20 mar 2013

Un commento di Domenico Cacopardo



Il potere delle parole di domenico Cacopardo

Oggi, il presidente della Repubblica inizia le consultazioni per il nuovo governo. Finalmente, in tempi biblici, la legislatura si è avviata e ci ha dato le prime indicazioni: cerchiamo di sintetizzarle.

Come abbiamo già sostenuto, le elezioni hanno certificato l’irrilevanza politica di Silvio Berlusconi. In attesa che, presto, il Senato lo dichiari ineleggibile, il leader del Pdl, che da diciannove anni imperversa in Parlamento e nei media, non riesce a vedere palla. L’unico gioco ancora da giocare, la partite di Piemonte, Lombardia e Veneto, vede protagonista la Lega, a dispetto del suo pessimo trend elettorale.

Esce con le ossa rotte dalle prime mosse come leader politico, Mario Monti: benché fosse evidente che dovesse rimanere in carica per i gravi affari correnti, il premier uscente ha immaginato di potersi candidare alla presidenza del Senato, in attesa di candidarsi a quella della Repubblica. La conseguenza è stato un crollo verticale di prestigio.

Anche Grillo esce male dall’appuntamento con le presidenze della Camera e del Senato: s’è subito dimostrato che i soldatini grillini sono meno soldatini e meno grillini di quanto fosse preannunciato. E questo è interessane viatico per le prossime scadenze: governo e presidenza della Repubblica.

Bersani cede alla tentazione di cantare vittoria, quando ciò che ha ottenuto era facilmente ottenibile. Ha scelto un buon candidato per il Senato, Grasso, il cui futuro politico è tutto da scrivere. La presidente della Camera è un’altra incognita da rivelare.

Il governo, però, è un’altra cosa.

Nei giorni scorsi, la prova del voto parlamentare ha dimostrato che il Pd e la Sel non hanno una maggioranza idonea a ottenere un voto di fiducia. A meno che la disciplina grillina frani a tal punto da rovesciare la situazione. Il che non è nell’ordine delle cose.

Se Napolitano, come tutto lascia credere, non recederà dalla sua tenace difesa della Repubblica, non ci sarà incarico a Bersani, nonostante le sue più recenti esibizioni. La priorità a conflitto di interessi, al finanziamento pubblico e alla legge elettorale, i nomi di ministri graditi al Movimento 5S, non tengono conto del calendario parlamentare e dei gravi problemi che l’Italia, non il Pd, ha di fronte: Cipro, la manovra di primavera, l’aumento di Iva e Tares, i pagamenti dello Stato alle imprese creditrici, il Fiscal compact, le infrastrutture in alto mare, il rilancio dell’economia sono macigni per i quali il piccolo statista di Bettola non ha risposte. 

Prima, durante e dopo le elezioni è tornato a dominare il potere delle parole. Quel potere che Simone Weil, nel suo “La persona e il sacro”, di recente ripubblicato (Adelphi editore), definisce illusorio ed erroneo. Solo qualche giorno fa, l’Economist, commentando il risultato elettorale, scriveva: “Di fronte alla peggiore recessione dal 1930 e alla possibile implosione dell’euro, gli italiani ha deciso di evitare la realtà”.
Le due cose si legano e sono foriere di sviluppi drammatici.

Arruolati nell’esercito dell’illusione, diretti di un uomo, Grillo, capace di mettere in scena avvincenti spettacoli ma non di rispondere alle domande di un giornalista, e dall’ombra inquietante di Casaleggio, migliaia di persone si sono mobilitate sulla via dell’irrazionale, dell’infondato, delle sciocche dietrologie (gli americani monitorati attraverso chip installati nei loro corpi; la negazione dell’allunaggio), dimenticando tutti i dubbi razionali che il comico genovese suscita nelle persone normali, a cominciare dalla mistificazione della democrazia di rete. Una democrazia a senso unico che si irradia dalla villa di Bogliasco e che gli adepti debbono abbracciare in toto.

A queste migliaia di persone e ai milioni di elettori occorre rivolgersi oggi chiedendo loro di non accettare l’illusione.

