26 ago 2015

Un' economia che non premia un possibile sviluppo reale


di vincenzo cacopardo
Il sindaco d'Italia continua a promettere ...ma non si capisce quale può essere la ragione di attuare una simile propaganda se non quella di prendere in giro una grande fetta del suo elettorato ..visti i parametri economici e le statistiche di una crescita che offrono poco spazio, a chi come noi, soffre di un pesantissimo debito pubblico. Sappiamo tutti che senza una crescita il debito è destinato ad allargarsi ed in realtà..questo sbandierato sviluppo in salita.. non si riesce mai a riscontrare.

La politica di questi anni si è sempre mossa attraverso promesse. Chiunque sale al premierato diffonde proclami di promesse più che di impegni reali: Renzi, in questo caso, è sempre apparso in prima fila nelle continue filastrocche mielate da una comunicazione ipocrita più che mai. Sarebbe più utile avere un premier che dettasse con maggiore umiltà progetti ed impegni concreti al fine di assicurare senza affermate certezze..ma con intuito, lungimiranza e volontà.. la possibilità di abbassare le tasse. Il premier, come esattamente fece il suo predecessore Berlusconi,  fosse quasi un giochino da niente, promette e promette ..giocando sulla pelle dei cittadini meno abbienti..senza accorgersi che il nostro non è nemmeno un problema limitato alla crescita, ma alla perseverante apertura a forbice di chi può vivere ancora agiatamente ed i tantissimi che rasentano ormai la povertà assoluta.

Limitare la politica economica solo nei racchiusi parametri dello spread o del Pil..significa non aver capito in profondità il metodo necessario ed un percorso che solo attraverso una feconda economia reale potrebbe mettere pace ed equilibrare gli evidenti divari esistenti. Se solo chi ha i capitali può essere in grado di investire... tagliando così fuori una grande parte di cittadini che, priva di questi, potrebbe essere in grado di proporre idee per la crescita, significa limitare ogni vero sviluppo verso la qualità e l'eccellenza che per storia ci appartiene. Anche le banche dovrebbero tornare a fare le banche! Oggi potrebbero entrare in “equity” investendo per e con le aziende, sposando, per un periodo di tempo ed accompagnando la loro crescita... portarle verso un reale sviluppo.


Sono temi difficili da affrontare e si capisce, ma anche predominanti che in vero vengono poco valutati preferendovi una sterile propaganda fatta di promesse fiscali e quant'altro. Un dato di fatto è certo..in tutto ciò il vero sviluppo dell'economia nazionale potrebbe essere indirizzato verso una crescita del Sud ed in questo ancora nessuno, né tantomeno il sindaco d'Italia, riesce ad immedesimarsi. 

post collelati: le ragioni della crisi economica
                  il paese e lo sviluppo

Interessante nota di Domenico Cacopardo

Le nubi che si addensano sul cielo cinese rischiano di avere conseguenze su tutto il mondo sviluppato (e non) e di mandare a carte quarant’otto la tela di Penelope tessuta in Italia per la definizione della «Legge di stabilità 2016».
Torniamo a parlarne, nell’unico modo oggi possibile, come se il fattore Cina non dovesse avere spiacevoli effetti.
I comuni italiani saranno in prima linea per la possibile abolizione della Tasi e la necessità di trovare fonti alternative di finanziamento.
Per risolvere la questione il governo s’è rivolto al Sose (Soluzioni per il Sistema Economico Pubblico e Privato), un istituto di ricerca riferibile all’Anci e al medesimo ministero dell’economia.
Il Sose ha lavorato sulla spesa storica dei comuni d’Italia.
Per esempio qualche dato: in Emilia-Romagna la spesa storica ammonta a 3 miliardi di euro l’anno (circa), pari a 693 euro per cittadino. In Calabria un po’ meno di un miliardo (995 milioni) pari a euro 495 pro-capite. Il dato, naturalmente, non chiarisce il rapporto tra spesa e servizi erogati.
Va ricordata inoltre: che la Corte costituzionale, investita del problema dell’autonomia finanziaria della regione Piemonte, ha ritenuto incostituzionale il dirottamento di fondi ricevuti da uno scopo all’altro. È, infatti, accaduto che la regione (come altre) abbia incassato un cospicuo finanziamento dello Stato per il pagamento delle partite arretrate (debiti verso i fornitori).
Ricevuti i quattrini, il Piemonte ne ha destinato una parte al pagamento dei fornitori e un’altra, credendosi legittimata dalla propria autonomia, a spese ordinarie (anche nuove). Questo è stato ritenuto incostituzionale e la Corte, così, ha introdotto un serio elemento di moralizzazione della finanza pubblica (le autonomie debbono rispettare vincoli e indicazioni dello Stato nazionale).
Forti di questa indicazione, i tecnici del ministero dell’economia e della presidenza del consiglio dei ministri hanno ora la possibilità di definire il «montante» (il totale ripartibile per categorie) del finanziamento secondo un criterio tecnico inoppugnabile, visto che è stato proposto da un organismo (il Sose) emanazione dei comuni italiani. Il criterio è quello dei «fabbisogni standard», una valutazione perequativa delle esigenze dei comuni in rapporto ai servizi erogati, abbandonandosi per questa via il criterio dei fabbisogni storici.
Il nuovo sistema difficilmente diventerà integralmente operativo nel 2016, ma, nel 2016, dovrebbe trovare un importante avvio: il Sose e il ministero dell’economia sono in grado di utilizzare un algoritmo che ingloba tutte le variabili constatate sul campo da Aosta a Trapani e le rapporta alla teorica capacità fiscale della comunità interessata.
Questo rapporto darà concretezza e attuabilità alle misure di riorganizzazione della spesa comunale e indicherà a ogni amministrazione la strada (virtuosa) da seguire per evitare il commissariamento della gestione del proprio bilancio. E, soprattutto, limiterà le possibilità delle ruberie attuali, quelle che emergono confrontando i costi unitari (la classica biro fornita ad alcuni comuni costa più di 20 volte di quella fornita ad altri)
Il discorso, in pratica, è meno difficile della sua descrizione.
Chi vuole potrà approfondirlo nei siti dedicati.

