Quando
di fronte alle regole di questa economia cade ogni principio di
democrazia...ovvero la prova inoppugnabile che il voto democratico in
Grecia viene alterato.... dalle rigide regole imposte da una economia
globalizzata.
Se un
referendum ci sarà... sarà soggetto ad un evidente ricatto !
Per un
pragmatico iperliberista come il consigliere
Cacopardo..l'atteggiamento del governo greco appare demagogico. Non
vorrei essere preso per un populista ...ma questa melina di cui
parla il cugino Domenico (se proprio di melina si deve parlare visto
l'entità del problema) riguarda qualcosa di molto più difficile ed ostico….concerne le decisioni su un percorso che necessita di
essere ponderato con estremo equilibrio trattandosi del futuro di uno
Stato in difficili condizioni.
Oggi non si
tratta più di essere pro o contro la Grecia..non può più usarsi
questo Paese come simbolo negativo di una unione Europea! Il vero problema per la Comunità dovrebbe essere quello di poter salvare l'economia di questo Paese senza
comprometterne all'interno il suo sistema democratico.
Certo...con
questo sistema imposto dalla forza di una economia finanziaria priva
di equilibrio ..e con le regole rigide dei parametri imposti da
un'Europa col paraocchi ...Domenico non può che avere ragione! Ma la
sua critica rimane racchiusa nell'orbita di una visione globale che
non guarda oltre i numeri...e questo differenzia gli uomini che
lottano verso la ricerca di qualcosa di più utile e sensato in
favore di quei Paesi che oggi si ritrovano impediti in direzione di
una essenziale crescita ..Del resto... cosa si potrà mai costruire
di innovativo quando si avanza col solito pragmatico cinismo dei
numeri di chi non vuole guardare oltre e si benda gli occhi.?
Liquidare
così un simile problema e fin troppo facile e non potrà portare
alcun giovamento..ma altri possibili scompensi!
Non credo
si tratti di mancanza di realismo..se poi questo realismo finisce
solo col condizionare e distruggere ogni possibile alternativa più
equa: Quella dell'Europa verso la Grecia suona proprio come un
preciso ricatto per far cadere il governo Tsipras....
La vera
positiva innovazione, al contrario, sta nel ricercare con equilibrio
un punto di mediazione che possa riuscire a sostenere l'economia del
Paese greco in seno ad una comunità che dovrebbe impegnarsi... non
solo attraverso rigidi parametri... ma guardando verso il futuro di
un paese che si esprime in senso democratico. Diversamente.. sarà
sempre una sconfitta da parte della politica che, non proiettandosi in
difesa dei valori democratici...continuerà imperterrita ad imporre
il suo severo metro sull'economia e sul mercato ..facendosi
schiacciare dal suo peso.
Demagogia?
Forse...ma
quello che si avverte è sicuramente un'ulteriore sconfitta del
sistema democratico a favore di chi abusa degli strumenti finanziari
per una strana economia formatasi con la nuova moneta: Una moneta
unica che al suo ingresso ha visto manipolazioni di bilanci
..bizzarre valutazioni e diffuse iniquità. ..
Meglio
essere un po' demagogici ..che infidi maneggiatori a danno dei
cittadini...
Vincenzo
cacopardo
Scrive
Domenico Cacopardo su "italia oggi"
Se avverrà,
come tutto lascia ritenere, il «default» greco esploderà come una
bomba atomica e lascerà macerie non rimuovibili per almeno un
decennio. Vittime dell’esplosione saranno i greci, che ricorderanno
l’evento come i tedeschi ricordano con terrore la Repubblica di
Weimar.
Anche se lo
scarica-barile è in atto da alcuni anni, i nostri vicini dovranno
incolpare se stessi: hanno dato fiducia a governi bancarottieri e
credito a Tsipras alla testa di una scombiccherata compagnia che ha
promesso ciò che –era evidente- non c’era alcuna possibilità di
mantenere.
