Ormai la questione è di vita o di morte per Renzi, il suo governo, il suo partito e, in qualche modo, l’Italia.
Lo scontro sulla riforma del Senato è di quelli che definiscono vinti e vincitori per i prossimi anni. La ratio appare evidente: semplificare i meccanismi decisionali dello Stato eliminando la facoltà di ricatto consegnata dalla Costituzione più bella del mondo (dichiarazione del noto costituzionalista e pensatore Roberto Benigni) ai gruppi organizzati.
A parte le vedove della prima Repubblica, capeggiate da Rodotà e Zagrebelsky, non c’è una lacrima da versare sulla fine di quel potere di ricatto che tanto è costato a tutti noi. E penso ai danni procurati al Paese, per esempio, dai Verdi, pronti a tutte le battaglie e a tutti i cedimenti in relazione ai rapporti ufficiali e ufficiosi con il governo di turno.
Tuttavia, le cose non sono così semplici. Mentre disinnesca i partitini e i gruppetti, Renzi consegna un altro enorme potere di ricatto alle regioni, centri di spesa al di fuori di ogni controllo: il nuovo Senato, infatti, sarà composto di rappresentanti regionali, che voteranno poche cose, ma cruciali come la legge di bilancio e le riforme costituzionali.
La legge di bilancio è la norma fondamentale dello Stato: sottoporla al voto di rappresentanti regionali fa cadere tutti gli aspetti positivi della riforma del Senato e dimostra la pochezza di Renzi e del suo disegno (se così si può chiamare una macchia di colori che compone un quadro astratto di difficile interpretazione).
Certo, è possibile che il premier pensi a un working in progress e, cioè, a successive modifiche dell’assetto istituzionale. E una rettifica dei contenuti che dia alla riforma una coerenza interna non indebolirebbe il supponente ragazzo fiorentino, anzi gli darebbe un briciolo dell’autorevolezza che non ha.
Non lo farà: circondato da modesti yes-men, da qualche professore trombato, da excomandante di vigili urbani ed exsegretario comunali, ispirato dal prolifico endocrinologo di fiducia, Matteo Renzi insisterà sull’approvazione del suo progetto, cozzando contro l’ostruzionismo delle opposizioni.
A questo punto, deve farcela.
Il benaltrismo, di cui s’è fatto portavoce Massimo Mucchetti su questo giornale, non aiuta. Anzi, l’ostruzionismo, concretamente, rinvia ogni decisione sui temi vitali dell’economia e della società, visto che le cosiddette riforme (altre) presentate in Parlamento non sono riforme in senso stretto: solo rimasticature di leggi già approvate e immeritate punizioni di alcune categorie sociali, in gran parte essenziali per il funzionamento dello Stato.
L’esito della battaglia appare oggi scontato a meno di una defezione, sempre possibile, di Berlusconi.
I tempi rimangono nebulosi, consegnati alle indecisioni e all’inesperienza atonica di Grasso, uso più ai corridoi ovattati delle procure che alle calde battaglie parlamentari.
Dopo, verranno i problemi veri. È appena uscita una classifica Ocse sulla pressione fiscale: nei paesi del panel che ci pone al primo posto come pressione fiscale, compresa l’economia nera e criminale. I dati del Pil in vari paesi dell’Unione, a cominciare dalla Spagna e dalla Grecia, sono stupefacenti: superiori all’1,5% dimostrano che le riforme non fatte dal fallimentare Monti (mercato del lavoro, prima di tutto) funzionano e danno speranze per il futuro.
E poi, la nuova legge di stabilità, che si dovrà far carico di una situazione peggiore del 2011, quella che portò al golpe bianco di Bce e Bankitalia: un premier normale, non un’anatra zoppa come Berlusconi, avrebbe dovuto immediatamente rimuovere n governatore che s’era permesso di firmare un ultimatum al governo del suo Paese.
Oggi, però, proprio la Bce che ci aveva condannato, ci sostiene nonostante il peggioramento del rapporto debito pubblico/Pil (al 135%).
Nonostante gli aiutini, non credo che, nel cruciale autunno 2014, questo governo sarà capace di affrontare con efficacia l’appuntamento con le riforme vere.
Mi rendo conto che il discorso sembra contraddittorio: ma a nessuno conviene che la prova di forza in corso veda soccombente la compagine ministeriale. Il disastro che cerchiamo di rinviare e di evitare sarebbe immediato.
"Hic et nunc"...ossia "qui e subito"..senza alcun differimento nello spazio e nel tempo..Non si potrebbe meglio rappresentare un simile lavoro (vago ed sbrigativo) condotto oggi dal premier Renzi.
Persino ogni forma di "working in progress" del sindaco d'Italia è pensata ad hoc per il funzionamento di un governo più forte e deciso..per fornire allo stesso.. quella autorevolezza che tende a dare forza ad un decisionismo senza limiti.
Domenico Cacoapardo sottolinea le indecisioni e l’inesperienza atonica di Grasso... e su questo non gli si può dare torto. Evidenzia il benaltrismo di cui si è fatto portavoce Muchetti e l’esito di questa battaglia che appare oggi scontato a meno di una defezione di Berlusconi. Rimangono sempre in piedi i veri problemi strutturali di questa Nazione: ..la mancanza di una vera crescita..un forte peso fiscale che opprime le aziende..una legge di stabilità che tiene lo stesso Paese nell' insidia costante.
Al di là di come possa pensarla l'esperto cugino Domenico..che da un lato incoraggia lo stesso governo e dall'altro riscontra le enormi problematiche in arrivo per il prossimo anno...io penso che Matteo Renzi si sia soffermato con piglio sulla legge del Senato per dimostrare all'unione europea la propria capacità di determinazione, ma ancora di più... per poter costruire una base futura di governabilità più forte e comoda che possa rendergli maggior forza e sicurezza. Per far questo, persino incoraggiato e protetto dal muro del silenzio offerto dalla maggioranza del proprio Partito, sta mettendo a rischio ogni forma di democrazia.
Il suo scopo è quello di poter governare tranquillo con una forza parlamentare di una sola Camera determinata da un sistema bipartitico che metterà a tacere definitivamente la restante gran parte soccombente. Vuole poter governare con la forza di un falso sistema di democrazia che purtroppo sembra piacere al popolo che continua a sostenerlo.
In questa storia quello che poco convince è il ruolo di un Partito come il PD che invece di proteggere un paradigma di vera democrazia.. offre il fianco ( forse solo per opportunità e voglia di potere) ad un sistema ipocrita che inganna quella gran parte del Paese che ancora ignora le regole democratiche ed il vero fine di un a governabilità.
vincenzo cacopardo