2 set 2014

Un commento al nuovo articolo del consigliere Cacopardo


TRA IL DIRE E IL FARE

La delusione che serpeggia nel Paese è sostanzialmente infondata. 

Certo, ci aspettavamo miracoli da Matteo Renzi e questi miracoli non si vedono. Ma occorre riconoscere che i miracoli appartengono al mondo della fede, non della realtà politica, economica e sociale.

Infatti, le varie tornate di consigli dei ministri dedicati alle riforme hanno partorito topolini inidonei a cambiare verso all’Italia, a bloccare la crisi e mettere in moto il rilancio dell’economia e dell’occupazione. Quello che è mutato, è il tono della comunicazione, tutta imperniata sulla persona di Renzi, sulle sue idee, sulle sue indicazioni. Insomma, «one-man job» con tutto quello che di positivo (poco) e di negativo (molto) questo significa.

Ci vorranno studi approfonditi di psicologi di massa per spiegare come il Pci, diventato Pds, Ds e, infine, Pd, si sia consegnato mani e piedi a un giovane democristiano, accompagnato da una squadra di giovani democristiani supinamente applauditi da giovani e vecchi excomunisti. Il metodo è la stupida follia che si chiama «primarie», che, senza alcuna garanzia di democraticità sostanziale determinano le candidature (quasi tutte) e gli incarichi direttivi di quel partito. 

E il giovane democristiano cerca di riprendere l’afflato riformista di Antonio Segni (distribuzione delle terre) e da Amintore Fanfani (piano casa, industria di Stato strategica per lo sviluppo, autostrade etc.): propone e fa approvare dal Parlamento norme che, comunque, innovano qualcosa, non tutto ciò che servirebbe. Insomma, secondo il principio che «poco è meglio di niente», dobbiamo essere «non insoddisfatti» dell’avvio della fine del bicameralismo perfetto, dei piccoli pannicelli caldi della riforma della pubblica Amministrazione, di una spezzettata riforma della giustizia, di uno «sblocca Italia», dai contenuti incerti e dagli effetti vicini allo zero.

Chiariamo: la riforma dell’Amministrazione non ha affrontato nessuno dei nodi che impediscono allo Stato di essere alla pari con i partner europei. Due esempi: non emerge l’organizzazione per progetti che tanto ha dato altrove, e non si interviene sulla questione funzionale e morale rappresentata dall’«inhouse». Si tratta delle migliaia di società strumentali costituite dai municipi italiani: un modo per aggirare le normative europee in materie di appalti e forniture e per alimentare il giro della corruzione amministrativa e politica.

Sulla giustizia, dobbiamo rilevare che il cruciale tema della giustizia civile viene risolto (?) con un arretramento dello Stato a favore dell’avvocatura (che amplia le proprie prospettive soprattutto finanziarie): e ciò in quanto non si ha la forza di incidere sulla produttività dei magistrati mettendoli al lavoro con gli standard comunitari.

Infine, le opere pubbliche: non ce n’è una dalla Napoli-Bari alla Palermo-Messina-Catania che sia assistita da progetti esecutivi. Ciò significa che, tra indagini geologiche, rilievi topografici e scelte tecniche non potremo avere progetti esecutivi prima di due anni, a essere ottimisti. E il resto? Solo la Salerno-Reggio Calabria sembra in dirittura d’arrivo.

Diceva Mao Tse Tung «la lunga marcia cominciò con un passo»: se Renzi qualche passetto l’ha fatto è l’Italia che è ancora ferma.



“Il suo governo ormai ha espresso una lunga serie di scorciatoie che tagliano ogni dibattito..ed ingannano ogni sprovveduto cittadino.”

Mi spiace sottolineare che i passetti di Renzi si dimostrano un continuo percorso ricco di illusioni. Il mago della comunicazione riesce a stregare anche perchè privo di validi avversari politici in grado di contrastare la sua politica spavalda ed accentratrice. 

Quel «poco è meglio di niente» stigmatizzato da Domenico la dice tutta su ogni visione realistica nel futuro. Avremo piccoli risultati che lo potranno salvare nell'immagine (poichè peggio di così), ma per il resto aria fritta....

Viviamo quindi appesi nello scherno di poter crescere restando abbagliati dalle parole dell'abile illusionista che in un primo momento aveva assicurato cambiamenti nell'arco di tre mesi ed adesso (come è tipico di chi si esprime attraverso l'ipocrisia).. sono diventati tre anni...(e perchè non dieci?) Teniamo anche presente che all’inizio del suo mandato aveva detto: «Mai più fiducie sui provvedimenti, specie sulle riforme». Il suo governo ormai ha espresso una lunga serie di scorciatoie che tagliano ogni dibattito. Il suo imperativo è fare presto, un ambizioso rincorrere le promesse fatte, tentando di rispettare qualche impegno già preso. Ma siccome.. tra il dire e il fare c’è di mezzo il rapporto con il dibattito in seno al Parlamento, in 100 giorni su 14 decreti legge sono arrivate 13 fiducie. Non dimenticando che anche sul decreto della Pubblica Amministrazione sarà probabile una richiesta di una doppia fiducia, sia alla Camera...come al Senato. 

Se Enrico Letta in 10 mesi mise a segno 12 fiducie, Renzi, con 13 in quattro mesi... ha superato di molto la media dei record nell’utilizzo di questa strana anomalia di marginalizzazione del Parlamento nel ruolo di controllo.

