13 mar 2014

Nuovo appunto di Domenico Cacopardo sugli ultimi eventi in Ucraina

di domenico Cacopardo

Rullano i tamburi sul mar Nero. E non sono tamburi di latta, inidonei a qualsiasi guerra. Sono tamburi russi, al seguito di armamenti moderni e di truppe che, per merito di Putin, hanno ritrovato l’orgoglio nazionale e sono pronte a dimostrarlo.
Dall’altro lato l’Ucraina ufficiale, governata dalla provvisoria coalizione dei rappresentanti della rivoluzione semipacifica che ha costretto Yanukovic a rifugiarsi nel Paese amico.
Gli Stati Uniti cercano di approfittare della tensione per indebolire Putin e conquistare una posizione strategica sul mar Nero.
L’Europa ufficiale è cauta. Solo Hollande e Cameron sembrano disposti a seguire l’America a sostegno della causa ucraina. Gli altri, tra essi l’Italia, si allineano alla Germania che all’Est ha rilevanti interessi economici.
Tuttavia, sul terreno, le tensioni crescono e fanno temere che, come accaduto spesso nella storia, la situazione sfugga dalle mani dei governanti.
Il problema del contendere è presto detto: in quale orbita d’influenza si deve collocare l’Ucraina?
In quella euro-occidentale o in quella russa?
L’Europa comunitaria è al confine: la Romania, anche se non ha l’euro, ne fa parte a pieno diritto.
E in molti ucraini s’è fatta strada l’idea che un accordo di adesione –entro un numero ragionevole di anni- all’Unione, garantirebbe un rilancio economico e uno statuto liberale. I discendenti degli ottomani e i tatari militano in prevalenza in questo schieramento, anche per secolari doglianze verso i russi.
Dall’occupazione,nel 700, dell’Ucraina da parte delle truppe di Caterina la grande, una politica di colonizzazione dell’area è stata tenacemente seguita, tanto che in Crimea la maggioranza della popolazione appartiene all’etnia russa e non è legata da sentimenti nazionali verso Kiev.
L’economia del Paese è tributaria del grande vicino: riceve sussidi annuali, rifornimenti di petrolio e gas, incassa i pedaggi per gli oleodotti e i gasdotti che percorrono il territorio. Non a caso, proprio i questi giorni, Gasprom, la compagnia russadi Stato, ha intimato all’Ucraina il pagamento di forniture arretrate.
Sembra, oggi, evidente e inevitabile che la Crimea celebri il referendum e decida, quindi, di lasciare l’Ucraina, aderendo in qualche modo alla Confederazione russa.
Se qualcuno a Kiev o, peggio, a Washington, a Londra e a Parigi intendesse opporsi a questa svolta, la corsa verso un bagno di sangue subirebbe una grave accelerazione.
Certo, si tratterebbe di un bagno di sangue ucraino, dato che né Obama né i suoi amicibellicosi, possono mandare un soldato laggiù.


E il sangue confermerebbe il cinismo che percorre l’Europae le sue inconciliabili divergenze interne.

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