13 set 2014

Parla il Presidente della Banca centrale europea

LE PAROLE FORTI E DECISE DI MARIO DRAGHI

di vincenzo cacopardo

Attualmente si presentano una serie di condizioni...oltre ai bassi livelli di crescita ed inflazione, si evidenziano alti livelli di debito e disoccupazione che possono essere affrontati soltanto con un’azione concertata dal lato sia della domanda ..che dell’offerta.”

Con ciò il Presidente della BCE chiede a tutte le parti, sia sul piano nazionale che europeo, di svolgere il proprio ruolo in linea con il rispettivo mandato definito nei trattati dell’UE. Secondo Draghi attualmente non vi può essere alcuno stimolo monetario se non si provvede alle riforme strutturali, sia per promuovere una crescita che per offrire maggior fiduciaIl calo degli investimenti delle imprese osservato dal 2008 nell’area dell’euro è molto più marcato che nei cicli economici precedenti. Dal livello massimo a quello minimo sono diminuiti di circa il 20%, contro il 15% registrato durante la recessione del 1992. Dal 2008 nell’area dell’euro gli investimenti delle imprese mostrano soltanto un lieve miglioramento, mentre negli Stati Uniti superano ormai il livello anteriore alla crisi.”

In base a ciò Draghi sottolinea che nessuna ripresa sarà mai possibile finche non si cambia la politica economica. Finchè non cambia una idea precisa della politica. E' ormai chiaro che investimenti sono necessari per dare stimolo ad una economia e soprattutto diminuire la dilagante disoccupazione.
Draghi prosegue oltre.. suggerendo la sua politica economica e stigmatizzando l'importanza delle politiche strutturali accompagnate da quelle di bilancio e monetarie...”Solo in tal modo l'euro potrà recuperare credibilità”..

Nella sua analisi critica il Presidente dell BCE lancia un preciso messaggio proprio sul contributo essenziale che possono offrirele politiche strutturali, chiarendo che il contesto regolamentare dovrebbe essere reso più favorevole alla crescita e che le imprese devono avere accesso a fonti di finanziamento diversificate.

Secondo Draghi tutte le imprese trarrebbero un sicuro beneficio da una regolamentazione.:
Fa pensare e colpisce le divergenze fra gli stati membri sulla differenza salariale, ma anche alcunebarriere all’entrata nei mercati dei beni e servizi e della facilità nell’avviare e gestire imprese ..In questi ultimi paesi le start-up devono far fronte a un carico amministrativo maggiore. Il presidente infine osserva con stupore come ”In molti casi, tali ostacoli privano della linfa lo spirito imprenditoriale, soprattutto fra le giovani aziende innovative che creano la maggior parte dei posti di lavoro e sono molto sensibili alle variazioni in termini di opportunità di investimento”.

Draghi si sofferma proprio sulla possibilità di rafforzare il finanziamento.. di diversificarne le fonti e di superarne la frammentazione... un credito alle imprese, che secondo lui non può più essere condotto solo dalle banche:Occorre sviluppare anche fonti di finanziamento alternative affidabili, quali i mercati azionari e obbligazionari, la cartolarizzazione, l’attività di prestito delle compagnie di assicurazione e degli asset manager, il venture capital e il finanziamento collettivo”.

Vi sono quindi... secondo il Presidente della BCE..modi alternativi per gestire l'innovazione delle politiche strutturali. Un monito verso una certa linea politica fallimentare che sembra stia portando il nostro Paese nel baratro economico.Le imprese investiranno nel futuro soltanto se esistono fiducia e certezzariguardo al futuro: riguardo all’evoluzione dei conti pubblici nel medio periodo e, in ultima istanza, riguardo all’imposizione fiscale... Ciò di cui abbiamo bisogno è un’applicazione coerente e credibile del Patto di stabilità e crescita nel tempo e in tutti paesi”.

Così rincara la dose chi ha oggi le redini dell'importante istituto bancario europeo e che a tal proposito, non nasconde il ruolo complementare per sostenere la ripresa degli investimenti privati. Draghi, infatti, chiude comunicando il pacchetto da 300 miliardi di euro annunciato due mesi fa dal Presidente della Commissione europea ed aggiungendo che ogni investimento rappresenta la domanda di oggi e l’offerta di domani.Se non riusciamo a rilanciare gli investimenti, indeboliremo l’economia nel breve termine e ne compromettiamo le prospettive di lungo periodo.”

Al di là della ponderata analisi del presidente della BCE ...quello che non pare chiaro nel nostro Paese è il fatto di non conoscere ancora bene né il merito ..nè il metodo con cui si deve procedere per queste riforme strutturali...Se insomma.. queste.. potranno essere veramente utili alla crescita e non servire per accontentare ancora una volta una parte di chi opera nel sistema e che un lavoro lo ha già..


Non si tratta perciò di regolamentare un lavoro ma più propriamente, come lo stesso Draghi asserisce tra le righe,.di dare spazio al finanziamento di nuove intraprese al fine di far crescere nell'innovazione il nostro Paese.  

11 set 2014

Tagli secchi e... mancanza di una buona semina

Scrive correttamente il cugino Domenico Cacopardo su Italia oggi:

Nell'Irap, un'imposta demenziale, c’è il livore di un bel pezzo di mondo cattolico e di mondo comunista, non a caso andati a nozze in un neo-mini compromesso storico.
Sarebbe bastato che l’innovatore Renzi, invece di trastullarsi con gli 80 euro in busta paga a un’ampia platea di non indigenti, avesse abolito l’Irap e abrogato l’art. 18 perché l’Italia cambiasse verso e si rilanciasse l’economia.
Matteo Renzi si è cimentato su questioni che costituiscono un vero e proprio «cambiar discorso», una elusione quotidiana dei problemi del Paese, mediante l’accensione di dossier di secondaria importanza, rispetto ai due nodi sostanziali.
Idee pasticciate come la riforma del Senato, che nelle prossime settimane sarà riscritta dalla Camera dei deputati (annullando il lavoro fatto, giacché la quattro letture debbono essere celebrate su un medesimo testo), portate al voto nonostante le osservazioni fondate di esperti costituzionalisti e di politici di lungo corso.
Lo pseudogiovanilismo dell’allegra brigata di gitanti a Roma non ha ammesso riflessioni e consulti, esaurendo la discussione all’interno di un «giglio magico» dalle competenze insondate e insondabili.”

Matteo Renzi sembra potersi muovere con estrema libertà impartendo le sue disposizioni assolute nel difficile percorso delle riforme.Nessuno può ostacolarlo, nessuno può permettersi di contrastarlo in qualunque decisione.
Non lo fa Berlusconi perché non ha alcuna necessità di cambiare le cose (anche in considerazione che per alcune trasformazioni avrà sempre bisogno di lui, potendone ricavare vantaggi)….Non lo fa Alfano che ha solo interesse a reggere le sorti di un neonato partito attaccato al potere nelle istituzioni… Non lo fa il partito stesso di Renzi.. dove nessuno osa mettersi contro.. avendo il segretario stesso, posto un aut-aut chiaro che ne condiziona ogni orientamento critico.

