17 lug 2015

Con Crocetta la Sicilia sembra precipitare sempre più!

La Sicilia..terra nella quale cultura ed intelligenza politica si disperdono
di vincenzo cacopardo


Una terra nella quale.. la stolta politica degli interessi politici e degli inganni continuano a segnare il tempo e nella quale non sembrano venire fuori figure alternative più fattive ed integre a beneficio di un utile sviluppo. 
Il nuovo patto del Presidente siglato col Premier Renzi sembra dissipare enormi risorse per la nostra terra. Dopo la Grecia potrebbe essere la nostra isola a fallire: un default sicuramente spinto dalla carente amministrazione di chi ancora sembra imporsi con presunzione e senza una adeguata visione verso il futuro dell'Isola di nessuno.

E' ormai nota a tutti la legge approvata dal Parlamento siciliano che stabilisce che il decreto legislativo n. 118 del 2011 verrà applicato quest'anno in tutti i Comuni della Sicilia. Non è nemmeno confutabile la possibilità di un fallimento dei tanti comuni, che soccomberanno per una scelta tanto scellerata..quanto illogica. Se a tutto ciò introduciamo la naturale difficoltà che tutto ciò produrrà sulla stessa riforma delle Province che dovrebbe vedere gli stessi consorzi dei Comuni prendere il loro posto ..si completa la visione di un pessimo quadro contro il quale sarà difficile porre rimedi.

Intanto.. tra smentite e conferme...restano pesanti, se accertate, le parole riferite da Matteo Tutino per telefono al governatore della Sicilia, il quale non replicando, potrebbe aver dimostrato persino di condividerle. Secondo l’anticipazione del settimanale L’Espresso, che dovrebbe essere in edicola oggi:- “Lucia Borsellino? “Va fatta fuori come suo padre”, è la frase che Matteo Tutino, ex primario di chirurgia plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, avrebbe rivolto al governatore.

Naturalmente tutto rimane in mano a chi dovrà far luce su un fatto che ancora adesso si dimostra di particolare interesse per l'opinione pubblica, ma che resta confinato quasi in un giallo. Certo è.. che la Borsellino, figlia del magistrato assassinato in via d'Amelio ha rimesso il suo incarico nelle mani del governatore Crocetta dopo l'arresto di Matteo Tutino, medico personale del presidente accusato di truffa per aver praticato interventi estetici, spacciandoli per operazioni necessarie e rimborsate dal sistema sanitario:  Concomitanze che danno da pensare, ma che sono tutte da verificare .

Al di là di questo sconveniente avvenimento che in realtà potrebbe mettere a fuoco..un certo pressappochismo, l'arroganza ed il dispregio nei confronti di personaggi che hanno dato la vita per grandi principi e valori, quello che sorprende è il debole cammino politico del presidente Crocetta. Un percorso che è proseguito costantemente su un indirizzo politico condotto da anni attraverso giochini di maggioranze che hanno operato politiche di basso interesse per mantenere poltrone e potere.
La Sicilia non merità ciò e sappiamo ormai in tanti.. quanta cultura ed intelligenza politica rimane dispersa... sfortunatamente a favore di una trionfante pseudo politica di mestiere che intrallazza nei soliti interessi di bottega.



16 lug 2015

La gestione dell'Euro e la democrazia ingabbiata

di vincenzo cacopardo
Per una strana coincidenza: la democrazia nata in Grecia... sembra morire proprio in Grecia!
Mentre il pesantissimo piano di austerità fiscale che il parlamento greco sta per approvare con una corsa forsennata.. prosegue, la democrazia nel Paese pare non aver ottenuto alcun riscontro positivo.
Eppure se si vuole vedere la democrazia come ultimo baluardo a protezione della vita politica e sociale di ogni Nazione, al fine di non scadere nel principio assoluto e più comodo, ma sicuramente pericoloso, di una dittatura, bisogna che il valore stesso della democrazia possa essere salvaguardato attraverso principi di metodo corretti e corrispondenti alla stessa concezione etimologica del suo significato. La corruzione, una cultura condizionata, un lento sviluppo e la poca o limitata informazione, hanno fatto sì che la costruzione positiva di tale processo resti sempre condizionata in un’evoluzione poco definita ed, a volte, non corrispondente allo suo valore, ma oggi, con la forza di una globalizzazione poco controllata, la vera complicazione sorge in contrasto con i principi di un processo economico finanziario che pare condizionare pedissequamente ogni percorso di un “governo del popolo”.

Il problema principale sta nel fatto che la politica dei paesi e di tutta la Comunità intera.. non si è mai veramente interessata a regolamentare il sistema finanziario e bancario.Per cui la vera questione odierna sembra essere quella costrittiva imposta da interessi economici finanziari contrapposti a quelli di una democrazia che dovrebbe compiersi a favore del suo intrinseco significato...Quelli di una politica intesa solo come principio di interessi finanziari non utili ad un'attività sociale. ..o meglio... quelli tra gli interessi speculativi dei pochi...contro il diritto alla vita di tutti.

Se tanti economisti ...diversi politici.. e persino il Fondo monetario hanno manifestato parecchi dubbi sul fatto che 80 miliardi di nuovi prestiti non potranno bastare per rimettere la Grecia nella giusta direzione, altrettanti studiosi della politica, non nutrono più dubbi sul fatto che l'ingerenza di una politica economico finanziaria europea ha costretto e forzato su un sovrano diritto di democrazia.

L'impressione è che questo piano rimanga inutile a ribaltare la voluta negativa in cui la Grecia si trova. Vi sono difficoltà sia sui tempi che sulle misure definite. Sappiamo tutti che un paese per crescere ha bisogno di tempo e non sembra nemmeno logico in questo percorso aumentare le tassazioni delle imprese. Il piano di austerità prevede un programma ricco di tassazioni... che quasi certamente... finirà col procurare, come avvenuto nel passato, ulteriori peggioramenti e freni su una reale possibilità di sviluppo del paese ellenico...Naturalmente in questo piano di salvataggio il nostro Paese sarà inserito pagandone un ulteriore prezzo..e questo non sarebbe nemmeno discutibile.. se non fosse che non si riesce ad immaginare un futuro migliore attraverso il falso risanamento edificato attraverso una austerità fuori da ogni comprensibile sano obiettivo.

