10 mar 2014

Una nota aggiuntiva al nuovo articolo del Consigliere Cacopardo



Da Falcone a Gratteri un unico filo rosso
di domenico Cacopardo

Di questi giorni è la notizia che il tribunale penale di Roma celebrerà solo 12.000 processi l’anno, scelti con criteri prioritari tra i reati di maggior allarme sociale. Con questa decisione, motivata con una inattendibile insufficienza di collaboratori, l’ipocrita obbligatorietà dell’azione penale va a farsi benedire e, con essa, gli anatemi di quella parte della stampa che si è fatta portavoce delle procure nazionali.
La decisione di Roma fa tornare di attualità la cosa più inattesa del governo Renzi: l’intervento del capo dello Stato per impedire la nomina a ministro della giustizia del procuratore antimafia Gratteri. Non un magistrato qualunque: impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta, ha approfondito i problemi della giustizia e, senza protagonismo, ha prospettato chiare soluzioni legislative e organizzative. Pensando a lui, Renzi aveva compiuto una scelta felice che avrebbe caratterizzato il governo. Infatti, con Gratteri, la giustizia avrebbe potuto riacquistare la credibilità perduta.
La bocciatura presidenziale (sembrava inopportuno che un magistrato in servizio assumesse il difficile incarico anche per le pressioni tutt’altro che nascoste di molti autorevoli componenti della corporazione), fa venire in mente la lotta di molti personaggi senza vergogna contro Giovanni Falcone nel momento in cui lasciò Palermo e andò a Roma come primo collaboratore del ministro della giustizia Martelli. E la guerra dichiaratagli da Magistratura democratica, l’organizzazione dei magistrati aderenti al Pci e affini, quando divenne chiaro il disegno di costituire una procura nazionale antimafia. Progetto questo che fu la causa vera del suo assassinio e di quello di Paolo Borsellino, il più autorevole candidato, dopo di lui, alla direzione del nuovo ufficio. Conoscendo le loro capacità, si poteva immaginare che avrebbero ottenuto su scala nazionale quella repressione delle mafie che avevano condotto in Sicilia. Così, l’arrivo di Gratteri al ministero avrebbe scompigliato le comode abitudini della corporazione, avrebbe scoperchiato i falsi santuari, denunciato le inefficienze e gli inefficienti, avrebbe, insomma, gettato una ventata d’aria pulita in un sistema che non è diverso dal resto del Paese. Quindi percorso dai negoziati e dagli scambi tra le correnti, dagli interessi personali e di carriera, e modulato con i medesimi difetti che riscontriamo nelle aule parlamentari e nelle sedi di partito.
Quello che manca è qualche cosa di diverso: l’impegno concreto per l’efficienza e per il conseguimento del risultato di rendere il servizio di giustizia agli italiani. Come la scuola sembra fatta per i professori, così la giustizia sembra fatta per i magistrati, non per gli italiani.



Probabilmente Domenico conosce l'opera svolta da Gratteri..e non è certo mia abitudine dare valutazioni professionali sul lavoro di chi non conosco. In relazione alla notizia del tribunale penale di Roma, posso invece esprimere una breve opinione sulla giustizia odierna e sul suo mancato funzionamento.

Al di là di ogni valutazione critica per le tante anomalie esistenti nel campo, le ultime riforme in campo di giustizia sono caratterizzate  dalla generale riduzione dei termini lunghi per impugnazioni, riassunzioni etc. Nelle Corti principali, le cause vengono di continuo rinviate. E’ anche noto che, per fissare un’udienza in Cassazione, possono passare non meno di cinque anni. Tutto ciò per l’immensa mole di lavoro del singolo magistrato, dovuta al moltiplicarsi delle cause e degli affari cui deve occuparsi. E' chiaro che il cittadino comune non può più attendere e vorrebbe risposte precise dalla politica, rivolgendo la propria critica verso una una generica giustizia indolente e per niente funzionale. Anche in questo caso..l'assenza e quella di una politica!
I problemi risultano notevoli per la sua stessa macchinosa organizzazione: Oggi un magistrato lavora in solitario. Riceve un aiuto dal cancelliere limitato a funzioni unicamente materiali come la formazione dei fascicoli, la redazione dei verbali, la pubblicazione delle sentenze etc. Inoltre il sostegno non è più intenso poiché il rapporto, negli anni, si è ormai reso malato tanto da scoraggiare lo stesso cancelliere.
Il magistrato non ha nulla che assomigli ad una squadra di aiuti e assistenti e deve fare tutto da solo per il compito assegnatogli: deve assumere le prove, esaminare i documenti, ricercare i precedenti, scrivere le sentenze oltre naturalmente tutti i vari provvedimenti. A ciò bisognerebbe porre rimedio circondando il magistrato esperto, di un gruppo di ausiliari, magistrati come lui, anche se con minore esperienza, ai quali possa essere affidata la assunzione delle prove, la ricerca dei precedenti, lo studio giuridico pertinente ed in fine, la stesura delle sentenze. E’ un tema che ci porta chiaramente alla ricerca delle necessarie risorse per assicurare efficienza alla magistratura.
In ogni caso, il vantaggio che ne deriverebbe sarebbe principalmente di qualità, ma anche di maggiore velocità per la soluzione dei casi e con un incremento notevole della produzione complessiva. Ci si rende chiaramente conto che proposte simili potrebbero apparire miraggi, sebbene si deve essere consapevoli che la gravità della situazione è tale da indurre a formulare, anche se solo teoricamente, idee simili per spingere gli addetti ai lavori verso la ricerca di una migliore soluzione. 
v. cacopardo



Nessun commento:

Posta un commento