21 feb 2014

Nuovo commento all'articolo di Domenico Cacopardo

Sovranità limitata
di domenico Cacopardo
Che la sovranità degli italiani sia limitata, e non poco, è ormai  acquisito. Tutto è cominciato con la sottoscrizione, nel 1951, del trattato di Parigi con il quale è stata costituita, tra Italia, Francia, Germania Ovest e Benelux, la Ceca, Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Da quel giorno è iniziato il percorso verso l’Europa: un susseguirsi di accordi che hanno esteso la cooperazione e la crescita della sovranità comunitaria a scapito di quelle nazionali.
Il punto più stringente è Maastricht (7 febbraio del 1992), con la definizione delle condizioni economiche, politiche e monetarie dell’adesione all’Unione europeae la successiva introduzione della moneta unica, l’euro.
Questa premessa serve a sottolineare come oggi, 2014, la cessione di sovranità risulti a geometria variabile: non tutti i cittadini europei sono uguali; ve ne sono alcuni più uguali degli altri, i tedeschi in primis.
Ciò è stato possibile per ragioni oggettive, il debito, il deficit di bilancio e le mancate riforme, e da ragioni soggettive, cioè governi incapaci di sostenere le nostre ragioni o, peggio, portatori di interessi e visioni in contrasto con la volontà degli italiani e le loro esigenze immediate. Penso a Monti e allo stesso Letta, il cui tremebondo e insicuro ministro dell’economia si è comportato più come un esecutore di volontà e scelte altrui che di un’autonoma visione delle nostre esigenze.
L’ultimo esempio –e il più caldo- è l’Autorità bancaria europea (Eba) che nei giorni scorsi ha adottato una direttiva che produce gravi effetti ulteriormente recessivi sull’Italia. Dalla sua entrata in vigore, le banche potranno soccorrere le imprese in difficoltà una sola volta, mai una seconda e non potranno essere aiutate imprese uscite anche di un solo euro dai limiti di credito deliberati. Da notare che il presidente dell’Eba è un italiano, Andrea Enria, si dice gradito a Draghi e ai tedeschi.
In un simile, difficile contesto, si stanno consumando, nella formazione del nuovo governo Renzi, due invasioni di campo sulla scelta del ministro dell’economia. Da un lato Draghi e la sua potenza di fuoco, volta a ottenere una persona ligia alla sua politica e alla sua cordata, per esempio, ancora l’esangue Saccomanni. Dall’altro il solito protettore della Repubblica, Napolitano, sulla stessa linea di Draghi. L’esigenza cui si appellano questi due impropri consiglieri di Renzi è quella di designare una persona gradita all’Europa, quando invece il problema è quello di individuare un ministro dell’economia di fiducia del presidente del consiglio e, per li rami, degli italiani. Un ministro dell’economia capace di contestare punto per punto le scelte dell’Unione, quando risultano dannose al rilancio dell’Italia, restituendoci quel posto al tavolo delle trattative da troppo tempo abbandonato.
Se Renzi cederà, il destino del governo sarà segnato: l’accettazione di una incostituzionale limitazione dei suoi poteri impedirà la sviluppo di qualsiasi politica di riforme e di sviluppo frantumando quel poco di consenso democratico ancora in piedi.



Solo qualche accenno storico ai trattati dell’Europa ed alla figura di Andrea Enria.. in riferimento alla analisi sempre arguta e convincente del cugino Domenico.
Sappiamo che il trattato di Parigi del 51.. introduce la libera circolazione dei prodotti, senza diritti doganali né tasse, vietando pratiche discriminatorie, sovvenzioni o aiuti imposti dagli Stati. Mentre il trattato sull'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1º novembre 1993, ha introdotto fattori esterni e interni che hanno sicuramente contribuito alla  nascita. Sul piano prettamente interno, gli Stati membri intendevano estendere con altre riforme i progressi realizzati dal precedente Atto. Successivamente attraverso il consiglio di Hannover del 88 ed il Consiglio europeo di Dublino nel 90 si è deciso di valutare la necessità di modificare il trattato CE per avanzare verso l'integrazione europea. È stato infine il Consiglio europeo di Roma dei giorni 14 e 15 dicembre 1990 ad aprire le due conferenze intergovernative, i cui lavori sono culminati un anno dopo nel vertice di Maastricht dei giorni 9 e 10 dicembre 1991.
Con il trattato di Maastricht, è risultato chiaramente sorpassato l'obiettivo economico originale della Comunità (ossia la realizzazione di un mercato comune) e si affermata una vocazione politica. Ma è proprio questa “integrazione politica” che non sembra aver trovato i giusti sbocchi positivi. Il riferimento di Domenico ad Andrea Enria, il presidente dell'Eba, la European banking authority, organo di vigilanza bancaria dell'area euro, non è un caso, in quanto la sua l'authority  ha il compito di emanare i principi-guida della futura vigilanza che.. non solo rischia di mettere in grave difficoltà molte banche italiane, ma anche di chiudere definitivamente i rubinetti del credito alle imprese. Questo economista italiano a cui fa riferimento il cugino, presiede l’Autorità Bancaria Europea  e dal  2008 al 2010 è stato anche a capo della supervisione bancaria della Banca d’Italia. Un altro Bocconiano che ha anche studiato  all'Università di Cambridge. Non dimentichiamo che alla fine del 2011 il signor Enria ha esortato le banche italiane per aumentare il loro capitale, asserendo che per la natura della debito sovrano, la crisi avrebbe reso indispensabile"

Sembra che in  un'audizione al Senato italiano di due anni fa, Andrea Enria avesse affermato che l'Eba era impegnata a evitare «un ulteriore impulso alla contrazione del credito». ... Per via della debolezza strutturale delle nostre banche e l'improvviso innalzamento della soglia in tempi virtualmente impossibili.. è stato come se qualcuno avesse chiesto a ognuno di noi di raddoppiare il proprio patrimonio nel giro di pochi mesi…raggiungendo, al contrario, un effetto che lo stesso Enria si era impegnato ad evitare.

Per quanto concerne il nuovo governo, possiamo e dobbiamo sperare che il giovane Premier Renzi proponga una nuova figura al ministero dell'economia che possa offrire una politica più creativa alle esigenze del nostro Paese.
vincenzo cacopardo




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