Sappiamo che già la Grecia, nel 2009 si è rivolta al Fondo Monetario, per chieder soccorso in una situazione di sbilancio economico e finanziario paurosa. Si avviò la strada dei derivati tramite la banca americana Goldman Sachs falsificando i conti per mascherare vistose perdite. Ma sappiamo anche che l'Europa, nel suo primo e nel suo secondo intervento, ha finito con elargire soldi alla Grecia soprattutto per aiutare le banche tedesche e francesi. In quell'occasione l'Europa richiese in cambio identiche politiche di rigore. Se la Grecia dopo alcuni anni è allo stesso stato si comprende bene come tali politiche non siano servite a nulla.

L'euro è entrato ormai da diversi anni nelle banche degli stati aderenti. Il cambio non ha aiutato tutti allo stesso modo..ed i parametri continuano a non tener conto delle diversità territoriali. E' difficile..per chi vi è entrato.. uscire da questa moneta, ma indubbiamente il vero problema è la sua gestione...che non risulta utile ad una vera crescita...e che, col suo peso, tende sempre più ad ingabbiare ogni forma di sana democrazia.










nuovo articolo di Domenico Cacopardo

L’America saluta e se ne va.

È questo il succo di ciò che è accaduto martedì a Vienna, al termine  del negoziato 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Iran) sul nucleare iraniano e sull’embargo stabilito 30 anni fa. I termini noti dell’accordo prevedono la permanenza del divieto di produrre bombe atomiche per 10 anni (cioè il disco verde a costruirle tra dieci anni), la continuazione dell’embargo sulle armi per 5 anni, la rimozione del divieto di costruire missili tra 8 anni (2 anni prima della possibile disponibilità di armi nucleari) e poi alcune misure immediate e transitorie, come la riduzione dell’uranio arricchito dalle 10 tonnellate attuali a tre quintali, la possibilità di ispezionare siti militari oltre agli impianti nucleari, il procedimento da porre in essere in caso di violazioni da parte iraniana.
Insomma, le preoccupazioni che si sono diffuse dopo l’annuncio hanno un serio fondamento, visti i caratteri molto opzionali di molte clausole e, soprattutto, il via libera all’armamento atomico tra 10 anni.
La retorica e la mistificazione si sono scatenate intorno all’accordo. Giornali di grande informazione scrivono di «Iran senza atomica», un rovesciamento completo della realtà.
L’America lascia nei guai il mondo sunnita e precisamente: l’Arabia Saudita, gli Emirati, lo Yemen, l’Egitto, la Libia e la Tunisia, oltre ai paesi dell’Africa subsahariana. Compie una scelta che aggraverà il disimpegno turco nei confronti della Nato e del mondo occidentale, ricacciando il Paese nel Medioevo islamista.
Regala agli ayatollah il consenso generale alla costruzione di bombe nucleari a far data dal 2025, senza ottenere, in cambio, alcun significativo impegno di prospettiva.
Consegna, quindi, la primazia dell’area all’Iran, che ha già le forze armate più numerose, equipaggiate e agguerrite e governa migliaia di miliziani, impegnati in Iraq, in Siria e in Libano.
Se non crolleranno prima, le nazioni sunnite saranno costrette a cercare un accomodamento con il Paese degli ayatollah.
Anche perché, con il pieno ritorno sul mercato del petrolio e del gas iraniani, i prezzi subiranno un ulteriore taglio accentuando le difficoltà dei produttori sunniti.
Con l’accordo sottoscritto a Vienna, infine, Obama completa la propria disastrosa politica estera che ha prodotto danni irreparabili al mondo occidentale, devastando il Medio Oriente amico dell’Occidente, dall’Egitto alla Tunisia.
Se pensiamo, però, all’Iraq, ci rendiamo conto che l’opzione sciita si consolida e consolida altresì lo schieramento filo-Isis, nemico totale dell’Iran.
Sarà compito del successore di Obama ritrovare il ruolo che aveva caratterizzato gli Stati Uniti dal 1945 e che aveva permesso di costruire il più lungo periodo di pace della storia d’Europa. Ma sarà molto più difficile di quanto non fosse nel 2008, anno della sua prima elezione.
Ora, mancando l’America, il livello degli attuali conflitti infraislamici subirà una rapida «escalation», con immediati incontrollabili contraccolpi per l’Unione europea, un colosso economico, un nano politico.
Non c’è una possibilità che è una che l’Unione possa supplire al vuoto di potere creato a Vienna e assumersi la «leadership» cessata.
Intanto, i presidi antiterrorismo, cioè Egitto e Tunisia, saranno assorbiti dai gorghi dello scontro sciiti-sunniti e finiranno per subire l’iniziativa dei movimenti più radicali e terroristici.
La lunga pace europea (a parte il caso Serbia) sarà messa rapidamente in discussione, giacché, se vorrà sopravvivere l’Unione e le nazioni che la compongono saranno costrette ad assumere iniziative di difesa passiva e, molto più difficili, attiva.
Una vera e propria iattura, che, allo stato, non è possibile scongiurare.
La medesima sentinella d’Occidente, Israele, entra in una fitta zona d’ombra. Certo, colpirà di nuovo direttamente o per via informatica il sistema iraniano, ma la partita rapidamente mostrerà lo squilibrio di forze che già oggi è incolmabile.
Gli scenari nuovi che gli strateghi debbono disegnare sono oscuri e pieni di variabili di difficile calcolo.
La Russia, che potrebbe essere l’alleato risolutore dei timori occidentali, è ancora a sua volta in stato di «embargo» e non si vede luce nel tunnel oscuro dello scontro, per ora diplomatico
(intanto, la Germania, che è falco a 359 gradi, lasciando a se stessa lo spiraglio che le serve, chiude il rubinetto Sud del gas russo e spalanca quello Nord -North Stream- a dispetto di ogni sanzione, applicata, a questo punto, solo dai fessi).