Quelli del sindaco d'Italia sono solo diktat!
Da buon e scaltro venditore, il furbo sovrano di una semplificativa odierna politica, sa di avere vantaggi che gli permettono di superare con tranquillità ogni diatriba fuori ed all’interno del suo partito…offrendogli, peraltro, quella sembianza serena che in molti, data l’estrema difficoltà del compito, non riescono ancora bene a comprendere.

Il suo modo un po’ sfacciato di affrontare le riforme piace al popolo che non desidera approfondire alcuna tematica di rispetto verso le logiche di una democrazia ormai ampiamente superate nel metodo e persino nel merito: Poco importa purchè una figura decisionista riesca a mettere ordine nella politica sporca ed incapace di questi anni: - "Almeno vi è una persona determinata che vuole tagliare gli sperperi e gli alti costi della politica!"..Questa è la frase più comune negli ultimi tempi!

D’altronde si sa che.. quando un sistema e le sue istituzioni non funzionano, si allarga la "forma mentis" di quel comune pragmatismo che giunge fino ai confini di una esasperata fermezza.

Ma le riforme attraverso i tagli secchi e decisi della politica indicata da chi oggi impera, non è detto che nel tempo possano portare quei riscontri positivi soprattutto in termini di fattiva funzionalità. La grande fretta ed una approssimativo riscontro con la pratica, potrebbero arrecare ulteriori danni… oggi forse meno visibili...

Tutto ciò da' tanto l'impressione di un voler sfoltire un campo pieno di sterpaglie ed erbacce, ma di non capire bene come renderlo produttivo in mancanza di una necessaria scelta della semina.
vincenzo cacopardo

Un esame critico di domenico Cacopardo sulla nuova riforma delle P.A.


di domenico Cacopardo
Prima di concludere l’esame della cosiddetta riforma della pubblica Amministrazione, torno brevemente indietro per approfondire alcuni temi emersi dal dibattito sul web.

Partiamo dall’art. 9 quello che, dopo una originaria (decreto-legge) riduzione al 10% dei compensi da attività legali (di avvocati pubblici) l’ha riportati al 50%. C‘è da dire che gli avvocati “pubblici”, al netto degli imbucati, svolgono un ruolo prezioso e costano molto meno del libero Foro. 

Ma tant’è, l’idea era quella di incidere pesantemente sulle retribuzioni di questi professionisti nella convinzione che determinassero una macroscopica disparità di trattamento a loro favore. Del resto, in altra parte della riforma, anche i compensi-incentivi alle progettazioni da parte dei tecnici dipendenti da pubblica Amministrazioni sono stati drasticamente tagliati.

Quanto all’avvocatura, la Madia ha compiuto l’ennesimo errore, mettendo in un unico calderone i legali degli enti locali, anche di quelli con 10.000 abitanti, per esempio, assunti con procedure quasi sempre «libere», gli avvocati di INPS e INAIL e gli avvocati dello Stato che accedono al servizio dopo un concorso selettivo confrontabile soltanto a quello d'acceso alla magistratura. 

Nello specifico, occorre ammettere che gli avvocati dello Stato sono stati gli unici effettivamente pregiudicati nel loro trattamento economico complessivo: la vera lobby che ha funzionato sul serio è quella degli altri avvocati pubblici che sono usciti praticamente indenni dalla conversione in legge. A loro rimangono tutti gli onorari delle spese compensate, agli avvocati dello Stato sono del tutto tolti. 

Ai comunali (e assimilati) rimangono tutti gli onorari liquidati a carico delle controparti (e dunque gravanti sulla spesa pubblica).

Verso i legali dello Stato italiano, incredibilmente esclusi dal patrocinio dei due marò, Latorre e Girone, è stato usato un misterioso (per le motivazioni) criterio punitivo, attribuendo loro il 50%, mentre il restante 50% va per metà ai praticanti dell'Avvocatura e per metà ad un fondo dello Stato per alleggerire la pressione fiscale.

La vittoria è, quindi, della lobby degli avvocati comunali. E non poteva essere altrimenti, se si pensa che il manovratore di Palazzo Chigi, colui che occupa la posizione di segretario generale, in passato ricoperta da gente del livello di Andrea Manzella e Paolo De Joanna, è l’ex-city manager di Reggio Emilia, Mauro Bonaretti condotto a Roma dall’onorevole Graziano Del Rio, che del medesimo comune fu sindaco. 

C’è un codicillo da non accantonare, sulla questione: il tetto di cui all’art. 9 si applica, per gli avvocati dello Stato, su tutte le somme percepite a qualunque titolo (onorari, incarichi, emolumenti per lezioni​; le commissioni di collaudo da tempo proibite). Per le regole non scritte del potere interno che riservano gli incarichi lucrosi ai vertici, l’Avvocatura di via dei Portoghesi non assegna da tempo un arbitrato a uno dei giovani quarantenni della nouvelle vague. ​E non va ​​dimenticato che ci sono incarichi di collaudo in essere da tempo, non rinunciati, come sarebbe deontologicamente doveroso. Compreso, a quanto pare, il Mose.

Insomma, nel delicato mondo dell’avvocatura pubblica, riemerge il medesimo spirito discriminatorio (quello spirito che, ho già scritto, tende a privilegiare i geometri sugli ingegneri, i ragionieri sugli economisti, con tutto il rispetto per geometri e ragionieri), che ha indotto Renzi e il suo governo a spazzare via dalla diretta collaborazione i magistrati (ordinari e amministrativi) e e gli stessi avvocati dello Stato a favore di altre non ben individuate professionalità, non garantite da idonei curricula.

Tra l’azzeramento e un uso equilibrato, sarebbero state possibili varie ragionevoli soluzioni, nell’interesse del Paese, cioè del governo e delle magistratura. 

​I​nfine, un accenno all’art. 10. Con esso vengono aboliti i diritti di rogito per i segretari comunali e la ripartizione dei diritti di segreteria. Le doglianze che ho ricevuto da varie parti, secondo me, hanno fondamento giuridico (del che la Corte costituzionale darà di sicuro conto quanto deciderà sull’immancabile ricorso) ma scarso senso politico. Nel mondo che è cambiato (solo l’Italia non cambia) questi residui di istituti medievali, vere e proprie gabelle senza altra ragione che arrotondare gli stipendi, debbono venire meno. 








