INESORABILI CONSEGUENZE
La storia della Repubblica, non si può negarlo, è entrata in una nuova fase. Siamo ancora nel guado, naturalmente, ma molti dei massi che impedivano di procedere sono stati rimossi, a sinistra e a destra.
La storia della Repubblica, non si può negarlo, è entrata in una nuova fase. Siamo ancora nel guado, naturalmente, ma molti dei massi che impedivano di procedere sono stati rimossi, a sinistra e a destra.
A
sinistra, nel Pd, la «vis» contestativa delle varie minoranze è
stata congelata: con la candidatura e l’elezione di Sergio
Mattarella, sono finiti i mal di pancia, ma è anche terminata la
prospettiva politica dei tanti nani che gonfiavano il petto contro
Matteo Renzi. Penso a Civati, a Fassina e ai loro seguaci, più rane
da Batracomachia (le rane sono note per il gracidio) che attori
politici, anche se da strapazzo. Il vento gonfia le vele di Renzi e
lo conduce sulla rotta che ha scelto, quella del rinnovamento, orale
e sostanziale, e delle riforme. È possibile che, presto, quella
gente torni a mugugnare, ma dovrebbe avere percepito chiaramente che
non ha prospettive e che la sponda greca di Siriza è inesistente.
La
Bce, sospendendo la negoziazione dei titoli delle banche di quel
Paese, ha indicato, senza ombra di equivoci, che non ci sono strade
alternative a una ragionevole austerità. A meno che Tsipras non
intenda uscire dall’euro e affrontare la difficile navigazione in
mare aperto con l’aiuto peloso della Russia di Putin.
Nel
giro di boa compiuto con l’elezione di Mattarella, s’è aperto un
campo di gara nuovo e inesplorato: la coesistenza con un consapevole
tutore della Costituzione, dei suoi valori e delle sue procedure, non
condizionato dal para-leninismo di Napolitano che anteponeva il
«nobile» fine alle regole. Un tutore che, con garbo e senza
tambureggiamenti, incanalerà le iniziative in corso e quelle
prossime nei binari della più trasparente correttezza istituzionale.
Passata
la sbornia da successo (un successo, l’elezione del presidente,
vero e grande), Renzi, la Boschi e Del Rio si renderanno conto che il
difficile non sarà rappresentato dalle bizze di Berlusconi, Alfano e
minoranze Pd, ma dalla necessità di una rigorosa produzione
legislativa, alla quale sono del tutto impreparati per proprie e
altrui deficienze.
Non
succederà nulla di eclatante, solo un consistente aggiustamento del
modo di lavorare, nel quale forme e contenuti avranno il medesimo
peso e conteranno di più. A garanzia che ciò che si andrà a
decidere sarà meno effimero e dilettantesco di quanto già deciso.
È
questo lo specifico contributo che Mattarella al Quirinale darà al
Paese.
A
destra, il declino prima e l’avvitamento ora della «leadership»
Berlusconi sono di tutta evidenza. Il problema c’è sempre stato da
quando, nell’autunno del 1993, annunciò la propria discesa in
campo, con l’impegno di liberare l’Italia da «lacci e
lacciuoli», trasformandola in una democrazia liberale compiuta.
Abbiamo visto com’è andata a finire.
Ora,
purtroppo, non si scorge all’orizzonte chi possa assumersi l’onere
di costruire un partito liberal-conservatore definendo una
prospettiva europea ed europeista.
Per
il momento, a destra, rimangono protagonisti la Lega di Salvini,
capace di convogliare e galvanizzare gran parte dello scontento del
Nord (e di altrove), e Grillo coi suoi grillini, alle prese, però
con una questione vitale: la specchiata onestà del presidente
Mattarella, scelto da questo disprezzatissimo (da loro) Parlamento, è
percepita da tutti gli italiani e impedisce i soliti ritornelli
nihilisti in cui il Movimento a 5 Stelle s’è specializzato. Li
abbiamo visti già e li vediamo i vari yuppini alla Di Maio pronti a
fare il passo, l’unico passo cui pensano sin dal giorno
dell’adesione al partito: entrare nel sistema e scalarlo come ogni
rispettabile carrierista politico di ogni rispettabile paese
democratico.
Alfano,
suicida politico, non ha alcuna autonomia sostanziale: o si arrende e
si allea con il perdente Berlusconi per le elezioni regionali o si
arrende e si presenta con Casini, consapevole che sarà difficile
ottenere qualche seggio in qualche regione del Sud, di quelle in cui
la catena della clientela exdemocristiana funziona ancora. Nel
frattempo, la strada obbligata è quella di lavorare lealmente nel
governo, con la coscienza che da un momento all’altro può accadere
l’evento che metterà fine alla sua carriera politica.
