24 ott 2015

Un commento al nuovo articolo di Domenico Cacopardo sulla rivoluzione tecnologica e la politica odierna

Si..è vero! La rivoluzione tecnologica avanza, i mezzi di comunicazione aumentano ed aiutano l'interazione tra i popoli. Il cambiamento epocale è di tutta evidenza, ma vi sono anche risvolti pericolosi dietro l'angolo se non si mettono in campo equilibrio ed idee. E' la combinazione di questi due principi che supporterà questo cambiamento....mancando la quale.. il solo realismo esasperato non potrà nulla..Idee capaci di trasportarlo verso un futuro migliore..equilibrio per supportarne il funzionamento.

Nel momento storico attuale, forse anche a causa di una forte recessione mondiale, si sopravvive attraverso l’unica risorsa mentale della tangibilità e della concretezza, non reagendo con la forza delle iniziative e delle idee e questo potrebbe penalizzare il giusto percorso della crescita di una società. Dare spazio alle idee di ognuno non significa soltanto far crescere le persone, ma far crescere un intero sistema. Oggi..c'è chi lotta con la particolare tangibilità di una esistenza che spesso impone scelte obbligate ma, resta il fatto che, oggi, lo spazio alle idee, appare sempre più chiuso dall’inconscia paura di non determinare alcun riscontro positivo rispetto ad un mondo che tende a muoversi prevalentemente in direzione di severi principi razionali eliminando, in via preventiva, qualunque incognita ideativa o presupposto teorico.

Non v'è dubbio che le idee rimangono il disegno della mente e costituiscono un sapere interiore: Rappresentano sicuramente un modello di riferimento per il percorso della vita, ma in un mondo come quello odierno, pare difficile potersi muovere attraverso queste rilevanti risorse del pensiero che sembrano le uniche capaci di spingere una positiva crescita ed, attraverso le quali, l’uomo potrà riuscire a sottrarsi alla propria sconfitta.

Riguardo all'articolo di Domenico, al di là del riferimento (per me fuori contesto a Papa Francesco) mi piace sottolineare che oggi è proprio la vecchia contrapposizione destra-sinistra che non cammina più sui tempi. Una concezione obsoleta ed antiquata che impone alla politica un freno sull'andamento guida di una società più moderna. Insomma..non possiamo mandare avanti una certa tecnologia avanzata per poi bloccarci in una concezione politica antiquata che spacca in due un concetto attraverso una vecchia ideologia.. rallentando un percorso più libero ed aperto. Così come resta incomprensibile vedere oggi un governo che si muove per vie di una esclusiva regolamentazione non offrendo mai uno sviluppo costruito su idee innovative. Un governo che continua muoversi per le riforme sui vecchi binari di una strada ferrata sgangherata ed insicura. Una politica dei Partiti che non studia nuove strade e non ricerca attraverso le giuste teorie possibili nuovi percorsi.

E' poi del tutto superfluo continuare a pormi in netta opposizione col cugino Cacopardo per ciò che riguarda l'ultimo argomento del suo articolo in riferimento alle leggi costituzionali. Rimane sorprendente vedere che... chi ha avuto una esperienza come consiglire di Stato..non si accorga della pericolosa semplificazione impiegata (oltre all'arrogante metodo usato) da questo governo..e che tutto ciò potrà portare forse qualche piccolo opportunistico vantaggio nell' immediato, mettendo in evidenza.. nel futuro.. tutti i risvolti negativi di un percorso governativo che non può mai avere un riscontro col ogni base popolare..con conseguenze persino pericolose .Altro che stabilità!!

Molti pensano che non vi potevano essere altre strade per rinnovare la Costituzione e rendere più sicuri i governi. La fretta ha prevalso su ogni valore più importante. Ma chi può avere la certezza che non si sarebbero potute trovare strade alternative più equilibrate e ponderate per ottenere una governabilità più democratica meglio sostenuta dal basso?
vincenzo cacopardo