Domenico Cacopardo

24 ago 2015

Una recensione sul nuovo articolo del giornale di Sicilia del 22 Agosto sul pensiero del professore Giovanni Sartori.


   di vincenzo cacopardo                                                           

L'ISIS FA STRAGE ...MA L'OCCIDENTE NON SI MUOVE.”.
                                             Queste le dure parole del noto politologo!

La critica è forte e lascia poco spazio a diverse interpretazioni...Il professore, noto politologo ormai ultra novantenne, si esprime a tutto campo e senza peli sulla lingua cominciando dal caos che incombe in tutto il pianeta...partendo dal clima e finendo da una realtà che sta cambiando ed un lavoro che tracolla. 
L'autorevole personaggio prende spunto dal suo nuovo libro “la corsa verso il nulla”, affronta argomenti complessi scatenatesi negli ultimi tempi nell'intero mondo: Parla del nuovo scontro di civiltà tra Islam e Cristianesimo ..sottolineando il pericolo costante di un'Isis pronta ad uccidere e devastare senza che il Papa alzi parola sugli eccidi cristiani e le stragi dei cattolici sul resto del mondo. Le parole più toccanti sono quelle riferite a chi continua a parlare insensatamente di conflitti locali mentendo spudoratamente: Questa è una guerra ..afferma.. e ad una guerra si risponde solo con le armi. Il professore accenna alla Libia..asserendo l'inutilità di poter sperare di risolvere il problema degli immigrati in modo diplomatico e dichiarando che ogni strada dell' integrazione rimane senza alcuna via di sbocco: L'integrazione non esiste..quella che noi definiamo tale ..è in realtà..un patto di reciproca estraneità.

Ma il tratto più importante della sua intervista sembra essere indirizzato verso quell'Occidente che ha smesso di difendere i proprio valori. Le guerre operate dagli Stati Uniti sono state inutili ed imbecilli, non hanno esportato alcuna democrazia..poichè a loro stessi non interessava. Nel frattempo la stessa Chiesa sembra essersi rassegnata alla laicità dello Stato. Per Sartori dunque..una certa situazione fuori controllo e precisi interessi privati..hanno susseguentemente determinato il successo di figure interessate e demenziali assurte al potere, ma prive del tutto di ogni capacità in materia storico politica.

Sartori passa infine alla scontata critica dell'Unione Europea definita dallo stesso come una Confederazione più che una Federazione; per lui una unione di sette.. otto Stati con una banca centrale con controllo della moneta andava più che bene, ma la pretesa di una espansione verso Paesi poco similari , ha creato un autentico pasticcio: Cosa c'entra... ad esempio... l'Ucraina con l'Europa?

Oggi..termina il professore..l'incompetenza e ed il dilattentismo avanzano e fanno il gioco degli appetiti dei pochi. Ma per lui la rassegnazione non dovrebbe esistere... bisogna perciò difendersi e non arrendersi: occorre più realismo e forza di volontà! La salvezza viene dalla conoscenza. Per Sartori occorre quindi la cultura e l'istruzione ...più che la speranza.

Non si può che essere d'accordo col pensiero e l'analisi del Professore Sartori... anche se in certi termini si esprime in toni forti ed assoluti. Sono argomenti trattati diverse volte in questo blog.  Ma alla fondata ricerca del realismo e la forza di volontà mi permetterei di aggiungere la forza delle idee che spesso poco collima col realismo di coloro che tendono ad imporre con forza pragamtismi perentori dando spesso prova di non saper leggere in lungimiranza.  

20 ago 2015

Bergoglio e Galantino: due richiami forti che confluiscono in un rispetto dei valori sociali

di vincenzo cacopardo
L'errore  che penso si commetta spesso... è quello di credere che ogni argomento trattato dal Pontefice riguardo la società ed i suoi valori, possa essere preso come una posizione politica. Non ci si cura del fatto che l'esegesi cristiana fa parte integrante della vita dell'uomo nella nostra società: Cosa dovrebbe dunque fare un Pontefice nella sua opera di evangelizzazione ...se non attivarsi nel stigmatizzare i mali che in essa convivono?   

Il santo Padre definisce il lavoro come sacro” ..espressione di dignità della persona umana. Per lui creare una perdita di posti di lavoro significa causare un grave danno sociale.

Il tema dell'occupazione come tema sociale sta molto a cuore a Papa Francesco che lo contrappone all' incubo del profitto economico e quella particolare tecnologia che sta mettendo in forte rischio lo scandire della via umana. Bergoglio..nella qualità di pastore di una Chiesa che avanza nel messaggio cristiano, rimane addolorato dal constatare l'enorme massa sociale priva di lavoro e di una propria dignità dispersa proprio per la mancanza di questo.

Molti oggi vengono privati di una possibilità di dimostrare le proprie capacità perchè il ritmo di questa società lo impedisce danneggiandone lo spirito. Il Papa definisce ciò come una grave responsabilità umana e sociale che convive nell'attività dei pochi che si arricchiscono attraverso le regole di un mercato quasi divinizzato. A tal proposito Bergoglio si esprime con forza sui rischi che tale logica del profitto può portare incidendo come per imprigionare l'essere umano e rendendolo un ostaggio.
Queste... le sue chiare parole in proposito: Quando il lavoro è solo in suo “ostaggio” e si distacca quindi “dall’alleanza di Dio”, allora “l’avvilimento dell’anima contamina tutto, la vita civile si corrompe e le conseguenza colpiscono soprattutto i più poveri”.“La moderna organizzazione del lavoro mostra talvolta la tendenza a considerare la famiglia un ingombro, un peso per la produttività del lavoro”.

