Certo, governare significa imbattersi quotidianamente in interessi contrapposti, tra i quali è necessario mediare.
La novità annunciata da Renzi consisteva nell’imboccare senza incertezze il cambiamento («L’Italia cambia verso» il suo slogan) abbandonando la via del compromesso in favore di coerenti pacchetti di norme, rivolte a riformare il tanto di decrepito e inaccettabile che impedisce alla Nazione di riprendere la sua strada.
Purtroppo, alle parole non sono seguiti fatti del medesimo segno. Anzi.
Senza tornare sul «Jobs act», le cui sgangheratezze emergono ogni giorno di più (ma l’abbiamo scritto sin da quando Renzi s’è insediato a Palazzo Chigi che la sua squadra era inadeguata), soffermiamoci sul decreto Milleproroghe appena approvato dal governo.
In esso il ministro Lupi, l’assente della vicenda Mose, è riuscito a fare inserire due nuovi regali alle società di gestione autostradale.
Il primo consiste in ulteriori sei mesi di tempo (nuova scadenza il 30.6.2015) per presentare le proposte definitive per l’integrazione tra tratte diverse tra loro (per dirne una il raccordo Autobrennero-Autocisa), in modo da raccogliere il beneficio introdotto dallo Sblocca-Italia: il rinnovo automatico delle concessioni correlato agli investimenti per l’integrazione medesima.
La norma dello Sblocca-Italia è sicuramente contraria alle norme comunitarie in materia di concorrenza.
Il secondo riguarda nuovi aumenti delle tariffe, cresciute negli ultimi anni ben al di là dell’inflazione programmata e di quella reale.
Da tempo tutto il sistema delle concessioni autostradali con il dominio dell’Aiscat (l’associazione delle imprese di gestione) puzza e puzza molto. Non solo per il sistematico aumento delle tariffe, ingiustificabile in periodo di recessione, di assenza di inflazione e di costi sostanzialmente stabili, ma anche per la modestia degli investimenti correlati, visto i tempi biblici per la realizzazione delle nuove opere. Basti pensare alla Variante di valico sulla Bologna-Firenze, la cui inaugurazione è prevista per la fine del 2015, oltre dieci anni dopo l’avvio dei lavori (il protrarsi dei lavori provocato da un ben controllato –cioè contenuto- flusso finanziario).
L’aspetto più critico del sistema è la sua totale opacità.
Partiamo dall’inizio: la rete di autostrade italiane è stata realizzata per il contributo finanziario dello Stato (in conto capitale e/o in conto interessi) e degli italiani (tariffe). I gestori non hanno corso alcun rischio imprenditoriale, salvo quello relativo alle proprie inefficienze e incapacità organizzative.
Nei primi quarant’anni, l’operazione risultava accettabile in quanto gran parte dei concessionari era di proprietà dello Stato o degli enti locali e, quindi, un certo perseguimento di fini non meramente speculativi poteva essere immaginato e riscontrato.
La privatizzazione degli anni ’90 avvenne con modalità molto criticate e che considero inaccettabili, visto che il compratore di Autostrade acquistò indebitandosi con il sistema finanziario nazionale, talché negli anni successivi gli utili di gestione servirono in gran parte a restituire alle banche il capitale ricevuto in prestito e per pagarne gli interessi.
C’era una sola cosa da fare, sin dall’inizio, cioè sin dal primo aumento di tariffe e proroga delle concessioni (ministro Di Pietro): verificare, non tramite gli uffici dell’Anas ma per mezzo di un «audit» approfondito affidato a un soggetto esterno specializzato (ce ne sono tanti di prestigio e indipendenti), i dati economico-finanziari e quelli tecnico-progettuali prospettati dalle società autostradali e rendere tutto pubblico. Compreso il delicato aspetto della cosiddetta «riserva», la quota cioè di lavori che i concessionari dichiarano di realizzare «in-house», mediante, cioè, imprese di costruzioni partecipate.
Se Renzi intende dare sostanza alle proprie affermazioni di rinnovamento, questa è l’occasione per fare chiarezza. Lasci perdere le pressioni di Lupi, consulti Raffaele Cantone, commissario anticorruzione, disponga la «due diligence» che occorre e, solo dopo avere esaminato i risultati di questo lavoro, decida sul futuro di concessioni e tariffe. Meno corda ai soliti marpioni del sistema, più trasparenza e interesse pubblico.
domenico cacopardo
Se governare rimane uno scopo... gli interessi saranno sempre contrapposti..se diventa un fine ..gli interessi potranno essere comuni
Il tema della privatizzazione toccato da Domenico corrisponde ad un teorema secondo il quale se lo Stato concede il diritto ad espletare determinate attività economiche, in certe condizioni..il sistema privato può conseguire gli stessi obiettivi di equità che sono alla base delle necessità di nazionalizzazione. Ciò significa che se ne vengono soddisfatte alcune condizioni, il privato può sostituirsi al pubblico senza alcun danno per il welfare. Una di queste condizioni è la concorrenza perfetta, ma le probabilità che le condizioni vengano soddisfatte non è sempre il fine auspicato.
E' strano.. come ancora non si riesca a comprendere quanto sia impossibile modificare un processo di regole ormai intrise in un sistema...quando questo non intende essere cambiato alla base!
Sappiamo ormai bene che tra le parole di Renzi ed i fatti ci passa un fiume che non potrà mai permettere un vero cambiamento in positivo. Malgrado ciò sembriamo costretti come pecore a seguire un falso cambiamento poiché non siamo in grado di immaginare attraverso una nuova forma mentis ed una ricerca più adatta a modificare il sistema politico istituzionale. E' vero..non esistono verità assolute sulla materia..ma non è detto che non vadano ricercate strade più funzionali...
Tornando al governo ed a quello che Domenico definisce la ineguatezza della squadra che attornia il sindaco d'Italia, non possiamo più meravigliarci di ciò che quotidianamente appare. Domenico, con la sua analisi, pone la problematica avidente sul tema autostradale....ma vi sarebbero altri temi ancora più delicati sui quali soffermarsi ben più importanti, non ultimo proprio quello sulla crescita che non potrà mai essere supportato dalle semplici regole del suo “jobs act”.: sappiamo bene che per una vera crescita è necessario proporre idee di sviluppo su temi precisi (startup – mezzogiorno - sistema creditizio - innovazione del mercato - nuova fiscalità..etc).
Per non parlare poi del tema giustizia ancora impantanato su proposte inadeguate e non favorevoli alla stessa sicurezza del Paese.
Il testo del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 detto ''Sblocca Italia'', coordinato con la Legge di conversione numero 164 reca le misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, ma anche temi di innovazione e sicurezza come.. la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica e l'emergenza del dissesto idrogeologico. Materie assai più importanti nel contesto odierno che sembrano quasi sottovalutate da una mediocrità di un governo quasi alla deriva ed imposto come ultima spiaggia.
Come si fa quindi a non comprendere l'importanza di un diverso cambiamento che non può più marciare ancora attraverso vecchi meccanismi ed ingranaggi istituzionali inadeguati..facendo solo forza su una falsa comunicazione e su un simulato gioco di rottamazione.
vincenzo cacopardo