10 set 2014

breve appunto sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo



Bisogna ammetterlo, Matteo Renzi è un genio della comunicazione. Niente a che fare con Berlusconi, Grillo e Casaleggio. Lui domina le pagine dei giornali anche con non-notizie come quella della sua non-partecipazione al seminario di Villa d’Este, organizzato dallo Studio Ambrosetti. Tre premi Nobel, vari ministri, Barroso, un «parterre de roy» non l’hanno indotto a presenziare, lui che è un presenzialista, ma ad andare all’inaugurazione di una fabbrica bresciana. E il guaio è proprio questo: che nella miriade di giornali stampati e online, nella molteplicità delle televisioni, non si trova nessuno, o pochissimi, che se la sentono di fare le pulci al «pulain»fiorentino, una via di mezzo tra Bertoldo e uno dei tanti grassi che hanno popolato storie e storielle del bel Paese. 

Ora, la situazione pretenderebbe ben altro interprete e bel altri comprimari. Ma non c’è in giro un altro capocomico che lo possa sostituire, né è immaginabile che Napolitano, dopo i disastri Monti, Letta e, appunto, Renzi, possa riprendere il timone in mano e tirare fuori un altro nome, magari Ignazio Visco, l’ultimo dei «Draghi-boys», un po’ meno incolore di Saccomanni. Anche Visco, come del resto fece proprio Draghi (con Trichet) formulando un ultimatum al governo italiano (in senso tecnico un «golpe» subito a causa dell’impotenza di Berlusconi primo ministro), oggi alza la voce a Renzi, invitandolo a fare presto ciò che serve per rilanciare la morente economia. La medesima cosa emerge dalle parole di Barroso e degli altri esperti non italiani presenti a Villa d’Este, erroneamente snobbati (la ragione non può essere che l’insicurezza o, meglio, l’incompetenza).

Del resto, il medesimo ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, alla Festa dell’Unità (una macabra festa, dedicata a un morto, l’Unità) segnala la possibilità che, per accelerare i processi riformisti, si dia corso a una cessione ulteriore di sovranità all’Unione europea. Detta con belle e dolci parole, è la «Troika» che torna d’attualità, visto che la cartina di tornasole del rinnovamento l’abolizione dello statuto dei lavoratori e la liberalizzazione del mercato del lavoro è fuori dalla portata del «premier» e compagnia cantante, compreso il deludente Poletti, che pure aveva esordito bene, da vecchio marpione della politica e dell’economia.

Nel week-end, s’è discettato («vanitas vanitatum») sul tema vitale: «È uno statista Matteo Renzi?»

Ne dubito fortemente: uno statista avrebbe parlato in difesa dello Stato e dei Carabinieri, aggrediti «pour cause» in un contesto camorrista e irredimibile; avrebbe riflettuto prima di concedere uomini alla «task force» antirussa e soldi passando dall’1,2 al 2% del Pil nelle spese per la Difesa (vertice Nato di Cardiff). E non avrebbe assunto impegni nei confronti dell’Isis, prima di avere messo a posto la questione «Mare nostrum», della quale ci pentiremo amaramente nei prossimi mesi e anni. Anche perché il linguaggio di Obama, involuto e moroteo, poneva molti freni all’idea di una guerra: «Ho fiducia che riusciremo a essere capaci di costruire una forte base e di avere una specie di coalizione alla quale richiedere lo sforzo di cui abbiamo necessità per respingere l’Isis.»

Più cauti di così!



LA COMUNICAZIONE NON BASTA...
Matteo Renzi da politico di vecchio stampo democristiano e non può che sposare il linguaggio di Obama...La sua innata capacità comunicativa è sicuramente provata, ma che ce ne facciamo di questa comunicazione... se non fa ancora intravvedere un significativo risultato?

Con spirito acuto e profonda conoscenza dei problemi il cugino Domenico mette in dubbio la capacità di statista del sindaco d'Italia stigmatizzando punto per punto il poco utile percorso di chi avrebbe dovuto muoversi in modo più accorto in favore di una politica estera ed economica del Paese. La strada intrapresa da Renzi potrebbe rendersi ancora più disastrosa anche per via delle sanzioni alla Russia che si potrebbero ribaltare a sfavore degli interessi economici della nostra Nazione per via dei possibili provvedimenti di Putin sul gasdotto che elargisce energia.

Sappiamo bene che oggi Renzi è insostituibile e ne possiamo comprendere le ragioni (mancanza totale di una vera politica funzionale al cambiamento e di politici che facciano seria politica). Anche la mancanza di un nuovo capo dello Stato più giovanile e meno condizionato dalla Comunità europea..lascia campo libero e più aperto all'ambizione del giovane sindaco d'Italia, ma c'è da chiedersi quale potrebbe essere l'epilogo di un simile percorso così determinato posto nell'unica mente di una figura oggi in grado di dare ordini e porre condizioni persino al suo Partito. 

La politica dovrebbe muoversi all'interno di un Partito senza alcuna figura predominante che ne imponga la strada..e nessuna figura politica dovrebbe mai poter assumere il ruolo di capo di un Partito e capo dell'esecutivo. Questo deleterio concetto Veltroniano assai spregiudicato ed importato da una cultura assai liberista..porterà ben presto le sue logiche conseguenze.
vincenzo cacopardo

9 set 2014

Una nota al breve appunto di Michele Serra

«L’AMACA» DEL 6 SETTEMBRE 2014 (Michele Serra)


Il combinato disposto Twitter/quarantenne renziano è devastante. Nel senso che la forzata sentenziosità di Twitter esalta la spocchia di una nuova classe dirigente che sta mettendo a dura prova la simpatia con la quale è stata accolta. “Dovete stare zitti perché noi abbiamo vinto e voi avete sempre perso” è la modalità di massima con la quale un gruppetto di giovani fenomeni del Pd replica alle critiche di Bersani e D’Alema. Beh, non è una modalità politica. È una modalità agonistica che ricorda molto da vicino il Berlusconi che rinfacciava di avere “vinto molte Champions League” a chi gli stava parlando di tutt’altra cosa. Sulla generazione che ha preceduto l’attuale alla guida della sinistra italiana si può dire tutto il male possibile (l’elenco è lungo); ma tutta questa derisione per lo sconfitto e tutta questa vanteria per il primato sono le cose meno di sinistra che esistano al mondo, comprendendo nella sinistra, naturalmente, anche gli scout. Il lupetto che si vanta di essere tanto bravo e irride il perdente, un bravo Akela lo manda a raccogliere legna nel bosco fino a che non gli passano i bollori. Renzi spieghi ai suoi che Twitter è un balocco da maneggiare con attenzione, se continuano a usarlo così, anche se sono ministri e hanno il 41 per cento, sembrano Balotelli.