L’abbiamo ripetutamente sottolineato: quella che viviamo è stagione di cambiamento. E non perché, emergendo dal municipio fiorentino, l’abbia annunciato Matteo Renzi, ma perché il mondo s’è tanto rinnovato da rendere impossibile la stasi italiana, il coltivare stilemi e ubbie passatiste improponibili ai nostri giorni.
Prima di tutto la rivoluzione tecnologica. Oggi, tutti sono effettivamente più liberi, più informati, più capaci di giudicare. La rete ha aperto possibilità impensabili ancora dieci anni fa: con essa il sistema di comunicazioni telefoniche che ha reso i cellulari punti di diffusione delle notizie e dei commenti di milioni di uomini. I giovani di vent’anni non conoscono l’edicola dei giornali: non l’hanno mai frequentata e l’hanno vista da lontano come una rivendita inutile di cose cartacee altrettanto inutili.
Certo, a noi dell’altro secolo dispiace vedere sfiorire il genere di informazione al quale siamo stati abituati. Non possiamo, però, farci niente, salvo insistere nell’esprimere idee e considerazioni utili per permettere ai lettori di formarsi un giudizio proprio, libero e indipendente. Soprattutto non condizionato da ideologie e interessi di un recente passato.
E poi la globalizzazione, l’essere tutti insieme in un’unica fornace mondiale, nella quale la produttività dell’operaio di Pechino condiziona il contratto di lavoro dell’operaio di Ostiglia.
Il male assoluto secondo papa Francesco.
Il male assoluto per i figli di una sinistra passatista, per coloro che hanno scelto di non partecipare alla competizione, alla corsa per lo sviluppo e la competitività cui partecipano tutte le nazioni, a parte qualche caso di disadattamento istituzionale e politico, come quelli del Venezuela, di Cuba, dell’Argentina, della Bolivia e della Corea del Nord.
Incapaci di adeguarsi al mondo contemporaneo, immaginano di poter vivere e sopravvivere nella crescita zero o, peggio, nella «decrescita felice» (quella di cui straparla Beppe Grillo), nell’assenza di vaccinazioni, di termovalorizzatori, di centrali nucleari, di treni veloci e di tutto ciò che la tecnica moderna regala agli uomini e alle donne del pianeta. Basti pensare a Messina, una excittà, in cui un imbecille politico come Renato Accorinti vince le elezioni e diventa sindaco sventolando la bandiere Noponte.
Ma come, c’è la possibilità di costruire un ponte stradale e ferroviario che colleghi la Sicilia al continente e voi dite di no? Dite di no alle migliaia di ore-lavoro che un’opera del genere comporta? Dite di no al circuito di ricchezza che si può generare in forma provvisoria per la durata dei lavori e in forma definitiva il giorno in cui l’opera va in esercizio? Imbecille politico e autolesionista, quindi. Certo, c’è tanta parte dell’Italia che si nutre di un verbo che invoglia a non fare a non lavorare a non studiare a non impegnarsi personalmente e collettivamente in nessun progetto di cambiamento reale del Paese.
Sono perdenti. Magari perdenti con la sigaretta o lo spinello in bocca (i giovani in Italia sono in controtendenza rispetto al mondo: fumano di più). Magari occupanti edifici pubblici e privati trasformati in collettivi dell’eroina e di altre droghe, pronti a sfogare le proprie frustrazioni in esplosioni di violenza a scapito di coloro che hanno scelto di starci, nel gioco, e di studiare, prepararsi e poi lavorare sodo.
Dal 1960 a oggi, il numero degli italiani che sono andati a studiare all’estero e a lavorarci è aumentato in modo esponenziale. Sono loro la punta di diamante del cambiamento di stile e di sostanza di cui cominciamo a percepire i segni. Nessuno di loro, né di coloro che sono usciti da università italiane serie e che hanno un titolo di studio vero, valido nel mercato globale, pensa di entrare in politica o di andare a lavorare in un comune, in una regione, in un ufficio pubblico. Pensano, invece, di tutelare se stessi e le proprie capacità competendo nel mercato, mai legandosi all’idea primitiva del posto fisso, ma rivendicando il proprio diritto di scelta.
Certo, si tratta di un ceto privilegiato e ristretto.
Ma da questa gente dobbiamo prendere esempio. Da questa gente dobbiamo imparare una redifinizione dei doveri pubblici e privati e le necessità di una società contemporanea, aperta alle novità tecnologiche e culturali. A questo genere di gente dobbiamo se la scelta, minimalista, antitecnologica e antimoderna, di dedicare un Expo all’alimentazione (un’operazione da vecchia sinistra democristiana: non a caso sostenuta da Romano Prodi), s’è trasformata in un successo.
E non dimentichiamo che, nel giorno dell’inaugurazione dell’Expo, Milano è stata messa a ferro e a fuoco proprio da bande di perdenti sconsiderati, nemici anche di una novità del genere. Del resto, quel campione dell’intellighenzia politica nazionale che è il comico Beppe Grillo aveva predetto che si sarebbe trattato di un fiasco (come tutte le novità, poche, che appaiono in Italia).
Insomma, l’ideologia dello sconfittismo, cui ci eravamo adagiati anche per la debolezza ideologica e mentale della politica italiana, è stata sconfitta dalla forza delle cose.
Una forza, di cui Matteo Renzi è moderato interprete, sia per insufficienza di personale politico (spesso d’accatto) sia per insufficienze proprie del sistema che non riesce a cogliere le correnti reali del fiume dell’ammodernamento.
Pensiamo alla riforma della pubblica Amministrazione, scritta e pensata da chi non ha saputo definire un progetto, un modello, uno «scope of the work»: un’occasione perduta, certo.
Rimangono sul terreno, come piccole pietre miliari, alcune riforme che saranno produttive di effetti positivi. Soprattutto quelle di sistema (abolizione sostanziale del Senato) che consentiranno a chi governerà in futuro di decidere e di scegliere senza i condizionamenti ricattatori del passato e del presente.
L’importante è non chiudersi in se stessi, nel piccolo orto di una società fondata sul soccorso statale e sulla tutela degli ignavi.
Essere nel nostro tempo, protagonisti, non succubi.

Domenico Cacopardo

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