2 dic 2016

"Il recupero dell’onestà intellettuale" di Paolo Speciale


I fiumi d’inchiostro sul referendum costituzionale confermativo del 4 dicembre prossimo sono già oltre la piena di qualche giorno fa: ci si è in massa spesi, con tutti i mezzi oggi a disposizione, in ogni possibile interpretazione e dissertazione, ciascuna delle quali retta da questa o quella ragione. Si tratta della terza consultazione popolare di questo genere nell’Italia repubblicana, cioè dal 1946 ad oggi, e questo rende senz’altro più mediatico l’evento, decisamente raro e proprio per questo da molti definito una “occasione”. Una occasione per cambiare, ovvero per conservare, ovvero per esercitare un diritto tutelato dalla stessa Costituzione oggetto delle modifiche già apportate dal Parlamento ed ora sottoposte al voto popolare; un’occasione per modificare i ruoli, le competenze di ciascun organo elettivo ma anche e soprattutto le modalità di esercizio del potere legislativo; per non parlare di quello esecutivo che, a detta di molti, trarrebbe una particolare “forza” in caso di vittoria del “sì” tale da turbare gli equilibri di garanzia democratica che hanno ispirato i cosiddetti “padri” nell’immediato dopoguerra. 
Ma procediamo con ordine: gli appuntamenti ai quali il Governo e soprattutto le forze di opposizione non si sono ancora presentati – e sono già in grande ritardo – sono due: la controriforma del sistema pensionistico dopo i devastanti effetti della legge Monti – Fornero e la definizione di una nuova legge elettorale che potesse conciliare il diritto della maggioranza di governare con quello della minoranza di opporsi costruttivamente, non escludendo aprioristicamente una rivisitazione - invece opportuna - del principio di proporzionalità; e questo senza invocare impropriamente il rischio di connessione tra essa ed il ritorno alla sempre temuta “instabilità”, o almeno di quello che oggi ne è rimasto. Cioè del timore di tutti i governi sin qui succedutisi negli ultimi venti anni, effetto di quel mancato appuntamento di riforma del sistema elettorale, una insidiosa omissione che ha di fatto reso paradossalmente il Senato la vera ed unica opposizione al Governo nell’esercizio della sua funzione di indirizzo politico, a causa dei numeri sempre risicati. E’ da qui che sono nati i “necessari” trasformismi verdiniani ed altri mostri politici di dubbia natura. E’ da qui che si reso “necessario” per chi governa aggirare l’ostacolo con il depotenziamento funzionale di Palazzo Madama tramite la adozione di una legge costituzionale che oggi siamo chiamati a giudicare nel merito; un depotenziamento troppo facilmente equivocabile con il millantato “superamento” del bicameralismo paritario, complice una informazione di scarso livello intellettuale ma purtroppo di facilissimo ed agevole impatto consensuale a livello popolare. 
E’ da qui che si è generata una pericolosa confusione tra la politica “costituzionale”, dove le larghe intese sono indispensabili, e la politica “contingente” del governo Renzi: entrambe sono impropriamente confluite in un processo identitario che si è avviato presso la pubblica opinione, che in percentuale più che sensibile non sarà pertanto ispirata, nel segreto dell’urna, da una imprescindibile onestà intellettuale, quanto piuttosto da beghe partitiche e populistiche che renderanno ancora di più i “padri” del 1946 unici ed inimitabili. L’esecutivo si assuma dunque la responsabilità di aver scelto la porta più larga ed agevole – eppure ingloriosa per il Senato – per rendere più agevoli i passaggi parlamentari delle leggi di sua iniziativa ed i cittadini si impongano responsabilmente di non prescindere da queste preliminari valutazioni prima di usare la matita sulla scheda elettorale.
Paolo Speciale


Nessun commento:

Posta un commento