Altre e più crude le parole riportate sul Sole 24 Ore dal segretario generale della Cei,. Monsignor Nunzio Galantino nella sua Lectio degasperiana: “La politica non e' forse quella che siamo stati abituati a vedere oggi, vale a dire un puzzle di ambizioni personali all'interno di un piccolo harem di cooptati e di furbi. La politica é ben altro, ma per comprenderlo é inutile prodursi in interminabili analisi sociologiche o in lamentazioni, quando é possibile guardare a esempi come quello degasperiano».
«I veri politici - continua il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, prendendo ad esempio la politica di De Gasperi - segnano la storia ed è con la storia che vanno giudicati, perché solo da quella prospettiva che non é mai comoda, si possono percepire grandezze e miserie dell'umanità».
«Un popolo non è soltanto un gregge, da guidare e da tosare: il popolo è il soggetto più nobile della democrazia e va servito con intelligenza e impegno, perché ha bisogno di riconoscersi in una guida. Da solo sbanda e i populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di un popolo che freme e che chiede di essere portato a comprendere meglio la complessità dei passaggi della storia».

Queste parole per quanto assai contestate da una buona parte dei politici, segnano una strada comune con il comunicato di Papa Bergoglio. E' inutile prendersela con chi esordisce in tal modo ..quando è sotto gli occhi di chiunque lo stato delle cose..La politica che si sente offesa dal peso di queste esternazioni..dovrebbe comprendere come il suo ritmo scandisce e definisce in modo pedissequo una tendenza sociale ed umana offendendo spesso principi e valori che non possono non essere questioni legate ad un messaggio umano e cristiano.

Ma attenzione...quello di Bergoglio, non potrà mai essere definito un messaggio politico..Egli non specifica..nè avrebbe il potere di definire regole che la politica dovrebbe, invero, apprestare: La sua rimane una interpretazione come Pastore di una Chiesa che si muove nel.. e per.. il rispetto del sociale..attraverso valori cristiani che dovrebbero far riflettere. A differenza..quello del Nunzio Galantino, accennando e prendendo esempio da una precisa politica Degasperiana... rimane un messaggio più critico e dirompente, se pur nel rispetto dei valori di una politica più integra e umana.

Due messaggi diversi che confluiscono in un unico fine rappresentato dalla forza dei valori che in una società non possono mai essere mortificati da una politica sociale irrispettosa e poco attenta all'equità comune.









18 ago 2015

Una breve critica all'articolo di Domenico Cacopardo sulla riforma Rai

Quello che non si riesce a sopportare è proprio quel metodo “sottile di strategie” per ottenere risultati a favore di interessi politici personalissimi esaltati proprio dalle “scaltrezze” di un gioco che... in vero... uno svago non dovrebbe mai essere . Le “furberie di tipo andreottiano” a cui fa riferimento il dotto cugino Domenico in questo articolo, altro non sono che strategie che appartengono ad un passato che ha rovinato tutto l'andazzo di una politica che si vorrebbe oggi più nobile e fattiva. Se Freccero non ha mai sostenuto questa politica ed i metodi di Berlusconi e Renzi è proprio per il fatto che costoro si sono sempre mossi con atteggiamenti e posizioni da veri restauratori e meno come effettivi riformatori. Non credo si tratti di odiare, ma di valutare l'operato assai discutibile di tali strategie dedite esclusivamente a distribuire il potere con fini di ottenere consensi, ma quasi mai per ottenere giusti meriti ed efficienza.

Con estrema limpidezza ed un po' del solito disinvolto cinismo...Domenico scrive: Le capacità manovriere e mistificatrici del primo ministro che, tra polemiche comunque contenute, ha portato a casa, con tecnica andreottiana, il risultato desiderato: tempismo, un gioco sottile di accelerazioni e di rallentamenti, spregiudicatezza, col recupero di un rapporto sostanziale con Silvio Berlusconi.
Tutto si definisce quindi nella capacità di saper manovrare, nella spregiudicatezza.. e nell' aver saputo giocare con astuzia, ma quasi mai si entra nel merito di queste riforme , esaltandone  e mitizzandone gli sterili risultati e le figure di coloro che.. con una certa spregiudicatezza.. hanno saputo ottenere risultati attraverso l'uso di metodi andreottiani o similari.Quello che purtroppo oggi ancora esalta una gran parte di cittadini che analizzano i risultati come successi personali a prescindere... privandosi di considerarli in profondità nel merito!: E' quella "foma mentis" rimasta legata alle strategie di un passato che ci ha reso politicamente deboli e assai poco costruttivi. 

Ma, non so se Domenico percepisce che è proprio questo vecchio concetto che si vuole cambiare (sia che esso venga sostenuto dalla politica del nuovo M5S o condotto da altri nuovi movimenti) da parte di una nuova politica che avanza con fatica... altrimenti quel cambiamento non potrà mai essere il vero cambiamento. 

Questa è la ragione per la quale si deve contrastare questo metodo della visione cinica e pragmatica che avanza dirompente a sfavore di una più larga visione che tenga conto della ricerca e delle teorie di base e che realizzi ogni fine come utile funzione. Questa logica delle manovre astute (sia che si tratti di riforma RAI o altre riforme più complesse) porterà sempre risultati flebili, scomposti e di parte, ma mai a favore di un cambiamento che si vorrebbe di vera funzionalità. E' facile dare simili meriti ..molto più difficile operare per un cambiamento più serio senza emulare operazioni di strategie andreottiane di alta convenienza personale che si esprimono, poi, in una bassa politica costruttiva. 
vincenzo cacopardo


