25 giu 2013

La posta di Paolo Speciale

Summum ius summa iniuria? di Paolo Speciale

L'odierna sentenza di primo grado del Tribunale di Milano che infligge al Cavaliere sette anni di reclusione e la perpetua interdizione ai Pubblici Uffici, pur nella sua indiscussa legittimità, purtroppo non fa che riproporre drammaticamente – anche perchè riferita ad un capo di imputazione scabroso e disagevole – ogni evidente ed innegabile attinenza tra il potere politico-elettivo e quello giudiziario.
La materia in questione, molto complessa, riguarda la tutela dell'autonomia ed indipendenza del potere giudiziario da ogni altro potere. Ma cosa si intende per autonomia e/o per indipendenza? Senza correre il rischio di incappare in argomentazioni considerabili empiricamente antitetiche diciamo subito che non esiste affatto una reale indipendenza di ciascuna delle tre funzioni pubbliche principali dalle altre due. E la superiore giurisdizione costituzionale stenta da un ventennio a questa parte a trovare la soluzione al rompicapo sul quale il re di Arcore ha astutamente fondato e geneticamente caratterizzato la propria dottrina politica. Verità storica e non già fantasia delirante è infatti la intrinseca possibilità non già dell'errore giudiziario puro, ma dell'esercizio del potere requirente e giudicante talvolta viziato da contingenti quanto evidenti incompatibilità che non a caso sfuggono ad una pubblica opinione dominante purista e goffamente convenzionale, che considera la possibile riforma del sistema giudiziario solo il pretesto strumentale per renderlo ancora più vulnerabile.
Dall'altro lato, come immaginare un potere esecutivo non soggetto e quindi non dipendente da quello legiferante e di controllo costituito dal Parlamento? E quest'ultimo non è anch'esso soggetto, di fatto, ad un potere di inquisizione divenuto per consuetudine condanna definitiva e quindi limitazione del diritto a ricoprire cariche pubbliche conferite dalla base popolare? Per non parlare della Suprema Corte, nominata per un terzo dei suoi componenti dal Parlamento in seduta comune.
Interdipendenza reale dunque, tra i poteri, e non presunta.
Si dirà giustamente che altre sono le priorità in questo momento di crisi che ha visto addirittura nascere un governo di ampia convergenza. Ma se proprio da questo governo venisse trattata siffatta controversa materia se non altro per ricondurre la lotta politica democratica sui giusti binari della competizione ideologica e progettuale nell'interesse della comunità invece che su improbabili avalli o meno di legittimità di impedimento che – comunque – vanno parimenti garantiti?


                       - Una domanda alla politica disattenta

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