Strano che il capo dello Stato...tanto efficiente nel passato, il quale ha sempre denunciato il pericolo di tali anomalie, oggi taccia e si renda complice di questo intollerabile modo di procedere. Napolitano sembra costretto da un imput suggerito dalle forze politiche europee che paiono condizionarlo sempre di più. Credo che per lui sia oggi molto più nobile abbandonare il suo più che difficile ruolo.. ove poterne ancora venirne fuori con maggiore dignità.
vincenzo cacopardo




1 set 2014

Zucconi.. e quel paragone con la Concordia


di vincenzo cacopardo
Qualcuno come Vittorio Zucconi, paragonando il nostro Paese al Costa Concordia, sostiene che la politica debba unirsi insieme..senza più litigi in modo da poter trovare utili sistemi in grado di poter rimettere in asse la nave istituzionale e trainarla verso un bacino sicuro... Il rischio, secondo il giornalista, potrebbe essere quello di vederla affondare pian piano nella profondità del mare di un sistema economico e sociale che non potrà che consumarla lentamente.
Se il paragone potrebbe apparire abbastanza appropriato..sebbene un po' funesto, credo che non possa essere del tutto condivisibile quell' ”unirsi insieme nella definizione di una politica”.

L'unirsi insieme nei grandi compromessi di una politica che non potrebbe mai pensarla in modo eguale.. ha sempre generato un processo scadente e non esattamente funzionale alle soluzioni. Fino ad oggi continuiamo ad assistere ad un forzato modo di governare con l'insieme di Partiti che non fanno che compromettere la conduzione della politica.. non determinando né idee valide, nè metodi costruttivi. Inoltre questi grandi inciuci della politica generano sovente l'esaltazione di figure che si insinuano proprio per la mancanza di un programma suggerito dalle idee. Figure spesso furbe e preparata comunicativamente, che sovrastano i Partiti e trovano una strada aperta per imporsi con determinazione nei continui conflitti interni generati dagli stessi compromessi.

In realtà se si volesse leggere in profondità, traendo anche spunto dalla considerazione peculiare di Vittorio Zucconi circa il serio rischio di far soccombere la politica ed evitando di farla sprofondare negli abissi come una nave ormai semi affondata, bisognerebbe studiare una separazione del ruolo per una più utile governabilità. Analizzare una nuova via che possa dare spazio libero alle idee di una politica partitica parlamentare, tenendo in piedi una funzione governativa slegata dai Partiti e promossa in modo separato dai cittadini: un amministrativo distinto nella sua configurazione rappresentativa di alta integrità, che lavori senza alcuna linea di compromesso con i ruoli parlamentari dei partiti, ma che segua il programma voluto e votato dai cittadini.

Evitare ogni conflitto tra i ruoli imponendo una netta separazione, ma facendo crescere e fermentare una politica che si attivi di continuo attraverso i Partiti ridisciplinati e rinnovati opportunamente in favore di progetti condivisi con i cittadini. Se noi compromettiamo i ruoli ed in più uniamo tutte le forze politiche in una ricerca compatta, smorziamo l'effetto competitivo utile alla politica e nel contempo soffochiamo la ricerca delle nuove idee per una utile crescita.        

31 ago 2014

nuovo commento di Domenico Cacopardo sul "MOSE"


E così, a 87 giorni dall’esplosione dello scandalo Mose, nulla è, sostanzialmente, cambiato. Solo piccoli fatti nominali. È stato abolito il Magistrato alle acque (un istituto di derivazione dalla Repubblica Veneta e dall’imperial regia amministrazione austriaca, custode di memorie tecniche di grande importanza scientifica, come il progetto napoleonico di estromissione del Brenta dalla Laguna), eliminando virtualmente lo strumento, non la mano che l’ha usato in modo illecito. Scrivo virtualmente perché la riforma della pubblica Amministrazione, di cui ci stiamo occupando su Italia Oggi, nell’abolire il Magistrato ne ha trasferito i poteri-doveri al provveditore alle opere pubbliche. Una «fictio», giacché il presidente del Magistrato è sempre stato anche provveditore alle opere pubbliche e l’ufficio è il medesimo: il Palazzo dogale dei X Savi, a Rialto. Piano terra e primo piano Magistrato, secondo piano Provveditorato. Comitato tecnico unico.

Lo scandalo maggiore, però, riguarda il merito.

Avevamo chiesto una «due diligence» sulla montagna di spese fatturate dal Consorzio Venezia Nuova allo Stato: era lì la fonte degli illeciti, il deragliamento da ogni dovere morale di imprenditori e pubblici funzionari, compresi gli sciami di consulenti e collaboratori esterni. Infatti, c’è un delta tra i soldi effettivamente spesi nelle progettazioni e nelle opere e le fatture presentate allo Stato. Un delta enorme che ha consentito di dissipare quattrini in finanziamenti «liberali» alle più stragavanti iniziative, bonus immotivati (legalmente) ai dipendenti, regalie a politici, partiti e funzionari. Questo delta va indagato e lo deve fare l’autorità amministrativa competente, cioè il ministro delle infrastrutture Lupi. Tanto è vero che, cogliendo i nostri appelli il viceministro Nencini e il medesimo Lupi (una sola volta) avevano annunciato l’avvio della «due diligence», di cui, però, non si è saputo più nulla.

Non c’è dubbio che Lupi scherzi con il fuoco. Era proprio il momento di mostrare agli italiani che l’Amministrazione sa come mettere in evidenza malversazioni e ruberie e come rimettere procedure e lavori sui giusti binari. 

Una «due diligence» avrebbe consentito di definire le dimensioni del rubato addebitandone le responsabilità alle persone giuridiche e fisiche che hanno inventato e realizzato il malaffare. E avrebbe, soprattutto, permesso di definire in modo attendibile le reali occorrenze finanziarie per completare l’opera e liberare Venezia dalla biblica condanna delle acque alte.

Invece, nulla.

