La politica di questi ultimi mesi e gli scandali ci danno la certezza che il travagliato passaggio dalla prima alla terza Repubblica si sta traumaticamente compiendo. Sembra che contraddizioni, compromissioni e illeciti si siano dati appuntamento nel primo semestre del 2014, per spingere il sistema governato da Renzi fuori dalle secche in cui era incagliato.
La storia viene da lontano, da una Costituzione consociativa, nella quale la spartizione del potere era considerata un valore democratico. Nei decenni ne abbiamo constatato la devastante deriva, sino a quando, da Venezia, sono venute le notizie di una trasversale partecipazione al sacco del Mose, la grande opera pubblica che dovrebbe riscattare la città dalla minaccia delle acque alte.
La terapia politica è stata scritta da Renzi: procedere nella propria direzione senza accettare veti del sindacato o del partitino di turno, e realizzare le riforme dal bicameralismo perfetto alla legge elettorale maggioritaria, che deconsociativeranno il sistema.
Sulla terapia giudiziaria e amministrativa la confusione è totale. Il commissario anticorruzione Raffaele Cantone mette l’accento sul controllo successivo e sulla legge penale, senza rendersi conto che è il sistema degli appalti a essere sotto accusa. È lì infatti che si annidano i germi che consentono di frodare la legge. Il primo è il cosiddetto «Inhouse», inventato da Bassanini: mediante esso, il comune o la regione o, più di rado, il ministero, costituiscono una società alla quale viene affidato il compito di indire gli appalti. Anche se la Cassazione ha più volte stabilito che le società di questo genere debbono applicare la disciplina pubblicistica, nessuno se n’è dato per inteso: si è proceduto come privati che affidano i lavori in piena discrezionalità. Il secondo germe è proprio nella invocata normativa sugli appalti, in parte mutuata dalle direttive europee. Essa è un raffinato modo per impedire alla libera concorrenza di manifestarsi, indirizzando le aggiudicazioni secondo accordi tra imprese con o senza la partecipazione (illecita) dei funzionari.
A questa grave e diffusissima distorsione c’è un rimedio immediato, adottabile con un provvedimento amministrativo. Una sola breve digressione, prima di spiegarlo. Nelle gare internazionali («tender») il sistema è il seguente: massimo ribasso con garanzia totale sull’opera. Perciò chi può garantire 100, potrà appaltare un’opera del valore di 100.
In Italia, invece, la garanzia è parziale, limitata, più o meno al valore di uno stato di avanzamento (tra il 10 e il 20%). In questo modo un’azienda nazionale che può garantire 100, può prendere, per esempio, 10 lavori da 100, garantendo il 10% di ciascuno.
Ecco quindi, il rimedio che suggeriamo a ministro e alle autorità: una semplice direttiva con la quale si dispone di affidare i lavori al miglior offerente che deve prestare garanzia sull’intero valore. Le armi di corrotti e corruttori sarebbero immediatamente spuntate. Una rivoluzione (copernicana) che colpirebbe, tra l’altro, il movimento cooperativo, sempre partecipe, a pieno titolo politico e imprenditoriale, delle spartizioni: unico modo immediato per fermare ogni illecito, in attesa dell’ennesima riforma.
La terapia politica è stata scritta da Renzi: procedere nella propria direzione senza accettare veti del sindacato o del partitino di turno, e realizzare le riforme dal bicameralismo perfetto alla legge elettorale maggioritaria, che deconsociativeranno il sistema.
Sulla terapia giudiziaria e amministrativa la confusione è totale. Il commissario anticorruzione Raffaele Cantone mette l’accento sul controllo successivo e sulla legge penale, senza rendersi conto che è il sistema degli appalti a essere sotto accusa. È lì infatti che si annidano i germi che consentono di frodare la legge. Il primo è il cosiddetto «Inhouse», inventato da Bassanini: mediante esso, il comune o la regione o, più di rado, il ministero, costituiscono una società alla quale viene affidato il compito di indire gli appalti. Anche se la Cassazione ha più volte stabilito che le società di questo genere debbono applicare la disciplina pubblicistica, nessuno se n’è dato per inteso: si è proceduto come privati che affidano i lavori in piena discrezionalità. Il secondo germe è proprio nella invocata normativa sugli appalti, in parte mutuata dalle direttive europee. Essa è un raffinato modo per impedire alla libera concorrenza di manifestarsi, indirizzando le aggiudicazioni secondo accordi tra imprese con o senza la partecipazione (illecita) dei funzionari.
A questa grave e diffusissima distorsione c’è un rimedio immediato, adottabile con un provvedimento amministrativo. Una sola breve digressione, prima di spiegarlo. Nelle gare internazionali («tender») il sistema è il seguente: massimo ribasso con garanzia totale sull’opera. Perciò chi può garantire 100, potrà appaltare un’opera del valore di 100.
In Italia, invece, la garanzia è parziale, limitata, più o meno al valore di uno stato di avanzamento (tra il 10 e il 20%). In questo modo un’azienda nazionale che può garantire 100, può prendere, per esempio, 10 lavori da 100, garantendo il 10% di ciascuno.
Ecco quindi, il rimedio che suggeriamo a ministro e alle autorità: una semplice direttiva con la quale si dispone di affidare i lavori al miglior offerente che deve prestare garanzia sull’intero valore. Le armi di corrotti e corruttori sarebbero immediatamente spuntate. Una rivoluzione (copernicana) che colpirebbe, tra l’altro, il movimento cooperativo, sempre partecipe, a pieno titolo politico e imprenditoriale, delle spartizioni: unico modo immediato per fermare ogni illecito, in attesa dell’ennesima riforma.
domenico Cacopardo
Si!.. forse l'idea del consigliere Cacopardo potrebbe essere utile, ma di fatto, taglierebbe fuori una miriade di concorrenza non in grado di avere le potenzialità attraverso gli istituti di credito per garantire un tale costo fidejussorio. Una concorrenza in sé necessaria per la stessa qualità dell'opera. Inoltre, come tutti sappiamo bene, le banche sono spesso unite nell'interesse tra politica ed imprenditoria e se da un lato si potrebbe garantire una scrematura delle aziende ...da un altro... si garantirebbe solo il lavoro alle solite ditte legate in un modo o in un altro al potere economico e quindi anche politico dei Partiti al governo.
Al di là di tutto ciò, io credo sia necessario battersi più su una qualità di un risultato con un uso speciale di appalti che possano garantire la realizzazione del lavoro veloce e spedito oltre che di notevole pregio strutturale e tecnologico. Assurdo pensare che un'opera possa durare decine di anni..come resta abbastanza logico comprendere come negli stessi lunghi anni, si possano costruire artatamente perizie suppletive ed ulteriori rettifiche che.. aumentando notevolmente i costi dell'opera... possono assicurare ulteriori tangenti.
vincenzo cacopardo
Al di là di tutto ciò, io credo sia necessario battersi più su una qualità di un risultato con un uso speciale di appalti che possano garantire la realizzazione del lavoro veloce e spedito oltre che di notevole pregio strutturale e tecnologico. Assurdo pensare che un'opera possa durare decine di anni..come resta abbastanza logico comprendere come negli stessi lunghi anni, si possano costruire artatamente perizie suppletive ed ulteriori rettifiche che.. aumentando notevolmente i costi dell'opera... possono assicurare ulteriori tangenti.
vincenzo cacopardo
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