In questa ottica di responsabilità, Napolitano restituirà alla politica il peso che pretende. Per questa ragione, riteniamo improbabile che Bersani riceva l’incarico di formare un governo. Il presidente della Repubblica si rivolgerà a una personalità capace di non deflettere dalla linea europeista e di difendere l’Italia per i pochi mesi necessari per eleggere il nuovo capo dello Stato, approvare una accettabile legge elettorale (che abolirà il privilegio grillino) e per indire nuove elezioni.

In poche ore avremo le conferme che aspettiamo.

Riformare con logica e prospettiva




C’è un argomento sui costi della politica che non è mai stato chiarito in profondità ai cittadini meno compenetrati in simili problematiche. 
Continuo a pensare che i finanziamenti ai Partiti non possono non essere assegnati…se pur in modo equo e con opportuno e chiaro rendiconto. 

In tanti oggi affermano che nell’immediato bisognerebbe abbattere ogni forma di finanziamento..per poi mettersi d’accordo su un futuro finanziamento da studiare. Un modo per voler apparire  nuovi paladini della correttezza...ma col rischio di bloccare una certa logica funzione che dovrebbero rendere i Partiti. 


Mi sembra assai azzardato bloccare i necessari finanziamenti da parte della mano pubblica…per motivi già espressi e che riguardano una possibile prevalenza privata che determinerebbe il predominio della politica in mano ai potentati economici e le lobby. 

Il fatto di poter compiere un tale gesto per offrire un esempio di pulizia e rispetto alla pubblica società…finirebbe col pesare in modo evidente sul futuro di una politica che dovrebbe basarsi sul pensiero e l’utile scambio dialettico con lo stesso cittadino: Ogni operazione di comunicazione ha un costo…ogni organizzazione per un dibattito..ogni programma stampato e diffuso...né ha altri…ogni spostamento ha un costo e così via....Sembra invece utile e doveroso rendere più capillare ed uniforme nel territorio la costante opera di comunicazione di ogni Partito attraverso l’organizzazione di dibattiti con la collettività.


Se la politica deve abbattere i costi…potrebbe farlo diminuendo in modo evidente lo spropositato compenso reso a chi se ne occupa. Un compenso che oggi gli dona l’inopportuno appellativo di “casta”. La spropositata impulsività sostenuta negli ultimi tempi dal Movimento di Grillo non mette in luce tali problematiche in senso oggettivo…finendo col fare…come si suol dire… “di tutta l’erba un fascio”. 

Le conseguenze del categorico metodo del “tutto o niente” persevera nel nostro Paese..senza mai un impegno in un percorso di metodo più appropriato al singolo problema che deve affrontarsi.


Le domande le quali dovremmo porci in proposito dovrebbero invece essere:


1)    Sarebbe saggio, in via prioritaria, studiare una vera regolamentazione dei Partiti?

2)    Sarebbe giusto definire i loro costi attraverso una ricerca più appropriata?

3)    Sarebbe meglio definire un obbligatorio tetto a questi costi?

4)    Sarebbe fondamentale evidenziare i costi e fornirne gli essenziali resoconti?

5)    Sarebbe più giusta una retribuzione equa dei finanziamenti al di là dei voti ottenuti?


Sono le logiche proposte per far sì che si possa procedere verso un doveroso rinnovamento dei Partiti, i quali…dovrebbero occuparsi di studiare idee e soluzioni attraverso una indispensabile ricerca e scambi dialettici continui con la cittadinanza.
vincenzo Cacopardo



19 mar 2013

Quell' autoritarismo nocivo al Paese




Adesso il tono dell’autoritario Grillo sembra più conciliante!...Dopo la riunione alla Camera del gruppo grillino In diretta streaming si e deciso di rinviare il complesso dibattito (delle votazioni al Senato) alla settimana prossima.