Perciò,
Renzi andrà avanti, baldanzoso come sempre, sotto la vigile e ferma
attenzione di un garante che non garantirà, come nello scorso anno,
solo lui, ma tutti gli italiani.
Sempre
lucide le analisi di Domenico Cacopardo che, malgrado la sua
approvazione sul metodo delle riforme renziane, pone parecchi dubbi
sulla rigorosa futura produzione legislativa, per la quale sottolinea “il Premier ed i componenti
del suo governo risultano del tutto impreparati per proprie e altrui
deficienze”.
I
risultati della politica odierna del nostro Paese si leggeranno fra
qualche anno. Nel frattempo una destra si spegne, ma... come tutti
possiamo intuire..a volte è quasi naturale scomparire per rinascere
più forti ed io credo che il Paese sia destinato ad andare più a
destra che a sinistra. Non che ne sia particolarmente contento..ma la storia ce lo ha insegnato ..la destra è
spesso vincente nel nostro Paese.. anche perchè nel suo pensiero liberista si
racchiude la teoria economica, filosofica e politica che prevede la libera iniziativa e il libero mercato che col valore supremo del
denaro, sembra vincere sempre su un'equità sociale. Comunque...quando
una posizione politica muore..ne risorge un'altra che potrebbe essere
più forte della precedente.
Tuttavia,
per quanto concerne la Grecia..non possiamo tralasciare la profonda
problematica economica finanziaria che potrebbe leggersi in modi
differenti.
Pier
Luigi Magnaschi su Italia Oggi scrive qualcosa di interessante per
rendere più misurata la faccenda ellenica :
È
vero però che la Grecia ha sulle spalle un
debito insostenibile. Ed è vero che gli interessi e i rimborsi su
questo debito sono diventati troppo onerosi. Per uscire dalla
strettoia, bisogna ridurre il fardello del debito (allungandone il
tempo di restituzione e riducendo gli interessi a carico della
Grecia) ma è anche vero, come ha detto il ministro dell’economia
tedesco, Wolfgang Schaeuble che
«Le cause della crisi rimangono in Grecia ed è qui che esse debbono
essere rimosse» mentre è in corso l’aiuto, comunitario da una
parte (Bce e Commissione) e internazionale dall’altro (Fmi). La
decisione di ieri l’altro di Draghi di «non accettare più i
titoli sovrani greci come garanzia in cambio di liquidità» è
stata quindi un segnale inequivocabile e chiarificatore.
Il
problema Grecia (ma non solo) esiste. Esso può essere affrontato con
il concorso di tutti ma anche con l’adesione della
Grecia che non può certo essere umiliata ma non può nemmeno fare la
voce grossa
Da
questo punto di vista la posizione di Renzi è stata molto
chiara. Il premier italiano ha infatti detto che la decisione della
Bce è stata «una decisione legittima, che mette tutti i soggetti
attorno a un tavolo in un confronto diretto e mi auguro positivo».
Il premier italiano non si è rifugiato nella
demagogia
buonista anche perché sa che l’Italia ha erogato alla Grecia un
soccorso di 43 miliardi (ai tempi di Monti) e non sarebbe bello
apprendere che, per far contento Tsipras, questo enorme malloppo se
ne andasse in fumoAiutati che il ciel ti aiuta», hanno insomma detto
alla Grecia i leader dei paesi europei che sono pronti a collaborare
ma che chiedono, ad esempio, che la risibile pressione fiscale al 34%
sia alzata, nel tempo, almeno di dieci punti, che il piano di
privatizzazioni prosegua, che la corruzione venga ridotta, che le
assunzioni clientelari cessino e così via..
Io credo che il problema
Grecia... per far sì che non possa allargarsi su altri Paesi della
Comunità, dovrebbe essere affrontato con estremo equilibrio, poiché
rientra in una concezione globale di una strada che l'Europa pare da
tempo persegue e cioè quella di mettere alle strette i Paesi che da canto loro non potranno mai avere una via d'uscita (crescita/debito).
La mentalità è simile a quella che impongono gli Istituti di credito
quando mettono alle strette un imprenditore che, ormai indebitato,
potrebbe salvarsi solo finanziando un progetto valido a lungo termine
e non offrendo ulteriori linee di credito da restituire in tempi
stretti e tassi irragionevoli.
L'equilibrio non spicca
certamente in una Comunità europea dove una Troika la fa da padrona
e dove tutto si valuta solo in termini di interessi finanziari.
vincenzo
cacopardo
Nessun commento:
Posta un commento