14 mag 2013

Un invito alla riflessione per la classe politica più attenta




di vincenzo cacopardo
Negli ultimi tempi...anche a garanzia dei tanti rinvii a giudizio dello stesso Berlusconi...alcuni parlamentari a lui vicino...hanno posto il rilievo di salvaguardare meglio le posizioni politiche parlamentari in difesa di un potere che sembra avere invaso fin troppo lo spazio della politica. Qualcuno come Brunetta ha già pontificato in posizione di una difesa dell'organo politico, definendo la magistratura.. fin troppo invasiva e persino politicizzata in favore di precisi interessi di parte.
Si parla ormai da tempo della divisione dei ruoli in seno alla magistratura  rimanendo oggi indispensabile una ricerca per il giusto posizionamento dell’ordine giudiziario in riferimento ai poteri dello Stato… Ma sorgono però spontanee alcune domande frutto di una analisi specifica in riferimento all’importanza che potrebbe avere un potere esecutivo in perenne compromesso o, persino in conflitto con quello parlamentare...Domande che devono essere rivolte a quella classe politica che vorrebbe proporsi per una migliore difesa dei ruoli:
Qual'è oggi la sicura linea di demarcazione tra il potere esecutivo e quello Parlamentare? Quali sono i confini per limitare i conflitti? Quali.. le regole?
 

Al di là del fatto che si tratta di due specifici poteri, diversi dall’ordine autonomo giudiziario, si potrebbe azzardare che un conflitto permane costantemente allorquando, gli stessi, eletti in Parlamento, assurgono alla carica di ministri o sottosegretari, assumendo di fatto un ruolo esecutivo che influenza in modo definitivo il lavoro dello stesso gruppo parlamentare di loro riferimento. Anche qui, una certa consociazione trova forza e si alimenta giacché gli interessi sono estremamente forti ed i ruoli politici vengono espressi nella comune casa di un Partito.

Nella fattispecie il politico, in ruolo esecutivo, potrebbe esercitare un particolare potere agendo in modo dubbio sull’obiettivo pensiero del singolo parlamentare, nella identica maniera con cui il magistrato requirente potrebbe influenzare il pensiero del giudice (poichè riconosciuti in uno stesso ordinamento).
Non deve, quindi..sfuggire questo importante particolare che da tempo trascina la nostra politica in uno dei più orrendi teatrini del compromesso.... Non dovrebbe nemmeno sollevare stupore l'avversa posizione di alcuni magistrati che, pur in considerazione di un loro autonomo percorso, potrebbero porsi il dubbio del pregiudizievole conflitto ormai costruitosi tra la politica dei Partiti rappresentati nel Parlamento ed ogni esecutivo.   

Si potrebbe.. dunque.. azzardare che tale motivo è di per sè sufficiente ad individuare una ulteriore anomalia anche rispetto ad una Costituzione che, da un lato vorrebbe identificare due poteri con ruoli ben diversi (esecutivo e parlamentare) e dall’altro, non pone sufficienti e chiare limitazioni a questa separazione di compiti, destinando, in modo troppo sintetico, la guida e l’indirizzo della politica dello Stato all’Esecutivo raccordandosi, in modo assai generico... con il Parlamento.

Come potrebbe oggi il politico stupirsi, anche se motivatamente, nei confronti della anomalia resa dai  ruoli dell’ordinamento giudiziario, quando nel contempo, si espone ad una altrettanto illogico conflitto, ponendo la stessa magistratura nel dubbio e nel sospetto dell’insorgenza di possibili compromessi in seno alle istituzioni?

Questa è..e rimane la logica motivazione che la stessa magistratura potrebbe replicare ad una classe politica disattenta che contesta in modo significativo i conflitti e gli interessi che potrebbero sorgere in seno ad un ordine giudiziario “politicizzato” dal CSM. 
Una ragione sufficiente per riflettere su una più chiara distinzione dei ruoli della politica onde non comprometterne i compiti.

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