L'insistenza di Domenico Cacopardo in favore dell'operato del Premier ..dà molto da pensare a come si possa valutare positivamente un lavoro politico condotto con ostinazione, ma pur sempre in barba ad ogni riferimento verso i principi fondamentali di una democrazia.
Per l'occasione, quindi, non posso astenermi dal criticare la forza di questo renzismo ..non tanto verso le sterili riforme sul lavoro, quanto proprio in direzione di quei termini del combinato tra la nuova legge elettorale e le riforme costituzionali, i quali.. insieme.. non determinano altro che un perentorio autoritarismo governativo della peggiore specie.
Quello che in realtà si vuole nascondere è l'insieme di tutte queste riforme (senato-titolo quinto- monocameralismo-legge elettorale-finanziamento privato ai partiti) che, in nome di una stabilità, fanno di tutto una vera capitolazione della democrazia in favore di una governabilità imposta dall'alto.
Credo anche..che facciano tanto male ad una politica di vero funzionamento le continue metafore su truppe guidate o squadre di calcio.. o similari...che non fanno altro che distogliere l'attenzione su una vera ricerca innovativa: Qui nessuno può ergersi a generale poiché non è di truppe che si ha bisogno, né di squadre di calcio, ma di idee confacenti l'accompagnamento ad un sistema di cambiamento in favore di un assetto democratico confacente la nostra cultura politica.
E' chiaro che questo cambiamento di stampo renziano sia stato costruito a tavolino dai poteri che esercitano in Europa una forza al di sopra della politica di ogni Paese. Per quanto riguarda l'Italia si è volutamente scelto in Renzi l'uomo pragmatico e cinico oltre che deciso ed ambizioso... per operare un cambiamento politico frettoloso e sbrigativo in favore di un sistema bipolare ed appresso bipartitico che possa definirsi e sposarsi in un comune ambito europeo...Quella che potremmo definire come una sorta di globalizzazione della politica!
Ciò potrà portare forse una stabilità in Europa, ma porterà decisi scompensi in seno al nostro Paese.. sia nella fase di costruzione dello stesso cambiamento (come adesso avviene).. che nella sua definizione, poiché la nostra Nazione dovrà contrastare una diversa formazione politica basata ancora su differenti ideologie, culture sicuramente più profonde ed evidenti diversità territoriali. Inoltre la definizione stessa radicata sulle due monolitiche posizioni.. non potrà più definire la variopinta spinta alle idee che rappresentano la vera crescita di una sana e funzionale politica.
Ma questi sono oggi argomenti difficili da comprendere per chi ama semplificare una cultura politica a beneficio di un pragmatismo tanto radicale..quanto cinico.. che continua a premiare la sicurezza di alcune categorie oggi avvantaggiate.
Se oggi la fortuna premia Renzi..grazie alla svalutazione, al quantitative easing ed al prezzo del petrolio, non è detto che debba ripetersi in un fututo dove le riforme potranno bloccare il giusto percorso di una democrazia ed una forbice sociale tra ricchezza e povertà potrà aprirsi a dismisura.
vincenzo cacopardo
Un bravo generale sceglie con cura il campo di battaglia, crea divisioni nel nemico, attacca nei varchi dello schieramento avversario, penetra a fondo e ne sconvolge le linee.
In fondo, Renzi –sembra istintivo, ma è freddo, cinico calcolatore- si sta comportando come il capo di un’armata in movimento. Sin dall’inizio, il suo obiettivo era vincere la guerra e le prime battaglie (perdute) per la «nomination» a segretario del Pd (contro Bersani e Marino) non erano che studiate simulazioni in vista dello scontro finale, quello che, nel dicembre 2013, lo condusse alla carica di segretario del partito e, dopo poche settimane, alla presidenza del consiglio.
In questi giorni, è stato definita la “madre” di tutte le battaglie: la discussione e l’approvazione alla Camera dei deputati della nuova legge elettorale.
Il terreno sembra così arato che, lunedì, le minoranze del partito hanno preferito non partecipare al voto, piuttosto che contarsi. Bersani (che smacchiava i leopardi), ha trascorso le ore della riunione più fuori della sala che dentro a testimoniare impotenza ed estraneità. A simboleggiare che il mondo degli excomunisti e degli exdemocristiani confluito nel Pd è finito senza possibilità di recupero. L’Italia sociale e politica è cambiata e lo svelto boy-scout fiorentino se n’è appropriato. Non gli avevano creduto quando parlava di ‘rottamazione’. Hanno sbagliato. Non solo ha accantonato la vecchia guardia, ma, ora, con la legge elettorale, caccerà anche la nuova non omologata al suo progetto: la Camera elettorale che uscirà dall’Italicum sarà disegnata a immagine e somiglianza del «premier» e questo non è un viatico di certezze.
Nell’incipiente monocameralismo, il Parlamento del primo ministro-segretario del partito finirà per essere la cinghia di trasmissione delle sue decisioni senza capacità critica né bilanciamento dei poteri.
Di questo si è trattato lunedì. Di questo si discuterà in aula a fine mese.
Alcuni con consapevole rassegnazione, altri con incosciente e opportunistica adesione, altri ancora con calcoli elettoralistici determineranno la maggioranza favorevole, nella quale non ci saranno sparuti gruppi del Pd, compensati dal soccorso variopinto di transfughi e schegge di vari partiti di centro, di centro-destra e di destra, tutti interessati alla fine della seconda Repubblica a favore di una terza, di cui si intuiscono i connotati.
Sullo sfondo, si agita Landini con la sua coalizione sociale: lo sconfittismo sociale e politico si appresta all’estremo sacrificio di un altro fallimento. Credono di marciare in avanti, ma hanno il capo rivolto all’indietro e sbatteranno contro il muro della realtà. A Melfi, il modello Marchionne, contestato da Landini, ha vinto, creando nuova occupazione e successo industriale.
Nulla, quindi, che possa mettere in discussione la marcia del «generale» Renzi: nemmeno i grillini che, malinconicamente, registrano una crescente ininfluenza e il cadente logorio di un capo-despota senza qualità politiche.
Renzi, per ora, è un leader fortunato: anche la Ferrari e la Ducati rilanciano l’immagine mondiale della meccanica italiana e di un’Italia in ripresa (salvo sorprese dall’Expò).
domenico Cacopardo
domenico Cacopardo