7 feb 2015

Brillante analisi di Domenico Cacopardo..

Brillante analisi di Domenico Cacopardo sulla quale non si può che concordare...
Prendendo spunto dal caso greco, Domenico argomenta le perplessità di un sistema che sembra non offrire alternative per una crescita reale dei Paesi aderenti. Appare oggi imperativa, determina e fin troppo determinante... la visione di una economia internazionale europea che costringe le regole degli Stati aderenti: Il continuo controllo sul debito e le direttive sulla stabilità dei Paesi della comunità condizionano a prescindere ogni percorso economico ricercato dai singoli e diversi paesi. Difficilmente, oggi, anche un Paese come il nostro, potrebbe dare sfogo ad una economia più brillante in termini di investimenti e di conseguente economia reale!... 
v.cacopardo


that is the question...
Con drammatica immediatezza Alexis Tsipras, primo ministro greco, e Yanis Varoufakis, suo ministro dell’economia, sbattono il muso contro il muro di Mario Draghi, presidente della Bce, e di Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco.
I rispettivi ragionamenti sono elementari: le misure adottate dal governo di Atene aggravano le condizioni della finanza pubblica e la Banca europea non può più negoziare i titoli di debito delle banche elleniche, sostiene Draghi; siete debitori e noi rifiutiamo di vedervi spendere spensieratamente altri euro, sostiene Schäuble.
Messo in questi termini, tutto viene ridotto all’osso e sottoposto alla logica inoppugnabile di un sistema neoliberista, fondato su una specie di «Gold standard» europeo, cioè l’euro.
Le lezioni della storia nulla hanno insegnato ai governanti dell’Unione europea, diretti da frau Merkel. Nulla il ’29 e il successivo arrivo del nazismo. Nulla le crisi da inflazione degli anni ’70. Rimane il dogma intoccabile di una linea politica e politico-economica che teorizza e applica un impoverimento indefinito di alcuni paesi indebitati, in vista di un lontanissimo riassetto (all’«eurostandard»), contando sul fatto che le popolazioni europee continueranno a votare per questa politica e per la miseria che serpeggia nei loro paesi.
Nessuno ritiene che la vittoria di Siriza in Grecia abbia un reale significato generale. Nessuno pensa alla crescita di Podemos in Spagna (un partito di sinistra) o del Fronte Nazionale in Francia, con l’appendice non irrilevante della Lega in Italia. Nessuno si rende conto che il muro eretto a Francoforte e a Bruxelles può innescare il temuto «Grexit» e la ridiscussione dell’idea d’Europa. Nemmeno l’Europa carolingia, l’asse preferenziale cioè stabilitosi tra la Francia di Mitterand e la Germania di Shmidt e Khol, continuato sino all’arrivo di Sarkozy e delle sue sventatezze, può resistere al vento che spira da Sud-Est, alla luce della crisi profonda che attraversa la Francia, stretta nella irresolubile contraddizione delle esigenze deflazionistiche propugnate a Bruxelles e a Berlino e le necessità di contenere l’impoverimento del Paese che il poco autorevole Hollande non riesce a intepretare e guidare.
In qualche modo, alla svolta politica greca si può applicare la metafora romana dell’attraversamento del Rubicone da parte di Cesare contro il divieto del Senato.
Se la Grecia ha attraversato il Rubicone e non teme le reprimende e gli inviti a tornare nei ranghi, tutto l’assetto dell’«impero» (l’Unione europea) ne risentirà rapidamente.
Anche perché, uno Tsipras può nascere dovunque e contestare il continuo impoverimento in vista di un dopodomani migliore.
La questione è preliminare: «… that is the question …» dice Amleto nel celebre soliloquio, possiamo ripetere noi oggi. Se devi 10.000 euro alla banca e non li hai, hai un problema. Se devi 1o.ooo.ooo e non li hai, il problema è della banca. 

Poiché l’Italia e la Grecia emettono titoli come li emettono tutti gli altri, quando il meccanismo di crescita del Pil si inceppa, le due nazioni non possono procedere con la ricetta precedente l’introduzione dell’euro: stampare moneta&svalutare. L’unica soluzione, immaginata a Bruxelles e a Berlino, è instaurare una politica di austerità: e ciò è accaduto, secondo l’autorevole americano Foreign Affairs, mediante un «constitutional coup d’état», quello che ha portato al potere in Grecia Samaras con la «Troika» (tre funzionari di Bce, Fmi e Unione) e in Italia Monti.

I sacrifici imposti agli italiani sono stati meno duri di quelli che si sono visti ad Atene: la Grecia ha dovuto tagliare stipendi, pensioni e assistenza sanitaria. Ha visto impennarsi gli indici di mortalità, di povertà, di disoccupazione. Tutto in negativo, salvo due stagioni turistiche da record, fertilizzate dal crollo dei prezzi e dalla necessità di incassare gli euro freschi di cui sono stati portatori prevalenti tedeschi, italiani e francesi.
Era immaginabile cosa sarebbe accaduto alla successive elezioni, quando la dura ricetta avrebbe già dispiegato tutti i suoi effetti: nessun povero (la maggioranza) avrebbe votato per confermare la propria povertà. Nessuno si sarebbe sacrificato sino alla fame per non mettere in discussione i soldi dovuti al sistema bancario internazionale, il medesimo che ha causato il disastro del 2008, da cui è risorto con robuste iniezioni di denaro pubblico, di proprietà dei medesimi cittadini impoveriti.
Se c’è qualcuno, a Bruxelles e a Berlino, che intende salvare il progetto europeo e l’euro che ne è il nucleo, questo deve misurarsi con la realtà, e cioè con Siriza e Tsipras per trovare una via d’uscita su ristrutturazione del debito e fine dell’austerità. Sul punto, confermando la propria inconsistente sensibilità internazionale, il «premier» Renzi ha dichiarato il proprio appoggio a Draghi che non ne ha bisogno e non può deflettere dal rigore (nemico anche dell’Italia), tanto da «spingere» Tsipras verso l’apertura di una «querelle» a Bruxelles.
Allo stringere, questo è il problema: gestire la situazione correggendo lo stolido dogma neoliberista con pragmatico realismo. Aprire un varco alla ristrutturazione del debito greco e all’avvio di una reale politica di rilancio.
Altrimenti ci sarà la deflagrazione.
Insomma, se frau Merkel non avrà coraggio e si chiuderà nel proprio legittimo fortino rifiutando di dare vero ossigeno ai greci, i tempi diventeranno più duri e finirà che ognuno andrà per la sua strada, in mezzo a pericoli crescenti, compreso quel confronto militare che nel lontano orizzonte appare e scompare.
Frau Merkel e il suo popolo accetteranno il sacrificio di fare i conti con la realtà di un (o più) «partner» cicala mentitrice e, per evitare guai maggiori, adeguarvisi?
«… that is the question …»
Domenico Cacopardo

Nessun commento:

Posta un commento