E nulla sull’esigenza di commissariare il Magistrato alle acque, il Consorzio Venezia Nuova e le imprese consorziate, compresa la Technital, monopolista delle progettazioni. 

È vero che, da diversi mesi, da quando cioè a Venezia si cominciò a capire che tutto stava per venire fuori, il presidente e il direttore generale del consorzio sono stati cambiati e che essi non hanno poco a che fare con il passato tranne l’incontestabile fatto che sono stati nominati dalle stesse imprese che hanno messo in piedi il meccanismo illecito. Nulla, comunque, vietava che entrambi o uno di loro diventasse il commissario del Consorzio con i compiti specifici attribuiti in questi casi a coloro che sono incaricati di rimettere le cose a posto.

Certo, anche l’autorità giudiziaria sul tema commissariamento sembra insensibile. Una sua iniziativa in questa direzione, infatti, eliminerebbe ogni indugio e ogni tentativo di coprire con la spessa coltre dell’indifferenza burocratica ciò che è successo e ciò che potrebbe succedere.



Sin qui un’occasione persa per la necessaria pulizia e per mostrare agli italiani e agli osservatori stranieri che, per Venezia, sono tanti e occhiuti, come si può, nella legalità, completare un’opera di ingegneria che rimarrà negli annali della storia idraulica.

29 ago 2014

L'oriente si infiamma:Terza o quarta guerra mondiale?


Papa Francesco parla di Terza Guerra Mondiale, ma qualcuno spiega perché siamo alla Quarta.
di vincenzo cacopardo
Il terrorismo islamista incombe e Bergoglio mette davanti le lacrime, le sofferenze e le grida accorate di disperazione dei cristiani e di altre minoranze religiose della terra dell'Iraq. Parla di una intollerabile sofferenza di quella terra. Si esprime con forza inviando un appello urgente alla comunità internazionale per porre fine ad una infinita tragedia umanitaria. Francesco incoraggia tutti gli organi competenti delle Nazioni Unite con parole forti durante gli Angelus in piazza San Pietro 
E' ormai noto che in quella terra cristiani e altre minoranze religiose sono costretti a fuggire dalle loro case ed assistere alla distruzione dei loro luoghi di culto. Bergoglio manifesta la sua preoccupazione, e quella della sua Chiesa, per la sofferenza di tutti coloro che desiderano vivere in pace, armonia e libertà.
Nella sua preghiera, il Pontefice, ricorda le tragiche esperienze del ventesimo secolo e la comprensione che si deve verso l'indispensabile dignità umana che obbliga l'intera comunità internazionale a fare tutto ciò che le è possibile per prevenire ulteriori violenze contro le minoranze etniche e religiose.
Chiunque conosce la situazione di quella terra ormai abbandonata e lasciata in mano alla disperazione di un popolo dove la violenza religiosa del culto imperversa nelle tragedie più inverosimili, dovrebbe comprendere l'importanza di poter agire con urgenza intraprendendo concrete misure umanitarie per rispondere alla situazione disperata di bambini, donne ed anziani che sembrano aver perso tutto. La morte incombe costantemente su di loro e la fame e la sete si fanno sentire.

Il messaggio accorato di Papa Francesco viene ripreso in questi giorni dal giovane filosofo Diego Fusaro :”Siamo in una nuova guerra mondiale, ma non è la Terza, come ha detto Papa Francesco, bensì la Quarta, quella per il dominio globale scatenata da Washington”. Questo, il suo pensiero che spiega e racchiude la politica statunitense in Libia, Iraq e Siria: “C’è del metodo in questa follia”Fusaro, concorda con Papa Bergoglio pur sostenendo che di grande guerra si tratta, ma non proprio di una Terza

Secondo il filosofo la terza è stata la Guerra fredda. La Quarta guerra è quella che gli Usa hanno dichiarato al mondo che resiste alla globalizzazione, cioè alle mire imperialistiche statunitensi. Siria, Libia, Iraq: tre stati passati dal nazionalismo laico alla cappa fondamentalista dopo interventi Usa. La domanda che si pone è dunque: Ma gli Usa ci sono o ci fanno? e poi.:"Obama pochi mesi fa sembrava volesse bombardare Assad. Oggi vuole bombardare i nemici di Assad.”

E' una situazione che pare essere sfuggita di mano, vi sono dinamiche di sicuro incomprensibili è su questo non si può non essere d'accordo, ma non v'è dubbio che ci si possa porre la domanda logica sul significato che può avere oggi l'esportazione di una democrazia in un paese dove l'etica religiosa appare fondamentale e spesso costruita attraverso una cultura a noi poco comprensibile. Se si vuole esportare una democrazia bisogna dunque fare i conti prima con l'importanza che possono avere i suoi principi sulla stessa formazione religiosa e sui rispettivi culti.

Un mondo orientale acceso ed infiammato dove una grossa parte del popolo soffre e non potrà mai riuscire a venirne fuori se l'occidente non si approccia con un aiuto attraverso una logica non imperialista, né sottomessa, ma semplicemente utile ed equilibrata che non imponga e che non privilegi interessi economici, ma che valuti gli aspetti etici in profondità.










Il semplificativo metodo Renziano che preme sulla riforma della giustizia



Ecco i 12 punti su cui verte la riforma proposta dal governo Renzi :



  1. Giustizia civile: riduzione dei tempi. Un anno in primo grado
  2. Giustizia civile: dimezzamento dell’arretrato.
  3. Corsia preferenziale per le imprese e le famiglie
  4. Csm: più carriera per merito e non grazie alla ‘appartenenza’
  5. Csm: chi giudica non nomina, chi nomina non giudica;
  6. Responsabilità civile dei magistrati sul modello europeo
  7. Riforma del disciplinare delle magistrature speciali (amministrativa e contabile);
  8. Norme contro la criminalità economica (falso in bilancio, autoriciclaggio);
  9. Accelerazione del processo penale e riforma della prescrizione;
  10. Intercettazioni (diritto all’informazione e tutela della privacy);
  11. Informatizzazione integrale del sistema giudiziario;
  12. Riqualificazione del personale amministrativo.

