9 mag 2019

Una disamina sull'articolo dell'amico Paolo Speciale

L'amico Speciale, particolare lettore del mio Blog, mi invia questo articolo che pubblico volentieri. L'articolo mi invita.. però.. ad una personale disamina sull'argomento che ha tenuto banco per diversi giorni sui giornali e le tv..
Leggendolo mi trovo sostanzialmente in accordo in via generica con quanto scritto da Paolo, tuttavia mi permetto di far osservare che nella fattispecie la questione Siri deve leggersi in modo diverso: L'argomento non può( come per altro specificato contraddittoriamente dallo stesso amico autore dell' articolo) essere visto nell'ottica di un “giustizialismo” ed un “garantismo”. Proprio per questo deve rimanere esclusivamente valutato nel ristretto campo di una etica che la stessa politica deve salvaguardare e prevenire anche al fine di non lasciare ulteriori conflitti nel cammino di una giustizia che deve indagare su eventuali reati. Insomma: una cosa è l'indagine giudiziaria che inizia con un avviso il suo percorso garantendo l'indagato ed il suo diritto di difendersi..altro è il comportamento poco affidabile nei riguardi dello stesso governo di chi ha cercato di asservire l'esercizio delle proprie funzioni e dei suoi poteri a interessi privati, in modo alquanto lobbistico... proponendo e cercando di concordare con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia... andando così oltre il suo compito e suscitando notevoli perplessità.
Questo è più che sufficiente per porsi delle domande attenenti un conflitto di interessi grande come una casa che la politica non può far finta di non vedere. Sottolineo tra l'altro che Siri rimane comunque garantito come senatore non avendo il governo in proposito nessuna legittimità di poterlo sospendere...(quindi non se ne può di certo fare una vittima).
Può darsi che Di Maio abbia anche usato questa faccenda ad uso propagandistico, ma rimane il fatto che il sottosegretario è reo di un comportamento politico morale assai poco convincente..anzi forse preoccupante!.
Per quanto riguarda la possibile tangente ed i rapporti con Arata e Vito Nicastri, il 're' dell'eolico, ritenuto vicino all'entourage del latitante Matteo Messina Denaro, lasciamo sicuramente il tutto in mano alla magistratura dove il ruolo etico della politica non può e non deve entrare.
Infine credo che..sulle riforme dimenticate invocate in questo articolo se ne potrebbe parlare tanto.. ma non relative a questo caso..Lo scontro dei poteri dovrebbe innanzitutto potersi focalizzare sui limiti dei propri ruoli! 