UN'OPERAZIONE ANDREOTTIANA

Mentre gli ultimi guerrieri giapponesi, ignari che il mondo è andato oltre Hiroschima, il Vietnam, il Golfo, Osama Bin Laden, si battevano come leoni per impedire la riforma della Rai proposta, per conto di Renzi, da Maria Elena Boschi, il governo concordava con le opposizioni il rinnovamento del consiglio di amministrazione, presidente e amministratore delegato secondo la (vigente) legge Gasparri.
All’operazione ha, inaspettatamente, partecipato il Movimento 5Stelle che, smentendo l’usanza di consultare il popolo via web, ha indicato come suo rappresentante Carlo Freccero, il noto e apprezzato professionista dei media che, per la vecchiaia e nonostante i riconoscimenti ottenuti, ha scelto il mestiere di odiatore del mondo e, in particolare, di Berlusconi e di Renzi.
In realtà, il risultato ottenuto sul tema Rai conferma le capacità manovriere e mistificatrici del primo ministro che, tra polemiche comunque contenute, ha portato a casa, con tecnica andreottiana, il risultato desiderato: tempismo, un gioco sottile di accelerazioni e di rallentamenti, spregiudicatezza, col recupero di un rapporto sostanziale con Silvio Berlusconi, mai venuto meno, in verità, mediato questa volta da sua felpatissima eminenza Gianni Letta, e cinica gestione degli uomini in campo.
Repubblica che, da tempo ha abbandonato il campo di Carlo Magno (capo di tutti i cristiani) per passare a quello di Agramante (capo di tutti i mori), protesta stizzita con un durissimo fondo di Ezio Mauro: la sensazione, però, è che la causa sostanziale della stizza derivi da una incontestabile caduta di peso e di influenza che restringe la sua area di riferimento politico agli scontenti di sinistra, cioè a gruppi marginali e ininfluenti, e, tentativamente, alla combriccola grillesca, peraltro ben più e meglio interpretata dal noto Marco Travaglio.
Nel merito, la nuova Rai è interessante. Si rimuovono la presidente Tarantola, che, a via Mazzini, sembrava l’asino in mezzo ai suoni, provenendo da Bankitalia e da una discussa esperienza alla Vigilanza, e il manager Luigi Gubitosi, il cui risultato migliore (la riorganizzazione dei Tg) è stato lasciato in eredità ai successori. Si inseriscono al vertice Monica Maggioni, cui si muove l’accusa di carrierismo, tipica manifestazione di invidia di colleghi interni ed esterni, mentre nessuno mette in discussione i risultati sempre ottenuti negli incarichi svolti, compresi quelli più rischiosi, nei fronti iraqeni e nel palazzo presidenziale di Assad. E, come direttore generale (e possibile futuro amministratore delegato) un personaggio interessante, anche se ignoto al grande pubblico: Antonio Campo dell’Orto. Cinquantunenne, proviene dall’universo Mtv, e dal consiglio di amministrazione delle Poste, ov’è stato inserito proprio da Renzi.
Tralasciando la povertà degli altri, una compagnia di nani (nei quali si intruppa Freccero, la cui possibilità di incidere sarà pari a zero), nella quale spicca per «nanità» una certa Rita Borioni, designata da Matteo Orfini, col quale ha collaborato nella commissione cultura del Pd, il duo Maggioni-Campo dell’Orto può imprimere una svolta all’azienda, introducendo un principio ignorato: la terzietà. Sin qui l’equilibrio dell’informazione era figlio della lottizzazione: gli utenti riuscivano a ottenere una rappresentazione dei fatti e delle opinioni (sempre squilibrata a favore del potere aziendale, monopolizzato dal Pd, frazioni exdemocristiana ed excomunista) da giornalisti strettamente lottizzati.
Ora, potrebbe verificarsi il caso che la notizia governi l’informazione e, quindi, sia essa dotata di quella terzietà da tutti invocata, ma da nessuno voluta. Certo una terzietà limitata dalla riconoscenza per Renzi, la cui misura, però, è nelle mani dei due massimi dirigenti.
Renzi, nonostante i propositi bellicosi, ha fatto un bagno di realismo: in fondo, ma non tanto, questo governo è dominato dalla democristianeria. Una democristianeria giovane e giovanilista, perciò più gradevole della vecchia, ma in sostanza sempre uguale a se stessa: cinismo, complicità, spregiudicatezza praticata con misura, disponibilità a tutto purché il potere sia mantenuto.
Nello sfondo, si animano i fantasmi di tragici passati. Se questo metodo di governo sprofonderà, come spesso sembra voglia fare, i movimenti populisti e nihilisti si rafforzeranno ulteriormente e sfioreranno il potere riportando d'attualità i nostri periodi bui, nei quali il vento dell’antipolitica ha prodotto una dura tirannia.
Certo, nello scenario manca una forza politica rigidamente democratica e liberale, radicalmente legata alla forza della legge e dello Stato di diritto, capace quindi di prospettare agli italiani una soluzione diversa, nella quale ci dovrebbe essere l’equilibrio dei diritti e dei doveri e la moralità pubblica non fosse sfiorata dal dubbio.
Questa forza c’è stata e si chiama Partito radicale: pur con numeri elettorali risicati è riuscito a imporre le principali riforme civili che rendono oggi l’Italia omogenea al mondo laico occidentale. E ha condotto, con esiti alternati, grandi battaglie di civiltà.
Oggi, un declinante Marco Pannella non è più percepibile come un leader capace di dettare l’agenda del prossimo futuro.
Ci manca, perciò, chi può far risuonare nelle aule parlamentari la voce della Repubblica democratica, aperta ai giovani e all’innovazione, capace di essere protagonista nella Penisola e in Europa.
Dobbiamo quindi arrangiarci.
Mentre aspettiamo che il destino di Renzi si compia, sia esso la sopravvivenza, o sia quello di Cesare assassinato da Bruto, dobbiamo renderci conto che mentre discutiamo e ci sbraniamo sulla Rai, l’Egitto di Al Sisi inaugura l’ampliamento del Canale di Suez (un anno di lavori per 8 miliardi di dollari) a dimostrazione dell’immarcescibile vecchiezza di questo Stato, dei suoi riti, delle sue cautele cartolari, dei suoi aeroporti di Fiumicino, bloccati per mesi per l’incendio di un bar, delle sue Ilva di Taranto, passata dal governo dell’economia al governo dei giudici, dei suoi cantieri di fama mondiale bloccati sempre dai giudici.
Insomma, se Renzi, benché democristianuccio (ma non di sagrestia come quelli cui eravamo abituati, alla prodi), riesce ad arrivare al 2018 con le riforme approvate, viva Renzi e il renzismo.

