27 ott 2013

Un nuovo commento di Domenico Cacopardo sull'attuale crisi

LE INTENZIONI E LA RESPONSABILITA’
di domenico Cacopardo 

Nel caos nel quale ci dibattiamo, tra crisi epocale, incerte terapie e divisioni crescenti, cerchiamo, per un giorno, di allontanarci dalla quotidianità per esaminare le ragioni meno evidenti delle attuali difficoltà.
Sul ring nazionale, in fondo, si scontrano due idee etiche (è paradossale parlare di etica in questi giorni, ma ci proviamo): l’etica delle intenzioni e l’etica della responsabilità.
A esse corrispondono due partiti, uno dei quali, il partito delle intenzioni, è largamente maggioritario. È vecchio come il cucco e vi hanno militato personaggi (limitandoci ai più recenti) come Bonaparte, Garibaldi, Marx, Lenin, Mussolini, Hitler, Stalin, Gorbaciov. Nomi che mostrano a quali eccessi e aberrazioni porta la logica, appunto, delle intenzioni.
In Italia, ai nostri giorni, vanno iscritti d’ufficio Berlusconi, Grillo, Renzi, Landini, Camusso e via dicendo. L’odierno partito delle intenzioni vuole molte cose largamente condivisibili: meno tasse; più soldi in busta paga e nelle pensioni; accoglienza allargata per i rifugiati politici; fuori i ladroni dal Parlamento; svecchiamento delle classi dirigenti; il primato delle idee (ma quali?); partecipazione di tutti (i 500 di Pizzarotti e la mitica incontrollabile rete); basta con questa giustizia; viva questa giustizia; basta con le opere pubbliche faraoniche e distribuiamo i soldi di esse ai bisognosi; obblighiamo la Fiat a investire in Italia; Telecom e Alitalia italiane; no agli F35; più ricerca scientifica anche in campo aeronautico; casa per tutti e blocco degli sfratti; liberalizzare il mercato e rilanciare l’edilizia; salario e lavoro garantito; più carceri e più centri di accoglienza (e qui anche Napolitano ci ha messo la sua dose di demagogia). Potremmo riempire dieci pagine con i desideri, le proposte, le pretese dei militanti nel partito delle intenzioni.
Già, è facile chiedersi, con quali risorse, con quali politiche?
Rispondere non interessa a questi italiani che, di volta in volta, pensano alla tosatura dei ricchi, a nuove tasse, a tagli di spesa, all’Europa, alla punizione del sistema finanziario. Né c’è nessuno che ricordi che siamo in un’economia globalizzata con le sue regole (anche papa Francesco si scaglia contro di essa senza pensare che con essa 1 miliardo di persone è uscito dalla povertà) e in un’Unione europea con il suo ormai imponente pacchetto di norme sostanziali e di comportamento. Quindi i limiti della nostra azione sono segnati e le intenzioni realizzabili pochissime, quasi nessuna.
Dall’altra parte ci sono gli esponenti del partito della responsabilità. Essi sono pochi e meno fascinosi, meno popolari, spesso incapaci di suscitare i deliranti consensi degli altri. Hanno importanti predecessori, da Cavour a Bismark e Metternich, a Giolitti, a Churchill, a Margareth Tatcher, a De Gasperi, Adenauer, Schumann. Più di recente, Craxi e D’Alema. Tutti hanno contribuito alla crescita delle loro nazioni, consolidandole in termini economici, sociali e civili. In Germania Angela Merkel ne è la leader indiscussa. Gli odierni  ‘responsabili’ italiani sono stati e sono capaci di decisioni impopolari nei limiti ristretti in cui esse sono digeribili dal Parlamento e si chiamano Giorgio Napolitano, che spende il proprio soft-leninismo in difesa dell’unico quadro politico che ci può far sopravvivere, ed Enrico Letta. Monti dopo un breve periodo di militanza, ha ceduto alla vanità ed è passato al partito opposto. Altri leader non se ne vedono in giro e la sproporzione tra gli ‘intenzionisti’ e i ‘responsabili’ è troppo marcata per assicurare la sopravvivenza del governo e delle sue flebili, ma realistiche, decisioni.
L’idea di aprire un dialogo tra destra e sinistra era un’idea giusta e responsabile che apriva una prospettiva. Sembra –e l’elezione dell’immarcescibile Rosi Bindi, estremista senza se e senza ma, ne è l’ultima dimostrazione- che gran parte di Pd e di Pdl lavorino per rendere impossibile qualsiasi comune decisione, anche se la decadenza di Berlusconi è ormai digerita. Il mondo produttivo, a parte le eccezioni, ragiona in termini concreti: finché non si renderà conto che il partito dei responsabili ha qualche chance di vittoria e di durata non rischierà l’avventura di nuove iniziative. Gli basterà la difesa dell’esistente.
Scriveva Guicciardini che l’azione politica è forte quando la speranza è maggiore della paura: per noi italiani la speranza è legata oggi al successo della minoranza responsabile.
C’è poco da essere allegri….


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