21 mag 2014

Personali considerazioni sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo

di domenico Cacopardo
Quattro giorni al voto e l’Italia è percorsa dalla paura di un salto del buio senza rete, alimentata da un irresponsabile demagogo,  Beppe Grillo, personaggio tra il comico e il drammatico come ne abbiamo visti in passato.
C’è una sola risposta da dare ai timori ed è la risposta forte della riflessione e del ragionamento.
Se passeggiamo nel centro storico di una qualsiasi delle nostre città e ci guardiamo intorno, vediamo palazzi e opere d’arte unici, contesti urbani che testimoniano l’ingegno, la capacità tecnica e la voglia di rischiare che hanno caratterizzato gli imprenditori italiani. Se approfondiamo un poco, scopriamo che, per esempio, siamo stati all’avanguardia nella tecnologia nucleare, nella costruzione di dighe, porti, ponti e gallerie, e che lo siamo ancora in molti campi industriali, dall’alimentare al sanitario, passando per la meccanica di precisione.
Se poi osserviamo la vicenda “Criminalità mafiosa” in Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia, constatiamo che sono migliaia gli uomini e le donne con la schiena dritta che l’hanno combattuta e la combattono a rischio della vita, ottenendo risultati definitivi in molte aree e in molti campi. Anche l’equazione mafia-politica è un teorema indimostrato perché, certo, ci sono politici collusi, ma la politica non è collusa, anche se fa comodo a tanti che la gente lo ritenga.
In qualche misura, è la società civile che, in molte zone, è collusa o è preda di una mentalità mafiosa (fenomeni in evidente calo) e, perciò, esprime politici incapaci di sceverare tra legalità e illegalità.
Insomma, nonostante il nichilismo in circolazione, la bassa speculazione quotidiana su episodi riprovevoli, ma mai tali da mettere in discussione il Paese, l’Italia è ancora in piedi e può percorrere la strada per uscire dalla crisi.
Per questo serio motivo, non possiamo abdicare al tentativo di “buttarla in vacca” con asserzioni demenziali, ascoltate in questi giorni come “Il giorno dopo le elezioni, che vinceremo, 1 milione di italiani andrà a Roma” (già sentita nel 1922), “Cacciamo Napolitano”, “Rivotiamo con il porcellum”, “Referendum contro l’euro”, “Salario sociale” e via discorrendo.
Chi ragiona capisce che si tratta di battute tragicomiche, alle quali occorre rispondere con il voto, dato che non votare è, oggi più che mai, pavida, colpevole diserzione, complicità con chi vuole distruggere l’Italia repubblicana e democratica. E, votando, ricorrere all’unico strumento di cui disponiamo: la ragione. La ragione che ci consente di analizzare le varie proposizioni e di scegliere quelle responsabili e realistiche. La ragione che ci consente di capire dove sono le battute, le volgarità e dov’è un disegno, una proposta.
Con la ragione, comprendiamo che abbiamo iniziato, tra mille difficoltà, un cammino di modifica dell’assetto istituzionale che renderà la nostra Nazione più e meglio governabile. E che il passo successivo, caduti i veti della Cgil, sarà quello di liberalizzare l’Italia, rimettendola non in cammino, ma in corsa sulla via della ripresa.
Con la ragione comprendiamo che ci vorrà tempo, ma che, come nella vita e nella storia non esistono scorciatoie, non ce ne sono nemmeno davanti a noi.
Certo ci sarebbe voluto al governo un personaggio autorevole, capace di rassicurare i ceti produttivi, non un giovanotto arrivista senza cultura politica ed economica.
Se ci guardiamo intorno, però, ci sono solo vecchi bolsi e incattiviti che guardano al passato e alle loro personali rivincite, nonostante i danni che ci hanno inferto.
Bene, dopo il terzo millennio, dopo i travagli della prima e della seconda Repubblica, siamo entrati nell’età della ragione. Usiamola, impedendo a un nuovo medio-evo di impadronirsi di noi.
 

IL SISTEMA: COME UN CAMPO DA RIARARE

Io parlerei più di equilibrio che di ragione!
Negli ultimi tempi, questa ragione.. tanto assimilata ad un cinico ed assoluto pragmatismo, ha avuto le sue notevoli responsabilità cancellando ogni ideale e trasformando la società in una realtà dove l’unica cosa che serve sembra essere il denaro e qualunque mezzo per potersene impossessare.

L’uso della ragione, declamata con giusta enfasi, dal cugino Mimmo, fa tanto pensare al personaggio storico Machiavelli che ostentando la sua mitica frase “il fine giustifica i mezzi” ha contribuito ad inculcare in modo negativo un principio che per certi versi ha condizionato l’intera società nel libero sfogo di una furbizia poco costruttiva.. se non utile ad un proprio tornaconto.
Fatta salva la storica concezione machiavellica che dovrebbe sapersi interpretare caso per caso attraverso un’attenta disamina, la politica ha comunque teso a muoversi di frequente e con prepotenza in questa comune logica, esaltando il fine e mortificandosi nell‘uso dei mezzi più disperati ed assurdi: La politica odierna sembra proprio ingabbiata in questa logica ricercando  più spesso un risultato finale e non tenendo in ben più alta considerazione i mezzi che vengono usati per lo svolgimento del suo compito.

