20 mag 2013

Uno sguardo alla relazione dei saggi (1)





E’ molto interessante dare uno sguardo alle relazioni dei dieci saggi che hanno concluso il loro lavoro. Il prof. Valerio Onida, il sen. Mario Mauro, il sen. Gaetano Quagliariello e il prof. Luciano Violante, il prof. Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, il prof. Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il dottor Salvatore Rossi, membro del Direttorio della Banca d’Italia, l’on. Giancarlo Giorgietti e il sen. Filippo Bubbico, presidenti delle Commissioni speciali operanti alla Camera e al Senato, e il ministro Enzo Moavero Milanesi, hanno presentato le due relazioni al Quirinale.



I punti essenziali delle riforme istituzionali ed economiche-sociali dei saggi nominati da Giorgio Napolitano si potrebbero tradurre in via sintetica in: -Riforma di governo -intercettazioni -lavoro: -fisco -pubblica amministrazioni -partiti- ulteriori riforme istituzionali

Per abitudine e per maggior interesse, la mia attenzione si proietta sugli  importantissimi temi delle riforme istituzionali..tralasciando, in questa fase, quelli riguardanti l’economia.

Pertanto..vorrei mettere in evidenza il capitolo terzo della relazione finale del gruppo di lavoro riguardante "Parlamento e Governo", dove si afferma: “L’interdipendenza globale, la crisi dei partiti politici e la gravità dei problemi che la democrazia deve affrontare, richiedono che Governo e Parlamento siano messi in condizione di assicurare in misura maggiore rispetto al passato, stabilità politica, e rapidità di decisione”

In base a questa fondamentale premessa, il gruppo  ha ritenuto di poter dibattere e discutere sulla semplice alternativa di un sistema semi presidenziale ed un regime parlamentare .

Il gruppo ha ritenuto, il parlamentare  più coerente con il complessivo sistema costituzionale, capace di contrastare l’eccesso di personalizzazione della politica, più elastico rispetto ad una forma di governo semipresidenziale. Qualcuno ha invece sottolineato come l’attuale grave crisi del nostro sistema istituzionale richieda una riforma più profonda che, proprio grazie all’elezione diretta del Presidente, garantisca una forte legittimazione democratica.(modello francese) Il Gruppo di lavoro ha, in ogni caso, convenuto all’unanimità che qualora dovesse essere confermata la forma di governo parlamentare razionalizzata, occorrerà introdurre nel nostro sistema alcune innovazioni.


l saggi hanno poi analizzato il tema della legge elettorale ..indicandolo come connesso quello della forma di governo ed affermando quindi che: “Se il Parlamento dovesse optare per un regime semipresidenziale sarebbe preferibile propendere per una legge elettorale incentrata sul doppio turno di collegio, secondo il modello francese, al fine di rafforzare il Parlamento rispetto ad un Presidente che ha la stessa fonte di legittimazione. Se invece, come il Gruppo di lavoro propone a maggioranza, si dovesse optare per una forma di governo parlamentare razionalizzata, le soluzioni possono essere più d’una, purché garantiscano la scelta degli eletti da parte dei cittadini e favoriscano la costituzione di una maggioranza di governo attraverso il voto”.




Successivamente questa parte della relazione fa riferimento ad alcuni modelli ed in proposito i saggi affermano che: "I modelli elettorali possibili sono diversi: il proporzionale su base nazionale proprio del sistema tedesco; il proporzionale di collegio con perdita dei resti, proprio del sistema spagnolo;  Il Gruppo di lavoro segnala che: “ in ogni caso, va superata la legge elettorale vigente. La nuova legge potrebbe prevedere un sistema misto (in parte proporzionale e in parte maggioritario), un alto sbarramento, implicito o esplicito, ed eventualmente un ragionevole premio di governabilità”.



 Al di là dell'impegno ed il massimo sforzo che questo gruppo di lavoro si è proposto, la mia attenzione non può non dedicarsi ad una ragionevole valutazione nei riguardi di chi, proponendosi come saggio, dovrebbe ispirare ed infondere maggiore creatività in uno studio innovativo della politica.

