6 giu 2014

Interessante appunto del consigliere Cacopardo



Fermarsi prima che sia troppo tardi
di domenico Cacopardo

Nei giorni scorsi, il governo ha approvato il decreto-legge Cultura presentato dal Ministro Franceschini. Il 31 maggio il decreto (n. 83), è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e, ora, è all’esame del Parlamento, che lo deve approvare, pena decadenza, entro 60 giorni. Il provvedimento è apprezzabile sotto diversi profili e, probabilmente, otterrà positivi risultati in tutto il sistema beni culturali, migliorandone la fruibilità da parte del grande pubblico italiano e straniero.
Tuttavia, anche alla luce di quanto accaduto a Venezia, presenta un serio problema, quando affronta, all’art. 2, la questione Pompei. A​gli affidamenti dei contratti in attuazione del Progetto Pompei, approvato dalla Commissione europea, si applicheranno una serie di disposizioni acceleratorie e di emergenza, che possono costituire il presupposto per il ripetersi dei fatti delittuosi accaduti, appunto, a Venezia, intorno al Mose, e a Milano, intorno all’Expo. 
Il direttore generale del progetto Pompei ottiene, infatti, poteri assoluti d’emergenza nell’affidamento e nell’esecuzione dei lavori, a eccezione di quelli relativi al protocollo di legalità di competenza della prefettura di Napoli. Sull’attendibilità delle procedure per le attestazioni di legalità, rimandiamo alle dichiarazioni dell’ultimo pentito di camorra, Antonio Iovine.
Al medesimo direttore, poi, è data la facoltà di aggiudicare un appalto anche se l'aggiudicatario non ha fornito in termini la prova del possesso dei requisiti dichiarati o confermato le proprie dichiarazioni. Qui, il ministero dei beni culturali ha dimenticato di inserire la norma che dirimerebbe ogni questione: chi concorre agli appalti di Pompei (in deroga a tutte le norme, a causa dell’emergenza) dovrebbe, insieme all’offerta, presentare una fidejussione bancaria a prima chiamata per il valore dell’intero appalto. In un mondo difficile come quello campano, un vincolo del genere avrebbe un senso moralizzante, escludendo tutti coloro che intendono speculare su Pompei. Certo, il fattore camorra, sempre presente dietro l’angolo, sarebbe ancora più scoraggiante del solito. Ma, se lo Stato intende risolvere la questione, deve garantire a chi opererà sul terreno la massima protezione da parte della Pubblica sicurezza, schierando tutti gli uomini necessari e, in mancanza, mettendo a presidio l’Esercito.
Il direttore del progetto potrà-dovrà sempre disporre l’esecuzione di urgenza dell’appalto, prevista dal Codice dei contratti pubblici, anche durante il termine dilatorio e quello di sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del relativo contratto. Immaginate il contenzioso che nascerà intorno a questa immediatezza, e gli abusi che, sotto il suo ombrello, potranno essere consumati, soprattutto in assenza di una garanzia bancaria totale.
Ancora, in deroga alle norme in vigore la consegna dei lavori avviene immediatamente dopo la stipula del contratto con l'aggiudicatario.
Infine, le percentuali stabilite per le varianti (e suppletive) del progetto sono elevate al trenta per cento.
Qui ci fermiamo per chiedere al ministro Franceschini e al Parlamento di ripensare seriamente all’impianto del Grande progetto Pompei, sapendo che l’emergenza è il luogo in cui si sviluppano le corruzioni e che non è necessario mettersi in mano a funzionari e imprese senza solide garanzie legislative e fidejussioni adeguate. 
Prima che sia troppo tardi.

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