il servizio richiesto loro dalla società e migliorare capacità e impegno.
Che la cultura possa essere motore di sviluppo è discutibile: la sostanza dello sviluppo è figlia dell’impresa, grande, media e piccola, dell’artigianato e del commercio. La selezione dei candidati al Parlamento è la sublimazione del pensiero radicale.
Cosa significa competenza? Su che cosa occorre essere competenti per proporre la propria candidatura? E il merito? Un
merito che si conquista nel proprio posto di lavoro? La scelta per cambiamento? Riguarda Leoluca Orlando in pista da un quarantennio? Di Pietro da un ventennio? Diliberto, da un trentennio?
La riforma della riforma Fornero in materia di licenziamenti è contraddittoria con il desiderio di una imprenditoria libera.
Mancano del tutto, nei dieci punti, le questioni più cruciali, a partire dall’Europa e dalla politica di bilancio. E anche le più
particolari, nostre, come la Tav e l’Ilva, sulle quali nulla dice.
I rivoluzionari civili non si pongono il problema delle risorse, della compatibilità delle finanze pubbliche italiane con i trattati, liberamente firmati e ratificati, e del rientro del debito pubblico. Affermazioni generiche e velleitarie che denotano un’operazione utopia. Può l’utopia rappresentare la soluzione dei problemi quotidiani dell’Italia e dei suoi cittadini? E i suoi interpreti possono darci fiducia sulla loro capacità di condurre in porto le loro idee?
Prendiamo Ingroia, il numero 1: lascia la magistratura palermitana alla vigilia o quasi della celebrazione del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia. L’inchiesta lo aveva visto protagonista assoluto. Il processo presenta molte incognite. Se la Procura lo perdesse ombre gravi si stenderebbero sul suo operato. L’etica avrebbe voluto che il numero uno dei magistrati del pool combattesse sino alla fine del processo, difendendo il proprio operato, le proprie convinzioni, le proprie accuse. Dopo Palermo, Ingroia viene designato dal Governo italiano di Mario Monti a rappresentare l’Italia in un’Agenzia Onu per la lotta alla criminalità internazionale, dedita al commercio delle droghe. Sede il Guatemala. A nomina ottenuta, Antonio Ingroia risiede prevalentemente in Italia, partecipa a decine di pubbliche manifestazioni preparatorie della sua discesa in politica. In Guatemala sporadiche scappate. Cura il proprio progetto politico, che è quello di cui parliamo oggi.
Una sola domanda: perché ha accettato l’incarico presso le Nazioni Unite? Con l’Onu, comunque, il problema non è Ingroia e la sua spregiudicatezza nell’abbandonare un lavoro a due mesi dall’incarico. Il problema è dell’Italia, considerata ancora una volta incapace di esprimere competenze e professionalità affidabili, capaci di contribuire alla missione affidata.
Fermiamoci qui e riflettiamo.

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