MESSAGGI ISTANTANEI PRIVI DI CONTENUTI ESSENZIALI
In questo appunto.. Michele Serra.. sottolinea la spocchia che il nuovo Sindaco d'Italia sfoggia nel mondo virtualistico del “Twitt”. Renzi continua a semplificare anche nei giudizi... criticando chi ha perso nei consensi e dimostrando poca umiltà, nessun rispetto ed ancora una volta.. quello che per lui rappresenta la politica: una sorta di partita a calcio.
Sappiamo bene (almeno coloro che lo conoscono) che Twitter è un servizio gratuito di socialnetworking e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. La sua architettura si sviluppa in "open source". Attualmente l'open source tende ad assumere un nuovo rilievo filosofico, consistendo in una nuova concezione della vita che si propone di superare mediante la condivisione della conoscenza. 
Twitter è costruito totalmente su una architettura di messaggi istantanei ed i messaggi istantanei sono la unica e vera forza di Renzi..il quale usa di continuo gli slogan per richiamare l'attenzione.
Il problema è che ogni messaggio istantaneo o slogan che si voglia, pur penetrando con forza e richiamando l'attenzione immediata...rimane nel tempo privo di contenuti. La verità sta nel fatto che proprio chi usa questi socialnet dovrebbe farne un uso costruttivo più intenso e meno illusorio.
Il cinguettio di Twitter, può avere importanza solo se è accompagnato da un ”link” che ne approfondisce meglio i contenuti e non dalle solite quattro parole retoriche che possono carpire l'attenzione dei tanti che oggi ignorano o che interpretano la politica solo nella devastante logica di una competizione.
vincenzo cacopardo





8 set 2014

Lasciamolo fare....si ma poi?




Il pranzo è servito
di vincenzo cacopardo

Cosa vuol dire mille giorni (tre anni)..quando appena ieri il Sindaco d'Italia aveva dichiarato di risolvere in breve tempo le questioni scottanti riguardo il lavoro e lo stato economico del Paese?
Quando ha fatto sognare.. attraverso i suoi ripeturi proclami...un gran numero di cittadini col suo “fare”? I mille giorni oggi proposti non sembrano esattemente un “saper fare”, ma un saper approfittare del momento per ingannare di continuo attraverso reiterati ingannevoli proclami: Chi.. può raccontarlo ai pensionati più poveri con la minima che in mille giorni potrebbero di sicuro morire? Chi... agli alluvionati? Chi.. ai cittadini senza un tetto? Chi... agli imprenditori senza alcuna commessa? A tutti quei professionisti senza alcun lavoro e che si recano ad una mensa cittadina per sfamarsi?....

Mentre il sindaco d'Italia la canta e la suona..dando ottanta euro a chi il lavoro lo ha..nel paese si muore!..Renzi è sicuramente sistemico e capisce che per un consenso bisogna accontentare tutta quella massa di lavoratori inseriti nel sistema e che già un lavoro lo ha come dipendente.

Al di là del fatto che che in tanti oggi sarebbero in grado di operare riforme in mille giorni attraverso una continua richiesta di fiducia del Parlamento, quello che colpisce di più è la faccia tosta di chi attraverso una comunicazione capziosa e persino retorica come quella di questi ultimi giorni ( dobbiamo restare uniti...uniti si vince..dobbiamo dettare noi il percorso all'Europa, etc), riesce ancora a trascinare un popolo di creduloni (apostrofati da lui stesso... in una telefonata come dei “coglioni”).

Meno strano e più sottomesso appare il percorso del Cavaliere che scotando la sua ridicola pena, giova oggi del suo alleato per le riforme istituzionali. Berlusconi prende tempo e aiuta Renzi verso la costruzione di un futuro sistema a trazione solo governativa. Un sistema che premierà naturalmente ogni figura predominante ingabbiando in modo inequivocabile ogni politica di vera democrazia.

Mentre Renzi mette mano ad una possibile riforma del lavoro (già in forte ritardo)..la sua bella ministra per le riforme, si preoccupa di portare avanti quelle costituzionali. In realtà la premura di aver voluto portare avanti il primo stadio della riforma del Senato ha una chiara motivazione... e cioè... quella di chiudere prima possibile il cerchio delle suddette riforme costituzionali per poter fornire più forza ad un percorso di governabilità attraverso l'uso di un sistema bipartitico che darà forza solo al vincitore e chiuderà ogni possibile dialogo. Qual'è il fine se non quello di aver chiesto mille giorni proprio per poter dar corso alla lunga strada di questa più complessa tipologia di riforme?
Riforme costituzionali difficili da digerire proprio perchè non proposte attraverso un'assemblea costituente composta da figure competenti..ma che si attivano in fretta su proposta di un governo a colpi di voto di fiducia. Se a questo aggiungiamo la figura del nostro Presidente Napolitano (garante del nostro sistema)..oggi totalmente imbrigliato in un'operazione europea che non gli lascia scampo..non possiamo che restare allibiti da questo modo di procedere verso un anomalo cambiamento.

Con la legge elettorale il cerchio si chiuderà e addio ad ogni principio di democrazia. Una sola Camera con ricchi premi di maggioranza e soglie di sbarramento alte...un Senato che non potrà più esercitare un ruolo politico e che riuscirà difficilmente a svolgere una funzione... conditi con una legge elettorale ad hoc...ed il pranzo è servito...

6 set 2014

Politica estera: Sale Putin..frana Obama


Barack Obama, sembra sbagliare ogni politica estera e si prepara a fronteggiare il suo pesante crollo di popolarità.
Gli occidentali europei in favore di Putin capeggiati da Marine Le Pen e tutti gli euro scettici compreso Nigel Farage , gli ungheresi del Jobbik e gli inglesi dell'Ukip, Geert Wilders in Olanda, Lega Nord in Italia, sembrano decisi a non mollare la loro posizione: L'importanza oggi è quella di osteggiare una seria minaccia islamica, più che le problematiche che investono l'Ucraina. “L'effetto di questa politica sbagliata sta portando in cima la popolarità del leader Russo”.

La posizione americana è apparsa da sempre un po' troppo azzardata nella gestione della crisi in oriente: sia quella dell'Ucraina che quella riguardante il nuovo califfato, e stanno portando la politica estera americana di Obama al crollo. Un vero crollo storico intellettuale che è subito apparso privo di ogni strategia soprattutto nei confronti dell'ISIS in Siria. Con la solita spavalda prepotenza si è pensato di poter distruggere la nuova organizzazione del califfato come se il problema fosse tra i più gestibili, tranne successivamente fare qualche significativo passo indietro. E non è la prima volta nella storia politica del presidente americano!... Continui strafalcioni grammaticali che non dovrebbero appartenere a chi comanda la nazione più potente del mondo.

Tutto ciò sta portando la sua figura verso una naturale disapprovazione in seno al suo stesso Paese che pare condannarlo ad un indice di gradimento poco superiore al 35%. Dobbiamo poi aggiungere che il governo degli Stati Uniti, a causa di un suo intervento politico nell'Ucraina, parrebbe dover fare i conti con un'altro problema per l'eccessiva dipendenza di materiale  dai motori russi per i razzi spaziali.