In sostanza alla giustizia civile sono dedicati i primi tre obiettivi: processo civile in un anno in primo grado, dimezzamento dell'arretrato e corsia preferenziale per le imprese e le famiglie. 
Per la riforma del CSM si parla di carriera legata al merito e di sdoppiamento delle funzioni fra coloro che giudicano l'operato dei magistrati e coloro che ne determinano gli incarichi, nominandoli.
La responsabilità civile dei magistrati viene ridisegnata sulla base di quella già adottata dai principali Paesi europei, rivedendo in particolare i meccanismi di filtro e rivalsa dello Stato.
La riforma del disciplinare delle magistrature amministrative speciali (amministrativa e contabile).
Contro la criminalità economica, si prevede l'introduzione di nuove norme sul falso in bilancio e sull'autoriciclaggio.
Per il processo penale si punta sull'accelerazione dei tempi e sulla riforma della prescrizione.
Per il capitolo intercettazioni, un impianto normativo che tutelando la privacy dei soggetti comunque coinvolti, non pregiudichi il diritto all'informazione.

Gli ultimi due punti riguardano l'informatizzazione integrale del sistema giudiziario e la riqualificazione del personale amministrativo, ai quali il ministro Orlando in conferenza stampa ha dedicato parole importanti, indicando nella prima "la strada maestra per il processo civile" e ritenendo che "la questione del personale amministrativo della giustizia è la questione più importante di tutte quelle di cui abbiamo discusso finora" perché, ha proseguito, "le migliori norme del mondo non camminano se non ci sono gambe forti".


Questo ultimo obiettivo resta valido solo se si potranno definire in modo più realistico le risorse necessarie che possano fornire un organico più funzionale, in caso contrario restano aria fritta. Le gambe forti proposte dal ministro Orlando..quali dovrebbero essere? Quale nuova proposta per far sì che un organico funzioni?

Se pur valide tali riforme... rimangono incerte ed approssimative, riguardo al processo civile e le proposte di un dimezzamento dell'arretrato..Insomma.. come si intende voler procedere nel merito al fine di ottenere un dimezzamento? Si trattasse di dover dare un taglio... attraverso quale metodo... al fine di non danneggiare chi merita giustizia ?
E' da considerarsi sicuramente valida una nuova disciplina riguardo al falso in bilancio ed autoriciclaggio, ma quando si entra nel processo penale si intende voler accellerare i tempi al fine di poter contenere i termini della prescrizione. Si.. ma attraverso quale metodo e quali cautele nei confronti dell'accusato?

Si ha la netta sensazione che si vogliano risolvere i nodi di questa disciplina attraverso il solito metodo Renziano della semplificazione, in modo quasi approssimativo e senza considerare in modo primario un piano di ristrutturazione che parta dalla riorganizzazione di un organico che necessita di risorse per poter rendere più funzionale il lavoro stesso dei magistrati. Ma la disciplina che guida le regole della giustizia merita un'analisi più profonda ed un sistema di funzionamento che parta dalla riorganizzazione di un organico fondata su una seria proposta che faccia un uso efficiente delle risorse necessarie.

L’argomento della giustizia è uno dei più sentiti che dovrebbe poter camminare di pari passo con quello della sicurezza, proprio perché strettamente collegati tra loro in un unico problema che tocca da vicino la libertà del singolo cittadino. Un argomento delicato ed impegnativo in relazione con i poteri dello Stato. I valori dell’equilibrio e della funzionalità risultano perciò certamente essenziali per affrontare questo tema, ma non potranno essere risolutivi se non se ne aggiungono altri come innovazione, coordinamento e metodo.
vincenzo cacopardo

27 ago 2014

Pragmatismo e crescita...



"SENZA IDEE...POCHE  SPERANZE"
di vincenzo cacopardo

Non v'è dubbio che nel momento storico attuale, si sopravvive attraverso l’unica risorsa mentale della tangibilità e della concretezza. Questo arido percorso mentale, sembra purtroppo opporsi con forza alle iniziative ed alle idee. Un percorso che ha reso più forza a principi di furbizia e che premia costantemente una certa ignoranza od interessi personali. Non ci si può dunque meravigliare della mancanza di ogni possibile crescita sociale!

Quando nel passato Platone stesso ci informava sulle “ idee” ponendole come fondamento del suo stesso principio filosofico, contribuiva... forse inconsapevolmente... a porre le basi essenziali della filosofia occidentale, poichè... per lui.. queste erano il presupposto della conoscenza ed avrebbero contribuito alla formazione dell'essere legata al proprio pensiero.

Negli ultimi tempi... il mondo intero sembra aver dimenticato ed aver preso la strada più semplice della ricerca di soluzioni concrete e pragmatiche, rendendo irresponsabilmente più difficile una costruzione dello sviluppo basata sulle idee e così, anche la politica sembra essersi rinchiusa in questa ristretta mentalità, mettendo in primo piano una visione fin troppo realistica che occlude sempre di più ideali ed inventiva.  Attenzione però...ciò non vuol dire che il pragmatismo non debba avere la sua valenza positiva...ma quando si intende porlo come “la teoria di una verità” volendolo identificare come esclusivo principio di utilità pratica.. e senza la base di una ricerca di pensiero che coinvolga le idee, si finisce col non rendere mai alcun positivo funzionamento allo sviluppo.

