13 feb 2014

nuovo commento di Domenico Cacopardo

Il destino si compia 
di domenico Cacopardo
«Il destino si compia!» Così Shakespeare se scrivesse dell’Italia dei nostri giorni e dei personaggi che li animano, più o meno inidonei per le responsabilità che il Fato ha assegnato loro.
Oggi, la direzione del Pd deciderà le modalità della successione Letta-Renzi. Il giovane fiorentino –nell’avvicinamento al potere una via di mezzo tra Napoleone Bonaparte e Amintore Fanfani- può avere deciso che non vale più la pena di aspettare. In questo caso, dopo avere ordinato a Letta di dimettersi, costituirà un governo con una maggioranza precostituita (Pd, NCD, pezzi di Sel e pezzi dell’exScelta civica)che curerà l’approvazione della legge elettorale (a questo punto con o senza Berlusconi) e definirà un piano di sviluppo. E, non appena approvata la legge elettorale, chiederà a Napolitano di sciogliere il Parlamento e indirà nuove elezioni.Sarà la vera svolta che, comprenderà probabilmente le dimissioni di Napolitano (il soft-leninista Protettore della Repubblica) e l’elezione al Quirinale di Prodi, fremente nell’attesa del ruolo tanto desiderato, mediante il quale potrà sfogare i rancori che si porta dietro e consumare le sue vendette.
Rimangono, però, domande senza risposta. Se non ci farà luce, l’Italia rimarrà imprigionata in una cappa di mezze verità, di melmose ammissioni, di conclamate complicità.
La prima riguarda i passi di Napolitano tra il giugno e il novembre 2011. Che ci fosse un governo Berlusconi, sgradito a cancellerie e sistema finanziario, non giustifica consultazioni preventive. Sembra incredibile l’ignoranza istituzionale di Mario Monti che, officiato per una successione, si sente in dovere di consultare lo svizzeroresidente Carlo De Benedetti e Romano Prodi. Solo loro? Non Passera, per esempio, che manda al Quirinale un suo progetto di politica economica?
Il presidente della Repubblica italiana non è l’allenatore di una squadra di calcio che tiene caldi i panchinari. E il richiamo del medesimo Napolitano alla riservatezza (una tirata d’orecchie a Monti) serve a far capire quanto le mosse del futuro premier furono incaute, visto che la notizia che vanitosamente diffondeva (d’essere stato consultato dal capo dello Stato per succedere a Berlusconi) avrebbe consentito aggiotaggio e/o insider trading a qualche furbo interlocutore.
Fra l’altro, in un paese normale, il governatore della banca centrale che avesse osato firmare un ultimatum al governo, sarebbe stato subito rimosso. Ma il presidente era Berlusconi. Draghi il governatore.
E poi urge un’altra domanda: chi ha scelto Saccomanni, la Cancellieri, Zanonato, Patroni Griffi? Di chi è la responsabilità sostanziale?Di Napolitano, come si dice a Roma, riguardo ai primi due?
L’elenco dei quesiti potrebbe riempire varie pagine del giornale. Non quesiti remoti, ma quesiti recenti che servono a chiarire meglio il tracciato di questo delicato tornante della Storia patria, in fondo al quale si vede un temibile varco (Renzi o Letta non importa): il commissariamento e la nomina di una inflessibile troikaeuropea a noi dedicata.
Questa volta le riforme si farebbero sul serio.


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