Il peggio l'abbiamo visto ..o lo
vedremo?
La visione meramente giornalistica del
cugino Domenico si risolve in direzione di un fine sostanzialmente pragmatico, non soffermandosi sulla profonda essenza
di una legge elettorale che, combinata assieme alle riforme
costituzionali, costituisce l'imprigionamento evidente di un sistema che...se ben simulato, finge di espimersi secondo regole democratiche.
Domenico Cacopardo nel suo editoriale
riporta questa storica fase di cambiamento del sistema edulcorandola
con la solita enfasi di chi pensa che qualsiasi trasformazione possa
dare un indispensabile colpo di avvio e di ripartenza ad un impianto
istituzionale vecchio, ma pare non accorgersi di quanto tutto ciò,
fin troppo costrittivo, obbligante e reso con premura, potrebbe
pesare per il futuro di una politica che avrebbe dovuto essere resa
più funzionale e non semplificativa.
Certo adesso al Senato l'aria cambierà
e non sarà certamente facile per Renzi affrontare i nuovi disegni di
un cambiamento tanto falso, quanto frettoloso e dispotico.
Nessuno come me.. ha alcuna intenzione
di mettere a paragone il sistema voluto da Renzi a quello del periodo
fascista..(sarebbe oggi ridicolo pensarlo..per via di una mentalità
e di una logica sociale odierna ben diversa), ma un certo
“autoritarismo” nei disegni e nelle strategie è di certo
comprovato.
La lettura è ormai chiara e
difficilmente contestabile: Avendo una forte premura per volontà
richiesta dalla Comunità europea e non avendo nuove idee in
proposito, si è scelto di condannare un modello di democrazia
umiliando il sistema istituzionale. Ma quello che più fa specie e
colpisce è..il pretendere di rappresentare questo subdolo
cambiamento nel quadro dei principi costituzionali di una vera
democrazia....Nessuno oggi sembra in grado di percepire le reazioni
che si scateneranno in seguito a questo tipo di riforme che
costringono, anche se non nell'immediato, ad un effetto di
insofferenza il pensiero politico di base che dovrebbe rendersi
più libero.
Se da questo punto di vista il
consigliere Cacopardo.. alto magistrato in pensione con notevole
curriculum in ambito politico amministrativo, preferisce
sottovalutare l'importanza dei principi fondamentali di una
democrazia.. pensando in modo renziano unicamente al senso spedito di un qualsiasi percorso...ce ne faremo una ragione..
vincenzo cacopardo
È molto
probabile che gli storici, quando racconteranno questi anni,
fisseranno nel 4 maggio 2015 il giorno del passaggio dalla seconda
alla terza Repubblica. Perché è con l’approvazione
dell’«Italicum» che cambiano i termini politici e istituzionali.
Il Paese ora può accingersi a completare le riforme con la
determinazione che ha caratterizzato il governo Renzi.
Certo, ogni
riforma sarà la tappa di un percorso di guerra ricco di imboscate
soprattutto interne al Pd, le cui minoranze, asfaltate il 4,
tenteranno una rivincita nell’aula del Senato, dove i numeri sono
meno solidi della Camera. Il massimo dell’irresponsabilità
politica. Il massimo del «particulare» a scapito del generale.
Tutto giocato per non perdere quel poco peso e potere che ancora
rimane in capo alle ultime raffiche di un tempo che fu, nel quale il
partito, cioè il Pci, governava in modo monolitico un ampio blocco
sociale ed economico.
Il
paradosso che qualche storico coglierà è che il vento di questi
mesi ha portato con sé la Nemesi, la dea della vendetta (politica),
giacché le riforme in corso di approvazione sono, in sostanza,
simili a quelle che aveva prospettato Bettino Craxi, demonizzato da
quegli apparati (comunisti e democristiani) che nell’immobilità
della Repubblica prosperavano e hanno continuato poi a prosperare.
Certo,
aveva ragione Bersani: «60 voti contrari sono un dato politico.»
Aveva torto, però, a pensare a un’affermazione per la minoranza
del Pd: erano, invece, l’attestazione che, anche in una votazione
segreta, non sostenuta dalla fiducia, il governo aveva e ha la
maggioranza in Parlamento e nel Pd.
Il
«premier» è un politico puro di livello, come pochi nella storia
d’Italia, e saprà utilizzare le debolezze di uno schieramento
interno ed esterno diviso e, spesso, autolesionista.
Gli
mancherà la sponda Berlusconi: la messa in vendita del Milan e le
operazioni sul controllo di Mediaset dicono che un’era è terminata
e che l’excavaliere avrà spazi residuali e capacità di manovra
quasi uguali a zero. E dire che l’aveva indovinata, sottoscrivendo
il Patto del Nazareno e ottenendo un ruolo di primo piano nel
processo riformista. L’ultima «chanche» s’è spenta come una
fiammella per un colpo di vento.
A Renzi non
resta quindi che lavorare sui transfughi e sulle decine di
parlamentari senza patria e senza padrone. Sono tanti e possono
tenere al sicuro la maggioranza di governo, a meno che anche loro non
si aggrappino ai soliti ricatti cercando di imporre un prezzo più o
meno pesante.
C’è un
anno per vivere e sopravvivere: l’anno che ci separa dal 1° luglio
2016, giorno in cui si potrà sciogliere il Parlamento e indire nuove
elezioni. Entro questa data, deve assolutamente essere completata la
riforma del Senato permettendo al «sistema» di entrare in funzione.
Il Paese è
cambiato nella sostanza, prima ancora che Renzi ne assumesse il
governo. Renzi stesso è il prodotto del mutamento. Di fronte a lui
le minoranze Pd, il fantasma Sel, le formazioni di destra e i 5
Stelle usano un armamentario comunicativo obsoleto, destinato a ceti
minoritari.
Solo
storicizzando l’accaduto, si può percepirne la novità culturale,
la visione contemporanea e «on the road» del processo riformista e
della sua necessità, nonostante le imperfezioni: andiamo, comunque,
verso un «meglio».
Il peggio
l’abbiamo già visto.
Domenico
Cacopardo
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