3 lug 2015

La Grecia e la visione dura di chi osserva attraverso il consueto pragmatismo.


Una opinione sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Potremmo affermare che questo articolo di Domenico non fa una grinza!
Mi permetto di sottolineare però, che quando si affronta un'analisi così attenta bisognerebbe farla a tutto tondo...e cioè porsi altre domande in proposito..tra le quali: Possiamo davvero fare un esame equanime dell'andamento economico internazionale che incide in questa Europa senza prescindere dalla forbice in eccesso avvenuta in certi Paesi tra ricchezza e povertà? Possiamo continuare ad esporre analisi fondate su un pragmatico percorso di una economia che propone solo numeri, ma scontenta almeno il 50 % degli abitanti della sua comunità?..Possiamo continuare a schiacciare sotto il peso di tutto ciò ogni progetto di vera democrazia?

Il problema è proprio questo e cioè che, malgrado la realistica visione di un sistema economico, quando un popolo va al voto sceglie strade diverse esponendo esplicitamente un bisogno di aiuto che possa in qualche modo arginare questo processo economico che non guarda in faccia altri aspetti che coinvolgono l'umanità. Perciò quando personaggi come Domenico, (per meriti che di sicuro non possono non tenersi in considerazione) hanno goduto e traggono benefici da una vita agiata..difficilmente potranno sentirsi coinvolti ed affrontare questi problemi con l'occhio di tutta quella parte della popolazione che stenta a salvaguardare la propria sopravvivenza.

Il popolo greco ha scelto con libere elezioni sicuramente spinto dal fervore di un possibile cambiamento in favore di un più equo sistema sociale. Naturalmente la visione di chi sta fuori e gode di privilegi (anche legittimi)..non potrà che concedere una valutazione di parte legata, in modo inconfutabile, al percorso pragmatico di un sistema economico categorico ..malgrado ogni possibile sentimento obiettivo: Una visione giusta da un punto di vista ..ma non del tutto completa e dirimente.

La crisi greca è di certo molto complessa. Una certa incapacità e i prestiti azzardati dei governi degli ultimi anni, hanno contribuito a far andare a rotoli l’economia del paese. Il 90% degli aiuti ricevuti sono andati subito dopo a banche straniere. Alla cittadinanza sono rimaste le privatizzazioni, i tagli alle pensioni e agli stipendi, l’aumento delle tasse. Sappiamo quindi che il debito non diminuisce ed aumenta in modo incontrollabile povertà con evidenti stati di ingiustizia.

E questo lo sa bene la Merkel oltre che Yunker!


Questa storia (con le responsabilità divise per tutti e su tutti) mi fa pensare ad un individuo sul ciglio di un burrone che sta per precipitare e che nell'istante della sua caduta chiede una mano ad un compagno vicino il quale prontamente risponde esponendogli solo il dito mignolo.

Quello greco potrebbe essere un disastro di dimensioni storiche, ma proprio per la forza di continui appelli si possono forzare gli onnipotenti leader di un'Europa di oggi a pensare di poter dare una svolta in favore di una conversione del sistema economico europeo. Il pragmatico realista continuerà a dire che è impossibile... ma la storia ci insegna che sono proprio coloro che hanno forzato attraverso le idee ed una visione più lungimirante.. ad aver cambiato sempre le cose!

Sappiamo tutti ormai che questa Unione procede senza una strada politica comune... e mancando questo, finisce col mancare proprio l'equilibrio necessario per le regole.
vincenzo cacopardo


