
Rullano i tamburi sul mar Nero. E non sono tamburi di latta, inidonei a qualsiasi guerra. Sono tamburi russi, al seguito di armamenti moderni e di truppe che, per merito di Putin, hanno ritrovato l’orgoglio nazionale e sono pronte a dimostrarlo.
Dall’altro lato l’Ucraina ufficiale,
governata dalla provvisoria coalizione dei rappresentanti della rivoluzione semipacifica
che ha costretto Yanukovic a rifugiarsi nel Paese amico.
Gli Stati Uniti cercano di approfittare
della tensione per indebolire Putin e conquistare una posizione strategica sul
mar Nero.
L’Europa ufficiale è cauta. Solo Hollande
e Cameron sembrano disposti a seguire l’America a sostegno della causa ucraina.
Gli altri, tra essi l’Italia, si allineano alla Germania che all’Est ha
rilevanti interessi economici.
Tuttavia, sul terreno, le tensioni crescono
e fanno temere che, come accaduto spesso nella storia, la situazione sfugga
dalle mani dei governanti.
Il problema del contendere è presto
detto: in quale orbita d’influenza si deve collocare l’Ucraina?
In quella euro-occidentale o in quella
russa?
L’Europa comunitaria è al confine: la
Romania, anche se non ha l’euro, ne fa parte a pieno diritto.
E in molti ucraini s’è fatta strada
l’idea che un accordo di adesione –entro un numero ragionevole di anni-
all’Unione, garantirebbe un rilancio economico e uno statuto liberale. I
discendenti degli ottomani e i tatari militano in prevalenza in questo
schieramento, anche per secolari doglianze verso i russi.
Dall’occupazione,nel 700, dell’Ucraina da
parte delle truppe di Caterina la grande, una politica di colonizzazione
dell’area è stata tenacemente seguita, tanto che in Crimea la maggioranza della
popolazione appartiene all’etnia russa e non è legata da sentimenti nazionali
verso Kiev.
L’economia del Paese è tributaria del
grande vicino: riceve sussidi annuali, rifornimenti di petrolio e gas, incassa
i pedaggi per gli oleodotti e i gasdotti che percorrono il territorio. Non a
caso, proprio i questi giorni, Gasprom, la compagnia russadi Stato, ha intimato
all’Ucraina il pagamento di forniture arretrate.
Sembra, oggi, evidente e inevitabile che
la Crimea celebri il referendum e decida, quindi, di lasciare l’Ucraina,
aderendo in qualche modo alla Confederazione russa.
Se qualcuno a Kiev o, peggio, a
Washington, a Londra e a Parigi intendesse opporsi a questa svolta, la corsa
verso un bagno di sangue subirebbe una grave accelerazione.
Certo, si tratterebbe di un bagno di
sangue ucraino, dato che né Obama né i suoi amicibellicosi, possono mandare un
soldato laggiù.
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