Tralasciamo in questa fase ogni considerazione analitica sul superamento del bicameralismo paritario, sul numero dei parlamentari, sul funzionamento delle Camere, argomenti che mi propongo di esaminare in seguito....

Con il dovuto rispetto che si deve a chi ha sicuramente più conoscenza del sottoscritto, se… nella particolare riforma che riguarda un delicatissimo problema di compiti e poteri del Governo e del Parlamento…il tutto sembra ridursi in un  “ragionevole premio per una governabilità” senza esaminare l'importanza di una migliore e funzionale limitazione dei ruoli.. e se i modelli che si devono prendere ad esempio devono continuare ad essere quelli esterofili (francese-tedesco-spagnolo), non si riesce a comprendere..allora.. dove stà tale sapienza che in sé potrebbe almeno racchiudere una maggiore inventiva legata, preferibilmente, alla cultura storica del nostro Paese e non a quella degli altri.

Si possono studiare tutti i modelli possibili compresi quelli che non appartengono alla nostra cultura storica..ma, non si potrà mai risolvere un problema così delicato per il nostro Paese.. senza la ricerca di un vero paradigma innovativo che sia espressione del nostro personale patrimonio di conoscenza. 
vincenzo Cacopardo  



19 mag 2013

Il Paese incartato..in un gioco delle tre carte



Alcuni cittadini parlano per strada e tra di loro si scambiano le opinioni politiche sulla situazione del paese.
Uno di loro indica in Grillo il vero responsabile di una difficile governabilità guidata oggi dal compromesso tra Berlusconi ed il PD. Un altro risponde che non vi era alcuna possibilità se non l’inciucio tra i partiti che hanno mal governato negli ultimi anni. Un altro ancora inveisce contro il PD per non avere insistito col Movimento di Grillo. Poi ne arriva ancora un altro che, sublimando al massimo la figura del Cavaliere, sostiene che il PDL  è l’unica strada per una giusta politica e che, se è cresciuto negli ultimi tempi, vuol dire che il popolo lo vuole. Si avvicinano altri curiosi che si sgolano in favore di Grillo ed altri che urlano in favore di Renzi.
Il gruppo cresce e discute sempre più animatamente… vengono fuori alcune frasi:- Berlusconi ladro indecente….Grillo pazzo furioso…il PD perso nel vuoto..etc
Il dialogo sulla politica in strada sembra essere sempre lo stesso.. con una partecipazione animata e di parte…a volte offensiva…altre agitata e furiosa…ma sempre riguardante le tre componenti politiche di maggior peso: Due partiti ed un Movimento messo in mezzo quasi per rompere un gioco precedentemente impostato.
Sono tre componenti politiche che paiono essere le tre carte del gioco nel tavolinetto appena allestito dagli abili impostori in strada.
Come l’abile raggiratore invita al gioco lasciandoci sbigottiti ed increduli nel difficile compito di indovinare la carta…così nel dialogo che riguarda le tre componenti politiche.. si discute cercando di indovinare di chi è la colpa…o quale potrebbe essere la carta vincente o quella responsabile. 
Il nostro Paese sembra similmente esposto in un gioco delle tre carte nel difficile compito di indovinarne la soluzione. 
vincenzo Cacopardo

15 mag 2013

Chi trarrà vantaggio dalla futura crescita?




