23 mag 2014

Nuovo articolo del Consigliere Cacopardo sulla politica internazionale

di domenico Cacopardo
Mentre a Mosca si festeggia l’accordo stipulato da Putin con il premier cinese Xi Jinping (è il settimo incontro tra i due), a New York, capitale economica degli Usa –e non solo- ci si leccano le ferite constatando il disastro totale della politica estera del presidente Obama. Ieri, Jane Perlez, corrispondente da Pechino del New York Times, dedicava la sua approfondita corrispondenza da Pechino proprio ai motivi di insoddisfazione verso l’America, presenti in Russia e in Cina.
In Asia, Obama sostiene il rafforzamento militare del Giappone, critica aspramente (e opera in conseguenza) l’attivismo militare di Pechino nel mare Cinese del Sud mentre combatte una dura battaglia cibernetica nella rete. Questa politica americana incide, prima di tutto, sugli equilibri interni del monolito comunista, nel quale Xi non può mostrarsi più debole dei suoi predecessori. E incide sui rapporti con il Giappone, il cui risveglio nazionalista è visto con preoccupazione anche a Seul -ed è tutto dire-. Ma, visti i precedenti nipponici non c’è da meravigliarsi più di tanto. Il medesimo scontro sui problemi della rete sarebbe più facilmente ricomponibile se si tornasse a ragionare in termini di utilità economico-finanziarie incrociate, come s’è fatto in passato e, sottobanco, anche oggi, visto che l’interscambio va bene e le aziende americane continuano a fare affari con le aziende cinesi.
Putin con questo vero e proprio strike (la boccia abbatte tutti i birilli) ha raggiunto una serie di risultati tattici (se diventeranno strategici lo diranno i prossimi tre/cinque anni).
Prima di tutto, ha dato uno sbocco alla crisi nella quale versa la Russia offrendo una prospettiva forte e sicura alla sua economia. Trent’anni di contratto a partire dal 2018; 38 miliardi di metricubi di gas l’anno per un prezzo complessivo di 400 miliardi di dollari; un gasdotto di 2.200 km di lunghezza (55 miliardi a carico della Russia, 22 a carico della Cina).
Intorno a questo asse principale si svilupperanno tutte le altre occasioni commerciali e industriali, che, dato l’avanzamento della Cina nelle nuove tecnologie, saranno di vitale importanza per i russi, costretti a dipendere sempre di meno dalla Germania e, nel nostro piccolo, dall’Italia.
Putin, però, ha ottenuto un risultato ancora più significativo per la propria leadership: ha dimostrato in modo inequivocabile il declino degli Stati Uniti e della Nato, la loro perdita di peso politico e militare. Dopo lo scontro delle scorse settimane intorno alla questione Ucraina, dopo le inutili e maldigerite (dall’Ue) sanzioni, la Russia cambia scacchiere e stipula una forte alleanza economica con la potenza del futuro, quella che ha ritmi –e soprattutto margini- di sviluppo inesauribili soprattutto nei settori ad alto valore aggiunto.
Il prossimo passo potrebbe essere una cooperazione spinta nei programmi spaziali, cui gli Stati Uniti credono scarsamente, ma che rappresentano un’occasione di crescita ulteriore delle tecnologie leggere, quelle di cui la Russia ha più necessità.
L’Europa e soprattutto la Germania sono sconfitte. La causa primaria è l’assenza (dell’Ue) dalla scena e l’insufficiente peso della potenza leader.
Sarà il nuovo quinquennio a stabilire se l’Unione ha una chance di diventare un’entità politica (una politica estera e una difesa) o rimarrà sostanzialmente un mercato comune: l’ibrido attuale è destinato a non reggere.
Dovrebbe averlo capito anche la signora Angela Merkel.



Nessun commento:

Posta un commento