«Il destino si compia!» Così Shakespeare
se scrivesse dell’Italia dei nostri giorni e dei personaggi che li animano, più
o meno inidonei per le responsabilità che il Fato ha assegnato loro.
Oggi, la direzione del Pd deciderà le modalità
della successione Letta-Renzi. Il giovane fiorentino –nell’avvicinamento al
potere una via di mezzo tra Napoleone Bonaparte e Amintore Fanfani- può avere
deciso che non vale più la pena di aspettare. In questo caso, dopo avere
ordinato a Letta di dimettersi, costituirà un governo con una maggioranza
precostituita (Pd, NCD, pezzi di Sel e pezzi dell’exScelta civica)che curerà
l’approvazione della legge elettorale (a questo punto con o senza Berlusconi) e
definirà un piano di sviluppo. E, non appena approvata la legge elettorale,
chiederà a Napolitano di sciogliere il Parlamento e indirà nuove elezioni.Sarà
la vera svolta che, comprenderà probabilmente le dimissioni di Napolitano (il
soft-leninista Protettore della Repubblica) e l’elezione al Quirinale di Prodi,
fremente nell’attesa del ruolo tanto desiderato, mediante il quale potrà
sfogare i rancori che si porta dietro e consumare le sue vendette.
Rimangono, però, domande senza risposta.
Se non ci farà luce, l’Italia rimarrà imprigionata in una cappa di mezze
verità, di melmose ammissioni, di conclamate complicità.
La prima riguarda i passi di Napolitano
tra il giugno e il novembre 2011. Che ci fosse un governo Berlusconi, sgradito
a cancellerie e sistema finanziario, non giustifica consultazioni preventive. Sembra
incredibile l’ignoranza istituzionale di Mario Monti che, officiato per una
successione, si sente in dovere di consultare lo svizzeroresidente Carlo De
Benedetti e Romano Prodi. Solo loro? Non Passera, per esempio, che manda al
Quirinale un suo progetto di politica economica?
Il presidente della Repubblica italiana
non è l’allenatore di una squadra di calcio che tiene caldi i panchinari. E il
richiamo del medesimo Napolitano alla riservatezza (una tirata d’orecchie a
Monti) serve a far capire quanto le mosse del futuro premier furono incaute,
visto che la notizia che vanitosamente diffondeva (d’essere stato consultato dal
capo dello Stato per succedere a Berlusconi) avrebbe consentito aggiotaggio e/o
insider trading a qualche furbo interlocutore.
Fra l’altro, in un paese normale, il
governatore della banca centrale che avesse osato firmare un ultimatum al
governo, sarebbe stato subito rimosso. Ma il presidente era Berlusconi. Draghi il governatore.
E poi urge un’altra domanda: chi ha
scelto Saccomanni, la Cancellieri, Zanonato, Patroni Griffi? Di chi è la
responsabilità sostanziale?Di Napolitano, come si dice a Roma, riguardo ai
primi due?
L’elenco dei quesiti potrebbe riempire
varie pagine del giornale. Non quesiti remoti, ma quesiti recenti che servono a
chiarire meglio il tracciato di questo delicato tornante della Storia patria,
in fondo al quale si vede un temibile varco (Renzi o Letta non importa): il
commissariamento e la nomina di una inflessibile troikaeuropea a noi dedicata.
Questa volta le riforme si farebbero sul
serio.
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