Oggi...figure come Matteo Renzi, Alfano, Berlusconi e consimili, sono l'espressione assiomatica di come ogni procedura breve per una soluzione si concretizza in modo semplificativo.. condannando ogni possibile ricerca creativa più funzionale. Ma se la visione realistica può accompagnare ogni percorso amministrativo... quella delle idee risulta essenziale per guidare una vera crescita nel suo complesso.

Questi (nella loro visione non propriamente politica) nell'assurdo silenzio dei Partiti che li accompagnano.. ridotti a veri ectoplasmi ed incapaci di opporre alcun pensiero, comunicano ed agiscono col pragmatismo tipico dei tempi odierni: Una interpretazione realistica e semplificata che tanto sembra piacere a quei cittadini che poco tempo hanno per pensare. Ma possiamo davvero sperare che, insistendo su questa strada, la maggioranza dei cittadini riuscirà mai ad interpretare la crescita attraverso le idee.. se non inseguirla stoltamente solo attraverso una figura predominante che finisce per incantarli?

Lo stesso fatto che un Premier resti a capo di un partito è la rappresentazione tipica di come si tenda a dare forza ad un disegno dove l'unione dei due ruoli possa determinare con facilità ogni risultato. Ma l'esito..(qualunque sia).. risulterà sempre meno valido in termini qualitativi! Si perde sempre di più il valore di un pregio caratteristico e si accresce in un 'assolutismo accompagnati da quel pragmatismo tanto cinico.. quanto esageratamente forzato e minimale.

La politica non è solo capacità amministrativa...se così fosse i Partiti non avrebbero alcuna ragione di esistere! La cultura deve sposarsi con la realtà e questa deve potersi plasmare con le idee per un riscontro di vero funzionamento. In questi casi l'unico principio che può risultare utile per un percorso più efficace è proprio quello dell'equilibrio.


Ma come potrà mai convivere un principio di equilibrio.. se viene soffocato in partenza da quella costante procedura pragmatica condotta col l'uso forzato di un personalismo e di un conseguente determinismo?   

post correlati: Studio e analisi: il pragmatismo, le idee e l'equilibrio

Una interessante e condivisibile nota sulla nuova riforma della P.A. di Domenico Cacopardo



Nel clima moralistico (non morale) che s’è impadronito dei legislatori, sia del governo che del Parlamento, c’è una categoria di dipendenti pubblici che riesce a sfuggire a ogni tagliola. Pensiamo agli avvocati dello Stato che, all’art. 9 della riforma della pubblica Amministrazione, si vedono riportati (comma 4) al 50% delle somme recuperate nell’ipotesi di sentenza favorevole. A dire il vero la previsione del decreto-legge 90 era più drastica, il 10%, ma la «lobby» di via dei Portoghesi (sede dell’Avvocatura generale) ha funzionato a meraviglia, ottenendo un riconoscimento francamente scandaloso. Che si aggiunge agli altri compensi che si aggiungono allo stipendio base: arbitrati e collaudi, compreso quello, incredibile, del Mose. 

Non solo, nei confronti dei privilegiati di cui sopra il limite dei 240.000 euro di retribuzione non si applica: infatti (comma 7) i compensi da sentenze favorevoli possono raggiungere una somma non superiore al trattamento tabellare complessivo. In questo modo, quindi, un avvocato dello Stato raggiunge abbastanza facilmente i 480.000 euro di compensi annuali. 

In teoria e nella pratica il limite dei 240.000 euro è una stupidaggine: se lo Stato vuole giovarsi di spiccate professionalità deve poter corrispondere retribuzioni concorrenziali con quelle private, in un quadro normativo che renda l’incarico dirigenziale o professionale precario com’è precario il dirigente delle aziende private. 

Tuttavia, la crisi ha esaltato il donmilanismo serpeggiante negli exdemocristiani pauperisti e negli excomunisti egualitari: come nella scuola ci si deve adeguare alla velocità di apprendimento del più lento degli scolari, così nel pubblico impiego anche per funzioni dirigenziali strategiche (la direzione generale del Tesoro, per esempio) il valore di mercato del titolare non conta, dato che si deve rispettare la «pruderie» in voga.

Rimane incomprensibile il perché personaggi di lungo corso come Luigi Zanda, che tante valide esperienze hanno fatto nella pubblica Amministrazione allargata, si siano lasciati andare a un andazzo in cui viene privilegiato il conformismo renziano, rispetto alla razionalità legislativa. 

La riforma allarga le possibilità che sindaci e presidenti di regioni possano nominare consiglieri di fiducia: rispetto al passato viene eliminata la necessità di un adeguato «curriculum», in coerenza con la tendenza –attuata- alle dequalificazione degli «staff» e del personale di governo.

C’è poi quello che, ai tempi di Cirino Pomicino, si sarebbe chiamato un marchettone. All’art. 12, infatti, viene istituito un Fondo destinato all’Inail per la copertura degli obblighi assicurativi dei soggetti coinvolti in attività di volontariato a fini di pubblica utilità sociale e delle relative organizzazioni. 

Nel calderone immaginato dal governo e accettato dal Parlamento, ricadono le Onlus e gli Ong, un immenso mondo (1.ooo.ooo di sigle registrate, sembra) nel quale prosperano profitti defiscalizzati per soggetti spregiudicati che speculano sullo sforzo generoso di molti giovani e sul loro spirito di avventura. L’estensione delle coperture sarebbe accettabile solo nel caso che fosse accompagnata da una norma di revisione delle situazioni in essere e dal depennamento di chi usa le attività umanitarie per scopi personali. 

Vengono poi aboliti gli incentivi alle progettazioni (in-house) e viene istituito un fondo per la progettazione e l’innovazione pari al 2% degli importi a base di gare di un’opera (qui il legislatore dimostra la totale non-conoscenza della materia aggiungendo «o di un lavoro». Lavoro e opera nel diritto amministrativo sono usati come sinonimi). 