Governo del cambiamento e riforme dimenticate

di PAOLO SPECIALE


Il Governo del cambiamento si rende protagonista dell'ennesimo scontro tra i poteri della Repubblica. Il motivo del contendere è sempre lo stesso, anche se stavolta la prospettiva dei fatti e delle posizioni assunte dalle forze in campo è diversa.
Non si registra infatti, come ai tempi del berlusconesimo, un "j'accuse" rivolto alla magistratura requirente circa la presunta ed impropria spinta "politica" delle inchieste su parlamentari e/o membri dell'Esecutivo, ma l'adesione ed il consenso incondizionato tout court all'operato – peraltro pienamente legittimo - di un GIP o similare, in nome di una assoluta e perentoria moralità che si ferma e si attiene alla primissima parte delle spesso lunghe inchieste giudiziarie in ambito istituzionale e politico.
Ora, se è vero come è vero che fino alla dichiarazione di colpevolezza certa e definitiva perché non più appellabile l'individuo debba essere considerato "innocente", laddove i termini inquisito, indagato, sospettato non possono in alcun modo costituire, in un ordinamento come il nostro, alcun elemento di colpevolezza, vogliamo provare a ricordare i diritti di cui può e deve avvalersi chi si ritrova prematuramente sul banco degli imputati con la contezza personale – magari non dimostrabile in via immediata – di non aver commesso alcun reato?
Non può certo bastare il diritto alla difesa, che consideriamo scontato, intendiamo qui riferirci piuttosto a quello di rimanere legittimamente in carica? Si può negare, secondo il nostro ordinamento, ad un cittadino chiamato a far parte della cosa pubblica e meramente sotto indagine, la facoltà di continuare a svolgere il proprio mandato istituzionale, che comporta anche innegabilmente, oltre all'impegno connesso all'incarico ricoperto, anche una personale gratificazione per la fiducia democraticamente ricevuta in forza di una elezione dalla elezione e/o di una nomina a quella stessa carica? Ed ancora: sino a che punto è legittimo, di fatto, interrompere, annullare, cancellare con un semplice decreto – peraltro non condiviso alla unanimità nell’Esecutivo – non solo il mandato istituzionale contingente, ma anche – e lo sappiamo tutti molto bene – la carriera politica di una persona?
Una delle doglianze da esprimere senza esitazione a proposito di certi aspetti della nostra legislazione riguarda la prolungata assenza, in essa, di una regolamentazione in senso prettamente morale dell’uso della libertà di stampa, regolamentazione sinora sempre frenata dalla strumentale diffusa ossessione che in realtà si voglia sempre e comunque controllare in qualche modo l’informazione stessa; e ciò è mortificante per la matura civiltà democratica del nostro Paese, spesso danneggiata da certa stampa più attenta agli avvisi di garanzia che ai successivi proscioglimenti, sensibilmente numerosi in fase istruttoria.
Qualora Siri - ma domani potrebbe essere un esponente dell'altra principale forza politica al Governo - , fosse prosciolto tra qualche mese tornerebbe a ricoprire il suo incarico con un altro decreto di nomina o rimarrebbe irrimediabilmente privo di un incarico potendosi rivalere ( ma come?) su chi lo ha per così dire “danneggiato”?
Da qualsiasi parte politica si stia, come è possibile non includere, tra i diritti fondamentali di un individuo, quello di mantenere un incarico pubblico da parte di chi sia stato chiamato al governo, a vario titolo, o in Parlamento, a rappresentare il popolo elettore? Come ed in nome di che cosa è possibile equiparare, di fatto, l’inizio di un procedimento giudiziario, avviato per accertare eventuali responsabilità e/o violazioni del codice penale, con l’atto conclusivo - ancora ignoto - di tale stesso procedimento, che prevede tre gradi e tre sedi istituzionali giudiziarie di svolgimento, sempre che vi sia un rinvio a giudizio che spesso nel momento dell’attacco mediatico ancora non si è neanche concretizzato? Sono considerazioni condivise nel rispetto irrinunciabile della nostra Magna Charta e del nostro ordinamento, che pongono i diritti fondamentali di qualsiasi cittadino in posizione di assoluta prevalenza.
Qui non si tratta di essere garantisti o colpevolisti: è riprovevole la neo xenofobia salviniana, come è altrettanto riprovevole la dichiarazione di Di Maio in cui definisce il decreto odierno anti Siri "la vittoria degli onesti": forse intende vittoria sui disonesti? Ed da chi egli si ritiene in grado o abilitato alla pronuncia di vere e proprie sentenze?
Il Presidente del Consiglio sostiene che il corso e la durata di un procedimento giudiziario sono diversi dai tempi di valutazione "politica" di una inchiesta avviata.E' vero, anche perchè questa dichiarazione lascia chiaramente intendere la profonda e necessaria "alterità", sul piano costituzionale, tra i poteri dello Stato.Il problema è proprio questo, che la nobile e sacrosanta "alterità" voluta dai padri costituenti ormai da tempo mal si concilia con l'applicazione contingente delle leggi ordinarie e con le azioni spesso reciprocamente ingerenti sostenute, di fatto, da un indirizzo politico che molta presa esercita sull'opinione pubblica, ma di populismo parleremo un'altra volta.



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