Attirati dal sentore di sangue che s’è sparso su Atene, i piccoli sciacalli italiani, Vendola e Grillo per la precisione, la stanno raggiungendo per partecipare al banchetto imminente.
Portano entrambi (con piccolo seguito di incoscienti corifei) lo squallido cinismo che li ha condotti a speculare su tutti i guai italiani, salvo non saperli affrontare com’è stato con il caso Ilva di Taranto per l’inascoltabile Vendola. Se dovessimo poi basarci sull’esperienza di Parma, il capoluogo in mano a un’amministrazione a 5 Stelle, dovremmo compiangere gli abitanti della città emiliana, lasciati allo sbando in tutti i dossier cruciali, dal teatro Regio, al Festival Verdi, al crollo del Parma calcio, alla fine della storica Banca del Monte, all’annunciata chiusura dell’aeroporto (effetto prevedibile per una città che non ha una manifestazione che è una che attiri pubblico dal resto d’Europa, pur avendone le potenzialità), scongiurata per l’atto di responsabilità della locale Unione industriale che s’impegna a garantire un finanziamento utile per sopravvivere un anno. Certo ogni botte dà il vino che ha e il sindaco Pizzarotti gode solo di un vinello leggero, senza qualità.
Ma ora il volo di Vendola e Grillo ad Atene ha tutte le connotazioni della speculazione spicciola, tutta rivolta al «mercato» interno, quello che interessa, visto che è percorso da sani e doverosi rifiuti per i metodi di una politica troppo disinvolta, sempre alle prese con l’ultimo scandalo, si tratti di Roma (dove con un fuor d’opera inaspettato, il procuratore Pignatone si esibisce in «endorsement» in favore del traballante sindaco Marino, e, indirettamente, contro il presidente del consiglio Renzi che intenderebbe cambiare verso alla capitale), della Calabria o della Sicilia o delle medesime divagazioni lombarde di Maroni, alle prese con i viaggi, mancati o reali, di alcune amiche e, in quanto tali, collaboratrici.
Eccitata spesso da un’informazione coprofaga, volta sempre ad esaltare gli aspetti scandalistici degli eventi, mai a riportarli alle loro dimensioni reali, la pubblica opinione si rivolge a coloro che animano una protesta totale, populistica, senza costrutto reale sui termini delle questioni politiche con le quali ci confrontiamo.
Basti pensare alla scuola e all’indegna (e incredibile) gazzarra scatenata in Senato da quei personaggi in cerca di autore che sono i senatori grillini, arrivati a picchi demagogici mai ascoltati in una sede parlamentare. La «morte» della scuola, la peggiore riforma mai immaginata, tutti slogan che affondano le proprie ragioni nelle manifestazioni corporative di una classe insegnante che rifiuta il confronto competitivo e un giudizio professionale, che insomma intende proseguire in un andazzo che fa classificare pessimamente l’insegnamento italiano nei documenti Ocse. Nessun interesse ai termini del problema, alle necessità dei giovani, all’imprescindibile collegamento con l’impresa, con la possibilità di acquisire contributi dal mondo dell’economia. Solo l’esaltazione dei peggiori sentimenti, dei peggiori ragionamenti, delle peggiori pulsioni in circolazione nel bel Paese.
Ora i due sono in Grecia. Se avessero un barlume di onestà nelle loro insondabili coscienze, si renderebbero conto di trovarsi di fronte a una tragedia nazionale che investe il Paese della cultura classica, la fonte delle civiltà occidentale (ma che lo dico a fare, l’orizzonte di Grillo è quello dell’animatore spompato di uno squallido cabaret; quello di Vendola di un politico tramontato alla ricerca di nuovi stimoli per sopravvivere), per colpe variamente distribuite, una delle quali si staglia su tutte le altre, europee e non: l’avere la Grecia dimenticato i fondamentali di un’economia, indebitandola al di là del sostenibile, sino a oggi, giorno in cui la situazione è già di grave irresolubile «default».
Nessuno che pensi che se la Grecia fosse graziata, il meccanismo degli aiuti mondiali che fa capo al Fondo monetario internazionale salterebbe in aria. Il paradigma del Fondo è: ti finanzio, ma ti impegni non solo a restituire quanto ti do, ma altresì ad adottare misure economiche che ti mettano in condizioni di restituire e, soprattutto, di crescere. Il vecchio: «Aiutati che il ciel ti aiuta.»
Invece no. La Grecia ha abboccato alle esche di Syriza e del suo leader Tsipras e li ha votati per un programma che, allo stringere, è il «Non ti pago», dell’indimenticato Totò. Un comico.
Comunque vadano il referendum (anche che sembra che il vento stia cambiando verso il sì) e il dopo referendum ci mostreranno i termini di una tragedia: o una svalutazione spaventosa, il crollo dell’economia e della società greca o un programma di riforme che lacereranno le carni dei cittadini, per dare alla nazione un futuro compatibile con le regole dell’ordine pubblico economico internazionale. Anche gli scenari di politica estera che si profilano per il caso di vittoria del no (come l’avvicinamento alla Russia e alla Cina con la creazione di un’«enclave»), l’insediarsi cioè di potenze del fronte antioccidentale nella cruciale penisola balcanica, debbono spaventare, visto che avvicinano le possibilità che le contraddizioni del mondo sfocino in un vero e proprio conflitto dai termini confusi, naturalmente, non nucleare, nel quale tutti saranno contro tutti.
È questo che vogliamo? L’Europa delle piccole rissose nazioni di pochi decenni fa, incapaci di scegliere un percorso comune, un’integrazione politica reale, una forza autonoma nel palcoscenico mondiale?
No. Non è possibile. E, ormai, è troppo tardi. L’Unione europea è andata troppo avanti e le ragioni dello stare insieme prevalgono sulle spinte centrifughe. E non è immaginabile nemmeno una secessione che sarebbe solo altrimenti cruenta rispetto a quella americana.
Comunque vada, gli sconfitti sono già identificati: i populisti greci e i piccoli sciacalli italiani.
Domenico Cacopardo

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