Le due norme sono stupide e contraddittorie, rispetto alla Weltanschauung (la visione del mondo) renziana: l’abolizione degli incentivi alle progettazioni dequalificherà ulteriormente i dipendenti pubblici dotati di professionalità ingegneristiche e architettoniche, spingendoli a non assumersi la responsabilità di nessun elaborato. Il 2% della base d’asta per progettazioni e innovazione è una cifra inferiore alle tabelle in uso e costringerà a giovarsi di professionisti disposti a «giocare al ribasso.»

Insomma, la saga dell’incompetenza continua.








26 ago 2014

Breve nota ad un nuovo articolo di D. Cacopardo



FIGLI DI UN DIO PEGGIORE
È l’improvvisazione la cifra della politica estera europea, affidata all’ectoplasma denominato «Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza» nella persona della britannica baronessa Catherine Ashton. Almeno sino alla fine del mese, quando la nuova Commissione (il governo comunitario) sarà nominata. Se il successore sarà l’attuale ministro degli esteri italiano, Federica Mogherini, l’Europa sarà rappresentata nel concerto internazionale da una persona ancora più evanescente di chi l’ha preceduta, con un «curriculum» più povero. L’unico risultato politico dell’operazione sarà stato quello di liberare un posto e permettere il rimpasto del governo italiano.

A Bruxelles, invece, a quel punto l’unica voce autorizzata a parlare in nome dell’Italia sarà quella di Matteo Renzi che vorrebbe essere uno degli attori della scena europea, medio-orientale e, perché no, transatlantica.

Non ha messo in conto, il «premier» che il disastro incombe sull’Europa e sugli Stati Uniti: una situazione prebellica che, per un qualsiasi imprevisto può scivolare in conflitto generale. 

Non è vero che sia in corso la terza guerra mondiale, come ha sostenuto papa Francesco I (non trattandosi di materia di dottrina della fede, la critica è consentita). Ci sono una serie di guerre sanguinose che tormentano il Medio oriente e l’appendice Sud-occidentale dell’eximpero sovietico.

Sembra che un Dio peggiore si sia impadronito di vaste zone, tutte drammaticamente vicine a noi, e che soffi un alito d’odio nelle menti e nei cuori degli uomini. 

Certo, l’Occidente ha commesso degli errori, primo fra tutti quello di non governare il post-Saddam in Iraq (ora il post-Kharzai in Afghanistan) e, poi, quello di immaginare tante sollevazioni popolari (?) in Libia, Tunisia, Egitto e Siria. In realtà, s’è svegliato il mostro che aveva percorso il continente dopo la caduta di Costantinopoli (1453), sino alle risolutive battaglie di Belgrado (1456), Vienna (1529), Lepanto (1571) e l’ultima di Vienna (1683) vinta per merito del principe italiano Eugenio di Savoia.

Per fortuna, per il momento, la guerra è infraislamica, tra sunniti e sciiti, con vari sostegni finanziari, non immaginabili da chi esamina gli interessi delle parti in campo con il criterio della ragionevolezza. Non si spiega, per esempio, perché il Qatar sostenga l’autonominatosi califfo dell’Isis e le sue bande di tagliagole, né perché anche l’Arabia saudita e il Kuwait, in modo più nascosto siano alleati degli integralisti. Il timore d’essere coinvolti nella destabilizzazione, forse, li spinge a sostenere coloro che potrebbero celebrare il funerale sanguinoso delle loro classi dirigenti. 

In Italia, alcuni miserabili, capeggiati dal comico Grillo, ma anche dai seguaci dell’inguardabili Vendola, inneggiano ai tagliagola e votano contro l’invio di armi ai peshmerga curdi. Invio sul quale ci sarebbe da ridire molto: in fondo si tratta dell’ennesima cinica operazione di smaltimento di stock inutilizzati, forse inutilizzabili, senza l’assunzione della responsabilità collettiva dell’Unione nell’opporsi alla crescita dei movimenti terroristici. Da oggi, dobbiamo guardarci le spalle in casa, dato che la decisione non sarà priva di conseguenze.

Dall’altro lato, nel quadrante ucraino, abbiamo raggiunto il massimo dell’autolesionismo, visto che la repubblica di Kiev, dopo una serie di improvvide manovre euro-americane ha espulso il presidente legale, finendo nelle mani dei gruppi neonazisti (naturalmente antiebraici) che, oggi, dirigono il ministero degli interni e costituiscono il nerbo delle milizie. La cancelliera Merkel, quindi, è andata a Canossa (Kiev) per indurre alla ragionevolezza gli ucraini, la cui dipendenza energetica dalla Russia è ineludibile (come la nostra). 

La condanna continentale, però, è quella di non avere leader e leadership, salvo, appunto, la cancelliera, la cui forze è tutta nella limitatezza dei suoi orizzonti, delle sue ferme impostazioni: un ragioniere nella sala comandi, insomma.





Dio peggiore o migliore che sia... un dato di fatto sembra certo e cioè che l'islamismo sta insinuandosi con forza e supremazia anche in alcune zone del mondo in cui i principi del cristianesimo dominavano. La pessima figura operata dai Paesi dell'occidente in Iraq dopo la caduta di Saddam, ci da anche la prova di come questi delicatissimi casi internazionali non vengono mai affrontati col giusto occhio e di come.. in nome di una democrazia ..sembrano volersi guidare principi occidentali che restando indefiniti.. spesso si rivoltano contro. 