Ma mentre Barak Obama persiste nei suoi errori, gli ammiratori di Putin crescono poiché coscienti che grazie alla sua politica in Ucraina non si rischierà di ritrovarsi come nel passato con i Balcani. Le lotte intestine in seno al territorio che per storia ed etnia sono sempre stati russi, non si possono affrontare con il solito metodo imperialista di una politica statunitense tanto decisionista..quanto ricca di contraddizioni.
vincenzo cacopardo



Il dubbio "immagine" del governo


di vincenzo cacopardo
"Il nuovo governo è mostruoso e le nuove ministre sono donne immagine». La colpa di Maria Elena Boschi, Marianna Madia e compagne? «Sono giovani, come possono avere le competenze necessarie per essere ministri? Si scelgono giovani e inesperte che poi fanno leggi a favore degli imprenditori senza neanche accorgersene. Marianna Madia è un esempio di donna al potere per raccomandazione». Queste le parole schiette di Sabina Guzzanti che azzarda ad una questione femminile divenuta ormai solo “pornografia”.
Un commento a mio parere troppo forte... sostenuto..seppur in tono più soft dalla più anziana Rosi Bindi membro del PD: "Le donne ministro sono state scelte perché erano giovani, non solo perché erano brave ma anche perché erano belle.". La sua critica sulle presenze famminili si conclude auspicando una legge elettorale che preveda il 50% delle donne al governo." asserendo che solo allora si sarà sicuri di aver trovato una svolta.
Una affermazione che lascia parecchi dubbi sul rispetto stesso che si deve alle figure femminili, le quali, in realtà.. non avrebbero alcun bisogno di leggi a loro protezione, ma solo affermarsi attraverso le loro innate capacità.

Al di là di una giustificata critica sulle capacità delle attuali ministre.. sicuramente poste in luce dal sindaco d'Italia per propria comodità di gestione ed anche per la loro bella presenza, il riguardo offerto alla presenza femminile nelle attività sociali e politiche è ormai acclarato e non ha alcun bisogno di essere sottolineato attraverso alcuna forzatura: Non si può certo trascurare la forte presenza femminile oggi rappresentata nella società. L’impegno femminile in politica risulta logico ed essenziale, un ruolo determinante giacché la stessa presenza della donna nella società è enormemente cresciuta.

Negli ultimi anni, la donna ha dato al mondo politico un contributo significativo anche se, nel suo passato, sembra essere stata impedita da pregiudizi sfavorevoli sulla espressione delle idee e delle capacità. Si può ormai intuire come essenziale un ruolo femminile per la costruzione di quell’azione propedeutica di base necessaria per una buona funzionalità della politica. Il suo significativo contributo nel futuro non potrà più essere messo in discussione, nè potrà essere identificato come un semplificativo riscatto nei confronti di una società ormai meno maschilista, ma come il fondamentale impegno per una costruzione di pensieri che un distinto mondo femminile può orgogliosamente apportare

Detto ciò... col governo Berlusconi e quello successivo di Renzi.. si è teso a voler dare preferenza a belle figure di sicuro impatto visivo a discapito di una specifica competenza. L'insistenza sulle quote... fortemente voluta dalle stesse... non può che penalizzarle, poiché contribuisce nel collocare la loro figura su un piano inferiore.. con un bisogno di aiuto del quale non necesstano. Chiunque entri in politica con la passione necessaria, uomini o donne che siano, possono essere in grado di farlo... esprimendo idee e pensieri. Questi sono gli essenziali valori aggiunti per l’affermazione in campo.

Il dubbio della squadra femminile oggi al governo pare proprio essere quella di un vuoto di pensiero...di una mancanza di ispirazione...di un'assenza di note personali che possano imporsi nel dialogo e nelle capacità soggettive per portare avanti il processo di rinnovamento. In realtà un vero pensiero della squadra femminile non si percepisce..ed ogni iniziativa viene ispirata e suggerita dall'unico sindaco d'Italia: Assoluto monarca di una cultura politica moderna che premia solo il cinico determinismo.



4 set 2014

Una nota di supporto alla nuova analisi di Domenico Cacopardo

di domenico cacopardo
Berlusconi aveva ragione a proporre l’allargamento dell’Europa alla Russia. Certo, era la persona meno credibile per sostenere, con qualche probabilità di successo, una simile idea, che, del resto, non aveva preparato con passi diplomatici diversi dalle visite private allo zar di Mosca, Vladimir Putin.

Ma in quella che allora fu liquidata come una «boutade» c’era una reale, giusta intuizione.

Avevamo di fronte una politica americana con due obiettivi: impedire alla Russia di rialzare la testa; creare una cintura di Stati cuscinetto. E, in questi, insediare le basi militari occorrenti per impedire una qualsiasi politica autonoma del gigante dell’Est.

Un’illusione da battere considerando quel Paese un interlocutore ormai acquisito al modello economico-sociale dell’Occidente, da aggregare a esso, sia nell’Unione europea che nell’Alleanza atlantica che nella ipotizzata (da Obama) Unione euro-atlantica di cui si sono perse le tracce.

Che Obama, dopo gli errori che hanno fatto perdere agli Stati Uniti la «leadership», ottenuta dalla caduta del Muro di Berlino, abbia commesso quello di isolare la Russia per ridurla a comprimario della scena mondiale è una constatazione banale.

E la logica ha portato la Russia a un accordo di ferro con la Cina, che porterà a entrambe le nazioni sviluppo e benessere, e al ritorno in carrozza sullo scenario medio-orientale, con il coraggioso appoggio ad Assad e alle forze governative siriane, assediate da una coalizione controllata da gruppi terroristici, sostenuti dall’Occidente.

Oggi, Obama deve chiedere ad Assad il permesso di sorvolo per dare supporto aereo alla lotta degli sciiti contro lo Stato «canaglia» Isis. E deve fare finta di essere cieco di fronte all’aiuto finanziario che il Qatar e l’Arabia Saudita danno al movimento fondamentalista, probabilmente per il ricatto che questo esercita nei loro confronti. Un ricatto che non avrebbe avuto nessuna possibilità di successo se Qatar e Arabia Saudita si fossero sentiti sicuri dell’ombrello americano, già chiuso sull’Iraq e prossimo alla chiusura in Afghanistan.

Il disimpegno militare dal Medio-Oriente e la promozione della democrazia a partire dall’Egitto (ora cruciale per la sospensione delle ostilità tra Israele e Hamas) hanno determinato il crollo della credibilità americana e tanti guai successivi.

La politica internazionale non è partita per dilettanti.

Qui e ora, il problema è l’Ucraina.

Deve essere ricordato, in proposito, che poco tempo fa Helmut Schmidt, l’ex cancelliere socialdemocratico tedesco, ormai novantacinquenne, in un'intervista Bild, metteva in guardia l’Europa dai rischi di guerra derivanti dalla crisi e aggiungeva che era pura megalomania la volontà dell'U.E. di integrare l’Ucraina e, addirittura prima la Georgia, nell'Unione e nella Nato.

Schmidt aveva anche lucidamente sottolineato l’inutilità delle sanzioni alla Russia e il loro effetto controproducente.

