di domenico Cacopardo
Sono passate poche settimane dall’insediamento di Matteo Renzi a palazzo Chigi e il panorama politico nazionale è completamente cambiato. Chi ancora pochi mesi fa era al vertice dello Stato o dei partiti è fuori gioco o quasi, ancorato a un tempo che non tornerà e di cui non c’è alcun rimpianto. Li abbiamo visti operare, puntare tutto sul berlusconismo e sull’antiberlusconismo, sostenendosi a vicenda, mentre la Repubblica rimaneva immobile davanti ai suoi problemi.
Sono passate poche settimane dall’insediamento di Matteo Renzi a palazzo Chigi e il panorama politico nazionale è completamente cambiato. Chi ancora pochi mesi fa era al vertice dello Stato o dei partiti è fuori gioco o quasi, ancorato a un tempo che non tornerà e di cui non c’è alcun rimpianto. Li abbiamo visti operare, puntare tutto sul berlusconismo e sull’antiberlusconismo, sostenendosi a vicenda, mentre la Repubblica rimaneva immobile davanti ai suoi problemi.
Questa staticità è confermata dall’elegiaca rievocazione di
Berlinguer realizzata da Veltroni: gli errori del capo del Pci non sono
sfiorati consegnando agli spettatori un’immagine inattendibile di un politico
che ha perduto molte battaglie. Finché le disperse truppe dell’exPci non
riusciranno a fare i conti critici con il passato, per loro sarà difficile
riconquistare un posto al tavolo delle decisioni.
In questo mondo sclerotizzato, irrompe il giovane sindaco di
Firenze e spariglia le carte con una capacità mediatica superiore a quella del
mago della comunicazione Berlusconi. Il suo successo è reale e percepibile ogni
giorno. Certo, il compito del premier è facilitato dal crollo della vecchia
classe dirigente, ma l’elemento più coinvolgente è la ripresa del discorso
riformista abbandonato dall’Italia dei partiti alla fine degli anni ’80.
La stessa escalation di aggressività di Beppe Grillo (privo, e si
vede, del suo guru preferito), il ricorso a frasi sempre più forti, la perdita
del controllo del proprio cervello e della propria lingua, mostrano una
profonda insicurezza nei confronti della novità Renzi, al suo linguaggio
diretto e alla simpatia che riscuote tra gli italiani.
Certo, non è tutt’oro il luccichio di primo ministro. Ci sono
stati e ci sono problemi seri, sia all’interno del governo, per la disarmante
pochezza di molti ministri (e sottopancia), per alcune dichiarazioni
demagogiche, non ultime quelle sulla burocrazia, sugli alti dirigenti e sui
manager, per alcuni provvedimenti in itinere molto discutibili. Tra essi, il
medesimo disegno di legge di riforma del Senato appare come un arzigogolo da
apprendisti legislatori piuttosto che un progetto ben ragionato e coerente. Non
c’è una ragione plausibile per non abolire tout-court il Senato, liberando risorse
e tempo nell’iter dei provvedimenti sui quali il nuovo organismo dovrebbe
pronunciarsi. Il pragmatismo che governa il capo del governo lo spingerà, al
momento giusto a correggere il tiro. Di fondo, la direzione di marcia è giusta:
quello che conta, infatti, è avere abolito il diritto di veto della Cgil e
della sinistra interna ed esterna al Pd. Le azioni privilegiate nelle mani di
queste aree politiche sono ormai fuori corso. La necessità di non avere nemici
a sinistra, di riverire alcuni esponenti del radicalismo senile, di non muovere
nulla senza il consenso di personaggi dello spettacolo, del cinema, della
cultura è stata cancellata d’un tratto, restituendo la priorità alle urgenti
necessità del Paese.
E Giorgio Napolitano, riflettendoci, di questo cambiamento è stato
il primo, inascoltato interprete. Colui che ha saputo andare al di là dei veti
tradizionali, navigando in mare aperto.
Non c’è dubbio, siamo entrati nel terzo millennio.
Non vorrei che.. il più dotto cugino Domenico, con il quale mi
confronto sempre volentieri, dovesse, un
domani, con meno ottimismo.. esprimersi in altro senso sul lavoro del sindaco d’Italia
Renzi. Avendo lui stesso, sottolineato..
nel passato.. le difficoltà di questo governo composto da quelli che ha definito come “apprendisti” e dichiarando adesso “discutibile”
una riforma come quella del Senato.
Io.. a questa..aggiungerei quella relativa alle Provincie (sulla
quale potremmo anche attenderci confusione sulle future competenze ed altrettanta
inefficienza sul meccanismo) e quella poco democratica del sistema elettorale.
Messe insieme tutte e tre danno sicuramente un quadro assai chiaro…e cioè
quello di voler intrappolare una democrazia in favore di un primario potere
governativo stabilito dall’alto.
Il cugino Domenico richiama giustamente il momento storico
politico che ha visto il crollo di una certa classe politica aiutando non poco
il cammino di Renzi..ma è proprio il risoluto pragmatismo del nuovo Premier a
destare serie preoccupazioni da parte di chi dovrebbe vedere la politica come mezzo per il raggiungimento di una sana funzione costruttiva...il resto è tutto più facile: --Chiunque con la forza risoluta di un assolutismo può
cambiare un sistema...molto più difficile è farlo tenendo fede ai principi di
una democrazia!
Ora… sia il forte pragmatismo che il decisionismo di chi oggi
pretende di approcciarsi ai temi della politica in modo assai sintetico e
tranchant..anzichè con il dovuto rispetto e la necessaria umiltà, fanno tanto
pensare ad un cambiamento che somigli più ad un
processo di “restaurazione”.
Quando un politico avanza così determinato ..per quello che oggi
dovrebbe rappresentare un cambiamento epocale.. senza un serio scambio in seno
al suo stesso Partito, parlando continuamente per slogan..a volte
demagogicamente..e persino con quel “remarque” populista simile a quello di
Grillo, assai
poco potrà contare il linguaggio diretto e la simpatia che riscuote, quando ciò viene dettato da una comunicazione che lascia dubbi e che poco può spartire
con la logica di programmi funzionali...
Per finire… poi.. sul merito delle sopracitate riforme che
continuano a convincere poco e che possono attrarre solo per l’ignoranza dei
tanti cittadini che non conoscono bene i meccanismi delle istituzioni, né quale deve essere il vero fine di una società democratica.. o a chi si illude che col solo pragmatismo
si possono superare le problematiche di una indispensabile crescita che
necessita principalmente di nuove idee.
vincenzo cacopardo
vincenzo cacopardo
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