Difficile
pensare di far cambiare rotta a questa Europa dell'austerità,
comunque l'analisi condivisibile di Domenico... che pare adesso
osservare con maggiore attenzione il peso insopportabile di una
governabilità imperante, cade di continuo nella strenua difesa del
nostro premier che, non certo nel bene, ha voluto che un tale
insopportabile sistema.. vincesse. Lo spostamento di 180° gradi
dell’asse di governo, indicato da Domenico, tutto a favore del
potere esecutivo, è stato voluto per volontà diretta dell'attuale
esecutivo...o mi sbaglio?
Riguardo
alle prossime elezioni regionali...non credo quindi che sia
importante solo il «curriculum», in modo da capire se ci sono
precedenti inquietanti nelle figure politiche, poiché è sempre il sistema che, impostato in senso malato, conduce alla cattiva strada anche chi è
armato di buona volontà e persino di un ricco curriculum. Non è neanche facile accantonare frustrazioni e invidie sociali per ragionare in
modo collettivo, quando si impongono sacrifici continui a chi non li
merita e non riesce nemmeno a sopportarli. Quindi la strada
dell'abbandono al voto prende sempre più il sopravvento, poiché
dettata da una certa anoressia nei confronti di una politica
politicante, priva di idee, ricca di malcostume, anomalie e
diseguaglianze.
«Scarpe
rotte eppur bisogna andar» conclude Domenico Cacopardo, ma solo chi
le ha veramente rotte può accorgersi di quanto pesante è questo
infernale tragitto dettato dalla potenza e prepotenza di una Europa
che tende a fare di tutta l'erba un fascio in modo assai discutibile!
vincenzo cacopardo
Ormai ci
siamo: tra cinque giorni si vota in 7 regioni per l’elezione dei
consigli (assemblee legislative) e dei presidenti.
Penso che
sia un errore chiamarli governatori, una banale imitazione «della
Merica», che ha l’unico effetto di ampliare l’«ego»
ipertrofico di una categoria di cittadini (sindaci, presidenti di
regione, un tempo presidenti di provincia) che leggi sconsiderate
hanno trasformato in ducetti «legibus soluti» con la potestà di
condizionare gli altri politici e la politica in senso generale.
Basti
pensare alla loro prevalenza sulle assemblee elettive, la cui
sopravvivenza dipende dall’accordo con il presidente o il sindaco
di turno.
Uno
spostamento di 180° gradi dell’asse di governo, tutto a favore del
potere esecutivo, capace di condurre una comunità al disastro, come
di beneficarla nel caso raro di una saggia e corretta
amministrazione.
È inutile
fare nomi: tutti ne conosciamo almeno uno. Il loro mantra è la
comunicazione, non la sostanza delle idee che rappresentano e
dovrebbero attuare.
Come
constatiamo, il male è arrivato a Roma: non penso tanto a Renzi che
si trova a navigare in uno stretto tempestoso e irto di scogli,
quanto a chi verrà un giorno e troverà un apparato legislativo e
istituzionale tutto spostato in favore del governo e, senza limiti,
potrà fare e disfare.
Perciò,
per queste ragioni sostanziali, sono importanti le elezioni
regionali. Votando, dovremmo osservare bene i nomi dei candidati e
ricercare il loro «curriculum» sulla rete, in modo da capire se ci
sono precedenti inquietanti, tali da metterne in discussione la
moralità.
Certo,
questa è un’operazione di ‘controllo’ cui non pensano le
persone normali, quelle non compromesse con i candidati a rischio.
Gli altri, i non normali, invece, li cercano i candidati compromessi
in modo da esercitare meglio le loro influenze indebite e immorali.
Poi,
dovremmo guardare i programmi, puntando alle cose precise e concrete
che vi sono scritte: un modo per verificare se tra sei mesi o un anno
le intenzioni divulgate prima delle elezioni saranno state mantenute.
Ma, nei
programmi dobbiamo anche trovare la plausibilità. Questo è un
valore che non siamo molto abituati a ricercare e che, invece,
dovrebbe il discrimine tra ciarlatani e politici veri, che hanno in
testa l’interesse pubblico.
Non temo di
consegnarvi l’esempio dei grillini e del loro Movimento 5Stelle: le
esternazioni di Grillo sono spesso demenziali (basti pensare
all’attacco al professor Umberto Veronesi per un presunto eccesso
di mammografie, strumento indispensabile per la prevenzione dei
tumori al seno), ma giustificate dai suoi seguaci come paradossi per
ottenere l’attenzione dei media (che in realtà non gliela fanno
mancare) e del pubblico o, quando non lo sono, riguardano problemi ai
quali non hanno una soluzione praticabile-plausibile. Basti pensare a
Parma, dove il sindaco Pizzarotti è stato eletto alla conclusione di
una campagna contro l’inceneritore che poi è stato regolarmente
ultimato e messo in funzione. Un elettorato emozionato non ha dato
ascolto a coloro che spiegavano scientificamente la non dannosità
dell’impianto e a coloro che segnalavano l’impossibilità di
fermare i lavori e le convenzioni da tempo sottoscritte.
Questo
deve essere un criterio di giudizio. Se c’è una bella promessa o
una battaglia ‘contro’ (vedi l’Alta Velocità in Val Susa o
l’Expo) occorre un ragionamento semplice, non particolarmente
raffinato, per capire se è utile o meno alla nazione. E accantonare
frustrazioni e invidie sociali per ragionare in modo collettivo.
Diceva il filosofo Antonio
Rosmini,
che ognuno di noi dovrebbe scegliere come se fosse nelle condizioni
di farlo per tutta la comunità.
Così
dovremmo votare domenica prossima.
C’è
un’ultima considerazione da tener presente: che non saranno
elezioni senza conseguenze politiche. Se non immediati, gli effetti
si vedranno a medio termine sia a Roma che nelle sedi regionali, per
l’orientamento che suggeriranno ai contendenti in campo e per gli
effetti sulla vita quotidiana delle persone vista la capacità e la
propensione a utilizzare le addizionali Irpef al posto del taglio
delle spese.
La lezione di Atene e della Spagna ci dice, infine,
che non si può essere ‘Antiausterità’ senza essere antieuropei.
Chi lo dice è un mentitore.
L’Europa
si identifica nella politica di austerità pretesa dalla Germania e
imposta a tutti i paesi dell’Unione, anche i più deboli e
indebitati, a costo di avvitarli in una spirale senza senso che
conduce alla desertificazione delle economie e alla povertà
generale.
Quindi,
un pezzetto di futuro dell’Europa si giocherà domenica 31 maggio.
Se si crede all’Europa, dobbiamo consegnarle un’ultima occasione
per correggere la rotta e restituire una speranza alle giovani
generazioni, ai disoccupati, ai poveri.
E
se questa possibilità vogliamo darla e averla, non possiamo
indebolire il governo attuale, l’unico che c’è in pista, l’unico
che, contando sulla propria stabilità, può pretendere ragionevoli
aggiustamenti della politica comunitaria. Del resto la vittoria di
Duda in Polonia costringerà Berlino a spostare il proprio asse
politico e a considerare il ruolo e il peso delle tre grandi economie
del Sud: Francia, Italia e Spagna.
Un
terzetto come non mai diviso per le perenne e risorgente
responsabilità francese, i cui contenuti storici e politici stanno
diventando insopportabili.
«Scarpe
rotte eppur bisogna andar», dicevano gli alpini in Russia. Qualcosa
di simile lo dobbiamo dire pure noi per terminare la traversata della
steppa, in cerca di un miglioramento sostanziale dell’Europa e
dell’Italia.
Domenico
Cacopardo