C’è un’osservazione che merita attenzione: che, dopo l’accordo, la situazione è migliore di quanto fosse prima. L’ha detto, in sostanza, Emma Bonino, politica di valore, purtroppo allontanata dal governo dall’arrivo naif di Matteo Renzi. Tuttavia, occorre ricordare che l’Occidente, con l’embargo, aveva una forte presa sull’economia iraniana e che, forse, era possibile ottenere di più, cioè la rinuncia, per sempre, all’arma atomica e ai missili che la trasporteranno. È questo il punto critico inaccettabile dell’intesa di Vienna e nessuno ci potrà dimostrare il contrario.
In questa atmosfera, dei rischi che si correranno d’ora in poi, la povera signora Mogherini che non ha capito niente, anche se ha presenziato, e dichiara: «Giornata storica, il mondo è più sicuro». Stupide parole in linea con il personaggio e con la sua assenza di visione politica.

Domenico Cacopardo

13 lug 2015

Estenuanti trattative per il popolo ellenico

"Sono trascorse più di diciassette ore per trovare una soluzione al negoziato. Si è raggiunto un compromesso per gli aiuti al popolo Greco...seppur tutto ancora da definire nella sostanza"..

di vincenzo cacopardo

Un lungo e difficile negoziato con diverse pause. Dal testo sembra sparito il capoverso sull’uscita della Grecia dall’euro e pare anche essersi ridimensionata la richiesta a favore del governo greco, il quale, dal suo canto avrebbe difficoltà da superare tra cui il conferimento a un fondo di garanzia di asset greci per un ammontare di 50 miliardi. Si è lavorato tutta la notte per raggiungere un punto di accordo per salvare la Grecia... ma anche la stessa Europa. Vi sono stati punti controversi per cercare di raggiungere un risultato soddisfacente, ma sicuramente impegnativo per lo stato ellenico e per scongiurare la richiesta di una uscita temporanea della Grecia.

Un punto importante della discussione è stata la creazione di un fondo separato in cui conferire beni pubblici da privatizzare da 50 miliardi di euro, da utilizzare per intervenire sul debito pubblico. Per il governo di Atene però..gli asset da conferire non dovrebbero superare i 17 miliardi. Un altro punto complesso rimane sicuramente quello che riguarda la presenza del Fondo Monetario..Per questa ragione il governo greco su tale punto ha specificato di non volere che tutta l'organizzazione per un piano di risanamento fosse condizionata dalla presenza della direttrice Christine Lagarde e che il soccorso restasse nei confini di una politica europea....C'è da chiedersi: quale politica?

Ma la sostanza è comunque quella che vede la inflessibile Merkel e le richieste della Comunità in un duro scontro..ponendo alla Grecia il compito di risolvere nel ristrettissimo tempo di tre giorni..le difficili e complesse riforme come quella sulle pensioni e sull'IVA.
«Si è perduta la valuta più importante, che è la fiducia»...Queste le parole che non hanno bisogno di una spiegazione pronunciate dalla Merkel..a dimostrazione di un fallimento e dei possibili successivi danni che potrebbero conseguire. 
Non era difficile poter immaginare prima o poi questi risultati.. una moneta che è di certo nata male poiché priva di una guida politica adeguata..Adesso con i fatti riguardanti la Grecia ..la storia dell'Euro assumerà una svolta mettendo in discussione un'idea di una Europa vera e politicamente stabile. Non c'è quindi da meravigliarsi della continua nascita di movimenti e partiti oggi apostrofati come populisti e demagogici...Ma la colpa di chi è?... Di chi reagisce in tal modo (anche spregiudicato e poco realistico)..o di chi ha permesso questo processo di europeizzazione priva di cintenuti politici utili e ricco di incomprensibili disuguaglianze? ...Le parole della Merkel sono quindi una prova provata di ciò che si è stoltamente voluto per risolutezza.. e non per equilibrata lungimiranza!

Oggi la differenza di pensiero è quella che potrebbero porsi tra paesi come la Francia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo..in contrasto con i paesi nordici e la Germania in testa.. che sembrano voler fare affondare il governo di Atene..sotto il peso di aver volutamente violato i patti...e che non paiono lasciare più spazio ad alternative. Una differenza che potrebbe compromettere ogni altro percorso di una Europa costruita maldestramente sotto il potere economico di chi ha voluto comprimere pesantemente ogni altro più importante principio di equità e di vera politica democratica. Sarebbe stato più logico e costruttivo tener presente l'aspetto sociologico e culturale di questa unione.

In questo quadro possiamo comprendere le difficoltà del premier Tsipras alle prese con un popolo che si è espresso...da un lato.. in modo democratico..che da un altro lato lo vede alle prese con un difficilissimo e severo programma di riforme ..ed infine.. una parte del suo partito che lo contrasta...Ogni sua decisione lo vede compromesso e questo in realtà sembra essere il vero scopo al quale lo hanno sottoposto i Paesi europei economicamente più forti.   


L'aspetto sociale..nel prematuro percorso di una formazione Europea


di vincenzo cacopardo
Dopo i fatti della Grecia e le continue critiche all'Europa da parte di molte forze politiche, diviene opportuno poter riflettere su alcuni punti: 
Quando si guarda a questa comunità europea non si può non riscontrare l'assurdo processo con il quale si è proceduto.. e non si può nemmeno far finta di non osservare l'aspetto sociale attraverso il quale ci si sarebbe dovuti muovere con maggior cautela al fine di poter dar vita ad una interazione più solida ed utile.

Ricordiamoci che.. Georg Simmel, già nella seconda metà dell'ottocento, fu il primo che oltre ad interessarsi dal punto di vista sociologico dei fenomeni legati ai grandi agglomerati metropolitani, si soffermò sullo studio delle forme dell'interazione, analizzando con impegno gli effetti sociali del progresso e della modernizzazione. Riguardo ai condizionamenti culturali, fu il primo a sostenere la necessità del superamento della psicologia individuale in quanto l’uomo andrebbe compreso come essere sociale: gli individui con la loro attività comune creano la realtà oggettiva delle forme culturali, ma sono pure il prodotto di queste forme, nel senso che creano automaticamente uno spirito “oggettivo”...A guardare l'andamento odierno..viene da domandarsi a che sono serviti gli studi di tale illustre sociologo.