Domenico Cacopardo



14 ago 2015

Il prevalere della ragione..che deprime i valori




Cos'è mai questo prevalere della ragione che condiziona ogni pensiero in direzione di un pragmatismo tanto assoluto..quanto determinato in favore di un'unica politica come quella condotta dal nostro premier?

di vincenzo cacopardo

A sentire la cronaca giornalistica di una certa stampa nazionale ed internazionale..Matteo Renzi rappresenta l'unica vera risorsa politica del Paese. In tanti ancora lo definiscono l’ultimo autobus che il Paese democratico ha a disposizione..poichè.. al di fuori di lui, non esiste alcuna alternativa valida. Ma quale democrazia porta avanti questo suo governo? Si può definire ancora il nostro un Paese democratico?

Dovrebbe essere chiaro ai tanti che ancora lo osannano.. se ben conoscono ed interpretano la Costituzione, che le nuove riforme da lui volute .. unite a quella che dovrà regolare le elezioni chiamata “italicum” stridono con le regole ed i principi di una democrazia rappresentativa. Una forte ipocrisia sembra poi dirompere quando si vuole rimarcare l'importanza di queste riforme per dare forza ad una governabilità al fine di rendere più sicure le istituzioni e l'intero Paese.

Se si persiste col concetto che la governabilità è uno “scopo” e non un “fine”.. si continuerà a confondere lo stesso principio democratico spingendo verso una forma assoluta e dispotica. Una giusta governabilità deve sicuramente seguire un principio di qualità poiché, non si tratta solo di diminuire o di aumentare i ministeri o le poltrone di comando di un esecutivo ma, di determinare un percorso costruttivo attraverso una richiesta che partendo dalla domanda deve finire col trovare un logico fine di utilità. Quindi..fino a ché la governabilità sarà identificata come l’unico e principale “scopo” non tenendo conto della base funzionale della politica, si imporrà sempre una stabilità falsa e negativa.

Dunque, risulta strano che grandi conoscitori della materia non riescano a percepire che governare deve essere considerato come un “fine”! Occorre oggi determinare questo dando corpo a quella azione politica di base che risulta essenziale. Questo fine governativo, non potrebbe mai avere una giusta espressione senza quella attività che ne rappresenta il “mezzo” per arrivarvi.
La politica Renziana non fa che invertire questo fondamentale principio umiliando ogni valore democratico... poiché spinge a svalutare ogni utile messaggio che arriva dal basso..ossia la parola del popolo sovrano. In mezzo... restano impantanati i Partiti privi tutt'oggi di una essenziale ed opportuna riforma.

Qualunque sistema odierno che pretendesse di assumere in se il pluralismo di una politica di base e di dialogo ed una governabilità stabile, non potrà che trovare enormi difficoltà per il contrastante aspetto derivante dalla diversa funzione di queste due azioni”.



Oggi possiamo anche dare meriti a Renzi, meriti del suo particolare determinismo..una certa fortuna per la casualità di un momento politico confuso ..circostanza di non aver trovato personaggi capaci di ostacolarlo ..persino il coraggio di affrontare un cambiamento con la forza di un'ambizione fuori dal comune, ma quello che conterà saranno solo i risultati che per logica saranno frutto di un percorso frettoloso e semplicistico che potrà portare maggiori danni nel futuro... arginando ogni fondamentale principio di una vera democrazia per il Paese.

13 ago 2015

Nasce in Sicilia il nuovo Movimento di Alfio di Costa

La difesa dei valori come principio politico


LA SICILIA AL CENTRO DEGLI INTERESSI
Con un appello ai Siciliani perbene che amano la loro terra, Alfio di Costa, classe 59, si impone con un nuovo Movimento regionale in Sicilia.
Il Movimento all'insegna della speranza “Insieme si Può” ..mette al centro dei suoi interessi la Sicilia come terra che necessita di una nuova politica affinchè tutto possa cambiare veramente.
Il Nostro Movimento ha nel suo germe il vero cambiamento, questo è un treno che passa poche volte nella vita. Noi crediamo che cambiare si Può,Cambiare si deve. Noi crediamo in una Sicilia che prima diventa normale per poi guardare con Fiducia al Futuro. Noi crediamo nella possibilità di creare sviluppo e ricchezza nella nostra meravigliosa isola. I nostri figli non dovranno più emigrare , semmai potranno andare a testa alta in qualsiasi parte del mondo come ogni cittadino del pianeta per scelta di vita.”
Con questo monito il fondatore del nuovo Movimento nato nel febbraio di quest'anno..invita i giovani ed i meno giovani a credere ad una nuova forma di politica che possa contrastare ogni altra forma incrostata di interessi e malaffare, predatoria ed inadeguata.
Alfio di Costa, che tutt'oggi riveste numerosi incarichi all’interno di Associazioni di volontariato ed umanitarie, si dice certo che il suo Movimento rappresenta l'ultima barriera a difesa dei valori di una terra che non può permettersi di svalutare il suo naturale patrimonio artistico, paesaggistico, turistico, agro alimentare ed artigianale.
Le iniziative di questo Movimento mettono al centro gli interessi di una Sicilia costretta a difendersi da un centralismo governativo di sicuro assente e da interessi di una politica locale inadeguate.. rappresentando, quindi, una speranza in più per i cittadini di questa isola ormai terra di nessuno.
Vincenzo cacopardo



12 ago 2015

Il Sud?... per Renzi un rompicapo da evitare

Per il sud occorre un progetto serio con idee ed un impegno dell'Europa
di vincenzo cacopardo

Come si può pensare che un toscano così borioso e saccente come il nostro sindaco d'Italia possa davvero interessarsi alle problematiche del Sud?.

Come potrebbe mai capirle quando rimane rinchiuso nella ristretta visione della sua Toscana circondandosi dell'entourages dei suoi adepti conosciuti durante la permanenza nel palazzo comunale della sua amata Firenze? Per lui la Toscana rimane la vera regione sulla quale far crescere l'intero Paese..senza percepire l'importanza di un serio problema che investe una enorme parte della nostra penisola e che potrebbe farla sprofondare trascinandosi appresso le bellezze di tutte le altre regioni più stabili e forti.

