Nel Capitolo V sullo
scottante argomento dell’Amministrazione della Giustizia, il gruppo dei saggi
premette che:
“I conflitti
ricorrenti tra politica e giustizia si affrontano assicurando che ciascun
potere – quelli politici, legittimati dal processo democratico, e quello
giurisdizionale, legittimato dal dovere di applicare la legge in conformità
alla Costituzione - operi nel proprio ambito senza indebite interferenze in un
quadro di reciproca indipendenza, di leale collaborazione, di comune
responsabilità costituzionale. Una buona e costante “manutenzione
dell’ordinamento” e una migliore qualità della legislazione favoriscono la
certezza del diritto e prevengono i conflitti.”
Al di là di una certa utile retorica, il riferimento ad operare nel
proprio ambito senza eventuali indebite interferenze, vorrebbe porre fine alle
tante contestazioni che negli ultimi tempi hanno visto forze politiche, per
comprensibili sospetti, muoversi contro l’ordine della magistratura.
I saggi ci informano
puntualmente sul bisogno di riforme e sugli obiettivi da perseguire nel campo
della amministrazione della giustizia, indicando i punti essenziali:
a) il rispetto effettivo di tempi
ragionevoli di durata dei processi, oggi carente sia sul piano della giustizia
penale, amministrativa e contabile, sia sul piano della giustizia civile (dove
la lentezza dei procedimenti penalizza lo sviluppo e la competitività del
paese);
b) la riduzione della ipertrofia del
contenzioso;
c) la maggiore efficacia dell’azione
preventiva e repressiva, oltre che dei fenomeni della criminalità organizzata,
dei fenomeni di corruzione nella vita politica, amministrativa ed economica;
d) l’esigenza di contenere il fenomeno
dei contrasti fra diversi organi giudiziari, nonché, sul piano penale e della
giustizia contabile, il fenomeno di iniziative che tendono ad intervenire anche
in sostanziale assenza di vere, oggettive e già acquisite notizie di reato o di
danno erariale, in funzione di controllo generalizzato su determinati soggetti
o procedimenti.
e)
il perfezionamento del sistema di tutela dei diritti fondamentali, che si
avvale oggi del riconoscimento pieno del diritto al giudice, dell’ampia
apertura agli strumenti di tutela internazionali, e di organi giudiziari
indipendenti, ma non sempre è effettivo a causa di lacune normative e di
carenze organizzative.
Successivamente, Per la giustizia penale essi propongono in
sintesi:
“una
migliore definizione su come si avviano e concludono le attività di indagine,
con particolare attenzione per gli strumenti investigativi più invasivi nei
confronti dei diritti fondamentali come, ad esempio, le intercettazioni delle
conversazioni . Secondo il gruppo l’intercettazione deve restare un mezzo per
la ricerca della prova, e non di strumento di ricerca del reato.-In secondo
luogo tale si deve poter porre limiti alla loro divulgazione, come occorre dare
un limite di tempo alla fase delle indagini preliminari, così da giungere con
sollecitudine al contraddittorio processuale - lntrodurre vincoli temporali
all’esercizio dell’azione penale (o alla richiesta di archiviazione) dopo la
conclusione delle indagini e la revisione delle norme sulla contumacia -disincentivare
l’esperimento di rimedi esclusivamente e palesemente dilatori7- Possibilità
di riconoscere l’irrilevanza del fatto ai fini della non configurabilità del reato
- Considerare le eventuali condotte riparatorie come cause estintive del reato
ma solo nei casi lievi- Sospensione del
processo a carico degli irreperibili, con relativa sospensione dei termini di
prescrizione - Inappellabilità delle sentenze di assoluzione per imputazioni
molto lievi, tenendo conto dei rilievi formulati dalla Corte costituzionale”
“Nella
fattispecie il componente dei saggi, Valerio Onida, esprime l’opinione che tra
le misure da adottare nel campo della giustizia penale non debba mancare una
generale revisione del regime e dei termini della prescrizione dei reati che,
nell’attuale sistema comportano la vanificazione di risorse ed energie
processuali e incentivano iniziative dilatorie”.
Non si può che
esprimere un consenso su questo lavoro pur rimanendo perplessi circa la
fattibilità di alcune proposte che vedono oggi una politica costruita sul
compromesso di due gruppi politici in netta antitesi sull’argomento.
Un’ osservazione, comunque,
potrebbe porsi sull’argomento allorquando non si mette in evidenza più da
vicino il lavoro dei tanti magistrati circondati dagli innumerevoli fascicoli.
Inoltre… le ultime riforme in campo di giustizia sono state
caratterizzate dalla generale riduzione dei termini lunghi per
impugnazioni, riassunzioni etc. Nelle Corti principali, le cause vengono di
continuo rinviate di parecchi anni. E’ anche noto che, per fissare un’udienza
in Cassazione, possono passare non meno di cinque anni e tutto ciò per l’immensa
mole di lavoro del singolo magistrato, dovuta al moltiplicarsi delle cause e
degli affari cui deve occuparsi.
A ciò bisognerebbe porre
rimedio, anche a costo di dover rompere vecchi schemi che hanno indubbiamente
reso cattivi risultati.
A paragone di ogni professione, il magistrato
lavora in solitario. Riceve un aiuto dal cancelliere limitato a funzioni
unicamente materiali come la formazione dei fascicoli, la redazione dei
verbali, la pubblicazione delle sentenze etc. Inoltre il sostegno non è più
intenso poiché il rapporto, negli anni, si è ormai reso malato tanto da
scoraggiare lo stesso cancelliere.Il magistrato non ha nulla che
assomigli ad una squadra di aiuti e assistenti che lo possano sostenere.
Ogni proposta di riforma della giustizia si riscontrerà
sempre con questa presupposto prioritario che determina una difficoltà sui
tempi… ed oggi i tempi, risultano determinanti sia per la ricerca di una vera
giustizia che per lo sviluppo economico di ogni comunità.
Arg. post correlato: La giustizia, la magistratura ed i giudici
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vincenzo Cacopardo
Ci piace tutto del Suo blog. Complimenti vivissimi.
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