Insomma..per Simmel, la realtà sociale, non veniva intesa come realtà autonoma rispetto agli individui, né come somma di individui. Egli affermava che l’attenzione è sempre attratta, non tanto dalla società come situazione comune, quanto piuttosto da ciò che differenzia gli individui l’uno dall’altro. La solidarietà, la sottomissione, la superiorità, la concorrenza, sono tutte forme di sociazione che noi possiamo e dobbiamo riscontrare prescindendo dal loro realizzarsi in unità sociali concrete e specifiche. L'ambiente perfetto per questa società fu, per lui, la grande città, ma il suo argomento potrebbe essere anche indirizzato a quelle forme più vaste che vedono nell'itegrazione sociale ogni sforzo per unire diversi popoli: L'uomo diventa un piccolo ingranaggio rispetto all'enormità di tutto il sistema, ed è costretto ad aumentare la sua attività per adattarsi ai veloci cambiamenti tra sensazioni esterne ed interne.

Ricollegandosi a Simmel, Max Weber riprendeva la discussione del metodo sociologico sulle scienze che si occupano di fatti concreti che possono avere una loro legittimità. Weber non credeva ai valori universali ed in tal senso, per lui, la sociologia deve circoscrivere il suo compito al rapporto tra valore ed azione che ne discende o azione che al valore si riferisce.
Le analisi metodologiche di Weber sfociarono nella costruzione della più nota tra le teorie sociologiche, la costruzione del “tipo ideale”. Noi, ad esempio, definiamo una classe, il potere, la burocrazia, ma in realtà non esistono classi, potere, burocrazia: esistono singoli esseri umani, singoli e specifici poteri, singoli burocrati. Con la teoria dell'azione sociale e della relazione, Max Weber introduce, con Simmel, uno spostamento della sociologia: Il soggetto diventa fondamentale e lo diventa in relazione all'altro uomo. La società non è un blocco in cui il singolo ha scarsa importanza: esiste essenzialmente nei rapporti tra i singoli.
In ciò si inquadra anche il particolare spirito che ogni attività politica deve avere verso il funzionamento di ogni società civile...ed a questo si sarebbe anche e soprattutto guardare per meglio edificare un più sano ed equilibrato progetto europeo.

La cultura dei rapporti sociali deve, quindi, essere tenuta in alta considerazione da chi opera in politica, poiché sia le azioni che i comportamenti nei rapporti restano i valori fondamentali su cui poggia il sostegno della collettività e la sua crescita. La cultura deve orientare i comportamenti e le azioni nei rapporti sociali. Politica e sociale, in tal senso, non possono che vedersi unite nel rapporto per un sano sviluppo del Paese...ed, a maggior ragione, quando il fine vuole essere una unione di Paesi.

E’, quindi, fondamentale l’odierno compito della politica che, attraverso una programmata regolamentazione, riesca ad offrire modelli più funzionali per la sicurezza, proiettandoci, non soltanto verso l’Europa, ma in una casa comune dove possano sposarsi e convivere diverse culture. Persino riguardo all’economia avanzata ed alla inarrestabile recessione di questi ultimi tempi non si è voluto affrontare il problema in termini di prevenzione per porre in tempo le opportune regole e promuovere azioni di contenimento. Il processo di unificazione dell’Europa, ha finito col fare uso solo di principi regolati da una economia globale succuba di una finanza. Questi principi, basati su valori imposti da un mercato sempre più competitivo, sembrano gli unici a guidare una unificazione che si evidenzia abbastanza precaria per le logiche differenze etnico culturali delle diverse comunità.

Un processo di unificazione forse non prematuro rispetto ai tempi, ma sicuramente anticipato nelle procedure che ha sottovalutato la sicurezza di alcune popolazioni.




10 lug 2015

Per l'Italia europea.. la mancanza di una figura capace e risoluta

di Vincenzo cacopardo
Qualcuno come la Le Pen sostiene che l'Europa se ne frega della Grecia e che è molto più dedita a voler salvare la moneta unica. Si potrebbe temere una sorta di contagio che metterebbe in serio dubbio ogni sforzo fin qui fatto.

Il premier Alexis Tsipras è stato appaludito nel suo discorso fatto al Parlamento europeo e sono ormai in tanti a non credere nell'operato di questa Europa e della sua moneta. Per molti è ormai certo, per come stanno le cose, che qualunque proposta economica offerta, non potrà più trovare un possibile rimborso da parte del governo greco... e non perchè questi non voglia, ma per l'evidente impossibilità di poter seguire attraverso questo metodo un'utile e risolutiva soluzione.

Non si possono sottacere le conseguenze anche per gli altri Paesi come il nostro che si ritroveranno con altri costi che ricadranno sui contribuenti. In molti oggi si domandano.. perciò.. quale senso può aver avuto il voto del referendum ...se non quello di aver dato una chiara risposta ad una Europa formatasi in tono dispotico e poco funzionale: Un popolo pare essersi ribellato contro una politica austera ed i conseguenti dolorosi effetti.
La domanda odierna è quella di capire se far funzionare in modo naturale una democrazia rappresenta oggi una forma di populismo o un diritto alla ragione dei valori. Non si può nemmeno definire Tsipras, un premier di impostazione comunista..poichè continua a far perno su un certo sistema capitalistico pur esigendo maggiore equità e redistribuzione. Sicuramente il referendum ha posto il governo Greco ad un crocevia e se non opterà per l'auterità imposta dalla moneta unica, potrà rischiare di portare avanti una crescita attraverso un diverso percorso politico che potrà vederlo iniziare trattative con paesi al di fuori della comunità...con un rischio per la stessa Europa.

Un dato di fatto è certo : O austerità... o tracollo e fallimento..e lo stesso Premier Tsipras non potrà mai pensare di restare nella moneta unica senza l'intransigente principio dell'austerità. 

Oggi Obama vorrebbe salvare la Grecia, ma lo vorrebbe anche Putin. Obama per motivi speculativi finanziari diversi da quelli che per Putin restano fondamentalmente motivi di strategia politica. Abbiamo già scritto in proposito sulle consultazioni con i greci, dove il nostro premier Renzi è stato escluso dall'incontro Germania -Francia e Commissione europea. Ciò denota ancora una volta quanto il nostro Paese conti poco. Se nel passato ha contato poco con la figura di Berlusconi..sembra contare ancora meno..oggi.. con quella di Renzi. Berlino e Parigi pensano che l'Italia rappresenti una sorta di concorrente fastidioso sia sul piano commerciale che su quello industriale...e quindi trovano sempre modo di isolarla:- Ricordiamoci del passato quando lo spread fu fatto salire di proposito.

