Perde
l’Europa e la sua classe dirigente, quella che è emersa dopo il
2000, dimostrando una povertà di idee e di visione, quale mai s’era
vista dal 1945 a oggi. Perde l’Europa e perde Angela Merkel, con il
suo rigore senza speranze, con la Comunità ai suoi piedi; perde
l’Europa e perdono i popolari e i socialisti, accomunati nella
triste sorte di coloro che non sono riusciti a esprimere né una
proposta attraente per il futuro, né un’interpretazione coerente
delle esigenze dei popoli. Perde l’Europa dell’ordine sparso,
incapace di operare come un unico soggetto in uno dei tanti settori
chiave della politica, dell’economia, della difesa. Perde l’Europa
dei bombardieri francesi sulla Siria, degli attacchi francesi alla
Libia, del disastro mediorientale, innescato da Obama e implementato
da Sarkozy e Hollande.
E
perde la Francia che conosciamo, quella che ha dato opere e artisti
di cui andiamo orgogliosi, ma che non ha saputo disinnescare la mina
delle banlieue, esplose nel 2005 e mai placate, nelle
quali il disagio sociale, privo di ideologia di tipo classico, ha
abbracciato quella del terrore islamico. Non un programma efficace
per allievare disoccupazione e per combattere i traffici di droga e
l’illegalità è stato messo in opera. Solo pannicelli caldi,
quelli che, alla lunga, aggravano il male.
La
vittoria del Front National di Marine Le Pen non è
più un segnale, è una svolta. Occorre prepararsi a fare i conti con
il suo populismo e l’ondata che susciterà in tutto il continente.
Presto
cambieranno molte cose, anche perché le probabilità che la Le Pen
conquisti l’Eliseo sono forti: le elezioni avranno luogo nel 2017,
cioè domani. Anche se, a gennaio di quell’anno si sarà insediata
a Washington una nuova amministrazione, sarà difficile che si
mettano subito in atto nuove strategie internazionali per affrontare
il conflitto in corso. Tali da disinnescare il crescente populismo.
E
l’imperizia dei vari leader europei non è un buon viatico per la
conduzione della guerra in questo anno e mezzo circa che ci rimane
davanti.
Ci
vorrebbe uno scatto in avanti, sulla strada dell’integrazione in
materia di difesa esterna e interna, della politica fiscale e di
quella sociale. Non se ne farà nulla.
La
crisi dell’Europa è irreversibile: languirà per almeno un
decennio tra possibile disfacimento e mera sopravvivenza senza
autorevolezza né prestigio.
Questo
è accaduto dopo che gli ultimi tre leader europei, Mitterand, Kohl e
Craxi hanno lasciato la scena. Anche la scomparsa di Wojtyla ha
contribuito alla fine dei punti di riferimenti di fine millennio.
Per
l’Italia, che affronterà –salvo imprevisti- le elezioni generali
nel 2018, lo scenario si scurisce. Il partner italiano del lepenismo
non è Salvini, ma Grillo, se sarà capace di cogliere il senso di
ciò che è accaduto oltralpe. Potrebbe innescare un processo che,
oltre a investire le prossime elezioni comunali, cambierà le
prospettive di quelle politiche, alla luce del disagio permanente del
Paese.
E Dio
non voglia che, in questo periodo, i terroristi islamici si facciano
sentire: tra lo sciocchezzaio di un mondo buonista, votato al
suicidio proprio e della Nazione, e parole pesanti che promettessero
ordine e sicurezza, non è difficile immaginare quale sarebbe la
scelta dell’elettorato.
Anche
il Pd renziano finirebbe tra i ferri vecchi delle cose rottamate.
C’è
tuttavia una possibilità ancora ed è quella che ha offerto proprio
Matteo Renzi, se, superando la stanca di questi
tempi, riprendesse il processo riformista, attaccando i centri del
parassitismo politico. Ha una
carta buona nelle mani, il nostro premier: il non essersi
accodato alla furia guerresca che ha invasato i governi europei,
dalla Francia alla Germania al Regno Unito.
Una
reazione agli attentati di Parigi che, nella sostanza ricorda, la
tattica delle forze armate di re Franceschiello. Di fronte a un
nemico organizzato e sfuggente, l’ordine del comandante in capo fu:
«Facite ammuina!»
Giacché
dell’efficacia dell’offensiva aerea è lecito dubitare mentre
delle capacità militari dell’Isis no. E la sua presenza in Libia
cresce e diventa sempre più minacciosa.
Quali
tentacoli dell’idra terrorista saranno tagliati e quanti ne
ricresceranno? Siria, Iraq, Yemen, Mali, Libia, Africa subsahariana,
Nigeria, in quale di queste guerre l’Occidente deciderà di
vincere?
Ecco,
la prudenza di Renzi è la carta da spendere in questo difficile
momento: che l’Italia non sia scesa in campo ci verrà utile a
medio termine. Perché non avremo gettato le nostre risorse militari economiche nella fornace siriana e perché saremo in condizioni di
difenderci se fosse necessario. Senza illusioni, giacché se i
terroristi vorranno colpirci lo faranno. Ma con
fiducia in noi stessi e nella forza armata di cui disponiamo.
Abbiamo
quindi davanti due anni e mezzo difficili, nei quali le questioni
della sicurezza e della difesa prevarranno sulle altre. E
l’onda Le Pen aggredirà il nostro mare trasformando le onde in
marosi. Il
giovane nocchiero non basterà: per salvare l’Italia ci vorrà
senso di responsabilità e della misura. Né ottimismo né
pessimismo, solo l’imprescindibile uso della ragione.
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