L'indirizzo politico di un premier..
Difficile..
dare atto della gestione intelligente del dossier Lupi da parte del
premier Renzi senza comprendere il discapito di non aver messo la
dovuta attenzione durante l'anno di governo sul sistema gestionale del suo importante ministero. D'altronde..non compete
proprio ad un premier la valutazione di un lavoro di squadra di un
governo che si sarebbe dovuto muovere attraverso un programma di
rinnovamento e di vera rottamazione?.
Malgrado
certi entusiasmi dettati dall'articolo di Domenico in favore del
premier, Renzi oggi, pare proteggere
alcuni sottosegretari del governo persino indagati e..forse..anche di
qualche ministro impelagato in faccende ancora poco chiare..
Il
sindaco d'Italia dall'alto della sua supponenza..si esprime
dichiarando con scaltrezza che: "Il successore di Lupi
sarà bravo, non importa la sua tessera”...intanto
tiene saldo l'interim...Sebbene in ritardo la voce di D'Alema
comincia a venir fuori criticando la gestione del Pd descrivendola
arrogante. L'ex primo ministro la definisce anche fin troppo
personale.. aggiungendo che non si può più ritardare un serio
dibattito all'interno del partito.
Al
di là di ogni visione dettata da proprie idee in proposito ..non vi
è dubbio che il caso Lupi abbia portato un certo scompiglio
all'interno della direzione governativa. Posizioni anomale e
controproducenti vengono adesso messe più in risalto ed in evidente
contrapposizione con la tesi di un premier che pare, al contrario,
muoversi senza pesi e misure...
Renzi,
appoggiato in questo pensiero dal capogruppo Speranza, sostiene che
nessuno possa definirsi colpevole finche rimane indagato e che ogni
dimissione non deve essere legata a criteri giudiziari, ma solo a
quelli di “opportunità politica”...Ma l'opportunità politica in
seno ad un governo..non dovrebbe spettare proprio al premier?
Non
dovrebbe essere il Capo di un governo a valutare la circostanza
politica di chi opera all'interno di un governo che si è sempre
proposto di operare attraverso un sano ed retto rinnovamento?
vincenzo
cacopardo
non un nuovo ministro è quello che ci aspettiamo
tutti. Un ministro nuovo per il sistema dei lavori pubblici, troppo a
lungo in mano a persone più o meno coinvolte con il sistema delle
imprese, con le lobbies dei professionisti, insomma con coloro che,
all’atto pratico, sono i fruitori delle decisioni del titolare del
dicastero. I beneficiari dovrebbero essere gli italiani, ma, a dire
il vero, la sensazione è che il beneficio reale sia normalmente
scremato da forti drenaggi illeciti che riducono l’effettiva spesa
pubblica e/o la qualità delle opere realizzate. Non a caso, in pochi
giorni sono crollati due viadotti nuovi, uno in Sicilia, l’altro
nell’autostrada Salerno-Reggio Calabria.
Dobbiamo
dare atto a Matteo Renzi di avere gestito il dossier Lupi con
intelligenza, senza frettolose esternazioni, lasciando che gli eventi
maturassero in maniera tale da rendere necessarie le dimissioni
dell’incauto ministro.
C’è
anche da dire che, ogni inchiesta rivela in modo plateale la stupida
insipienza di politici e burocrati, tutti pronti e felici di parlare
al telefono con il più interpretabile dei linguaggi convenzionali
(«Ti mando mio figlio, vorrei che lo conoscessi». Ma a che scopo?
Sociale, mondano, sportivo? O per quello vero trovargli un posto,
umiliando un uomo giovane come fanno migliaia di genitori italiani
nei confronti di figli che, comunque, hanno raggiunto un titolo di
studio. A dimostrazione di come le famiglie siano le prime nemiche
della libera e autonoma crescita dei loro rampolli). Anche Lupi,
quindi, quando telefona a Incalza, per carità, mai condannato ma
tante volte inquisito, alla fine abbandona ogni prudenza, e non
immagina che a sua volta Incalza, Perotti e & parlino tra loro in
tutta libertà non sapendo (o forse ben immaginando) di possibili
intercettazioni.
Ora,
si volta pagina.
Renzi
è di fronte a una scelta di grande importanza. Non può e non deve
umiliare il Nuovo Centro Destra, l’unico sostegno esterno organico
del suo governo, galleggiante intorno al 3% dei consensi, e tuttavia
necessario per non finire nella spirale dei distinguo e dei non
voglio aperta dalle minoranze del Pd. Ma deve imporre anche un nuovo
ministro, una persona che dia il senso di una vera e irreversibile
svolta nel mondo degli appalti pubblici, trasformandolo da buco nero
a fattore di avanzamento, di ammodernamento e di sviluppo.
Il nome di Raffaele Cantone, persona cui
non abbiamo risparmiato critiche, oggi è il più idoneo a essere
indicato per la successione di Lupi. Non perché è un magistrato, ma
perché, da commissario anticorruzione ha affrontato il tema cercando
di introdurre quei semi di trasparenza e moralizzazione che dovranno
germogliare. Se fosse ministro delle infrastrutture potrebbe
trasformare lo sforzo per raddrizzare le cose, in un radicale
risanamento sin dall’origine, dall’inizio: una nuova legge sugli
appalti pubblici che impedisca deviazioni rispetto al principio della
libera concorrenza; una gestione «day by day» libera da ogni
compromesso, all’insegna del motto che «tra legalità e illegalità
non ci sono vie di mezzo» (e questo non è un concetto radicale, ma
attiene alla fisiologia della vita sociale); che occorre cambiare i
manici, cioè i manager che da decenni gestiscono programmi,
progetti, concorsi e affidamenti. E vanno allontanati coloro che
direttamente o indirettamente hanno intermediato dall’esterno i
rapporti tra le strutture pubbliche e quelle private, giovandosi di
permanenti rendite di posizione. Un rinnovamento che deve comprendere
una valutazione spietata dello stato dell’arte, a cominciare dal
Mose, per il quale si potrà (forse) finalmente vedere una «due
diligence» che spieghi agli italiani l’entità delle ruberie e di
quanto si può e si deve pretendere in restituzione da coloro che
hanno ricevuto tanti quattrini in eccesso rispetto ai costi e ai
prezzi di mercato.
Ma
non solo il Mose, ovviamente: ci sono gli aumenti delle tariffe
autostradali, le questioni della Salerno-Reggio Calabria, sempre
l’Expò e tutte le altre iniziative in corso o in programma.
Resterà
sul tappeto la questione NCD. Se è saggio Renzi l’aiuterà a
sopravvivere alla tempesta e a rafforzarsi, magari con un’intesa
politica con Tosi e gli altri moderati che sono rimasti senza padre
né madre al Centro e al Nord della penisola. Nel Sud e nelle isole,
no: è troppo pericoloso dialogare con i moderati, come dimostra il
caso dell’exsegretario del Pd siciliano Francantonio Genovese, in
questo momento ospitato nelle patrie galere.
Sulla
strada delle riforme non ci si può fermare, ma si deve proseguire
con la forza delle idee.
domenico cacopardo