Credo che non dovremmo preoccuparci di scrivere ciò che pensiamo in proposito a certi argomenti.. sia che riguardino la magistratura o la politica, poiché ancora oggi, in un paese che si dichiara democratico, dovrebbe poter esistere il diritto ad un proprio pensiero..Ritengo quindi.. che Domenico, intervenendo in proprosito, non debba mai dubitare sulla possibilità di critica al sistema..persino se questa dovesse riguardare il presidente Grasso.. o corporazioni.. o anche.. altre figure che seggono nei posti più importanti delle istituzioni. Nè.. posso mai pensare che chi si appresta a leggere simili critiche.. debba interpretarle di parte o dirette con la volontà di offendere.
Al di là di questo...quello che sembra mancare nel disegno di legge messo in chiara evidenza da Domenico: (favorire il pentimento, analisi del rapporto tra tenore di vita, valutazioni delle variazioni patrimoniali di dipendenti pubblici e politici etc).. è proprio una certa filosofia all'approccio del delicato argomento attraverso soluzioni che allungando la prescrizione (e quindi sempre col solito metodo della semplificazione Renziana), non pensando di adoprarsi ad analizzare il problema con maggior impegno dal punto di vista preventivo.
Domenico Cacopardo scrive che con la prescrizione a 21 anni, si introduce la possibilità di sequestrare un quarto di vita di un disgraziato che ha o non ha commesso il reato. Il chè risulta davvero un ulterirore oscenità rispetto alla libertà di ogni essere che pare vivere in un paese che si dichiara democratico. Non sembra essere solo una questione di capacità di “intortare” come la definisce Domenico, ma proprio una evidente mancanza di idee verso uno studio di metodo preventivo che dovrebbe sostituirsi ad ogni iniziativa simile a quella dell'allungamento della prescrizione.
Non si può restare sorpresi.. poiché tutto il lavoro del governo fino ad oggi è stato promosso alla stessa identica maniera: Anche in questo caso non si procede verso una migliore ricerca dell' efficienza della giustizia perchè, con l' evidente mancanza di idee e la premura, si preferisce risolvere ogni problema con il solito metodo della faciloneria.
vincenzo cacopardo
Anche se un solo innocente, uno solo, dovesse aspettare 21 anni per vedere sancita da una sentenza la sua innocenza, basterebbe quest’unica ipotesi a spiegare la follia di coloro che stanno così allungando la prescrizione e a spingere tutte le persone che recano in sé un residuo briciolo di civiltà e di umanità a opporsi con tutte le forze di cui dispongono a norme del genere.
In un Paese in cui i processi si estinguono per prescrizione non si interviene sul rito per abbreviarlo, né su coloro che non rendono in tempi accettabili il servizio della giustizia, ma si istituzionalizzano le disfunzioni del sistema.
Vanno formulati caldi complimenti al senatore Pietro Grasso, presidente del Senato che di un simile disegno è il principale propugnatore e autore. Le sue dichiarazioni trionfalistiche di questi giorni, dopo che è stata fissata la data del 1° aprile per la chiusura delle discussioni e la votazione, sono inappropriate e devianti.
Certo, la corporazione da cui Grasso proviene, la magistratura ordinaria può festeggiare un provvedimento che affronta la corruzione e la concussione con l’incremento delle pene e l’allungamento della prescrizione, nascondendo così, sotto il tappeto, la polvere delle inefficienze del sistema e di singoli magistrati. Sarebbe bello vedere che, in ogni occasione in cui un processo si estingue proprio per prescrizione, il Csm, l’organo di autogoverno, aprisse un’inchiesta per capire quali siano le responsabilità delle norme e quali quelle dei magistrati. Ma questo non accade, né mai accadrà.
Scrivere queste parole presenta il pericolo di essere additati come nemici della lotta alla corruzione: si tratta del metodo Beria, il ministro della sicurezza di Stalin che quando qualcuno non dubitava, lo accusava d’essere contro il comunismo e il popolo sovietico e lo spediva, nella migliore delle ipotesi, in Siberia.
Ma sarebbe vile tacere e tacere proprio ora, alla vigilia della decisione finale.
Nella legge in approvazione mancano alcune questioni fondamentali come l’unificazione di corruzione e di concussione che semplificherebbe l’approccio al fenomeno, l’introduzione di un conflitto di interessi tra i due protagonisti del confronto corruttivo, in modo che, se e quando un pubblico ministero mette le mani su un reato del genere, almeno uno dei due indagati abbia un concreto interesse a collaborare (e, in particolare, andrebbe favorito il pentimento di chi non è pubblico funzionario o politico delegato alla materia), manca la possibilità di analisi del rapporto tra tenore di vita e ‘entrate’ dichiarate al fisco e ancora manca la ancora più essenziale possibilità di valutare le variazioni patrimoniali di dipendenti pubblici e politici. Sarebbe facile, frutto di una mera operazione matematica, confrontare l’entità del patrimonio di un dirigente pubblico all’inizio della sua carriera (o al momento dell’incarico dirigenziale) e dopo dieci (o cinque) anni di servizio. E se non ci fosse proporzione tra l’incremento e le retribuzioni dichiarate, l’autorità fiscale, salvo più gravi ipotesi, potrebbe chiedere chiarimenti e documenti giustificativi, in relazione alla possibile evasione fiscale e all’eventualità di comportamenti illeciti.
Si dice: «Ma, almeno, si fa qualcosa!»
Non è vero. La “politica”, col determinante concorso della corporazione (Grasso), si salva la coscienza con un provvedimento che non avrà effetti pratici, salvo quello di stendere una coperta sulle lentezze e sulle inefficienze dell’autorità giudiziaria e rafforzarne il ruolo. Ciò non significa che si passerà dai pochi processi in atto alle migliaia che vagheggiano i procuratori nelle inaugurazioni dell’anno giudiziario. Se, infatti, non ci sarà un incremento delle possibilità di cogliere corrotti, corruttori, concussi e concussori e di processarli tempestivamente rimarrà «conveniente» la corruzione e la concussione, in barba alla introduzione di pene simili alle «grida» di manzoniana memoria, capaci di imbonire il pubblico non avvertito e tutti coloro che in più o meno buona fede credono nell’effetto positivo delle stesse.
Per concludere e chiarire: con la prescrizione a 21 anni, si introduce la possibilità di sequestrare un quarto di vita (in relazione alla vita media di questi tempi) di un disgraziato che ha o non ha commesso il reato. Già perché, se è incivile e immorale consentire un’assoluzione dopo 21 anni, lo è altrettanto permettere una condanna definitiva dopo un simile biblico tempo.
Nel round cittadini-politica, vince ancora una volta la politica, capace di «intortare» i primi e di vantarsene con la faccia tosta di chi crede che non dovrà mai rendere conto di ciò che ha fatto e di ciò che non ha fatto.
Domenico Cacopardo
www.cacopardo.it