Si deciderà forse…su  eventuali espulsioni o no. Ma il caos regna sovrano quando ci si approccia alla politica in una simile confusione che vede da un lato il generale Grillo dare ordini e dall’altro...giovani deputate del suo Movimento, come la Rostellato, mettere on line il suo rifiuto di stringere la mano ad una Rosy Bindi.

I risultati vengono messi in evidenza con accuse e scuse continue…generando scene persino patetiche...in un momento storico in cui nel Paese si avrebbe bisogno di estrema chiarezza. Adesso si concentrerà l’attenzione sul problema dei questori della Camera e resteremo in attesa di sapere se ci saranno altri colpi di scena di quella che oggi appare simile ad un’opera teatrale di natura alquanto pirandelliana.

Da un altro lato c’è chi ancora non vuole rendersi conto dell’opportuno bisogno di una sua scomparsa dalla politica del Paese e che ancora si accalora con inutili minacce "Se la sinistra occupera' anche il Quirinale sara' battaglia".

Silvio Berlusconi persevera indicando Renato Brunetta e Renato Schifani alla guida dei gruppi di Camera e Senato e minaccia di scendere nelle  piazze se il prossimo Capo dello Stato sara' un esponente indicato dalla sinistra. Un uomo che sembra aver del tutto dimenticato ogni desiderio di cambiamento voluto dai cittadini ed ogni indispensabile forma di umiltà....Valori da poco riscontrati negli ultimi avvenimenti che hanno visto l’elezione di un Pontefice che ne ha messo in evidenza esigenza e necessità.

Due personaggi, Grillo e Berlusconi… che sembrano potersi accostare in certe caratteristiche autocratiche e sebbene il primo abbia sicuramente il merito di aver offerto lo spunto per un cambiamento, non dimostra né nel metodo… né nella costanza, una linea comprensibile che possa offrire sicurezza....Per quanto poi...riguarda Berlusconi…sembra più inquietante l’atteggiamento dei suoi accoliti che ancora lo sostengono senza alcuna considerazione per se stessi …che il legittimo, se pur incomprensibile… perseverare in una resistenza senza limiti…nell’autoesaltazione.

Se Berlusconi continua provocando col solito metodo aderente al passato sistema, di sicuro Grillo…con maggiore opportunità, ha avuto il merito di rompere il muro dell’  inconcludente bipolarismo.

Di di certo...ambedue le figure...nel loro profondo autoritarismo…sembrano non dimostrare l’essenziale bisogno di costruire un necessario dialogo equilibrato.
vincenzo Cacopardo


18 mar 2013

La Boldrini...un primo risveglio della nuova politica?



Più di cento applausi per la neoeletta alla presidenza della Camera, alla lettura del suo documento di ringraziamento….applausi sicuramente meritati!
Un documento…il suo, che si esprime ad ampio raggio…ricco di volontà e di promesse verso una migliore efficienza della Camera. La neo presidentessa sembra non aver trascurato l’importanza delle responsabilità che le toccano: Ha parlato di ruolo delle donne e del problema del lavoro.. passando da quello degli esodati…del primario bisogno di una battaglia vera contro la povertà per "dare piena dignità a ogni diritto”. Riferendosi direttamente all'Aula ha messo in evidenza i principi fondamentali della nostra Costituzione affermando che si dovrà ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, spesso costretta a portare i propri talenti lontani dall'Italia".

Non v’è dubbio che il suo è stato un discorso tendente a ridare “certezze e speranza” a chi nella politica non crede più…un discorso a parer mio.. decisamente migliore…più sentito e appassionante di quello del neo eletto alla Presidenza del Senato.
La Boldrini.. potrebbe oggi rappresentare la prima fase di un risveglio della politica incalzata da Grillo? In lei si scorge comunque una forte spinta progressista fattiva ed utile al momento.
Bisogna di sicuro dare atto al nuovo impulso offerto da chi era stufo di una politica inconcludente del passato..malgrado adesso.. il nodo davvero difficile, sarà quello di una solida governabilità senza una vera maggioranza al Senato.