Paul Robin Krugman è un grande economista. Professore di Economia e di Relazioni Internazionali all'Università di Princeton, ha vinto un meritato premio Nobel. Il premio gli è stato assegnato nel 2008 per una specifica analisi riguardante gli andamenti commerciali ed il posizionamento dell’attività economica mondiale. Egli è anche autore di parecchi volumi e collabora intensamente col NY Times.
Secondo il premio Nobel… l’austerità voluta dai grandi imperi economici ha portato ad un autentico fallimento ed i Paesi che l’hanno imposta, hanno ritenuto di poter piegare l'economia alla propria morale. La sua visione teorica si esprime in alcuni modelli commerciali che potrebbero rappresentare validi vantaggi per l’economia dei Paesi, quando non privi di barriere di protezione ben precise. Egli, in proposito ha specificato l’importanza delle oscillazioni dei tassi di cambio con una forte critica verso le politiche di alcuni governi a difesa dei cambi fissi e verso le relative speculazioni di alcuni fondi.
La sua filosofia economica può essere descritta come neo-Kenesiana. Anche per questo, egli è stato fortemente critico sulla politica interna ed estera dell'amministrazione Bush. Pur restando fedele al paradigma della crescita, Krugman mette in evidenza alcuni importanti argomenti di riflessione:
Egli afferma che la maggior parte della comunicazione editoriale dell’economia mondiale è concentrata nel breve termine che, se pur confermando la possibilità di una interruzione dell’attuale depressione, pone un pesante dubbio sulle prospettive nella distanza, chiedendosi quale risposta potremmo avere in un futuro. 
Fatto certo che le previsioni danno per scontato che le disuguaglianze di reddito, negli ultimi tre decenni, si sono bloccate e potranno crescere solo di poco…. in considerazione di quanto poco possiamo conoscere su una possibile crescita nel lungo termine… se anche.. le stesse disuguaglianze economiche continuano ad ingrandire e le macchine potranno sempre di più eseguire compiti che finora hanno richiesto grandi masse di lavoratori umani. – chi potrà trarre vantaggio da questa crescita?
Si potrebbe perciò presumibilmente intuire che la maggioranza delle forze lavorative sarà lasciata indietro e le macchine intelligenti finiranno col diminuire il valore del lavoro, incluse quelle competenze di impiegati qualificati che improvvisamente diventeranno superflue.
Secondo Krugman ci potrebbero essere buoni motivi per ritenere che ogni criterio tradizionale inserito in una previsione di lunga scadenza, possa essere sbagliato o, quanto meno non prevedibile in termini positivi.
Questa una delle più importanti e profonde domande che il premio Nobel si pone ed alla quale dovrebbero continuare a portare  riflessione le politiche economiche di tutti i Paesi proiettati verso una crescita.
Vincenzo Cacopardo

Un commento di Domenico Cacopardo



L’errore della Boccassini di Domenico Cacopardo
L’eccesso di enfasi, le aggettivazioni sovraccariche, i ripetuti avverbi mostrano un procuratore aggiunto, Ilda Bocassini, in seria difficoltà nell’arringa finale del processo Ruby-gate. Una difficoltà che nasce da un errore di diritto e da un’ipotesi di reato difficilmente dimostrabile, nonostante sei ore di appassionata (ma il giudice non dovrebbe essere freddo e distaccato?) perorazione.
L’errore è alla radice ed emergerà in secondo grado, visto che il rito milanese prevede di rado lo scostamento del primo giudice giudicante dalle tesi di accusa. Esso consiste nella circostanza che la concussione (la Bocassini ha evitato di entrare nel merito della concussione per induzione o per costrizione) è il reato del pubblico ufficiale. Quindi, Berlusconi l’ha commessa, come l’ha concretamente commessa, nella qualità di presidente del consiglio dei ministri, soggetto sovraordinato al ministro dell’interno e per li rami alla questura di Milano. Immaginate il capo di gabinetto che rifiuta di obbedire alle pressioni del primo ministro. La conseguenza imprescindibile è che la competenza è del tribunale dei ministri e che la procura della Repubblica di Milano agisce ‘fuor d’opera’.
Quanto al reato di prostituzione minorile, nonostante ogni volo pindarico, ogni immaginifica rappresentazione dell’accaduto, nonostante l’insopprimibile tendenza a trasformare il peccato in reato, rimane un reato, appunto, difficilmente dimostrabile. Anche perché, la procura non ha indagato sul passato della ragazza, che già al suo paese, Letojanni, appena tredicenne, batteva in un luogo preciso, in orari definiti, con una lunga fila di clienti. Sarebbe bastata una rapida indagine di polizia per stabilire la natura dell’attività che vi svolgeva questa disgraziata giovane immigrata.

Berlusconi sarà condannato e molti di noi diranno: «Ben fatto, se l’è meritato.» E se l’è meritato, di certo. Tuttavia, si tratterà di una condanna labile e caduca, a conferma che la qualità della nostra giustizia e dei suoi interpreti (vedi il caso di Mada Bokoko) è scarsa e ci colloca in fondo alle classifiche di settore.



