30 giu 2015

La democrazia greca sotto ricatto?


Quando di fronte alle regole di questa economia cade ogni principio di democrazia...ovvero la prova inoppugnabile che il voto democratico in Grecia viene alterato.... dalle rigide regole imposte da una economia globalizzata. 

Se un referendum ci sarà... sarà soggetto ad un evidente ricatto !

Per un pragmatico iperliberista come il consigliere Cacopardo..l'atteggiamento del governo greco appare demagogico. Non vorrei essere preso per un populista ...ma questa melina di cui parla il cugino Domenico (se proprio di melina si deve parlare visto l'entità del problema) riguarda qualcosa di molto più difficile ed ostico….concerne le decisioni su un percorso che necessita di essere ponderato con estremo equilibrio trattandosi del futuro di uno Stato in difficili condizioni.

Oggi non si tratta più di essere pro o contro la Grecia..non può più usarsi questo Paese come simbolo negativo di una unione Europea! Il vero problema per la Comunità dovrebbe essere quello di poter salvare l'economia di questo Paese senza comprometterne all'interno il suo sistema democratico.

Certo...con questo sistema imposto dalla forza di una economia finanziaria priva di equilibrio ..e con le regole rigide dei parametri imposti da un'Europa col paraocchi ...Domenico non può che avere ragione! Ma la sua critica rimane racchiusa nell'orbita di una visione globale che non guarda oltre i numeri...e questo differenzia gli uomini che lottano verso la ricerca di qualcosa di più utile e sensato in favore di quei Paesi che oggi si ritrovano impediti in direzione di una essenziale crescita ..Del resto... cosa si potrà mai costruire di innovativo quando si avanza col solito pragmatico cinismo dei numeri di chi non vuole guardare oltre e si benda gli occhi.?

Liquidare così un simile problema e fin troppo facile e non potrà portare alcun giovamento..ma altri possibili scompensi!

Non credo si tratti di mancanza di realismo..se poi questo realismo finisce solo col condizionare e distruggere ogni possibile alternativa più equa: Quella dell'Europa verso la Grecia suona proprio come un preciso ricatto per far cadere il governo Tsipras....

La vera positiva innovazione, al contrario, sta nel ricercare con equilibrio un punto di mediazione che possa riuscire a sostenere l'economia del Paese greco in seno ad una comunità che dovrebbe impegnarsi... non solo attraverso rigidi parametri... ma guardando verso il futuro di un paese che si esprime in senso democratico. Diversamente.. sarà sempre una sconfitta da parte della politica che, non proiettandosi in difesa dei valori democratici...continuerà imperterrita ad imporre il suo severo metro sull'economia e sul mercato ..facendosi schiacciare dal suo peso.

Demagogia?
Forse...ma quello che si avverte è sicuramente un'ulteriore sconfitta del sistema democratico a favore di chi abusa degli strumenti finanziari per una strana economia formatasi con la nuova moneta: Una moneta unica che al suo ingresso ha visto manipolazioni di bilanci ..bizzarre valutazioni e diffuse iniquità. ..
Meglio essere un po' demagogici ..che infidi maneggiatori a danno dei cittadini...
Vincenzo cacopardo




Scrive Domenico Cacopardo su "italia oggi"

Se avverrà, come tutto lascia ritenere, il «default» greco esploderà come una bomba atomica e lascerà macerie non rimuovibili per almeno un decennio. Vittime dell’esplosione saranno i greci, che ricorderanno l’evento come i tedeschi ricordano con terrore la Repubblica di Weimar.
Anche se lo scarica-barile è in atto da alcuni anni, i nostri vicini dovranno incolpare se stessi: hanno dato fiducia a governi bancarottieri e credito a Tsipras alla testa di una scombiccherata compagnia che ha promesso ciò che –era evidente- non c’era alcuna possibilità di mantenere.
La mancanza di sano realismo in Syriza e nel suo leader Tsipras è dimostrata da questi lunghi mesi di «melina» a Bruxelles accompagnata da provvedimenti demagogici e squilibrati. Ultima riprova: le deliranti dichiarazioni del premier la sera di domenica 28, con le quali, nell’annunciare la chiusura della banche, se ne attribuiva la colpa all’Europa, alla Bce e al Fondo Monetario, il cui principale errore è stato quello di essere benevoli nei confronti della Grecia, alimentandola nel «durante», invece di chiudere i rubinetti non appena il sospetto di insolvenza aveva raggiunto un elevato tasso di probabilità. Anche l’affermazione che i depositi bancari sono «al sicuro» è aria fritta, visto ciò che dovremo vedere prossimamente.
Dicono i sondaggi che il «no» alla proposta europea, nel referendum dei prossimi giorni, non è scontato, tutt’altro, e che ci sono buone probabilità che prevalga il «sì», vista la paura diffusasi in tutto il Paese con i Bancomat presi di assalto e, spesso, privi del contante.
La Grecia è una importante lezione per tutti noi. È vero, non siamo stati avari di critiche all’Unione europea, ma alla fine dei conti la prima responsabilità o colpa è di coloro che non hanno tenuto in equilibrio i propri conti, che non hanno tagliato le dissipazioni di pubblico denaro, che non hanno accettato sino in fondo le regole comunitarie, immaginando scappatoie e scorciatoie impraticabili.
L’esempio greco deve essere posto davanti agli occhi di Matteo Renzi, presidente talmente lieve da sfiorare di continuo l’autolesionismo, che, nonostante tutto, s’è imbarcato in operazioni inutili (perciò dannose politicamente ed economicamente), come la distribuzione degli 80 euro, e che si è ben guardato dall’incidere sulla spesa pubblica, sui quegli elementi strutturali attraverso i quali corrono miliardi di euro gettati al vento in attività e iniziative che indirettamente beneficano il personale politico (soprattutto del Pd) e le organizzazioni tributarie, dalla cooperazione al volontariato. E, dopo un promettente inizio, nel quale risuonavano gli echi delle Leopolde, la questione «regioni» è stata accantonata, rinunciando a sciogliere il nodo dei nodi: una struttura burocratica elefantiaca che ha duplicato l’amministrazione statale, e ha introdotto una serie di vincoli vessatori, ostacolo permanente a qualsiasi iniziativa imprenditoriale o, semplicemente, privata.
Detto questo, l’Italia rimane sulla piazza europea così com’è: con i suoi irrisolti problemi, con le sue contraddizioni, con le sue goffaggini, con il suo governicchio dalle ambizioni smisurate.
Non c’è altro, sotto il cielo di Roma. Non dobbiamo, però, rassegnarci e chiudere gli occhi.
Il sentiero intrapreso rimane l’unico disponibile.
Il premier l’unico politico che riscuote ancora un certo, significativo consenso. Un consenso che rende evidente l’inconsistenza dei suoi competitori, tutti fuori tempo o fuori palla.
In queste ore, mentre l’Europa si rafforza affrontando, dopo tanti tentennamenti, la crisi, Grillo ha ancora il coraggio di esaltare Tsipras e Syriza, mostrando tutta la propria incosciente superficialità.
Benché le cronache politiche dei media siano occupate da uomini politici marginali che condannano l’Europa e solidarizzano con la Grecia, la gente sa vedere e capire il disastro che si sono procurati i nostri amati amici al di là dell’Adriatico.
Se la Storia darà una colpa all’Unione, questa sarà l’eccessiva indulgenza nei confronti dei governi di Atene: un contributo a una sciocca illusione.
Oggi, guardando a Est, al di là del mare, i nostri cugini («Una faccia, una razza») ci viene da dire, a proposito del nostro Paese «Right or wrong it is my country».
Domenico Cacopardo

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