La mancanza
di sano realismo in Syriza e nel suo leader Tsipras è dimostrata da
questi lunghi mesi di «melina» a Bruxelles accompagnata da
provvedimenti demagogici e squilibrati. Ultima riprova: le deliranti
dichiarazioni del premier la sera di domenica 28, con le quali,
nell’annunciare la chiusura della banche, se ne attribuiva la colpa
all’Europa, alla Bce e al Fondo Monetario, il cui principale errore
è stato quello di essere benevoli nei confronti della Grecia,
alimentandola nel «durante», invece di chiudere i rubinetti non
appena il sospetto di insolvenza aveva raggiunto un elevato tasso di
probabilità. Anche l’affermazione che i depositi bancari sono «al
sicuro» è aria fritta, visto ciò che dovremo vedere prossimamente.
Dicono i
sondaggi che il «no» alla proposta europea, nel referendum dei
prossimi giorni, non è scontato, tutt’altro, e che ci sono buone
probabilità che prevalga il «sì», vista la paura diffusasi in
tutto il Paese con i Bancomat presi di assalto e, spesso, privi del
contante.
La Grecia è
una importante lezione per tutti noi. È vero, non siamo stati avari
di critiche all’Unione europea, ma alla fine dei conti la prima
responsabilità o colpa è di coloro che non hanno tenuto in
equilibrio i propri conti, che non hanno tagliato le dissipazioni di
pubblico denaro, che non hanno accettato sino in fondo le regole
comunitarie, immaginando scappatoie e scorciatoie impraticabili.
L’esempio
greco deve essere posto davanti agli occhi di Matteo Renzi,
presidente talmente lieve da sfiorare di continuo l’autolesionismo,
che, nonostante tutto, s’è imbarcato in operazioni inutili (perciò
dannose politicamente ed economicamente), come la distribuzione degli
80 euro, e che si è ben guardato dall’incidere sulla spesa
pubblica, sui quegli elementi strutturali attraverso i quali corrono
miliardi di euro gettati al vento in attività e iniziative che
indirettamente beneficano il personale politico (soprattutto del Pd)
e le organizzazioni tributarie, dalla cooperazione al volontariato.
E, dopo un promettente inizio, nel quale risuonavano gli echi delle
Leopolde, la questione «regioni» è stata accantonata, rinunciando
a sciogliere il nodo dei nodi: una struttura burocratica elefantiaca
che ha duplicato l’amministrazione statale, e ha introdotto una
serie di vincoli vessatori, ostacolo permanente a qualsiasi
iniziativa imprenditoriale o, semplicemente, privata.
Detto
questo, l’Italia rimane sulla piazza europea così com’è: con i
suoi irrisolti problemi, con le sue contraddizioni, con le sue
goffaggini, con il suo governicchio dalle ambizioni smisurate.
Non c’è
altro, sotto il cielo di Roma. Non dobbiamo, però, rassegnarci e
chiudere gli occhi.
Il sentiero
intrapreso rimane l’unico disponibile.
Il premier
l’unico politico che riscuote ancora un certo, significativo
consenso. Un consenso che rende evidente l’inconsistenza dei suoi
competitori, tutti fuori tempo o fuori palla.
In queste
ore, mentre l’Europa si rafforza affrontando, dopo tanti
tentennamenti, la crisi, Grillo ha ancora il coraggio di esaltare
Tsipras e Syriza, mostrando tutta la propria incosciente
superficialità.
Benché le
cronache politiche dei media siano occupate da uomini politici
marginali che condannano l’Europa e solidarizzano con la Grecia, la
gente sa vedere e capire il disastro che si sono procurati i nostri
amati amici al di là dell’Adriatico.
Se
la Storia darà una colpa all’Unione, questa sarà l’eccessiva
indulgenza nei confronti dei governi di Atene: un contributo a una
sciocca illusione.
Oggi,
guardando a Est, al di là del mare, i nostri cugini («Una faccia,
una razza») ci viene da dire, a proposito del nostro Paese «Right
or wrong it is my country».
Domenico
Cacopardo
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