Dalla Gazzatta di Parma del 18/01/2013
- Domenico Cacopardo
Rivoluzione civile è la lista che fa
capo al magistrato antimafia Antonio Ingroia e che comprende l’Italia dei
valori (Di Pietro), i Comunisti italiani (Diliberto), Rifondazione comunista
(Ferrero), i Verdi (Bonelli), gli Arancione (de Magistris), Azione civile de medesimo
Ingroia e La rete 2018 (del perenne Leoluca Orlando).
Per farcene
un’idea riprendiamo in sintesi il programma e tralasciamo le ultime
esternazioni dei suoi esponenti: legalità e solidarietà; Stato laico; scuola
pubblica che valorizzi insegnanti e studenti; politica antimafia volta
all’eliminazione della mafia; sviluppo economico che rispetti l’ambiente; pace e
disarmo; cultura motore dello sviluppo; imprenditoria libera di sviluppare i
propri progetti senza burocrazia e tasse; partiti fuori dalle imprese;
informazione non soggetta a bavagli; selezione dei candidati secondo competenza,
merito e cambiamento; la questione morale pratica comune; reintroduzione del
falso in bilancio; ritorno al reintegro dei lavoratori in azienda; conflitto di
interessi; abolizione leggi ad personam.
Il decalogo
di questi rivoluzionari (civili) si compone di tre tipi di proposizione:
banalità; affermazioni vetero-radicali e corporative; contraddizioni.
Risparmiamoci le banalità: ne sentiamo tante che soffermarci su queste è
inutile.
Veniamo alle
altre critiche. Sulla scuola al primo punto c’è la valorizzazione degli
insegnanti. Come sappiamo, la scuola italiana è in fondo alle classifiche Ocse:
il suo vizio di origine è quello di non avere messo al centro della sua
missione gli studenti, il nostro capitale del futuro. Gli insegnanti non sono
una categoria a sé stante: debbono dare il servizio richiesto loro dalla
società e migliorare capacità e impegno.
Che la
cultura possa essere motore di sviluppo è discutibile: la sostanza dello
sviluppo è figlia dell’impresa, grande, media e piccola, dell’artigianato e del
commercio. La selezione dei candidati al Parlamento è la sublimazione del
pensiero radicale.
Cosa
significa competenza? Su che cosa occorre essere competenti per proporre la
propria candidatura? E il merito? Un
merito che
si conquista nel proprio posto di lavoro? La scelta per cambiamento? Riguarda Leoluca
Orlando in pista da un quarantennio? Di Pietro da un ventennio? Diliberto, da
un trentennio?
La riforma
della riforma Fornero in materia di licenziamenti è contraddittoria con il
desiderio di una imprenditoria libera.
Mancano del
tutto, nei dieci punti, le questioni più cruciali, a partire dall’Europa e
dalla politica di bilancio. E anche le più
particolari,
nostre, come la Tav
e l’Ilva, sulle quali nulla dice.
I
rivoluzionari civili non si pongono il problema delle risorse, della
compatibilità delle finanze pubbliche italiane con i trattati, liberamente
firmati e ratificati, e del rientro del debito pubblico. Affermazioni generiche
e velleitarie che denotano un’operazione utopia. Può l’utopia rappresentare la
soluzione dei problemi quotidiani dell’Italia e dei suoi cittadini? E i suoi
interpreti possono darci fiducia sulla loro capacità di condurre in porto le
loro idee?
Prendiamo
Ingroia, il numero 1: lascia la magistratura palermitana alla vigilia o quasi
della celebrazione del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia. L’inchiesta
lo aveva visto protagonista assoluto. Il processo presenta molte incognite. Se la Procura lo perdesse ombre
gravi si stenderebbero sul suo operato. L’etica avrebbe voluto che il numero
uno dei magistrati del pool combattesse sino alla fine del processo, difendendo
il proprio operato, le proprie convinzioni, le proprie accuse. Dopo Palermo,
Ingroia viene designato dal Governo italiano di Mario Monti a rappresentare l’Italia
in un’Agenzia Onu per la lotta alla criminalità internazionale, dedita al
commercio delle droghe. Sede il Guatemala. A nomina ottenuta, Antonio Ingroia
risiede prevalentemente in Italia, partecipa a decine di pubbliche
manifestazioni preparatorie della sua discesa in politica. In Guatemala
sporadiche scappate. Cura il proprio progetto politico, che è quello di cui
parliamo oggi.
Una sola
domanda: perché ha accettato l’incarico presso le Nazioni Unite? Con l’Onu,
comunque, il problema non è Ingroia e la sua spregiudicatezza nell’abbandonare
un lavoro a due mesi dall’incarico. Il problema è dell’Italia, considerata ancora
una volta incapace di esprimere competenze e professionalità affidabili, capaci
di contribuire alla missione affidata.
Fermiamoci qui e riflettiamo.
Nessun commento:
Posta un commento