Le parole del Pontefice anche se legate alla dottrina della sua fede, hanno sempre lo scopo di un richiamo verso la ricerca della pace. In quanto alla ministra Mogherini ed allo sfogo di Domenico Cacopardo sulle sue deboli..se non addirittura ignote, capacità di poter esercitare il ruolo internazionale di cui tanto si parla, non possiamo di certo dimenticare che lo stesso Premier Matteo Renzi ha sempre posto queste figure femminili di debole personalità a suo fianco a scopo di immagine, ma sicuramente.. al fine di poterle guidare a suo piacimento...

A tal proposito credo anche che il “guardarsi le spalle” riferito al nostro Paese.. sottolineato da Domenico, se pur doveroso..possa risultare persino pleonastico.
vincenzo cacopardo

22 ago 2014

Un commento alla nuova analisi di Domenico Cacopardo



Dateci un progetto

Il battello è in mare aperto, nella tempesta. Il capitano è al primo comando, sin qui ha governato barchette, e l’equipaggio è composto, in parte, da neofiti. Il naufragio è possibile, probabile. 

Solo l’istinto di conservazione ci spinge a tenere duro scrutando l’orizzonte in cerca di una rassicurante rada.

Questo è il momento che l’Italia vive e le notizie che si susseguono confermano l’idea che non ci sia un progetto complessivo rispetto al quale i provvedimenti di riforma si susseguano con coerenza. 

No. Purtroppo il progetto non c’è né ci sarà. L’Europa, dal canto suo, si fonda su un unico pilastro: un’austerità che ha come capitello il Fiscal compact. Il resto è illusione e propaganda.

Anche la presunta elasticità per spingere al rilancio un continente in recessione non trova reali sostegni in una burocrazia tetragona a ogni novità, incapace di trar lezione dai propri errori: e di errori di valutazione è lastricato il percorso comunitario dal 2007 a oggi. 

La stessa Bce ha sbagliato ogni previsione e si ritrova prigioniera della Germania e della Bundesbank ancorate al rifiuto di ogni sforzo che possa coinvolgere il risparmiatore tedesco nel disastro del debito pubblico italiano. Anche se, in misura insufficiente e tardiva, il contribuente tedesco ha partecipato al salvataggio di Grecia, Spagna, Portogallo e via dicendo. Ma là, in quelle aree, c’era una spiccata esposizione delle banche germaniche, quelle stesse banche che all’inizio della crisi si erano rapidamente alleggerite dei titoli italiani, contribuendo al tracollo del 2011. 

Certo, lo sappiamo tutti, c’è un problema di credibilità del nostro Paese a Bruxelles: ed esso non può essere risolto con una girandola di dichiarazioni cui corrispondono solo buone intenzioni e mezze riforme in itinere. La questione viene da lontano, dallo sconsiderato modo di presentarsi sul palcoscenico internazionale di Silvio Berlusconi, nonostante la seria politica di Tremonti che s’era rifiutato di scodinzolare (come altri, dopo di lui) davanti a commissari, funzionari e banchieri rivendicando un approccio pragmatico alla crisi, contenimento degli effetti evitando ogni choc.

Purtroppo, in questo momento, dobbiamo fare i conti pure con le sprovvedute idee di esponenti della maggioranza, nel governo e fuori. Cesare Damiano, il ministro del lavoro dello scasso delle pensioni (con la revoca dell’allungamento dell’età lavorativa) e altre sciocchezze vetero-marxiste, e che oggi ricopre il delicato ruolo di presidente della commissione lavoro, se ne esce con un ennesimo divieto a toccare l’art. 18. Tema sul quale anche Renzi svicola ricorrendo al noto benaltrismo («Il problema non è l’art. 18 ma la riforma complessiva»). Non capisce, l’esimio onorevole Damiano, che le sue semplici dichiarazioni contribuiscono ad accentuare l’incertezza del Paese e degli imprenditori. E dimentica che solo gli imprenditori possono invertire i dati della disoccupazione, investendo i loro denari.

L’altro sconsiderato dichiaratore è il ministro Poletti che immagina (e con lui il premier) un’operazione sulle pensioni al di sopra dei 3.500 euro in busta paga, allargando il contributo di solidarietà già istituito, dichiarato incostituzionale e reintrodotto.

Per carità, bisogna fare tornare i conti, certo. Ma perché nessuno, nel governo, affronta il problema delle oltre 10.000 società pubbliche e dei centri di spreco che rappresentano?

Se Renzi non affronterà, sul serio, il radicale taglio della spesa pubblica, riproducendo quel deficit spending che alimentò Dc e Pci e che ora alimenta gli eredi, non usciremo dalla crisi e continueremo ad avvitarci tra tasse crescenti e recessione.

Questo è il punto: cambiare verso non a parole, ma coi fatti.




Taglio alla spesa..ma anche utili progetti per la crescita...uno fra questi....

La crisi è davvero profonda.. ed ormai siamo tanto avvitati in tasse e recessione da non poter riuscire a venirne fuori se non attraverso un cambiamento sistemico che possa radicalmente mutare l'impostazione socio economica a livello internazionale. 

E' vero..il fiscal compact..sembra procedere inesorabilmente e con estrema decisione.. imposto da un'Europa che non pare guardare ad una crescita reale. Sembriamo imbrigliati in un circolo vizioso dal quale è impossibile uscirne..Si continua a procedere secondo schemi finanziari guidati dalle potenze economiche in base a principi che non potranno mai portare vantaggi reali all'economia..il tutto con continui sacrifici da parte di chi lavora onestamente...Ma che senso può mai avere tutto questo?..quale fine potrà rendere?

La visione dall'esterno sull'operato di questo governo appare misera, insufficiente e sempre più spesso inadeguata ... cioè priva di vere idee che possano rimettere in moto il motore di una economia già da tempo bloccato.