C’è da riflettere sulle posizioni di lituani, lettoni, estoni, polacchi, bulgari, romeni e via dicendo, tutte più o meno alimentate dai ricordi delle occupazioni e dei regimi sovietici imposti con la forza. E c’è da ricordare che l’attuale governo ucraino è frutto di un «golpe», suscitato dai servizi americani e di alcuni paesi dell’Unione, con il quale è stato estromesso dal potere un presidente della Repubblica regolarmente (abbastanza per gli standard dell’area) eletto, autore di un tentativo di equidistanza, ed è stato insediato il governo di una coalizione di destra, della quale sono parte essenziale i neonazisti e le milizie nazionaliste.

Il premier polacco Donald Tusk, scelto come presidente stabile del Consiglio europeo e degli Eurosummit dei 18 Paesi della moneta unica, sabato scorso, nel rievocare l’inizio della Seconda guerra mondiale, ha equiparato il Donbass (la regione ucraina a stragrande maggioranza russofona) a Danzica, che della guerra fu la causa occasionale.

È comprensibile che, mentre l’Occidente (e anche la Russia) è impegnata nella ripresa della guerra al terrorismo fondamentalista, lo stesso Occidente coltivi uno scontro con la Russia per una regione dell’Ucraina alla quale, per i propri statuti, dovrebbe essere accordata almeno la condizione di Stato federato?

Chi è lo stolto che non ha pensato alla reazione della Russia di Putin, l’uomo che ha posto il prestigio formale del suo Paese e suo personale al primo posto nelle priorità politiche?

Uno stolto che riprende la stolta politica di Romano Prodi, responsabile dell’allargamento a Est dell’Unione europea e, quindi, degli irreparabili danni che ha arrecato al sistema comunitario e all’Italia.

Il gioco della guerra fredda è terminato il 9 novembre 1989, il giorno della Caduta del Muro di Berlino: giocarlo ai nostri giorni è irresponsabile e suicida. Ricordiamocelo, mentre l’Italia, a sua volta, gioca a mosca cieca sul palcoscenico internazionale.





Si! è proprio vero.. questo allargamento a Est dell’Unione europea ed i conseguenti irreparabili danni che sta arrecando al sistema comunitario e all’Italia...sono sotto gli occhi di tutti!
Non so se Berlusconi avesse o no ragione, ma è indubbio che l'analisi ( ristretta, ma chiara) di Domenico circa il panorama della politica estera, non sarebbe potuta essere stata espressa meglio dal neo ministro Mogherini (fin troppo contestata per una reale mancanza di esperienza nel nuovo ruolo europeo). 

Quello che si percepisce da questa analisi è l'evidente crollo della credibilità americana che.. con i suoi continui atteggiamenti imperialisti e le pretese di dover insegnare la democrazia (una democrazia tra l'altro assai discutibile)... insiste nel prendere parte a guerre etniche che sicuramente non le appartengono. 

Il caso dell'Ucraina ( guidato da una certa stampa non esattamente in una visione obiettiva) è difficile da valutare se non attraverso una approfondita conoscenza storica che richiama con forza l'attaccamento sociale e culturale di quella regione ad un territorio che è sempre stato Russo per etnia.

Il giusto richiamo di Domenico circa l'assurda pretesa dell'annessione all'Europa di alcuni territori che per logica etimologica hanno una storia assai diversa, appare fondata ..mentre appare addirittura ridicola (se non persino tragica) la reazione del nostro Paese in direzione di dure sanzioni nei confronti dell'”impero Russo”...

Siamo un Paese che corre verso il baratro economico anche in forza del fatto che resta privo di risorse energetiche, ma che pretende di dettare sanzioni al Paese il quale, su questo piano, ha un dominio quasi assoluto... 

Sarebbe molto più opportuno e costruttivo da parte di questa Europa..proteggere e far progredire il sud dei Paesi già facenti parte del suo contesto naturale. Un contesto che storicamente le appartiene e che dovrebbe contribuire a far migliorare.

vincenzo cacopardo





3 set 2014

Interessante analisi sulla riforma P.A. del consigliere Cacopardo


"La funzione governativa e le conseguenti manovre necessitano sicuramente di un'alta cognizione del sistema amministrativo e Domenico Cacopardo... che di esperienza ne ha tanta.. avendo avuto ruoli di capo di gabinetto in vari ministeri, ci dà prova di come sia importante conoscere tali meccanismi, invitandoci a leggere le improprie manovre della nuova riforma del governo Renzi sulle Pubbliche Amministrazioni.” Quella di Renzi sembra restare imprigionata ad una visione limitata di un mondo amministrativo comunale... più che di ampio raggio statale."
vincenzo cacopardo

Non stropicciatevi gli occhi, la riforma dell’Amministrazione (art. 17, comma 4) stabilisce proprio così: «A decorrere dal 1 gennaio 2015, il Ministero dell’economia e della finanze acquisisce le informazioni relative alle partecipazioni in società ed enti di diritto pubblico e di diritto privato detenute direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche individuate dall’istituto nazionale di statistica …»

La frase è stata di sicuro scritta da un marziano arrivato da poco sulla Terra, privo delle più elementari nozioni di diritto e di diritto amministrativo in particolare. 

Non è immaginabile che un consesso composto da persone in possesso di tutte le capacità mentali, presieduto (il Senato) da un ex-magistrato, possa approvare una norma simile. 

Per realizzare questo censimento, sarebbe bastata una decisione amministrativa della presidenza del consiglio dei ministri, presso la quale sono incardinati il dipartimento per gli affari regionali (e la Conferenza Stato-regioni) e il dipartimento della funzione pubblica, mentre presso il ministero dell’interno c’è la vigilanza sugli enti locali. Sarebbe bastato coinvolgere i prefetti che ancora presiedono all’Amministrazione statale in tutte le provincie.

Invece no. Una legge. Forse perché si teme che il censimento fallisca per il boicottaggio dei censiti? Se così fosse, ci vorrebbe una speciale sanzione per coloro che non collaborano. Non c’è.

Vuol dire che la ragione di questo testo paradossale è una sola: l’ignoranza totale sulla struttura tecnico-giuridica dello Stato, del governo e delle sue organizzazioni territoriali.

L’art. 17 bis è la ciliegina sotto spirito che ci vuole per digerire la stupidità precedente: «Le amministrazioni … non possono richiedere ai cittadini informazioni e dati già presenti nell’anagrafe nazionale della popolazione residente …»

La questione venne affrontata e risolta (in parte) con la legge 4 gennaio 1968 (proprio il 1968, non è un refuso), n. 15. Nel 1997 è stato ampliato l’ambito della circolazione interna delle informazioni relative ai cittadini. È vero che in alcune zone del Paese (da Napoli in giù con sublimazione siciliana) queste norme hanno avuto difficoltà ad attecchire e per un semplice motivo: l’utilità politica e anche finanziaria (per la mance che provoca) di mantenere il potere di certificazione nei confronti dei cittadini. Ma ripestare l’acqua nel mortaio non aiuta a ottenere la generale applicazione della legge. Se questo fosse il problema, basterebbe introdurre una severa sanzione per tutti i pubblici ufficiali che si rifiutano di riconoscere le autocertificazioni, che rilasciano certificazioni sostituibili e che non permettono la circolazione delle informazioni.

