di domenico Cacopardo
Dopo i gravi fatti di sabato in occasione
della finale di Coppa Italia, se vivessimo in un Paese normale, avremmo già
appreso che il questore, Massimo Mazza, e il prefetto di Roma, Giuseppe
Pecoraro, prima di essere rimossi, hanno presentato le loro dimissioni nelle
mani del ministro dell’interno Alfano.
È vero che il problema principale non
sono loro, ma la Figc, la Federcalcio, diretta da tempo immemorabile da
Giancarlo Abete, ex deputato DC, sopravvissuto a tutti i commissariamenti,
compreso l’ultimo fugace del professor Guido Rossi. Questa metafora dell’Italia
che è il calcio, avrebbe tante spiegazioni da dare agli italiani, mentre è
richiuso nel suo bunker autoreferenziale di via Allegri sordo a ogni richiesta
di trasparenza e di aggiornamento. Legata in modo indissolubile a quell’altro
eletto organismo di galantuomini che è la Lega di Serie A, diretta dal 2009 da
Maurizio Beretta exgiornalista Rai, exdirettore generale di Confindustria
versione Montezemolo, e dal 2011 in evidente conflitto d’interesse per la
nomina a responsabile della struttura Identity and Communications di UniCredit.
La madre di tutte le spiegazioni riguarda
il perché le presidenze delle squadre di calcio siano così ambite, quando i
bilanci sono dissestati e, formalmente, le perdite si accumulano anno dopo
anno.
Dato che né la Lega, né la Federazione si
pongono il problema, la questione potrebbe interessare la Guardia di finanza
che, con gli strumenti di cui è fornita,
potrebbe esaminare le centinaia di transazioni estero su estero o Italia verso
estero che ogni anno le società calcistiche effettuano con gente improbabile (alcuni procuratori) in paesi privi d’ogni trasparenza.
Dovrebbero spiegare il perché di un
sottile permanente boicottaggio alla realizzazione di stadi delle società,
quando in tutto il mondo sono in prevalenza delle società medesime. Si dice,
nella Roma pronta alle dietrologie, che la realizzazione degli stadi privati
priverebbe (la ripetizione è voluta) del potere derivante dalla gestione di
stadi pubblici, un potere ben esercitato nel 1990 per i campionati mondiali di
calcio.
Dovrebbero spiegare perché, nel caso in
cui un presidente sia stato condannato per reati significativi (dalla truffa
all’evasione fiscale), non vengano applicate le norme statutarie che prevedono il
suo allontanamento dagli organi direttivi di Lega e Federazione e dai consigli
di amministrazione delle società calcistiche.
Dovrebbero spiegare la totale opacità che
riguarda la gestione della classe arbitrale, le scelte degli arbitri, i
compensi e i benefici derivanti da attività pubblicitarie.
Dovrebbero spiegare il perché non si
affronti con la dovuta severità la gestione della giustizia sportiva e, quindi,
i procedimenti per le partite compravendute, eliminando ogni geometria
variabile.
Non caveremo una parola di chiarimento da
lor signori su questi temi.
Il governo Renzi, con la sua voglia di
rinnovamento, avrebbe un terreno fertile sul quale mettere le mani per Cambiare verso.
Detto questo, torna di fronte agli italiani
il problema immenso di un sistema di polizie incapace di prevenire, si tratti
delle partite, dell’assalto al cantiere Tav della Val di Susa, o delle
aggressioni di Roma e Torino per il 1° maggio.
Eppure, nel governo, c’è chi sa dove
mettere le mani, soprattutto in materia di intelligence:
ci riferiamo al sottosegretario Minniti, uno dei pochissimi professionisti
della politica e del ramo presenti in questa compagnia di giro in cerca di
regia.
Non esiste prevenzione in questo Paese e
Domenico Cacopardo, già esperto Consigliere di Stato..dovrebbe saperlo! Tanto
meno nella disciplina del maggiore sport oggi esistente. Un’attività sportiva…per
modo di dire..in considerazione delle grandi anomalie oggi esistenti: Questo
sport pare non aver più nulla a che fare con una vera disciplina da quando, lo
squilibrato inquinamento del denaro, lo ha compromesso con il potere.
Non a caso.. anche quando l’economia
reale di un Paese è in declino, l’azienda calcio (che assorbe risorse da quella
parte non del tutto attiva…legata alla pubblicità) continua incoerentemente il
suo percorso, come restasse assente da un contesto sociale di una crisi.
E’ comunque vero che la finanza, se anche
spinta dallo stesso governo.. avrebbe la possibilità di poter intervenire sui
movimenti finanziari degli acquisti e vendite dei giocatori e gli eccentrici
bilanci da approfondire attentamente. Ma possiamo davvero credere che possa
esistere una tale volontà?
Sembra chiaro che questo gioco, espresso
negli enormi anfiteatri dello sport..rappresenta una chiara valvola di sfiato
per un popolo che sfoga una buona parte del suo istinto represso. Quando gli
stessi Stadi (ossia le arene di una volta)
tendono ad amplificare tali sfoghi in una sorta di sublimata liberazione ….si
scaricano emozioni che fanno comodo al sistema dei
potenti che lo guidano.. perchè utili a distrarre dalle problematiche più
importanti relative al lavoro, al vivere comune, al sociale e di tutto quel campo
di primario interesse politico…
Nulla cambierà mai... nonostante le continue
promesse facenti parte del comune modo di esprimere un bisogno di sicurezza
negli Stadi e la perenne retorica sulla differenza tra un vero tifoso ed un
tifoso violento: Nell’arena… anche il più tranquillo degli uomini spinto dalla aberrante
idiozia di una folla delirante… viene colto da impulsi che non gli appartengono. Con ciò non si vuole condannare lo sport ma quello che lo sport è
divenuto in mancanza dei valori essenziali.. lontani mille miglia dagli
interessi di tutti coloro che oggi vi girano intorno a puro scopo di lucro.
vincenzo cacopardo
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