Dopo un tramonto…sembra comunque scorgersi un’alba... ed il legame con la nomina del nuovo Pontefice non può non essere posto in luce…anzi appare confermato dalle parole della Boldrini che, con la medesima umiltà…si accostano in modo chiaro al recente discorso del Papa di fronte ai Media il quale…ci ha parlato similmente…di povertà e di dignità dell’uomo.
Ma la nuova eletta è andata oltre le attese quando ha sottolineato l’esigenza di guardare alla politica del futuro.. come una vera passione. Non si può quindi che stringersi attorno a questa giovane ed intelligente donna che ha dimostrato… con estrema sensibilità, di aver compreso il difficile momento e le grandi responsabilità che le toccano.
Vincenzo Cacopardo

Un commento di Alberto Cacopardo

IL MOUS, LA CADUTA DI PRODI E UN SIGNORE DI NOME ROBERT GORELIK

Estate 2007. In una saletta riservata dell’Hotel Ambasciatori a Roma si incontrano a pranzo quattro persone. Uno è Sergio De Gregorio, il senatore Idv da poco passato a Berlusconi dietro lauto compenso. Un altro è Enzo De Chiara, consulente dell’ambasciata Usa a Roma. Il terzo è Clemente Mastella, guardasigilli del governo in carica. E il quarto è Robert Gorelick, da quattro anni capocentro della Cia nella capitale.
Stando alle dichiarazioni rese da De Gregorio ai pm di Napoli, lo scopo di quel pranzo è preciso: Gorelick vuol fare sapere a Mastella, appositamente convocato da De Gregorio, che il governo americano gli “avrebbe mostrato riconoscenza” se avesse fatto cadere il governo Prodi.
Interpellato, Mastella ha confermato l’incontro, ma ha smentito quella promessa di riconoscenza.
Naturalmente, la smentita di Mastella è irrilevante: se la cosa fosse vera, certamente la negherebbe, se fosse falsa pure.
Ma se esaminiamo da vicino le modalità di questa smentita, constatiamo che si tratta pressoché di una conferma.
Mastella dichiara al Messaggero di non aver capito “che l’americano presente fosse il capocentro Cia”, ma al tempo stesso dice a Repubblica di avere sempre avuto “rapporti intensi con gli americani”. Dunque è un po’ strano che non conoscesse Gorelick, il quale, stando a chi lo ha conosciuto, era un personaggio “ben noto”, dopo quattro anni di soggiorno a Roma.
Gorelick non era un agente qualsiasi. Secondo il suo profilo sul sito di Deloitte, l’agenzia di business consulting per la quale ha successivamente lavorato, era stato a capo per tre anni, dal 2000 al 2003, della Counterproliferation Division della Cia. Dove “aveva stretto forti legami con policy makers e lavorato regolarmente col Presidente, il Vice Presidente ed altri membri chiave del governo, perseguendo vitali priorità nazionali”. Nei suoi decenni di carriera nella intelligence community, aveva acquisito una “eccezionale esperienza ad alto livello nella formulazione ed attuazione delle politiche nazionali, oltre a fornire informazioni su questioni di intelligence e di sicurezza nazionale a politici a livello di governo negli Stati Uniti e all’estero”. Insomma uno dei cervelli dell’amministrazione americana, in diretto contatto con George Bush.