Le problematiche del mezzogiorno non sono mai state sfiorate e poste con cura sul tavolo di lavoro del Premier ..sia per la totale mancanza di idee in proposito ..sia perchè sono state viste come un pesante fardello che era meglio mettere da parte privilegiando il bonus degli ottanta euro che avrebbero portato molti più consensi al governo.

Non so se ancora oggi si possa parlare una questione meridionale e cioè.. se nel terzo millennio, ci si possa esprimere in questi termini e se, con l’idea di un federalismo alle porte, si debba ritenere il Mezzogiorno come una faccenda ancora da risolvere. Poichè se così fosse, non si potrebbe azzardare alcun progetto di federalismo che coinvolga insieme la nostra Nazione. In poche parole: è impensabile voler costruire un sano sistema, se non si equilibra quel divario ancora esistente tra il nord ed sud del nostro Paese.

Questo è quello che le forze politiche di questo nostro Paese non riescono a percepire ..primo fra tutti il premier Renzi: Ogni forma di progetto di federazione può rimanere utile se nel contempo si opera un piano strategico che veda un coinvolgimento pieno del Governo centrale al fine di poter apprestare giuste ed indispensabili infrastrutture per il sud. Questa strada rende anche necessario il metodo con cui si affronta oggi un sistema di regioni federate, che non può vedere un’esclusiva applicazione di misure fiscali, ma anche amministrative ed istituzionali, tenendo in considerazione la storia, la cultura e le risorse delle singole regioni...

Insomma.... rimane indispensabile un progetto Nazionale, ma con il coinvolgimento di una Comunità europea che non guardi semplicisticamente ad una Italia nel suo insieme, ma più in lungimiranza e con logica.. nella sostanziale congruenza delle infrastrutture inerenti un progetto di sviluppo diversificato per le aree del Sud.



una nota al nuovo articolo del consigliere Cacopardo sul mezzogiorno

Al di là delle omelie di Saviano e delle particolari caratteristiche dei cittadini del sud-italia già molte volte espresse in questo blog: Palesi problemi caratteriali che gravano sui cittadini di questa parte del territorio (un quasi naturale cinismo - una innata arroganza ed un indubbio astio per chi fra loro emerge) quello che veramente è sempre mancata.. è una vera idea di sviluppo per il Sud..Lacuna che...se messa in relazione con la mancanza di risorse, finisce col chiuderlo in se stesso e legarlo in una solitudine senza scampo.

Di sicuro il sud sul piano del lavoro e dell'economia fa molto pensare ad una Grecia italiana: la distanza politico culturale..la mancata realtà industriale e la evidente posizione terrestre che la avvicina di più al territorio africano.. non sembrano darle scampo. Ma quello che più sorprende è la mancanza di una forza locale capace di portare avanti un programma politico in favore di questa terra.

Tutto ciò che scrive Domenico potrebbe essere giusto se non vi fosse ormai da parecchi anni uno stato di abbandono in conseguenza di una politica centralista che non ha saputo offrire proposte valide per la sua crescita infrastrutturale. Le storture evidenziate dal clientelismo e dalle scelte su amministratori locali incapaci è soprattutto dovuta ad un certo abbandono da parte di chi avrebbe dovuto avere più cura e maggior prevensione oltre ad un preciso piano di sviluppo che avrebbe potuto rappresentare un vero polmone per la crescita dell'intero Paese.

La colpa principale sembra essere quella di chi non ha saputo leggere il futuro di questo territorio e lo ha abbandonato in mano a forze politiche locali ignoranti. Ma un dato di fatto è certo: Napoli..come Palermo ..non potranno mai ospitare fiere internazionali senza le necessarie infrastrutture..e senza di queste.. ogni altra lacuna viene accresciuta.
vincenzo cacopardo