Ma oggi Renzi... dotato più di furbizia che di idee..preferisce stare alla lontana e rimanere legato al carro dei più forti..cercando di non compromettere in nostro Paese...Ma se da un lato pensa di proteggerlo...dall'altro si scopre, poiché sul piano politico non offre ne carattere.. ne spirito di innovazione utili alla crescita della nostra Nazione...e tutti sappiamo che un paese cresce se non deve subire continue imposizioni ed assurde limitazioni: La determinazione del Premier sfogata sulle riforme per il nostro paese ..sembra svanire di colpo in campo Europeo.

Questa Europa non è solo poco funzionante..ma soprattutto compromessa da principi economici monetari che non potranno mai renderle efficienza..innovazione e qualità. Rimane sostenuta, nel bene o nel male, da personalità di carattere come la Merkel. Al contrario.. il nostro paese continua nella mancanza di figure politiche più capaci e lungimiranti che possano imporsi in modo più determinato e costruttivo.




nuovo articolo di Domenico Cacopardo sull'amministrazione romana

Su Roma non c’è ancora chiarezza.
Nei giorni delle prime rivelazioni, tuttavia, sembrano assodate alcune cose. La prima, per il combinato delle ispezioni prefettizie e delle valutazioni del procuratore Pignatone, riguarda la macchina municipale, fortemente compromessa e inquinata. Con l’arrivo di Ignazio Marino alla testa del Campidoglio, la situazione non è migliorata, visto che non si è posto mano al profondo, totale rinnovamento ch’era necessario.
L’imponente relazione che il prefetto Gabrielli ha consegnato mercoledì al ministro Alfano, spiega, infatti, come la burocrazia romana debba subire una profonda operazione di pulizia, con la rimozione di molti dirigenti apicali, a partire da Liborio Iudicello, il vertice del sistema amministrativo romano, già segretario generale della provincia di Firenze ai tempi di Matteo Renzi.
Certo, né Gabrielli né Pignatone si sbilanciano nel sostenere l’opportunità di rimuovere Marino e di commissariare il comune, ma in sostanza di questo si tratta. Se il sindaco s’è rivelato incapace di incidere sulla struttura (marcia) comunale ed è stato necessario che un terzo (Gabrielli) stabilisca chi rimuovere, è evidente che l’operazione avviata dalla relazione prefettizia consiste proprio in questo: sostituirsi a Marino e indicare dove intervenire e chi allontanare. A questo punto, è anche possibile (sarebbe estremamente utile) che coloro che sostituiranno i burocrati rimossi sia scelti «d’accordo» con la prefettura.
Certo, Gabrielli smentirà, ma è nell’ordine delle cose e dell’emergenza Giubileo che il ricambio dei dirigenti avvenga prestissimo e sia concordato in modo da evitare che un politico non romano come Marino commetta altri errori di persona.
La situazione, comunque, è paradossale.
Pignatone vara l’operazione «Mafia capitale» che viene presentata dall’informazione come la testimonianza di una capitale mafiosa, in mano a un clan criminale che ne controlla la macchina amministrativa.
Solo Giuliano Ferrara si dissocia dal coro, per sostenere che Roma non è mafia e che il fenomeno messo in luce dalla procura riguarda un gruppetto di persone con la vocazione dell’imbroglio organizzato. Manca, tra l’altro, l’elemento che più caratterizza la presenza mafiosa: la capacità-volontà di imporsi anche con la violenza, utilizzata per punire e per minacciare.
Di recente, anche Pignatone ha chiarito che Roma è una realtà troppo complessa e diversa per potere essere definita mafiosa.
Tuttavia, quella che si sta vivendo nella capitale è una specie di sagra delle indecisioni e degli errori marchiani.
Sullo sfondo avanza la paradossale candidatura di Roma a ospitare le Olimpiadi del 2024: un’ennesima occasione per alimentare il lucro privato a scapito della comunità. La memoria di Italia ’90 dovrebbe insegnare qualcosa.
Con il senso politico che lo contraddistingue, Matteo Renzi, quasi subito, ha dichiarato insostenibile la posizione di Marino. Aveva però, nominato commissario del Pd romano, Matteo Orfini, presidente del suo partito e romano di nascita e carriera. Un errore sostanziale, questo, visti anche i successivi sviluppi.
Subito dopo l’esternazione del presidente del consiglio, Orfini era uscito allo scoperto per opporsi all’idea della rimozione di Marino e del commissariamento del comune.
Su questo dissenso si è andati avanti sino a ieri. E si è dimostrato –per chi non lo avesse già capito- che Renzi è una tigre di carta, forte coi deboli, debole coi forti, e che i suoi diktat possono essere tranquillamente contestati e lasciati cadere nel nulla.
Oggi, con la relazione Gabrielli sul tappeto, la situazione sembra più chiara. Lo stesso Orfini sembra avere perduto le sue granitiche convinzioni, anche perché 8 romani su 10 considerano fallimentare l’esperienza di questo sindaco.
La rimozione di Marino, per il momento, non avrà luogo. Il suo commissariamento sì.
Riguarderà la macchina comunale e il Giubileo, troppo difficile e importante sul piano interno e su quello internazionale per essere lasciato nelle sue mani.
Insomma, si procederà così (l’esempio è ospedaliero): nella clinica chirurgica della capitale sarà rimosso il personale subordinato al primario che rimarrà in carica; poiché prossimamente dovrà essere effettuato un intervento chirurgico particolarmente impegnativo (il Giubileo) esso non sarà eseguito dal primario, ma da un terzo soggetto, considerato più abile e preparato.
Se Marino ha un briciolo di amor proprio, deve abbandonare.
Altrimenti, rimarrà al suo posto, esibendosi in rutilanti dichiarazioni cui non conseguirà alcun effetto pratico.
La vicenda non è all’epilogo, solo al terzo atto.

