L'analisi di Domenico Cacopardo sembra perfetta...
Se non fosse per personaggi irragionevoli come la ultrafedele Santanchè e quei pochi che ancora vorrebbero dimostrargli riconoscenza, il nome di Berlusconi si sarebbe quasi del tutto oscurato in politica. Da questo punto di vista il Cavaliere si è sicuramente dimostrato fin troppo un estremo benefattore in seno al suo partito.
Ma il punto fondamentale rimane uno, sul quale focalizzare l'attenzione...
Abbiamo già affrontato nel passato questo argomento sottolineando che il problema va inquadrato soprattutto sull'atteggiamento che ha avuto nel passato il Berlusconi premier ..una condotta che non avrebbe mai potuto assumere proprio per il delicato ruolo che gli avrebbe dovuto imporre una vita più sobria e contenuta.
Abbiamo già affrontato nel passato questo argomento sottolineando che il problema va inquadrato soprattutto sull'atteggiamento che ha avuto nel passato il Berlusconi premier ..una condotta che non avrebbe mai potuto assumere proprio per il delicato ruolo che gli avrebbe dovuto imporre una vita più sobria e contenuta.
Molti finiscono col definire la libertà degli uomini come il principio base sul quale si fonda la società civile democratica...quindi..se qualcuno vuole vivere le sue emozioni nel suo privato, è libero di farlo..Ponendo, in tal modo, il pensiero nell'ottica della vita del comune cittadino e facendo, così, di tutta l'erba un fascio...
Ma Berlusconi non era per nulla inquadrabile in questa ottica..
Con assoluto rispetto verso la figura del Cavaliere, non possiamo omettere di ricordare che tale libertà,...alla quale in tanti fanno spesso riferimento.. mettendola in relazione con la democrazia, non potrebbe mai essere concessa a chi assume un ruolo di alta responsabilità politica come quella di un primo ministro.
Nella fattispecie, quella libertà da voler esprimere senza controlli o senza vincoli è sicuramente demagogica quando la si volesse collegare a certe figure istituzionali che non dovrebbero mai rendersi ricattabili e poco garanti per la responsabilità ed il rispetto verso la stessa Nazione che guidano.
Si può mai rischiare la sicurezza di un Paese per dare sfogo a qualsiasi forma di libertà?
Domenico Cacopardo..definisce meglio i dettagli sul processo...
vincenzo cacopardo
I lettori sanno come la pensiamo sul processo Ruby 1, sul quale ieri la corte di Cassazione ha posto una pietra tombale, non trovando le ragioni giuridiche necessarie per mettere in discussione la sentenza della corte di Appello di Milano.
Al di là del linguaggio tecnico, in sostanza, in Appello s’era ritenuta non dimostrata, mediante l’acquisizione di prove, l’accusa di prostituzione minorile e insussistente quella di concussione.
Se torniamo a soffermarci sui due punti, dobbiamo rilevare che è stato presa in esame (sempre in Appello) la conoscenza, da parte di Berlusconi, della minore età di Karima ed è stato affermato che la prova di questa conoscenza non è stata raggiunta. Quanto alla concussione s’è ritenuto che «il fatto non sussiste».
In realtà la corte d’Appello non poteva decidere diversamente da come ha deciso. È vero, ha ritenuto insussistente la concussione che, invece, godeva di un ampio sostegno probatorio.
Non c’è, infatti, alcun dubbio che un uomo della scorta abbia chiamato al telefono il capo di gabinetto della Questura di Milano Piero Ostuni e che gli abbia passato quello che allora era il «premier». E che ciò che ascoltò Ostuni, compresa la panzana «nipote di Mubarak», aveva i caratteri della concussione tipica, cioè ministeriale: la catena gerarchica di cui Ostuni era il terminale, saliva sino al capo della Polizia, al ministro dell’interno (Maroni) e al primo ministro.
Ma questa configurazione dell’accusa aveva, sin dall’inizio, il difetto di chiamare un causa l’incarico governativo dell’accusato e, quindi, la competenza del tribunale dei ministri, molto meno attento alle tesi della procura di Milano. Perciò la pubblico ministero Bocassini elaborò una interessante teoria sulla natura non ministeriale della specifica concussione messa in atto dall’accusato.
Posta nell’ambito della concussione, come dire, volontaria, senza alcuna costrizione derivante da un vincolo, anche mediato, gerarchico, l’ipotesi di reato non poteva sussistere e degradava al livello di una chiacchierata da bar tra amici.
Sul secondo punto, occorre dare atto all’avvocato Coppi e al suo collega Dinacci di avere colto nel segno quando hanno spostato il «focus» dalla prostituzione minorile alla «conoscenza della minore età», e sovvertito le strategie precedenti: il progetto accusatorio è stato affondato nel suo preciso punto debole.
La medesima requisitoria del procuratore generale della Cassazione, che affrontava questioni di merito cui la corte era ed è estranea, dimostrava la debolezza dell’impianto del ricorso contro l’Appello presentato dalla procura della Repubblica di Milano.
Le successive dichiarazioni trionfalistiche di Berlusconi e il progetto di ritornare in campo sono fuori luogo per una serie di motivi, tutti pesanti. Il primo è che nessuno mette in dubbio che Berlusconi abbia ricevuto in casa propria a Roma, Milano e in Sardegna, molte ragazze disponibili e, tra esse, la medesima Karima. Certo, questo non è reato, ma getta una pesante nube sull’immagine dell’uomo. Che, sul caso Ruby non sia stato condannato, non cancella le cose che sono trapelate su di lui e sui comportamenti privati che non potevano né possono rimanere estranei alla sua immagine pubblica.
In secondo luogo, ci sono ancora in movimento altri procedimenti penali, il più pericoloso dei quali, per l’interessato, è quello che riguarda la retribuzione mensile e le saltuarie donazioni di denaro a un gruppo di fanciulle, dette «Olgettine» dal condominio in cui erano ospitate a sue spese, e di altre, tra le quali la stessa Ruby.
La tesi dell’accusa, molto plausibile, è che questo imponente flusso di denaro sia il prezzo del silenzio e della testimonianza ben indirizzata. E che ne sia ancora in corso il pagamento.
Se la procura dimostrerà questa tesi, altre brutte notizie aspettano il «leader» di Forza Italia.
Perbacco: l’uomo, ormai anziano, dovrebbe avere imparato dalla vita a essere prudente, soprattutto quando la controparte è costituita dal più agguerrito ufficio accusatorio d’Italia.
In terzo e ultimo luogo, la politica, in quest’ultimo anno, è andata avanti con passi da gigante. E lui, il cav. Berlusconi, se ne è spontaneamente allontanato, perdendo «appeal» anche tra i propri seguaci. Ricominciare è difficile, se non impossibile: chieda consiglio a Gianni Letta e a Fedele Confalonieri. Ascolterà parole ben diverse da quelle che gli sussurrano gli intimi rimasti, l’«ultima» malinconica «raffica».
Domenico Cacopardo
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