20 mag 2014

Nuovo articolo del consigliere Cacopardo su Milano Expo

di domenico Cacopardo
Sembra che un diavolo malvagio (cioè ancora più diavolo di quanto si possa pensare) decida ogni giorno di fornire argomenti a coloro che consideravano e considerano ‘Expo 2015’ una follia.
Ci si mette ora la distinta categoria dei tassisti milanesi scesi in guerra contro Uber. Di che si tratta? Si tratta di un’applicazione disponibile per i cellulari Apple e Android; con essa ci si connette a una centrale, si chiede un taxi, un’auto a noleggio con autista (NCA) o una limo di quelle lunghe dieci metri. Il sistema (in automatico) individua la posizione di chi chiama e del mezzo più vicino e comunica il costo del trasporto. Se si accetta, arriva il taxi e conduce a destinazione. Si scende e ci si allontana, lasciando al massimo una mancia per l’autista. Componente essenziale del sistema, infatti, è aprire un account Uber, collegato a una carta di credito. Il prezzo della corsa viene acquisito dalla centrale che, con periodicità breve, riversa ai tassisti quanto di loro competenza (tenendosi una modesta percentuale per le spese di gestione). Dove è stato adottato (36 paesi tra cui Cina, la Russia, il Sud-Africa e l’Unione europea), Uber ha migliorato il servizio agli utenti e incrementato i ricavi degli operatori.
Per gli operatori economici, è ormai diventato una componente essenziale della loro mobilità.​
Perché a Milano e in Italia tante resistenze?
C’è prima di tutto una percentuale infinitesima (o no?) di tassisti che imbroglia sui tassametri e sui percorsi. Con Uber non potranno più farlo. Questo, però, non è il caso di Milano, che è stata la capitale morale del Paese. Oggi ​sembra non esserlo più, come dimostrano le inchieste della Procura.
C’è poi un matematico rapporto tra ricavi e carico fiscale: insomma, non si può più evadere. E qui, probabilmente, è il punto chiave per capire quali ragioni inconfessabili stiano dietro all’inspiegabile rifiuto e all’eclatante dimostrazione di domenica.
C’è infine il dato, accertato ovunque funzioni Uber, dell’aumento dei ricavi per gli operatori del settore. Un aumento dei ricavi derivante dalla razionalizzazione di chiamate e corse che determina un aumento di lavoro per tutti. Non si può credere che ci si opponga all’aumento di lavoro, anche se, con le abitudini nazionali, potrebbe essere realistico pensarlo.
Immaginate Milano nell’Expo con o senza Uber. È evidente che non si può arrivare all’anno prossimo senza il nuovo sistema adottato, messo a punto e in funzione.
Hic Rodhus hic salta, dicevano i latini per fare intendere che non si può aggirare un problema. E questo è un problema da risolvere presto per non aggiungere a quelle esistenti altre perplessità tra coloro che intendono investire nell’esposizione di prodotti o che intendono venire a Milano l’anno prossimo per ammirare un evento mondiale.
Purtroppo, siamo in uno Stato sempre più forte con i deboli e sempre più debole con i forti.
In questo caso, l’Italia (giacché non c’è in gioco solo Milano, ma tutto il nostro sgangherato Paese) deve decidere e andare avanti. Anche per non confermare l’idea che ci stiamo allontanando dall’Europa e dell’Occidente per diventare una para-Argentina o un para-Venezuela in preda a un populismo distruttivo.
Un’unica chiosa finale: se questo accade a Milano, cosa accadrà a Roma o a Napoli, in cui la pregiata categoria interessata si distingue per civismo e disciplina?








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