L’art. 18, oltre alla fittizia abolizione del Magistrato alle acque (di cui ci siamo occupati il 30 agosto) dispone l’abolizione delle sedi distaccate dei Tar in tutte le città che non sono sede di Corte d’appello. E ciò in attesa della rideterminazione dell’assetto organizzativo di tutti i Tar: per un governo che fa della velocità la sua principale carta riformista, questo (come gli altri) rinvio è una plateale confessione di incapacità legislativa, sancita per legge. 

Si arriva anche, nel comma 1 bis, a stabilire che entro il 31 dicembre 2014, il governo presenterà al Parlamento un rapporto completo sulla situazione dei Tar. Sarebbe bastato un semplice ordine del giorno, accolto dal governo a definire un impegno di questo genere.

L’art. 19 abolisce, infine, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, dal bilancio fallimentare, e ne trasferisce i compiti all’Autorità nazionale anticorruzione, il cui futuro andrebbe meglio definito per evitare ch’esso sia risucchiato nella deriva paragiudiziaria di cui si coglie qualche inquietante segnale.

In materia di appalti e forniture pubbliche, l’anticorruzione deve impedire deroghe e interpretazioni truffaldine delle norme europee, e imporre una trasparente libera concorrenza. Non altro, giacché il resto discenderebbe come conseguenza obbligata. 

L’esame puntuale di questa legge che, impropriamente, viene chiamata riforma della pubblica Amministrazione, conferma, purtroppo, tutte le perplessità che le nomine di Marianna Madia alla testa del ministero della funzione pubblica e di Antonella Manzione, excomandante dei vigili urbani di Firenze, alla testa del dipartimento affari legislativi della presidenza del consiglio, avevano suscitato. La produzione normativa ne è prova inequivocabile.
domenico Cacopardo

2 set 2014

Perchè Renzi premia i lavoratori dipendenti...

SISTEMICI ED ANTI SISTEMICI
di vincenzo cacopardo
Qual'è la ragione per la quale Matteo Renzi, sindaco d'Italia..più che Premier, ha dato gli ottanta euro alla fascia di lavoratori dipendenti?..Perchè mai non li ha dati ai poveri pensionati e a coloro(e sono tanti) che lavorano e guadagnano al di sotto della fascia minima?

Per capirne meglio la ragione occorre fare attenzione su una constatazione reale di ciò che è accaduto in questi anni a livello internazionale.: Il mondo si è notevolmente sovrappopolato, le guerre si misurano nei luoghi in cui i focolai sembrano potersi contenere, e ..forse proprio per l'effetto dell'atomica, si arrestano non arrivando mai a procurare effetti mondiali catastrofici come le prime due grandi guerre del passato.
Tutti possiamo prendere atto, se pur in modo amaro, come le crescite economiche del passato siano state determinate anche grazie ad uno sviluppo susseguitosi per via delle distruzioni. Per uno strano destino..le guerre.. generano morte e miseria ..ma successivamente... contribuiscono inevitabilmente alla possibilità di una rinascita e quindi anche alla ricrescita sociale. Il sovraffollamento terrestre rimane comunque una evidenza alla quale rimane difficile provvedere nel contesto di un sistema che pare premiare solo i potenti e le loro ricchezze. Soffermiamoci, quindi, a riflettere su come gli ormai definiti poteri economici che muovono la politica mondiale, vogliano ( anche cinicamente) salvaguardare i propri interessi attraverso una posizione sistemica definita che li favorisce ed alla quale difficilmente potranno rinunciare.

Nel contesto internazionale europeo, ormai formatosi sia per volontà di chi nel passato vi ha veramente creduto, ma anche per la volontà delle forze economiche che contano, la parola d'ordine sembra ormai essere quella del sacrificio e dell'abnegazione...quel percorso spietato di abbattere in modo quasi naturale i più deboli che.. a loro volta... risultano i più anti sistemici.

Fatta questa indispensabile premessa..ritornando adesso al sindaco d'Italia e ad i suoi 80 euro al mese, risulta ben chiaro che per rendersi il favore di chi il potere lo gestisce, Renzi abbia scelto una fascia alquanto inchiodata al sistema... proprio perchè legata ad un posto di lavoro ormai accreditato che difficilmente potranno abbandonare, che li fa sopravvivere e che... tutto sommato, con questa manovra... li favorisce con qualche spicciolo in più. Proviamo al contrario ad immaginare se Renzi avesse voluto offrire tale opportunità a tutta quella fascia di poveri pensionati che.. già di per sé contro un sistema, con la loro minima e l'aggiunta di ottanta euro al mese, non avrebbero potuto cambiare il loro modo di vivere assai precario...continuando a rendersi anti sistemici e quindi meno legati agli stessi interessi di un premier che..in tale sistema politico.. ricerca consensi.

In sostanza Renzi(con la sua solita innata ipocrisia) ha premiato una fascia legata al sistema proprio perchè conserva o si adegua ai suoi interessi ed a quelli dei potentati che lo guidano..Una strada assai più facile e risolutiva...Al contrario condanna e contribuisce all'emarginazione (secondo il principio mondiale di cui sopra)... di chi avrebbe almeno una ragione umana di riuscire a sopravvivere.      

Un commento al nuovo articolo del consigliere Cacopardo


TRA IL DIRE E IL FARE

La delusione che serpeggia nel Paese è sostanzialmente infondata. 

Certo, ci aspettavamo miracoli da Matteo Renzi e questi miracoli non si vedono. Ma occorre riconoscere che i miracoli appartengono al mondo della fede, non della realtà politica, economica e sociale.

Infatti, le varie tornate di consigli dei ministri dedicati alle riforme hanno partorito topolini inidonei a cambiare verso all’Italia, a bloccare la crisi e mettere in moto il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Quello che è mutato, è il tono della comunicazione, tutta imperniata sulla persona di Renzi, sulle sue idee, sulle sue indicazioni. Insomma, «one-man job» con tutto quello che di positivo (poco) e di negativo (molto) questo significa.

Ci vorranno studi approfonditi di psicologi di massa per spiegare come il Pci, diventato Pds, Ds e, infine, Pd, si sia consegnato mani e piedi a un giovane democristiano, accompagnato da una squadra di giovani democristiani supinamente applauditi da giovani e vecchi excomunisti. Il metodo è la stupida follia che si chiama «primarie», che, senza alcuna garanzia di democraticità sostanziale determinano le candidature (quasi tutte) e gli incarichi direttivi di quel partito. 

