Non si può chiedere ad un Papa....
In
questo articolo Domenico Cacopardo sembra esprimersi in toni un po'
troppo duri nei confronti di Papa Francesco.
Qui
non si tratta di dover chiamare le cose col proprio nome.. come
afferma Domenico.. in quanto il Pontefice esercita la sua funzione ecclesiale attraverso la preghiera e non un ruolo politico.
Potrebbe il Papa non pregare in favore di una pace?..Potrebbe non
scongiurare altri conflitti sia che si tratti della Siria, dell'
Iraq.. o di un qualunque altro paese occidentale?
Malgrado
la puntuale.. e per certi punti giusta.. analisi di Domenico nei
confronti di una politica occidentale sprovveduta, o ancora
peggio...le disastrose «performances» di Obama condotte in Medio
Oriente, quello che non posso comprendere è l'indicare questo
Pontefice come un capo di una Chiesa che non ha la forza di spendere
parole di sostegno nei confronti del proprio popolo cristiano..nè quella visione ristretta delle stragi e delle guerre, legata
prevalentemente a chi traffica in armi.
La critica diretta a chi vende armi deve perciò intendersi come un appunto di Francesco rivolto verso quegli uomini(occidentali ed orientali insieme) e la loro mentalità con la quale pensano ancora che vi debba sempre essere un nemico da combattere. Non si può mai biasimare chi combatte con le dovute parole una certa cultura guerrafondaia...come non si potrà mai chiedere ad un Pastore di una Chiesa cattolica cristiana di assumere un ruolo che appartiene solo alla politica. Un Papa non potrà mai porsi al di sopra della politica,
sebbene Francesco abbia già dimostrato abbondantemente.. attraverso
il suo verbo.. quanto la politica debba imparare dalle sue stesse
parole.
Perciò..quello
che non mi riesce condividere è proprio l'indicare come “perdenti”
o peggio “rassegnate” le sue parole che... al contrario... (non
potendosi mai porre con un differente dialogo che appartiene alla
politica)...sono dimostrazione giornaliera di una evangelizzazione
costruita sull'amore verso il prossimo. Questo è l'unico segno che
il Papa può e sa esprimere..ed e' la migliore predicazione
espressiva di un sentimento che di certo gli appartiene.
Il
Pontefice, al contrario di un certo Clero fin oggi ancora rinchiuso e ristretto, dà
continua prova, attraverso parole semplici ed umili, di quanto il
messaggio d'amore cristiano possa fare breccia persino in seno alla
popolazione ed alla cultura orientale... Certamente non può che far male assistere ai continui efferati
omicidi condotti con brutalità nei paesi oggi più poveri contro degli innocenti cristiani, ma se un “Papa cristiano” dovesse oggi
intervenire sul piano politico, additando colpevoli e non colpevoli..
il mondo intero ne uscirebbe di sicuro peggio.
Francesco
non abbandona per niente i valori cristiani dell'Occidente.. anzi.. si
muove costantemente in favore di questi con quella particolare
umanità e l'umiltà necessaria che rappresentano oggi ciò che.. al
contrario.. gran parte della stessa società occidentale..pare aver perso.
..La sua può quindi definirsi una comunicazione rivoluzionaria
tendente a unire le culture religiose e non a separarle o
contrapporle.
vincenzo
cacopardo
«Preghiamo
per la Siria e l'Iraq», ha detto papa Francesco, parlando ai fedeli
stipati in piazza San Pietro, «imploriamo la pace per tutti gli
abitanti della Terra Santa e per Libia, Nigeria, Sud-Sudan e per
varie regioni del Sudan e della Repubblica Democratica del Congo, per
lo Yemen e per l'Ucraina. Una preghiera incessante salga da tutti gli
uomini di buona volontà per coloro che hanno perso la vita, penso in
particolare ai giovani uccisi giovedì a Garissa, in Kenya, per i
rapiti e i profughi. E pace chiediamo - ha continuato il Papa - per
questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi, che guadagnano con il
sangue degli uomini e delle donne.»
Nella
visione del papa, quindi, le stragi, le guerre, le infamie che
portano lutto in tutto il mondo, ma in specie nel mondo cristiano in
Medio Oriente, sono il frutto della sottomissione generale ai
trafficanti di armi. Una visione primitiva e non meditata, che getta
una gelida luce su tutto il pensiero di Francesco votato alla
condanna di un nemico oscuro e sfuggente, mentre –e tutti lo
sappiamo- il nemico è evidente e visibile.