                                                                      Robert Gorelick

C’è da chiedersi con quali americani Mastella intrattenesse i suoi rapporti intensi, per non avere idea di chi fosse un personaggio del genere. Ma passi, la Cia è pur sempre un servizio segreto.
Il ministro, tuttavia, evidentemente capì benissimo di avere a che fare con un emissario diretto di Washington, poiché racconta al Fatto Quotidiano: “Sorrisi, ascoltai e me ne andai dopo pochi minuti perché mi pareva un'americanata. Sapevo già che l'amministrazione Bush non era favorevole a Prodi.” E dal Messaggero apprendiamo che disse a Gorelick “di essere soddisfatto del [suo] incarico di governo”. Mastella dovrebbe spiegarci che cosa esattamente ascoltò che meritasse quella risposta.
Perché quello che ci sta dicendo è che un emissario diretto del governo americano convocò il ministro più infido del governo Prodi per spiegargli che l’amministrazione Bush non era favorevole a quel governo. Più chiaro di così…
Mastella argomenta che se gli americani “avessero dovuto parlarmi di argomenti delicati, non lo avrebbero fatto certo in quella sede” e, per risultare più convincente, sbotta: “E poi cosa mi potevano promettere gli americani? Facevo il ministro della Giustizia, mica l'usciere, ero all'apice della carriera politica”.
In effetti, nessuno ha mai capito che cosa ci abbia guadagnato Mastella a far cadere Prodi. Ma fatto sta che di lì a pochi mesi, dopo averlo tenuto in bilico tutto l’autunno, si dimise e lo fece cadere.
La conclusione che appare più ovvia è che Gorelick abbia avanzato, in termini più o meno velati, la sua offerta, e che Mastella, per ovvie ragioni, si sia ben guardato dall’aprire una trattativa in presenza di De Gregorio.
E naturalmente non si può certo escludere che la trattativa sia proseguita con successo in altra sede, dato che questo potrebbe forse spiegare un atto altrimenti pressoché incomprensibile come quelle sue dimissioni. Non si può escludere, ma nemmeno concludere per certo, beninteso.
Ma questo, in fin dei conti, è secondario. Più che stabilire se Mastella sia stato corrotto, o convinto, o accompagnato, quel che ci dovrebbe interessare è constatare che il governo di Bush ci provò: mise in moto i suoi servizi segreti per far cadere il governo Prodi.
E ancor più ci dovrebbe interessare capire perché. Anche su questo De Gregorio ha qualcosa da dire: “Vi erano preoccupazioni forti da parte degli americani sulle questioni di sicurezza e difesa, in ordine alle opposizioni che venivano dall'ala più radicale del governo Prodi", ha spiegato a Repubblica. "In particolare c'era preoccupazione sul rafforzamento della base Nato di Vicenza e sulla installazione radar di Niscemi, che provocavano forti resistenze della componente estremista”.
L’installazione radar di Niscemi non è altro che la base a terra del Mobile User Objective System, il famoso Muos contro il quale si è mosso di recente il presidente siciliano Crocetta in accordo col locale Movimento Cinque Stelle. Forse ha qualche ragione Crocetta a sentirsi piuttosto preoccupato davanti a questa storia...
Ma quel che è forse più preoccupante è il fatto che un episodio di questa portata sia passato pressoché inosservato. Si è fatto un gran rumore sulla trattativa fra De Gregorio e Berlusconi, ma ben pochi si sono curati di soffermarsi su questo episodio. I nostri media nazionali non lo hanno ritenuto rilevante. Sarà che non credono a De Gregorio? Sarà che temono la Cia? O saranno talmente abituati all’idea che non siamo indipendenti, da non dare alcun peso ad un’inezia come questa?
Alberto Cacopardo

Un commento di Domenico Cacopardo

PRIME PULIZIE di Domenico Cacopardo


Con l’arrivo del nuovo Parlamento sono iniziate le pulizie di Pasqua della Repubblica.
Il primo a finire sotto la ramazza della nuova Italia è Mario Monti, crollato come una pera secca su una folle autocandidatura al Quirinale.
Il secondo è Beppe Grillo: si comincia a vedere come la compattezza dei suoi grillini sia tutt’altro che inossidabile.
E lo sarà sempre di meno nelle prossime settimane.
Ora, l’esame ramazza tocca a Pierluigi Bersani, sin qui gratificato dal caso, piuttosto che da una rilevante visione politica. Si lancerà nell’avventura senza una maggioranza predefinita rischiando d’essere uccellato? È  vero, c’è un bel pezzo di M5S pronto a sostenere un governo impegnato in alcune cose di rilievo. Ma basterà? Non diventerà ostaggio di questi neofiti della democrazia, figli della rete, condizionati dal piccolo Goebbels che sostiene il clown di Bogliasco?
Nei prossimi giorni si capirà di più. Per ora godiamoci le prime ramazzate.