14 mag 2013

Un invito alla riflessione per la classe politica più attenta




di vincenzo cacopardo
Negli ultimi tempi...anche a garanzia dei tanti rinvii a giudizio dello stesso Berlusconi...alcuni parlamentari a lui vicino...hanno posto il rilievo di salvaguardare meglio le posizioni politiche parlamentari in difesa di un potere che sembra avere invaso fin troppo lo spazio della politica. Qualcuno come Brunetta ha già pontificato in posizione di una difesa dell'organo politico, definendo la magistratura.. fin troppo invasiva e persino politicizzata in favore di precisi interessi di parte.
Si parla ormai da tempo della divisione dei ruoli in seno alla magistratura  rimanendo oggi indispensabile una ricerca per il giusto posizionamento dell’ordine giudiziario in riferimento ai poteri dello Stato… Ma sorgono però spontanee alcune domande frutto di una analisi specifica in riferimento all’importanza che potrebbe avere un potere esecutivo in perenne compromesso o, persino in conflitto con quello parlamentare...Domande che devono essere rivolte a quella classe politica che vorrebbe proporsi per una migliore difesa dei ruoli:
Qual'è oggi la sicura linea di demarcazione tra il potere esecutivo e quello Parlamentare? Quali sono i confini per limitare i conflitti? Quali.. le regole?
 

Al di là del fatto che si tratta di due specifici poteri, diversi dall’ordine autonomo giudiziario, si potrebbe azzardare che un conflitto permane costantemente allorquando, gli stessi, eletti in Parlamento, assurgono alla carica di ministri o sottosegretari, assumendo di fatto un ruolo esecutivo che influenza in modo definitivo il lavoro dello stesso gruppo parlamentare di loro riferimento. Anche qui, una certa consociazione trova forza e si alimenta giacché gli interessi sono estremamente forti ed i ruoli politici vengono espressi nella comune casa di un Partito.

Nella fattispecie il politico, in ruolo esecutivo, potrebbe esercitare un particolare potere agendo in modo dubbio sull’obiettivo pensiero del singolo parlamentare, nella identica maniera con cui il magistrato requirente potrebbe influenzare il pensiero del giudice (poichè riconosciuti in uno stesso ordinamento).
Non deve, quindi..sfuggire questo importante particolare che da tempo trascina la nostra politica in uno dei più orrendi teatrini del compromesso.... Non dovrebbe nemmeno sollevare stupore l'avversa posizione di alcuni magistrati che, pur in considerazione di un loro autonomo percorso, potrebbero porsi il dubbio del pregiudizievole conflitto ormai costruitosi tra la politica dei Partiti rappresentati nel Parlamento ed ogni esecutivo.   

Si potrebbe.. dunque.. azzardare che tale motivo è di per sè sufficiente ad individuare una ulteriore anomalia anche rispetto ad una Costituzione che, da un lato vorrebbe identificare due poteri con ruoli ben diversi (esecutivo e parlamentare) e dall’altro, non pone sufficienti e chiare limitazioni a questa separazione di compiti, destinando, in modo troppo sintetico, la guida e l’indirizzo della politica dello Stato all’Esecutivo raccordandosi, in modo assai generico... con il Parlamento.

Come potrebbe oggi il politico stupirsi, anche se motivatamente, nei confronti della anomalia resa dai  ruoli dell’ordinamento giudiziario, quando nel contempo, si espone ad una altrettanto illogico conflitto, ponendo la stessa magistratura nel dubbio e nel sospetto dell’insorgenza di possibili compromessi in seno alle istituzioni?

Questa è..e rimane la logica motivazione che la stessa magistratura potrebbe replicare ad una classe politica disattenta che contesta in modo significativo i conflitti e gli interessi che potrebbero sorgere in seno ad un ordine giudiziario “politicizzato” dal CSM. 
Una ragione sufficiente per riflettere su una più chiara distinzione dei ruoli della politica onde non comprometterne i compiti.

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