In mancanza di meglio, anche il Sud è tornato all’ordine del giorno.
Le anticipazioni della Svimez, il carrozzone in disarmo che studia il Mezzogiorno (non autorizzate e non condivise da membri del consiglio) segnalano che sprofonda e non ha una chanche di risalire. Addirittura sarebbe peggio della Grecia.
Si inseriscono nella polemica in tanti e, in particolare, Roberto Saviano, l’eroe di Gomorra che s’è attribuito il ruolo di guru o profeta del Meridione, qualsiasi sia l’argomento specifico in discussione. E, nel disastro dell’economia del Sud, sembra trovarsi nel suo elemento naturale, visto che ogni colpa è del Nord e, in particolare, del governo nazionale, che ha smesso di fare ciò che ha fatto per quarant’anni abbondanti: mandare vagonate di soldi, ingrassare politici, affaristi e, in ultimo, estremo luogo, cittadini.
Dimentica, Saviano, che da qualche decennio ci sono i fondi strutturali europei. Che le poche regioni italiane a poter attingere a questa forma di finanziamento, sono le regioni del Sud. Che decine di miliardi di progetti giacciono sulle scrivanie di non solerti funzionari regionali e comunali, senza che un solo euro sia speso per la comunità.
Insomma, come per la mafia, la camorra e la ‘ndrangheta attribuire la colpa agli altri, a quelli del Nord e al governo non solo è facile, ma anche utile. Infatti, se la responsabilità è degli altri, essa non è dei siciliani, dei napoletani, dei calabresi e dei pugliesi. Quindi essi vanno assolti ed è lo Stato e gli altri italiani a dover essere indagati, perseguiti, demonizzati. Un inaccettabile mondo al contrario.
Il corollario è la popolarità: se questo è vero, rizzarsi sulla schiena e denunciare gli altri rende molto, ovunque, ma in particolare nei salotti radical-chic dei capoluoghi, quelli nei quali i resti di una borghesia che fu propositiva e governante, si adagiano nell’inazione e nella rinuncia.
Certo, Saviano, pubblicando il libro che ha pubblicato, s’è meritatamente guadagnato i galloni di eroe. Ma ciò non basta per comprendere e giustificare la sua partecipazione al coro delle geremiadi nelle quali l’imprecazione e la criminalizzazione degli altri è in sostanza l’alibi degli ignavi e dei complici.
Ho scritto più volte che la società delle grandi e delle piccole città siciliane non è mafiosa. È corriva e rinunciataria, talché gli abitanti si dividono (per semplificare) in varie categorie: quelli antimafia, veramente antimafia, che della lotta per la legalità hanno fatto ragione di vita; coloro che usano l’antimafia per prosperare e crescere, partecipando, solo «per figura» a ogni manifestazione di condanna del fenomeno criminale. Poi c’è la maggioranza: sono gli indifferenti, quelli che tirano a campare e che, se non fanno parte della criminalità, ci convivono senza problemi. Essi sono peggio che complici, giacché costituiscono il brodo di coltura del malaffare e del crimine. Infine i mafiosi e i loro simpatizzanti.
Certo, il contesto provoca un indotto immenso: pensate alle parcelle delle centinaia di avvocati impegnati nei procedimenti antimafia. E ai benefici che alcuni traggono dalla situazione.
Insomma, è difficile immaginare che la Napoli di De Magistris, la Sicilia di Crocetta, la Calabria di Oliviero (però di gran lunga il migliore, personalmente non assimilabile agli altri due) riescano a voltare pagina, mentre milioni di euro non vengono spesi e milioni vengono buttati dalla finestra per spedire (vero, Napoli?) tonnellate di rifiuti in Olanda, dove sono trasformati in materie prime per la lucrosa produzione di energia elettrica. Chi ha rifiutato un termovalorizzatore per spendere i quattrini dei contribuenti italiani (non partenopei) per inviare i rifiuti in Olanda, in un Paese normale sarebbe indicato al pubblico ludibrio e allontanato dalle responsabilità che ha conquistato.
Ma così non è.
Secondo me, la colpa di quanto di male è accaduto e sta accadendo da Roma (Roma ha abbandonato il link con il Nord e l’Europa per assimilarsi a Napoli e al peggio che il Meridione dà) a Capo Passero è tutta dei cittadini di quelle zone. Perché non hanno scelto gli amministratori secondo un corretto criterio democratico, ma secondo clientele e favoritismi. Perché non hanno preteso che gli amministratori operassero nell’interesse è pubblico. Perché non hanno imposto di correre per realizzare le opere che l’Europa aveva finanziato. Perché ha permesso che le scuole non funzionassero e diventassero diplomifici coi massimi voti e i minimi risultati. E che accadesse tutto ciò che accaduto. Comprese le incredibili stragi che sappiamo.
Addirittura, a Messina è stato eletto sindaco il capo dei Noponte, una specie di masochista che s’è battuto contro la resurrezione delle propria città. È vero che gli altri, in particolare il padrone del Pd, Francantonio Genovese, ora ai domiciliari dopo una lunga detenzione, era peggio del primo cittadino, Renato Accorinti, ma il risultato è stato effettivamente drammatico. La città langue in un’agonia permanente senza una prospettiva di riscatto.
Insomma, se la Grecia va avanti al Sud-Italia va riconosciuto che è giusto. In Grecia non c’è un fenomeno criminale come quello che affligge il Meridione d’Italia. Un fenomeno creato dai cittadini del Meridione stesso, non dai funzionari piemontesi, deprecati oltre il lecito e il meritato.
Certo, la cruda, inattuabile verità è che il Sud-Italia andrebbe abbandonato al suo destino. Non un soldo dovrebbe essergli destinato. Solo quelli che i suoi contribuenti versano nelle casse pubbliche che, al netto delle dissipazioni in stipendi e impieghi parassitari, dovrebbero servire per le opere pubbliche. Non c’è una ragione che è una perché quota parte delle tasse pagate dal contribuente non meridionale finisca nelle mani rapaci degli amministratori meridionali.
E, probabilmente, il Sud oggi non merita di appartenere all’Europa, invece che, come sarebbe meglio, alla Libia anarchica.
Le immagini dei cittadini che tentano di opporsi ad arresti di camorra lo testimoniano.
Le lamentazioni di Saviano sono, quindi, giuste, ma male indirizzate.
Per queste mie convinzioni, applicate a un comune del taorminese, sono sotto processo a Catania.
Ma non tacerò, sicuro come sono, di dire la sgradevole verità.
Domenico Cacopardo