E il giovane democristiano cerca di riprendere l’afflato riformista di Antonio Segni (distribuzione delle terre) e da Amintore Fanfani (piano casa, industria di Stato strategica per lo sviluppo, autostrade etc.): propone e fa approvare dal Parlamento norme che, comunque, innovano qualcosa, non tutto ciò che servirebbe. Insomma, secondo il principio che «poco è meglio di niente», dobbiamo essere «non insoddisfatti» dell’avvio della fine del bicameralismo perfetto, dei piccoli pannicelli caldi della riforma della pubblica Amministrazione, di una spezzettata riforma della giustizia, di uno «sblocca Italia», dai contenuti incerti e dagli effetti vicini allo zero.

Chiariamo: la riforma dell’Amministrazione non ha affrontato nessuno dei nodi che impediscono allo Stato di essere alla pari con i partner europei. Due esempi: non emerge l’organizzazione per progetti che tanto ha dato altrove, e non si interviene sulla questione funzionale e morale rappresentata dall’«inhouse». Si tratta delle migliaia di società strumentali costituite dai municipi italiani: un modo per aggirare le normative europee in materie di appalti e forniture e per alimentare il giro della corruzione amministrativa e politica.

Sulla giustizia, dobbiamo rilevare che il cruciale tema della giustizia civile viene risolto (?) con un arretramento dello Stato a favore dell’avvocatura (che amplia le proprie prospettive soprattutto finanziarie): e ciò in quanto non si ha la forza di incidere sulla produttività dei magistrati mettendoli al lavoro con gli standard comunitari.

Infine, le opere pubbliche: non ce n’è una dalla Napoli-Bari alla Palermo-Messina-Catania che sia assistita da progetti esecutivi. Ciò significa che, tra indagini geologiche, rilievi topografici e scelte tecniche non potremo avere progetti esecutivi prima di due anni, a essere ottimisti. E il resto? Solo la Salerno-Reggio Calabria sembra in dirittura d’arrivo.

Diceva Mao Tse Tung «la lunga marcia cominciò con un passo»: se Renzi qualche passetto l’ha fatto è l’Italia che è ancora ferma.



“Il suo governo ormai ha espresso una lunga serie di scorciatoie che tagliano ogni dibattito..ed ingannano ogni sprovveduto cittadino.”

Mi spiace sottolineare che i passetti di Renzi si dimostrano un continuo percorso ricco di illusioni. Il mago della comunicazione riesce a stregare anche perchè privo di validi avversari politici in grado di contrastare la sua politica spavalda ed accentratrice. 

Quel «poco è meglio di niente» stigmatizzato da Domenico la dice tutta su ogni visione realistica nel futuro. Avremo piccoli risultati che lo potranno salvare nell'immagine (poichè peggio di così), ma per il resto aria fritta....

Viviamo quindi appesi nello scherno di poter crescere restando abbagliati dalle parole dell'abile illusionista che in un primo momento aveva assicurato cambiamenti nell'arco di tre mesi ed adesso (come è tipico di chi si esprime attraverso l'ipocrisia).. sono diventati tre anni...(e perchè non dieci?) Teniamo anche presente che all’inizio del suo mandato aveva detto: «Mai più fiducie sui provvedimenti, specie sulle riforme». Il suo governo ormai ha espresso una lunga serie di scorciatoie che tagliano ogni dibattito. Il suo imperativo è fare presto, un ambizioso rincorrere le promesse fatte, tentando di rispettare qualche impegno già preso. Ma siccome.. tra il dire e il fare c’è di mezzo il rapporto con il dibattito in seno al Parlamento, in 100 giorni su 14 decreti legge sono arrivate 13 fiducie. Non dimenticando che anche sul decreto della Pubblica Amministrazione sarà probabile una richiesta di una doppia fiducia, sia alla Camera...come al Senato. 

Se Enrico Letta in 10 mesi mise a segno 12 fiducie, Renzi, con 13 in quattro mesi... ha superato di molto la media dei record nell’utilizzo di questa strana anomalia di marginalizzazione del Parlamento nel ruolo di controllo.

Strano che il capo dello Stato...tanto efficiente nel passato, il quale ha sempre denunciato il pericolo di tali anomalie, oggi taccia e si renda complice di questo intollerabile modo di procedere. Napolitano sembra costretto da un imput suggerito dalle forze politiche europee che paiono condizionarlo sempre di più. Credo che per lui sia oggi molto più nobile abbandonare il suo più che difficile ruolo.. ove poterne ancora venirne fuori con maggiore dignità.
vincenzo cacopardo




1 set 2014

Zucconi.. e quel paragone con la Concordia


di vincenzo cacopardo
Qualcuno come Vittorio Zucconi, paragonando il nostro Paese al Costa Concordia, sostiene che la politica debba unirsi insieme..senza più litigi in modo da poter trovare utili sistemi in grado di poter rimettere in asse la nave istituzionale e trainarla verso un bacino sicuro... Il rischio, secondo il giornalista, potrebbe essere quello di vederla affondare pian piano nella profondità del mare di un sistema economico e sociale che non potrà che consumarla lentamente.
Se il paragone potrebbe apparire abbastanza appropriato..sebbene un po' funesto, credo che non possa essere del tutto condivisibile quell' ”unirsi insieme nella definizione di una politica”.

L'unirsi insieme nei grandi compromessi di una politica che non potrebbe mai pensarla in modo eguale.. ha sempre generato un processo scadente e non esattamente funzionale alle soluzioni. Fino ad oggi continuiamo ad assistere ad un forzato modo di governare con l'insieme di Partiti che non fanno che compromettere la conduzione della politica.. non determinando né idee valide, nè metodi costruttivi. Inoltre questi grandi inciuci della politica generano sovente l'esaltazione di figure che si insinuano proprio per la mancanza di un programma suggerito dalle idee. Figure spesso furbe e preparata comunicativamente, che sovrastano i Partiti e trovano una strada aperta per imporsi con determinazione nei continui conflitti interni generati dagli stessi compromessi.

In realtà se si volesse leggere in profondità, traendo anche spunto dalla considerazione peculiare di Vittorio Zucconi circa il serio rischio di far soccombere la politica ed evitando di farla sprofondare negli abissi come una nave ormai semi affondata, bisognerebbe studiare una separazione del ruolo per una più utile governabilità. Analizzare una nuova via che possa dare spazio libero alle idee di una politica partitica parlamentare, tenendo in piedi una funzione governativa slegata dai Partiti e promossa in modo separato dai cittadini: un amministrativo distinto nella sua configurazione rappresentativa di alta integrità, che lavori senza alcuna linea di compromesso con i ruoli parlamentari dei partiti, ma che segua il programma voluto e votato dai cittadini.

Evitare ogni conflitto tra i ruoli imponendo una netta separazione, ma facendo crescere e fermentare una politica che si attivi di continuo attraverso i Partiti ridisciplinati e rinnovati opportunamente in favore di progetti condivisi con i cittadini. Se noi compromettiamo i ruoli ed in più uniamo tutte le forze politiche in una ricerca compatta, smorziamo l'effetto competitivo utile alla politica e nel contempo soffochiamo la ricerca delle nuove idee per una utile crescita.