di domenico Cacopardo
Che la sovranità degli italiani sia
limitata, e non poco, è ormai acquisito.
Tutto è cominciato con la sottoscrizione, nel 1951, del trattato di Parigi con
il quale è stata costituita, tra Italia, Francia, Germania Ovest e Benelux, la
Ceca, Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Da quel giorno è iniziato il
percorso verso l’Europa: un susseguirsi di accordi che hanno esteso la
cooperazione e la crescita della sovranità comunitaria a scapito di quelle
nazionali.
Il punto più stringente è Maastricht (7
febbraio del 1992), con la definizione delle condizioni economiche, politiche e
monetarie dell’adesione all’Unione europeae la successiva introduzione della
moneta unica, l’euro.
Questa premessa serve a sottolineare come
oggi, 2014, la cessione di sovranità risulti a geometria variabile: non tutti i
cittadini europei sono uguali; ve ne sono alcuni più uguali degli altri, i
tedeschi in primis.
Ciò è stato possibile per ragioni
oggettive, il debito, il deficit di bilancio e le mancate riforme, e da ragioni
soggettive, cioè governi incapaci di sostenere le nostre ragioni o, peggio,
portatori di interessi e visioni in contrasto con la volontà degli italiani e le
loro esigenze immediate. Penso a Monti e allo stesso
Letta, il cui tremebondo e insicuro ministro dell’economia si è comportato più
come un esecutore di volontà e scelte altrui che di un’autonoma visione delle
nostre esigenze.
L’ultimo esempio –e il più caldo- è
l’Autorità bancaria europea (Eba) che nei giorni scorsi ha adottato una direttiva
che produce gravi effetti ulteriormente recessivi sull’Italia. Dalla sua
entrata in vigore, le banche potranno soccorrere le imprese in difficoltà una
sola volta, mai una seconda e non potranno essere aiutate imprese uscite anche
di un solo euro dai limiti di credito deliberati. Da notare che il presidente
dell’Eba è un italiano, Andrea Enria, si dice gradito a Draghi e ai tedeschi.
In un simile, difficile contesto, si stanno
consumando, nella formazione del nuovo governo Renzi, due invasioni di campo sulla
scelta del ministro dell’economia. Da un lato Draghi e la sua potenza di fuoco,
volta a ottenere una persona ligia alla sua politica e alla sua cordata, per
esempio, ancora l’esangue Saccomanni. Dall’altro il solito protettore della
Repubblica, Napolitano, sulla stessa linea di Draghi. L’esigenza cui si
appellano questi due impropri consiglieri di Renzi è quella di designare una
persona gradita all’Europa, quando invece il problema è quello di individuare
un ministro dell’economia di fiducia del presidente del consiglio e, per li
rami, degli italiani. Un ministro dell’economia capace di contestare punto per
punto le scelte dell’Unione, quando risultano dannose al rilancio dell’Italia, restituendoci
quel posto al tavolo delle trattative da troppo tempo abbandonato.
Se Renzi cederà, il destino del governo sarà
segnato: l’accettazione di una incostituzionale limitazione dei suoi poteri impedirà
la sviluppo di qualsiasi politica di riforme e di sviluppo frantumando quel
poco di consenso democratico ancora in piedi.
Solo qualche accenno storico ai trattati dell’Europa
ed alla figura di Andrea Enria.. in riferimento alla analisi sempre arguta e
convincente del cugino Domenico.
Sappiamo che il trattato di Parigi del 51.. introduce
la libera circolazione dei prodotti, senza diritti doganali né tasse, vietando
pratiche discriminatorie, sovvenzioni o aiuti imposti dagli Stati. Mentre il trattato sull'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio
1992, entrato in vigore il 1º novembre 1993, ha introdotto fattori esterni e
interni che hanno sicuramente contribuito alla nascita. Sul piano prettamente interno, gli
Stati membri intendevano estendere con altre riforme i progressi realizzati dal
precedente Atto. Successivamente attraverso il consiglio di Hannover del 88 ed
il Consiglio europeo di Dublino nel 90 si è deciso di valutare la necessità di
modificare il trattato CE per avanzare verso l'integrazione europea. È stato
infine il Consiglio europeo di Roma dei giorni 14 e
15 dicembre 1990 ad aprire le due conferenze intergovernative, i cui
lavori sono culminati un anno dopo nel vertice di Maastricht dei giorni
9 e 10 dicembre 1991.
Con il trattato di Maastricht, è risultato
chiaramente sorpassato l'obiettivo economico originale della Comunità (ossia la
realizzazione di un mercato comune) e si affermata una vocazione politica. Ma è proprio questa “integrazione
politica” che non sembra aver trovato i giusti sbocchi positivi. Il riferimento di Domenico ad Andrea
Enria, il presidente dell'Eba, la European banking authority, organo di
vigilanza bancaria dell'area euro, non è un caso, in quanto la sua l'authority ha il compito di emanare i principi-guida della
futura vigilanza che.. non solo rischia di mettere in grave difficoltà molte
banche italiane, ma anche di chiudere definitivamente i rubinetti del credito
alle imprese. Questo
economista italiano a cui fa riferimento il cugino, presiede l’Autorità Bancaria Europea e dal 2008 al 2010 è stato anche a capo della
supervisione bancaria della Banca
d’Italia. Un altro Bocconiano che
ha anche studiato all'Università di Cambridge. Non dimentichiamo che alla fine del 2011 il signor Enria ha esortato le
banche italiane per aumentare il loro capitale, asserendo che per la natura
della debito sovrano, la crisi avrebbe reso indispensabile"
Sembra
che in un'audizione al Senato italiano di
due anni fa, Andrea Enria avesse affermato che l'Eba era
impegnata a evitare «un ulteriore impulso alla contrazione del credito». ...
Per via della debolezza strutturale delle nostre banche e l'improvviso
innalzamento della soglia in tempi virtualmente impossibili.. è stato come se qualcuno
avesse chiesto a ognuno di noi di raddoppiare il proprio patrimonio nel giro di
pochi mesi…raggiungendo, al contrario, un effetto che lo stesso Enria si
era impegnato ad evitare.
Per quanto concerne il nuovo governo, possiamo e dobbiamo sperare che il giovane Premier Renzi proponga una nuova figura al ministero dell'economia che possa offrire una politica più creativa alle esigenze del nostro Paese.
Per quanto concerne il nuovo governo, possiamo e dobbiamo sperare che il giovane Premier Renzi proponga una nuova figura al ministero dell'economia che possa offrire una politica più creativa alle esigenze del nostro Paese.
vincenzo cacopardo
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