Domenico Cacopardo

9 lug 2015

Una nota critica al nuovo articolo di Domenico Cacopardo

Paradigmi da rimuovere..e nuove visioni funzionali
Che dobbiamo dunque fare ..eliminare i greci?...farli soccombere? Se così stanno le cose dovrebbe essere la stessa Commissione a cacciarli senza più perder tempo... ma guarda caso.. questa unione europea..non sembra per nulla decisa!
Quando Domenico scrive..(al di là delle sue evidenti capacità di esprimersi).. sembra viler fare apparire un mondo costretto a camminare su certi paradigmi..senza i quali..non vi può essere altra soluzione.
Ed è strano pensare che un Cacopardo, scrittore ormai di fama, con una chiara dose di percezione non usuale che guarda alle idee, resti bloccato da questa sua visione. E' proprio questa forma mentis perseverante a negare ogni possibilità di cambiamento, poiché il vero problema in realtà non è la Grecia, ma un modello economico finanziario che costringe ogni altra possibile evoluzione sia politica che di reale economia..anche nel nostro Paese.
Sbaglia chi sottolinea con enfasi e pietismo che... “i greci sono poveri disgraziati mentre i grassi europei non vogliono mettere mano al portafogli nemmeno per una elemosina.. e forse starà sbagliando anche Tsipras nella sua inadeguatezza a mediare e costruire un piano di risanamento più utile e convincente (pur nella evidente difficoltà ogettiva che limita i suoi spazi), ma quello che sicuramente si percepisce è il fallimento di un'Europa che si è voluta costruire attraverso un'unico piano delle risorse economiche finanziarie privo di un preventivo piano politico, storico e culturale, senza il quale sembra impossibile procedere oltre.
Quando una macchina funziona male è perfettamente inutile prendersela con chi la critica...fingendo di dimenticare gli errori del passato e quelli che ancora oggi persistono: Se la stampa si scatena a difesa dei più deboli e dei valori persi.. o meglio... smantellati dai principi di una economia che da un lato arricchisce e dall'altro impoverisce senza un rapporto di equità, non fa che operare a favore di una società, e se anche, come sostiene Domenico, sussiste una stampa subdola e manipolata, non potrà che passare in secondo piano rispetto alla ben più grave questione che vede oggi il disfacimento di una unione di Paesi cosi diversi e variegati.
La disinformazione a cui fa riferimento Domenico ..sia essa manipolata o no..passa di certo in secondo piano rispetto ad una questione fondamentale di chi pensa di usare il paraocchi per simulare valori come democrazia, equità, funzionamento, lungimiranza, integrità, equilibrio, qualità..etc...Valori che questa unione di Paesi, con simili presupposti, non potrà di certo edificare e portare avanti.
In quest'ottica procede anche l'opera di Matteo Renzi che col suo atteggiamento non ha saputo dimostrare una visione più lungimirante in favore del suo Paese e di una più logica costruzione di un'Europa, legandosi comodamente al barrocio dei più forti.. 
vincenzo cacopardo






Dallo Stato mite.. allo Stato imbelle

L’aspetto più inquietante dell’Italia attuale è la disinformazione distribuita a piene mani dai media nazionali, anche i più qualificati. Ieri, Il Corriere della sera, per esempio, ha pubblicato in prima pagina una vignetta di Giannelli che è un manifesto per la disinformazione «ufficiale» (già, secoli addietro, il Corriere era la voce ufficiale della borghesia in generale e milanese in particolare): rappresentava un medicante di fronte al quale passavano, indifferenti, Angela Merkel e compagnia bella. Giannelli, spesso mitico e più efficace di un editoriale, ha, quindi, detto ai lettori del Corriere: i greci sono poveri disgraziati e i grassi europei non vogliono mettere mano al portafogli nemmeno per un’elemosina.
Un’idea sbagliata e mistificatrice, visto che: il debitore è greco; l’Europa (con la partecipazione dell’Italia disastrata di questi tempi) ha erogato miliardi di aiuti; che la Grecia non vuol restituire quanto ricevuto né adottare le misure richieste dai creditori; che ieri Tsipras ha chiesto 7 miliardi di euro (nient’affatto un’elemosina) in attesa di un ennesimo mirabolante e vuoto piano di ripresa e risanamento.
Anche la Rai, in salsa Gubitosi, non è estranea alla disinformazione generale. A dire il vero, trattandosi di servizio pubblico, dovrebbe attenersi a un codice di terzietà informativa che non dovrebbe incidere sul diritto alle opinioni dei giornalisti, ma obbligarli a riferire i dati dei problemi che esaminano.
Il caso ha voluto che ieri mattina, mercoledì ascoltassi una trasmissione di radio Rai1.
Premetto che in tutta la trasmissione si sono usate le parole «migrante» e «profugo» come sinonimi, quando invece non lo sono né in fatto né in diritto. Se fossi maligno penserei che la confusione derivi da malafede. Siccome non sono maligno, credo che questa confusione abbia colpito i nostri «informatori» che la subiscono senza (dovere specifico della professione) avere mai controllato la semantica e la pratica migratoria.
I giornalisti hanno iniziato con Ventimiglia, spiegando che sugli scogli (artificiali) in prossimità del confine francese, rimangono ancora un certo numero di «irriducibili», che protestano contro le difficoltà di attraversare il confine, visto che le autorità francesi respingono chi non ha un permesso di soggiorno (italiano) né documenti (comportamento «dovuto», in base alla normativa europea) e che, a coloro che, invece, possiedono un permesso di soggiorno, chiedono di dimostrare la loro capacità di sopravvivenza in Francia (quattrini o parenti o regolare contratto di lavoro) (comportamento «dovuto» in base alla normativa francese e, anche, italiana, se qualcuno decidesse di rispettare la legge).
Il tono del cronista era scandalizzato, come se l’atteggiamento francese fosse da condannare come contrario al diritto dei popoli.
Hanno anche interrogato qualcuno di Ventimiglia sugli effetti della presenza di migranti-profughi rilevando: che danneggiano l’immagine (turistica) della città ligure e che non rappresentano un problema sanitario.
Il disturbo dell’immagine è sembrato una meschina pretesa di qualche sparuto cittadino, invece di una legittima esigenza socio-economica: un luogo turistico di mare «deve» tenere alla propria buona fama, per salvaguardare le attività turistiche.
Quanto al problema sanitario, era evidente che non tutto veniva detto. Di certo, gli occupanti degli scogli (artificiali) non solo stanno nelle tende (della Protezione civile, a quanto sembra) ma, non godendo di servizi igienici, utilizzano, per soddisfare le loro esigenze fisiche, il mare. Un inquinamento certo, quindi, dimenticato tra le righe dei preconcetti.
I giornalisti Rai hanno poi affrontato il caso di Enzo Canepa, una specie di pericoloso criminale eletto sindaco di Alassio.
Canepa ha adottato una delibera che impone ai vigili urbani di identificare le persone che dal punto di vista somatico sembrano provenire dall’Africa chiedendo un certificato sanitario che attesti l’assenza di malattie trasmissibili. Coloro che non ne sono in possesso saranno accompagnati ai confini (comunali) e, se ritornano, multati.
Il sindaco, intervistato, ha segnalato il timore e il pericolo rappresentato dai migranti provenienti da zone in cui ci sono malattie endemiche facilmente trasmissibili e, a titolo di esempio, ha segnalato il diffondersi di patologie polmonari virali. Per rispondere a Canepa, è stato intervistato un medico della Società italiana di medicina delle migrazioni che non ha smentito (né poteva) la possibile presenza di portatori sani di virus a diffusione endemica, ma ha invocato l’art. 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.» In realtà, Alassio non mette in discussione l’art. 32, ma ne dà una lettura effettuale, giacché al diritto alla salute corrisponde (per giurisprudenza costituzionale) un dovere alla salute, che si sostanzia in criteri difensivi e prudenziali del genere di quelli adottati.
Insomma, quello che l’ascoltatore traeva dall’informazione ammannita da mamma Rai, consisteva nella presenza in Liguria (come altrove) di persone tarate da razzismo e da comportamenti razzisti. La tesi è ricorrente, ma deforma la realtà.
Infatti, non c’è un obbligo d’elemosina, d’accoglienza, di carità. Si tratta di virtù che ognuno esercita liberamente quando vuole con chi vuole per chi vuole. Pensare di classificare gli italiani tra razzisti, da mettere all’indice (e poi al muro) e non razzisti è, prima che un falso, un errore che spinge verso atteggiamenti sempre più radicali. Se le «anime belle» credono di convincere e di vincere, si sbagliano: la criminalizzazione degli incerti e di coloro che temono i migranti condurrà il Paese a una spaccatura verticale, nella quale proprio le «anime belle» saranno sconfitte.
Infatti, i sentimenti che la migrazione biblica che ci ha investito può suscitare sono vari e tutti legittimi. Solo la violenza non è ammissibile.
La verità, peraltro, è che lo Stato italiano ha adottato da tempo un «diritto mite». I dimostranti occupano una strada e impediscono il libero esercizio della libertà di movimento? Invece di mandare la Guardia nazionale in assetto di guerra, come si usa negli Stati Uniti, quando diritti costituzionali vengono illegalmente violati, qui, la Polizia fa opera di convincimento.
Basta guardarsi in giro e osservare la situazione dell’ordine pubblico per capire quali disastri abbia prodotto in Italia un atteggiamento del genere.
Lo Stato da mite è diventato imbelle e complice.