Scrive bene Domenico a proposito del taglio alle spese, che potrebbero essere contenute, ma credo che il problema dovrebbe anche essere considerato nell'ottica degli investimenti più utili a beneficio del Paese. Nessuno ad esempio si concentra con dovuta attenzione al grande patrimonio del sud e alla sua potenziale crescita basata investendo nelle necessarie infrastrutture di cui avrebbe bisogno. Come ho già avuto modo di sottolineare, al sud manca ormai una politica capace di immedesimarsi positivamente sullo sviluppo del proprio territorio..capitalizzarlo..renderlo attivo e funzionale...farlo crescere in modo adeguato.

Se da parte dello Stato centrale non si riesce ancora a capire l'importanza di rimettere ordine e potenziare il patrimonio di gran parte del meridione attraverso un piano ed un progetto studiato in base alle esigenze territoriali, nello stesso mezzogiorno.. sembrano non esistere figure politiche capaci di rendersi attive e predisposte per un suo appropriato sviluppo. Ma un simile studio, affrontato col dovuto metodo, potrebbe forse essere utile alla necessità che abbiamo di renderci credibili a Bruxelles. 

Uno studio serio per lo sviluppo di questa parte del territorio che muore ogni giorno di più, al fine di non trascinare nel baratro anche quella che sembra essere la differente realtà del Nord industrializzato..già di per sé penalizzata dall'austera economia di questi anni.
vincenzo cacopardo














19 ago 2014

La giustizia: una riforma che non può mirare alla semplificazione..


il ministro per la giustizia Orlando
di vincenzo cacopardo
Non si può dar torto a chi vuole mettere in ordine la giustizia attraverso una riforma che possa renderle maggior funzionamento, ma non si può nemmeno criticare un ordine giudiziario da tempo privo delle risorse occorrenti perchè tale funzionamento diventi realtà. Piercamillo Davigo, oggi consigliere di Cassazione, in un dibattito, ha sentenziato che la riforma messa in cantiere dal ministro di Giustizia Andrea Orlando «si occupa di cose sostanzialmente inutili». Dal canto suo il ministro ritiene invece utile la sua riforma del processo civile, per il sovraffollamento di ben cinquemilioni di cause ferme e una media di 940 giorni per una prima definizione.
A chi dare ragione? Pur restando critico per certi aspetti nei riguardi di alcuni magistrati, credo sia da ritenersi valida l'attenuante da parte degli stessi per la gran mole di cause impossibili da esaminare senza le dovute risorse che possano offrire maggior organico alla stessa organizzazione giurisdizionale. In base a ciò è anche da ritenersi difficile poter affrontare con serietà il tema della responsabilità civile dei magistrati che, con cognizione di causa.. si rifugiano sul numero sproporzionato di processi proposti quasi volutamente da una autentica lobby di avvocati, e che, sempre secondo l'alto magistrato, pare vivere irresponsabilmente di nuove cause pretestuose.
Per questo motivo lo stesso Davigo afferma che il governo sta cercando in tutti i modi di fissare una durata massima dei processi invece di cercarne di ridurre il numero al fine di snellire l'attività ed il difficile lavoro della magistratura. Secondo il magistrato quindi, occorre disincentivare il ricorso alle cause, civili e penali.
Non c'è alcuna certezza che una riforma sulla responsabilità dei giudici possa assicurare tempi più rapidi ai processi e migliore qualità della giustizia, inoltre credo che bisogna stare attenti a valutare meglio il differente operato del giudicante da quello del requirente, il quale potrebbe con maggior facilità operare in modo scorretto venendone sempre fuori adducendo futili motivi di opportunità. Una seria riforma della giustizia, oggi, dovrebbe sottolineare di più la differenza tra questi due ruoli, ponendo responsabilità diverse sull'attività del requirente, ma offrendo a tutta la struttura quelle risorse necessarie senza le quali, nessuna vera riforma potrà mai risultare utile: Il magistrato non ha nulla che assomigli ad una squadra di aiuti e assistenti che lo possano assistere come nel caso di un primario.
Ricordiamoci del lavoro complesso che svolge un magistrato che deve fare tutto da solo per il compito assegnatogli: deve assumere le prove, esaminare i documenti, ricercare i precedenti, scrivere le sentenze oltre naturalmente tutti i vari provvedimenti. Costringere un magistrato ormai esperto a scrivere fatti puramente storici o una motivazione che qualunque uditore potrebbe benissimo scrivere al suo posto, rappresenta un chiarissimo spreco delle risorse umane di quella che dovrebbe considerarsi “azienda giustizia”.Il suo lavoro potrebbe essere messo a confronto con quello che potrebbe svolgere un primario ospedaliero qualora gli si imponesse di far lui le analisi cliniche o le radiografie e persino praticare le iniezioni prescritte. Tutto ciò è un chiaro spreco di intollerabili proporzioni al quale bisognerebbe porre rimedio circondando il magistrato esperto, di un gruppo di ausiliari, magistrati come lui, anche se con minore esperienza, ai quali possa essere affidata la assunzione delle prove,la ricerca dei precedenti, lo studio giuridico pertinente ed in fine, la stesura delle sentenze. In questo caso, il vantaggio che ne deriverebbe sarebbe principalmente di qualità, ma anche di una riforma che guardi con maggiore attenzione alla velocità per la soluzione dei casi e con un incremento notevole della produzione complessiva.
Come siamo ormai abituati a constatare, questo governo si muove per  il suo percorso senza alcuna logica di funzionamento, ma con l'esclusivo principio della fretta e della semplificazione ..per poter stabilire riforme che mirino al risparmio, persino quando l'argomento, come in questo caso, risulta essere strettamente legato alla libertà e la dignità dell'essere umano.