C’è
da chiedersi perché, il papa non chiama le cose con il loro nome e
preferisce seguire un’idea delle drammatiche vicende contemporanee
rassegnata e perdente, nella quale il destino di agnelli sacrificali
cui sono immolati centinaia e, alla fine, migliaia di cristiani, è
manifestazione della volontà di un Signore che non concede ai suoi
innocenti fedeli il diritto alla vita.
Che
religione è questa, il cui capo non ha la forza di spendere parole
di sostegno nei confronti delle proprie vittime, rendendo loro il
diritto di difendersi e, difendendosi, di impedire lo stupro delle
proprie donne, la decapitazione di figli e mariti, il rapimento e
l’abiura dei propri bambini con la riduzione in schiavitù delle
proprie bambine?
Probabilmente,
il pontefice si rende conto che l’attacco è rivolto anche
all’Occidente e alla sua civiltà, fondata sul capitalismo, nei
confronti del quale, nei suoi discorsi, esprime un’irriducibile ed
erronea avversione. Un’avversione che affonda le proprie origini
nella sua sudamericanità, nella teologia delle liberazione e nel
complesso di convinzioni che ha condotto il subcontinente americano
sulla disastrosa via del giustizialismo e del chavismo.
Allora,
avevano ragione Malachia e Nostradamus: Francesco
è il papa
nero,
quello della fine del mondo? Il papa gesuita, il primo dalla
fondazione della Chiesa, il pastore che viene da
lontano per incontrare tribolazione, morte e vivrà l'ultima e
definitiva persecuzione della santa romana Chiesa.
Non
a caso, il giorno di Pasqua, il papa s’è anche riferito agli
accordi di Losanna sul nucleare iraniano: «Che l'intesa raggiunta
sia un passo definitivo verso un mondo più sicuro e fraterno».
Non
una parola sui pericoli incombenti, sempre di più, nella
riorganizzazione del potere islamico, per Israele, un altro agnello
pronto al sacrificio, benché l’arma nucleare di cui dispone
potrebbe dare il via all’Olocausto generale.
C’è
una sorta di unità sostanziale tra il rassegnato sconfittismo di
papa Francesco e la visione obamiana della politica estera. L’aspetto
su cui, però, occorre soffermarsi, a proposito dell’intesa
Usa-Iran, è quello delle disastrose «performances» di Barak Obama
nella politica estera: ovunque la sua iniziativa, fortemente
demagogica, ha avuto modo di esprimersi, ha prodotto solo disastri.
Benché ci fosse alla segreteria di Stato Hillary Clinton che ha
cercato di contenerne eccessi ed errori. Ora, con l’inconsistente
Kerry, la situazione è precipitata, sviluppando una sorta di
schizofrenia che aggravato la tensione con la Russia (l’unico
possibile partner dell’Occidente nella lotta al terrorismo e nella
creazione di accettabili equilibri in Medio Oriente, con la difesa e
il rafforzamento dell’Islam moderato), ha abbandonato al loro
destino popoli non musulmani o di minoritarie frazioni, ed eletto al
ruolo di affidabile interlocutore l’Iran teocratico e sciita. Un
modo sicuro per gettare benzina sul fuoco mediorientale con
imprevedibili effetti su alleati storici come l’Arabia Saudita e
l’Egitto.
Papa
Francesco, quindi –e ci dispiace constatarlo- contribuisce, per
parte sua, alla confusione generale, all’abbandono e alla
demonizzazione dei valori dell’Occidente, quei valori che, vincendo
la guerra fredda, hanno avviato un periodo di sviluppo mondiale mai
visto, con l’uscita dalla fame di miliardi di uomini.
Se
fossimo religiosi, con rassegnazione ripeteremmo: «Deus
amentat quos perdere vult» (Dio acceca coloro che vuol perdere).
Ma
non lo siamo. Quindi, nessuna rassegnazione, in attesa che le
«leadership» prendano consapevolezza di rischi e opportunità e
decidano di fare ciò che occorre fare.
Rimane nella Storia recente l’esempio
di forza e rigore morale donato al suo Paese e alla civiltà
occidentale da Margareth Thatcher: nonostante l’insignificanza del
piccolo arcipelago delle Falkland ingaggiò una costosissima guerra a
migliaia di chilometri di distanza per riconquistarlo e rifiutare
sopraffazione e dispregio delle regole.
Washington
e alleati sapranno difendersi e difenderci?
C’è
da dubitarne, almeno sinché «regnerà» Obama con il suo bagaglio
di insanabile demagogia.
domenico cacopardo