Domenico Cacopardo

8 lug 2015

Il governoTsipras..e le logiche reazioni





L' analisi di Manlio Dinucci sulla “Grecia, l’ombra di «Prometeo” é del tutto condivisibile, poiché il problema ellenico (come già messo in evidenza da questo Forum) non può non essere visto in un'ottica di sistema : Un sistema capitalistico che reprime ogni possibile democrazia, ma persino ogni altra possibile espansione di una economia reale. E' quindi logico che questo referendum ha posto problemi al di là di una scelta del si o del no, mettendo sulla bilancia il peso di una politica che tocca interessi e strategie ben al di fuori di ogni contesto Europeo. Non è nemmeno difficile intuire quanto la svalutazione della moneta europea possa dar fastidio ad una economia americana per via dell'import export dei prodotti. Vi è poi il possibile avvicinamento di altre potenze straniere che potrebbero inserirsi in un contesto europeo compromettendo una appartenenza alla Nato della Grecia.

Secondo l'articolo di Dinucci..la tesi contrapposta di James Galbraith (docente di relazioni di governo e business all’Università del Texas) in caso di fallimento dell'Europa, potrebbe vedere un aiuto da parte degli stessi Stati Uniti attraverso misure minori, tra cui una garanzia sui prestiti. Dinucci conclude sostenendo che ambedue le strade possano essere pericolose..e che l'unica via resta quella della lotta popolare per la difesa della sovranità nazionale e della democrazia.

Ambedue le strade denotano un chiaro fallimento da parte di questa unione europea!

Naturalmente non tutte le tesi che si riscontrano sono identiche: C'è chi sostiene che in Grecia..nello stesso ambito capitalistico si scontrano due filoni di pensiero politico-economico contrapposti.. identici a quelli che si riscontrano nel Parlamento europeo: Quello socialdemocratico e quello neoliberista. L'uno che guarda ai principi fondamentali della solidarietà e l'altro che si esprime compromettendo una più equa ripartizione e ridistribuzione. Questi due modelli contrapposti che riducono il pensiero politico in uno spaccato assurdo, oltre che poco funzionale, si basano ancora su ideologie vecchie . Due modelli che in mancanza di una visione più equilibrata scandiscono il tempo e le regole della politica in modo troppo deciso, netto, ma sicuramente poco utile.  In ogni caso..se i parametri economici imposti dalla comunità europea si legano ad un visione capitalistica di tipo neoliberista..la politica di Tsipras... pur rientrando in un ambito capitalistico, ne rappresenta oggi..in termini politici.. una chiara contrapposizione. Un ostacolo ad un sistema rappresentato dai potentati economici.. in favore di una solidarietà e di un desiderio supremo della democrazia.

Ma quello che decisamente oggi deve sorprenderci è il valore che si dà alla politica economica di una Comunità..sicuramente poco solidale... che si esprime con i parametri dei PIL pro capite..non tenendo assolutamente conto del continuo allagamento di una forbice tra ricchezza e povertà insita in seno agli stessi Paesi. Una visione fin troppo sintetica, pragmatica e cinica che non potrà che scatenare ulteriori logiche reazioni da parte di altri Paesi.
Vincenzo Cacopardo


