LE INTENZIONI E LA
RESPONSABILITA’
di domenico Cacopardo
Nel caos
nel quale ci dibattiamo, tra crisi epocale, incerte terapie e divisioni
crescenti, cerchiamo, per un giorno, di allontanarci dalla quotidianità per
esaminare le ragioni meno evidenti delle attuali difficoltà.
Sul ring
nazionale, in fondo, si scontrano due idee etiche (è paradossale parlare di
etica in questi giorni, ma ci proviamo): l’etica delle intenzioni e l’etica
della responsabilità.
A esse
corrispondono due partiti, uno dei quali, il partito delle intenzioni, è
largamente maggioritario. È vecchio come il cucco e vi hanno militato
personaggi (limitandoci ai più recenti) come Bonaparte, Garibaldi, Marx, Lenin,
Mussolini, Hitler, Stalin, Gorbaciov. Nomi che mostrano a quali eccessi e
aberrazioni porta la logica, appunto, delle intenzioni.
In
Italia, ai nostri giorni, vanno iscritti d’ufficio Berlusconi, Grillo, Renzi,
Landini, Camusso e via dicendo. L’odierno partito delle intenzioni vuole molte
cose largamente condivisibili: meno tasse; più soldi in busta paga e nelle
pensioni; accoglienza allargata per i rifugiati politici; fuori i ladroni dal
Parlamento; svecchiamento delle classi dirigenti; il primato delle idee (ma
quali?); partecipazione di tutti (i 500 di Pizzarotti e la mitica
incontrollabile rete); basta con questa giustizia; viva questa giustizia; basta
con le opere pubbliche faraoniche e distribuiamo i soldi di esse ai bisognosi;
obblighiamo la Fiat a investire in Italia; Telecom e Alitalia italiane; no agli
F35; più ricerca scientifica anche in campo aeronautico; casa per tutti e
blocco degli sfratti; liberalizzare il mercato e rilanciare l’edilizia; salario
e lavoro garantito; più carceri e più centri di accoglienza (e qui anche
Napolitano ci ha messo la sua dose di demagogia). Potremmo riempire dieci pagine
con i desideri, le proposte, le pretese dei militanti nel partito delle
intenzioni.
Già, è
facile chiedersi, con quali risorse, con quali politiche?
Rispondere
non interessa a questi italiani che, di volta in volta, pensano alla tosatura
dei ricchi, a nuove tasse, a tagli di spesa, all’Europa, alla punizione del
sistema finanziario. Né c’è nessuno che ricordi che siamo in un’economia
globalizzata con le sue regole (anche papa Francesco si scaglia contro di essa
senza pensare che con essa 1 miliardo di persone è uscito dalla povertà) e in
un’Unione europea con il suo ormai imponente pacchetto di norme sostanziali e
di comportamento. Quindi i limiti della nostra azione sono segnati e le
intenzioni realizzabili pochissime, quasi nessuna.
Dall’altra
parte ci sono gli esponenti del partito della responsabilità. Essi sono pochi e
meno fascinosi, meno popolari, spesso incapaci di suscitare i deliranti
consensi degli altri. Hanno importanti predecessori, da Cavour a Bismark e
Metternich, a Giolitti, a Churchill, a Margareth Tatcher, a De Gasperi,
Adenauer, Schumann. Più di recente, Craxi e D’Alema. Tutti hanno contribuito
alla crescita delle loro nazioni, consolidandole in termini economici, sociali
e civili. In Germania Angela Merkel ne è la leader indiscussa. Gli
odierni ‘responsabili’ italiani sono stati e sono capaci di decisioni
impopolari nei limiti ristretti in cui esse sono digeribili dal Parlamento e si
chiamano Giorgio Napolitano, che spende il proprio soft-leninismo in difesa dell’unico
quadro politico che ci può far sopravvivere, ed Enrico Letta. Monti dopo un
breve periodo di militanza, ha ceduto alla vanità ed è passato al partito
opposto. Altri leader non se ne vedono in giro e la sproporzione tra gli
‘intenzionisti’ e i ‘responsabili’ è troppo marcata per assicurare la
sopravvivenza del governo e delle sue flebili, ma realistiche, decisioni.
L’idea di aprire un dialogo tra destra e sinistra era un’idea
giusta e responsabile che apriva una prospettiva. Sembra –e l’elezione dell’immarcescibile
Rosi Bindi, estremista senza se e senza ma, ne è l’ultima dimostrazione- che
gran parte di Pd e di Pdl lavorino per rendere impossibile qualsiasi comune
decisione, anche se la decadenza di Berlusconi è ormai digerita. Il mondo
produttivo, a parte le eccezioni, ragiona in termini concreti: finché non si
renderà conto che il partito dei responsabili ha qualche chance di vittoria e
di durata non rischierà l’avventura di nuove iniziative. Gli basterà la difesa
dell’esistente.
Scriveva Guicciardini che l’azione politica è forte quando la
speranza è maggiore della paura: per noi italiani la speranza è legata oggi al
successo della minoranza responsabile.
C’è poco da essere allegri….
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