Il fatto è che, al contrario di come possa vederla il cugino Domenico, oggi.. lo spazio alle idee, appare sempre più chiuso dall’inconscia paura di non determinare alcun riscontro positivo rispetto ad un mondo che tende a muoversi prevalentemente in direzione di severi principi razionali eliminando, in via preventiva, qualunque incognita ideativa o presupposto teorico… ed io credo che nel momento storico attuale,  forse anche a causa di una forte recessione mondiale, si sopravvive attraverso l’unica risorsa mentale della tangibilità e della concretezza, non  reagendo con la forza delle iniziative e delle idee ed è proprio questo che penalizza il giusto percorso della crescita di una società.

Le idee rimangono il disegno della mente e costituiscono un sapere interiore. Esse devono sicuramente rappresentare un modello assoluto di riferimento per la vita. Ma in un mondo come quello odierno, pare nessuno voglia muoversi attraverso queste rilevanti risorse del pensiero che sembrano le uniche capaci di spingere una positiva crescita ed, attraverso le quali, l’uomo potrà riuscire a sottrarsi alla propria sconfitta. Al contrario…assistiamo ad un diffondersi esagerato di regole che stabiliscono scelte razionali, sia sul piano economico che sul modello di vita sociale in generale, tanto spinte dal raziocinio, che finiscono sempre col soffocare qualunque impulso dettato dai pensieri e dalle idee. Dare spazio alle idee di ognuno non significa soltanto far crescere le persone, ma  far crescere un intero sistema.

Io credo che il periodo odierno somigli più a quello mazziniano….ad un passato che accendeva gli animi della politica verso la passione  …attraverso una nuova concezione storica che smentiva quella dei passati illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la forza dalla ragione. La storia ci dice che dopo le vicende della rivoluzione Francese.. quei nobili fini s'infransero dinanzi alla realtà: Il secolo degli illuminati era infatti tramontato venendosi a determinare una ribellione dei singoli popoli in nome di un sentimento di nazionalità.  La concezione reazionaria contro cui Mazzini combatté strenuamente assunse un aspetto politico-religioso contro le insidie del razionalismo e di un eccessivo liberalismo. 

Con la figura e la stessa parola cristiana diffusa da Papa Francesco, sembriamo oggi rivivere l’onda di uno stesso periodo di ribellione. Al contrario della logica machiavellica, ancora in voga per l’eccessivo liberalismo ed il predominante pragmatismo, la visione politica  mazziniana, sebbene ideologica ed ormai passata, sembra stia prendendo il passo come una reazione che pare guidarci in direzione di una concezione progressiva ed un maggior benessere sociale.
Questa è la ragione per la quale sarà proprio l’equilibrio e non proprio la ragione a divenire indispensabile… come per ogni cambiamento storico.

Anch’io nutro fortissime perplessità sul Movimento di Grillo…perplessità e angosce che a differenza che su Renzi.. restano più concentrate nel metodo, ma non posso non manifestarne altrettante per ciò che riguarda nel merito il progamma di Renzi..ed allora..?
Se si vuole cambiare…bisogna avere la forza di affrontare i cambiamenti..di accettarli nel bene e nel male, anche contro noi stessi. Se altrimenti restiamo fermi e succubi delle regole imposte da un vecchio sistema, nulla cambierà mai.. qualunque ragione si possa imporre!

Concludo con una metafora che rende forza a questo mio pensiero:  
“Potremmo paragonare il sistema in cui viviamo e ci rapportiamo, ad un campo sul quale andrebbero coltivati i semi (nuove regole costituzionali - nuovo sistema politico). Il frutto dovrebbe essere quello della  “democrazia”. Ma se il campo è malato, arato male, senza un’attenta concimazione, il seme non crescerà mai bene ed il raccolto sarà inevitabilmente il frutto di tutto ciò: un raccolto guasto (ovvero una democrazia non definita), al quale si aggiungeranno i parassiti ( come la burocrazia) che divoreranno questo raccolto rendendo il campo una coltre ancora più desolata.
Il campo và ricomposto e preservato in modo da potervi ripiantare i nuovi semi per l’attesa e la crescita di un buon raccolto e per evitare l’arrivo di qualsiasi altro parassita.
Oggi il parassita della “burocrazia” regna sovrano in un Paese che soffre in concorrenza, crescita e funzionalità, la burocrazia sembra essere persino fomentata da chi gestisce potere politico: essa torna utile poiché, il disbrigo della stessa, rende ancora più forza a chi, il potere, lo gestisce. Se, a questa, aggiungiamo l’assoluto e dilagante pragmatismo delle rigide ed immutevoli istituzioni, allora l’uomo e la società continueranno a perdurare in una realtà simile a quella di un basso medioevo. Bisognerebbe, invece, spingersi verso un nuovo rinascimento, riarando il suddetto campo per l’attesa  del buon raccolto ed il rifiorire dei valori di una giusta democrazia. Nulla potrà mai inventarsi la politica, se non un cambiamento che possa partire dalla base e cioè dalla ricomposizione e la rifioritura del suddetto campo.”
vincenzo cacopardo



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