La ciclicità storico-politica è un dato
obiettivo sotto gli occhi di tutti di cui il nostro Presidente del Consiglio
costituisce, per certi versi,indiscutibile conferma. Ciò non vuol dire però che
ciascun soggetto che si affaccia al massimo orizzonte della vita pubblica non
abbia una sua peculiarità, spesso costituita da elementi nuovi che si
intrecciano in modo imprevedibile con altri già noti alle masse.
Se di “era renziana”possiamo già
dissertare, ciò che ne rappresenta una reale innovazione - seppure anch'essa
ripetuta a fasi alterne nel tempo - è certamente l'elemento di svolta
generazionale, già anticipato con la breve esperienza di Letta ed oggi
rafforzato dalla presenza nell'Esecutivo di più under 40.
Molti si sono cimentati nella
valutazione della qualità della comunicazione operata dal nuovo premier;
chiara, precisa, spigliata e realistica per taluni commentatori; vuota,
sfacciatamente convenzionale e falsa per altri. Entrambe tali posizioni vengono
diffusamente riconosciute comuni ad un noto predecessore, di parte politica
opposta, che ha avuto a disposizione un ventennio per diventare soltanto quel
“Cavaliere” ancora oggetto del desiderio presso una opinione pubblica che vi
trova un sano anti-europeismo ritenuto utile per uscire dalla crisi economica.
Ma Renzi può essere considerato
europeista? Il suo richiamo alla riscoperta di un orgoglio di tipo nazionalista
basato sulla storica dote del rimboccarsi le maniche rivela la volontà di un
affrancamento dalle condizionanti e vigili maglie della politica economica
comunitaria? O piuttosto il desiderio di conquista della stanza dei bottoni da
parte di un Paese che ormai da anni soffre l'imbarazzo di un complesso di
inferiorità che mal si concilia con il suo ruolo di “fondatore e primo
sottoscrittore” di tutti i passaggi diplomatici generanti il processo
unificatore del vecchio continente?
A questo proposito il Presidente
Napolitano, puntuale, ricorda la imprescindibilità dell'elemento
unitivo-comunitario non solo per ottimizzare la necessaria politica economica
finalizzata alla ripresa, ma anche per indicare, come può ma non potrebbe,
l'indirizzo politico di pertinenza del Governo.
Un elemento assolutamente nuovo che a
prima vista sembrerebbe di matrice esclusivamente renziana potrebbe essere il
preciso impegno assunto dal premier direttamente con i cittadini, che implica
in sé il dovere di mantenerlo come se si trattasse di un patto stipulato tra
galantuomini; ma anche questo ricorda implacabilmente la firma unilaterale di
un contratto che fece storia nella programmazione dei talk-show televisivi; ed
anche la manifestata intenzione di un ritiro dalla vita pubblica in caso di
fallimento è assimilabile alla promessa berlusconiana – rivelatasi poi di
marinaio - di non ricandidarsi in caso di manifesta non attuazione anche di una
sola parte del programma pre-disposto e pro-posto.
E che dire del ritrovato“edonismo
reaganiano” che torna a costituire teoria fondante ed esemplare per ogni
governato? Eccezion fatta dalla condanna di uno stato assistenzialista, appare evidente
la netta predilezione per il libero mercato, per i tagli alla spesa pubblica ed
infine per la riduzione delle imposte; tutti elementi comuni con la destra
berlusconiana e con questo Nuovo Centro Destra sempre meno lontano dai quartier
generali di Palazzo Grazioli e di Arcore.
Perchè è difficile dunque cercare e
reperire oggi elementi caratterizzanti e tipici di una reale innovazione che
però è stata legittimamente annunciata e che ha riacceso le speranze di molti?
Perchè Renzi non è ancora riuscito a
scrollarsi di dosso – e non è detto che non ci riesca – le accuse di
un'opposizione populista ma sincera che ne fanno un instancabile e perenne
conciliatore tra le istanze di un Partito Democratico a struttura piramidale,
su base egualitaria, tenuto alla tutela delle fasce di reddito medio-basse, ed
influenti gruppi di pressione, costituiti da forti poteri economici socialmente
collegati a quelle fasce, che a loro volta ne garantiscono la produttività e la
competitività anche internazionale.
La lucida analisi di Paolo mi spinge ad
entrare nel dialogo in riferimento a quell’edonismo reaganiano che tocca in
pieno la personalità del neo Premier.. i cui elementi comuni di matrice
berlusconiana.. si mettono sempre di più in evidenza. I consensi, anche intellettuali, che
Renzi richiama attraverso l’uso e l’abuso degli slogan, contribuiscono al
formarsi di un pensiero ormai diffuso che, attraverso i mezzi di comunicazione di massa,
danno la percezione del particolare cambiamento che è in atto.
Ma è importante saper distinguere con
raziocinio. Per ricordare il pensiero di
quella vecchia, ma saggia, classe politica di sinistra: Se è vero che senza un
raeganesimo non sarebbe mai venuto fuori un berlusconismo…è anche vero che
senza di questo, non avrebbe mai imperversato il nuovo Renzismo.
Non v’è dubbio che i pensatori che tramano
dietro questo rituale edonista, sono personaggi scelti con cura in base alla
capacità di comunicare… sovrapponendo slogan e rendendo il tutto condito da una
atmosfera di epicureismo accattivante. Nell’era del Raeganismo si sostenevano
letture come «L’insostenibile leggerezza dell’Essere» di Kundera, «Il pensiero
debole» di Vattimo, «L’impero dell’Effimero» di Lipovetsky, «L’estetica del
brutto» di Rosenkranz, «L’ideologia del traditore» di Bonito Oliva. Oggi è più
difficile indicare dei titoli da collegare a quell’edonismo Renziano a cui fa
riferimento l’amico Paolo, poiché l’era del giovane sindaco d’Italia sta per
nascere e, malgrado l’evidente ascesa suggestiva e seducente… non si è ancora definito il suo edonismo.
v.cacopardo
v.cacopardo
Nessun commento:
Posta un commento