Summum ius summa
iniuria? di Paolo Speciale
L'odierna sentenza di
primo grado del Tribunale di Milano che infligge al Cavaliere sette anni di
reclusione e la perpetua interdizione ai Pubblici Uffici, pur nella sua
indiscussa legittimità, purtroppo non fa che riproporre drammaticamente – anche
perchè riferita ad un capo di imputazione scabroso e disagevole – ogni evidente
ed innegabile attinenza tra il potere politico-elettivo e quello giudiziario.
La materia in questione,
molto complessa, riguarda la tutela dell'autonomia ed indipendenza del potere giudiziario
da ogni altro potere. Ma cosa si intende per autonomia e/o per indipendenza?
Senza correre il rischio di incappare in argomentazioni considerabili
empiricamente antitetiche diciamo subito che non esiste affatto una reale
indipendenza di ciascuna delle tre funzioni pubbliche principali dalle altre
due. E la superiore giurisdizione costituzionale stenta da un ventennio a
questa parte a trovare la soluzione al rompicapo sul quale il re di Arcore ha
astutamente fondato e geneticamente caratterizzato la propria dottrina
politica. Verità storica e non già fantasia delirante è infatti la intrinseca
possibilità non già dell'errore giudiziario puro, ma dell'esercizio del potere
requirente e giudicante talvolta viziato da contingenti quanto evidenti incompatibilità
che non a caso sfuggono ad una pubblica opinione dominante purista e goffamente
convenzionale, che considera la possibile riforma del sistema giudiziario solo
il pretesto strumentale per renderlo ancora più vulnerabile.
Dall'altro lato, come
immaginare un potere esecutivo non soggetto e quindi non dipendente da quello
legiferante e di controllo costituito dal Parlamento? E quest'ultimo non è
anch'esso soggetto, di fatto, ad un potere di inquisizione divenuto per
consuetudine condanna definitiva e quindi limitazione del diritto a ricoprire
cariche pubbliche conferite dalla base popolare? Per non parlare della Suprema
Corte, nominata per un terzo dei suoi componenti dal Parlamento in seduta
comune.
Interdipendenza reale
dunque, tra i poteri, e non presunta.
Si dirà giustamente che
altre sono le priorità in questo momento di crisi che ha visto addirittura
nascere un governo di ampia convergenza. Ma se proprio da questo governo
venisse trattata siffatta controversa materia se non altro per ricondurre la lotta
politica democratica sui giusti binari della competizione ideologica e
progettuale nell'interesse della comunità invece che su improbabili avalli o
meno di legittimità di impedimento che – comunque – vanno parimenti garantiti?
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