Grecia, l’ombra di «Prometeo”
Il «testa a testa» nel referendum greco, propagandato dai grandi media, si è rivelato una sonora testata nel muro per i fautori interni e internazionali del «Sì». Il popolo greco ha detto «No» non solo alle misure di «austerità» imposte da Ue, Bce e Fmi, ma, di fatto, a un sistema – quello capitalistico – che soffoca la democrazia reale.
Le implicazioni del referendum vanno al di là della sfera economica, coinvolgendo gli interessi politici e strategici non solo di Bruxelles, ma (cosa di cui non si parla) quelli di Washington. Il presidente Obama ha dichiarato di essere «profondamente coinvolto» nella crisi greca, che «prendiamo in seria considerazione», lavorando con i partner europei così da «essere preparati a qualsiasi evenienza».
Perché tanta attenzione sulla Grecia? Perché è membro non solo della Ue, ma della Nato. Un «solido alleato», come la definisce il segretario generale Stoltenberg, che svolge un ruolo importante nei corpi di rapido spiegamento e dà il buon esempio nella spesa militare, alla quale destina oltre il 2% del pil, obiettivo raggiunto in Europa solo da Gran Bretagna ed Estonia.
Nonostante che Stoltenberg assicuri «il continuo impegno del governo greco nell’Alleanza», a Washington temono che, avvinandosi alla Russia e di fatto alla Cina, la Grecia di Tsipras comprometta la sua appartenenza alla Nato. Il premier Tsipras ha dichiarato che «non siamo d’accordo con le sanzioni alla Russia» e, al vertice Ue, ha sostenuto che «la nuova architettura della sicurezza europea deve includere la Russia». Nell’incontro Tsipras-Putin, in aprile a Mosca, si è parlato della possibilità che la Grecia diventi l’hub europeo del nuovo gasdotto, sostitutivo del South Stream bloccato dalla Bulgaria sotto pressione Usa, che attraverso la Turchia porterà il gas russo alle soglie della Ue.
Vi è inoltre la possibilità che la Grecia riceva finanziamenti dalla Banca per lo sviluppo creata dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) e dalla Banca d'investimenti per le infrastrutture asiatiche creata dalla Cina, che vuole fare del Pireo un importante hub della sua rete commerciale.
«Una Grecia amica di Mosca potrebbe paralizzare la capacità della Nato di reagire all’aggressione russa», ha avvertito Zbigniew Brzezinski (già consigliere strategico della Casa Bianca), dando voce alla posizione dei conservatori.
Quella dei progressisti è espressa da James Galbraith, docente di relazioni di governo e business all’Università del Texas, che ha lavorato per alcuni anni con Yanis Varoufakis, divenuto ministro delle finanze greco (ora dimissionario), al quale ha fornito «assistenza informale» in questi ultimi giorni. Galbraith sostiene che, nonostante il ruolo svolto dalla Cia nel golpe del 1967, che portò al potere in Grecia i colonnelli in base al piano «Prometeo» della Nato, «la sinistra greca è cambiata e questo governo è pro-americano e fermamente membro della Nato». Propone quindi che, «se l’Europa fallisce, possono muoversi gli Stati uniti per aiutare la Grecia, la quale, essendo un piccolo paese, può essere salvata con misure minori, tra cui una garanzia sui prestiti» («US must rally to Greece», The Boston Globe, 19-2-15).
Ambedue le posizioni sono pericolose per la Grecia. Se a Washington prevale quella dei conservatori, si prospetta un nuovo piano «Prometeo» della Nato, una «Piazza Syntagma» sulla falsariga di «Piazza Maidan» in Ucraina. Se prevale quella dei progressisti, una operazione di stampo neocoloniale che farebbe cadere la Grecia dalla padella nella brace. L’unica via resta quella di una dura lotta popolare per la difesa della sovranità nazionale e della democrazia.
Manlio Dinucci 

L'analisi di domenico Cacopardo dopo il referendum in Grecia


Non c’è nulla da festeggiare, dopo l’esito del referendum greco.
Non hanno nulla da festeggiare i greci che iniziano un percorso drammatico, che li condurrà in un terreno ignoto molto simile a Weimar e a Caracas.
Non hanno nulla da festeggiare gli italiani perché quanto sta accadendo al di là dell’Adriatico rende più fragile la situazione del bel Paese, il cui debito è destinato a lievitare per effetto della inevitabile crescita degli interessi.
Non hanno nulla da festeggiare gli altri europei, nel momento in cui la crisi scuote l’Europa dei bottegai e dei miopi che ha privilegiato le idee degli ottusi burocrati di Bruxelles rispetto all’ispirazione originaria e unitaria, mai come ora discussa e discutibile.
Non hanno nulla da festeggiare Angela Merkel e il suo fido Sancho Pancha Hollande, visto che la diarchia dichiara fallimento di fronte al mondo, dopo però avere dissipato troppe decine di miliardi di euro in interventi tardivi, in prescrizioni inapplicabili, in incertezze ingiustificate.
Gli sciocchi –già proprio di sciocchi incapaci di interpretare i dati della realtà e di vedere dove sta l’interesse nazionale- che esultano a Roma o ad Atene, dove si sono recati in tragica trasferta-, esaltano la democraticità del metodo del referendum. Ma noi, noi italiani, dobbiamo, invece, contestare che 1.300.000 greci (la differenza tra no e sì) possano avere deciso per 340.000.000 di cittadini dell’eurogruppo. E dobbiamo ricordare che un referendum come quello celebrato ad Atene non è l’esaltazione della democrazia ma della demagogia, visto che si è scritto «no» alla domanda «sangue e lacrime». Troppo facile. Troppo populista. Troppo irresponsabile.
Rimane sul terreno dello scontro Mario Draghi: la sua corretta idea d’Europa cade per l’assenza dell’Europa e, anche nel suo caso, è difficile prevedere cosa accadrà.
Difficilmente, però, l’eurogruppo potrà fare marcia indietro. Ma, nel tenere fermo il proprio punto, dovrà pensare al futuro immediato: il deragliamento della Grecia non deve diventare deragliamento generale.
Deve quindi tornare la politica. Ed è questo il difficile, in tempi di nani come Merkel, Hollande, Renzi e Rajoy. Mediare tra gli interessi (divergenti) degli europei sarà difficile.
Ed è l’idea d’Europa che può salvarci, non i contabili di «Le Berlaymont» (sede dell’Unione). E il ritorno a Delors: i 30 miliardi di Junker fanno ridere e piangere. Occorre partire con un programma di almeno 300 miliardi di euro per dare alle economie europee quella spinta che serve per riprendere il cammino, creando occupazione e benessere.
Non c’è da essere ottimisti, certo. Ma i greci sono già nell’inferno.

Domenico Cacopardo