nuovo articolo di Domenico Cacopardo sull'immigrazione

La stagione delle vacanze non attutisce la polemica politica, anzi permette a Grillo di conquistare la ribalta con un tema urticante per tutti: l’immigrazione e la colpevole inerzia del governo.
Eppure, qualche mese fa era sembrato che qualcosa si fosse mosso.
La Mogherini, «lady Pecs», cioè una specie di ministro degli esteri europeo, dopo diversi incontri aveva annunciato (giugno 2015) che l’Unione aveva dato il via libera a un’operazione di una forza militare comunitaria. Le aveva fatto eco l’altro ectoplasma politico nazionale, la ministra della difesa Pinotti, rendendo noto che il comando sarebbe stato italiano, che si era già insediato in una base presso Roma e che tutto avrebbe avuto inizio nel mese di luglio.
La natura dell’intervento era avvolta dalla nebbia, anche se risultava chiaro che non si trattava di un massiccio intervento mare-terra-aria ma di attività di commandos rivolte agli scafisti e ai loro mezzi, i natanti e i gommoni pronti a caricare gli sventurati in attesa sulla coste libiche.
Infatti, mentre le varie fazioni libiche facevano melina in interminabili trattative per costruire un fronte antiterrorismo (impossibile da realizzare per le rivalità fertilizzate dai quattrini dell’Isis, dal petrolio, dalla immensa di disponibilità di armi), le Nazioni Unite, rappresentate in loco da un personaggio da operetta, la cui missione (quella, appunto, di definire un accordo di governo tra tutte le fazioni esistenti in Libia) è decisamente fallita, non ha mai autorizzato azioni militari in territorio libico ancorché contro i criminali trafficanti di uomini.
Quello delle Nazioni Unite è stato un ennesimo errore storico. Prima di tutto avere affidato la missione a uno spagnolo, Bernardino Leon, che non è un diplomatico, ma un generico «esperto» di questioni mediterranee, evitando di incaricare un diplomatico italiano, che si sarebbe giovato dell’Eni, fortemente radicato nel territorio, e, comunque, avrebbe potuto vantare i nostri tradizionali rapporti con il mondo libico per mettere insieme uno schieramento filo-occidentale.
Ma, qui, su questo punto, la responsabilità non è solo di Ban Ki-Moon, ma anche del peso pulce Mogherini e dell’inesistenza internazionale del governo italiano.
La mancata autorizzazione dell’Onu, peraltro, non impedisce quelle azioni mirate di polizia internazionale che sembravano essere state decise dall’Europa.
Ma, nel silenzio tombale della stampa nazionale, sono passate le settimane e i mesi e nessuno si è mosso.
Anzi, l’azione umanitaria si è allargata giovandosi di un maggior numero di navi, prestate alla bisogna da altri paesi europei nell’ambito della missione «Triton». Con il ben noto paradosso che la flottiglia destinata a operare nel Mediterraneo e in prossimità delle coste libiche si comporta come una forza di appoggio agli scafisti (ai quali levano le castagna dal fuoco intervenendo al momento giusto per imbarcare i profughi) che, però, non si cura dell’umanità raccolta, in quanto la scarica sul territorio italiano.
Alla fine, ha avuto facile gioco Grillo a uscirsene con un’invettiva delle sue e con un’accusa fondata: l’inesistenza del governo nell’azione di contrasto all’immigrazione illegale e la grave omissione dei compiti stabiliti dalla legge in materia.
Parliamo non solo delle prescrizioni costituzionali sulla difesa dell’integrità nazionale, ma: -del dovere di identificazione di tutti coloro che, privi di visto, mettono piede in Italia; -della necessità di distinguere coloro che richiedono l’asilo politico da coloro che non lo richiedono; -dell’incapacità, ormai macroscopica, del ministro dell’interno Alfano di pretendere dalla sua amministrazione di definire le pratiche di asilo in due/quattro mesi; della cinica speculazione praticata da coloro che esercitano il lucroso mestiere (un vero e proprio mestiere, infatti) dell’assistenza a spese dello Stato, un mondo che meriterebbe maggiore attenzione da parte della magistratura.
L’accusa di cinismo rivolta al comico genovese (dilagante sui media estivi) sfiora il ridicolo, specialmente quand’è mossa da un professionista come Orfini, che non può non sapere che il cinismo è componente usuale della lotta politica.
Il governo e il Pd mostrano, nella circostanza, l’abisso che si è ormai aperto tra la realtà virtuale in cui credono di vivere e l’Italia reale: quella che non constata la conclamata ripresa; quella che vede in ogni momento di tutti i giorni il ritiro delle forze dell’ordine dal territorio (Roma nelle mani indisturbate delle bande di zingari che occupano piazza di Spagna e piazza Navona e tutti gli altri luoghi di interesse turistico); che scopre il disinteresse con cui sono trattati i reati all’ordine del giorno quotidiano (depenalizzati con una folle decisione parlamentare); che osserva il dilagare degli immigrati. Tutti fattori che provocano paura, la peggiore consigliera delle opinioni pubbliche.
E ha avuto buon gioco, Grillo, anche nei confronti di papa Francesco, che prima o poi imparerà che chi di populismo ferisce di populismo perisce. Nel senso che la demagogia chiama più demagogia. Aveva appena parlato, il papa, del fenomeno immigrazione condannando duramente il contrasto della stessa.
E Grillo ha colto la palla al balzo rilevando che sarebbe ora che la Chiesa aprisse conventi e chiese alla povera umanità stipata nei centri di accoglienza, invece di riservare le proprie strutture al lucroso affare del turismo e dell’imminente giubileo (una manifestazione, storicamente, volta a raccattare quattrini).
La verità è che Grillo (e Salvini) avanzano sulle ceneri di una politica nella quale l’annuncio prevale sulla sostanza e, quando all’annuncio corrisponde una riforma, essa è comunque di là da mostrare i suoi effetti positivi.
La sensazione è che Renzi sia alle ultime fermate della sua corsa. E che essa si arresterà non per l’azione delle opposizioni o della minoranza del Pd, ma proprio per le proprie insuperabili insufficienze.
Una prospettiva, quella di rimanere senza governo, che preoccupa, visti i problemi attuali.
E la prospettiva d’una vittoria dei 5 Stelle, evocata da Cacciari, è tutt’altro che confortante, vista l’esperienza di questi anni.
La speranza è l’illusione dell’irresponsabile.
Ma il pessimismo della ragione si giova della forza del realismo.
Domenico Cacopardo

31 lug 2015

Mattarella: più “garante” .. che “arbitro”!

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: FIGURA CHE I CITTADINI VORREBBERO  GARANTE DEL SISTEMA ISTITUZIONALE.
di vincenzo cacopardo
Se un arbitro deve agire senza condizionamenti..un garante può muoversi a protezione di ciò che non risulta sicuro ed a salvaguardia dei fondamentali principi.

Le prime esternazioni del Presidente Mattarella rimangono fondamentali e danno una sorta di scossone al metodo odierno con il quale la politica si muove..Mattarella ha parlato di lungimiranza e questo argomento ..già diverse volte trattato nel mio blog..dovrebbe essere di sicuro un monito per una classe politica che fino ad oggi non ha saputo leggere nel futuro. Ma se leggere significa muoversi attraverso la fretta e la semplificazione...come usa fare il nostro Premier..l'argomentazione del capo dello Stato non trova alcuno sfogo, poiché la fretta..unita ad una certa superficialità.. non possono appartenere a chi si deve muovere guardando lontano.

Malgrado i bei discorsi...il Presidente Mattarella..a mio modestissimo parere..non riesce a definire bene il proprio ruolo..nel contesto di una politica odierna..soprattutto quando tende a dirimerlo solo come “arbitro”..dato che prima ancora egli dovrebbe essere un “garante” della Costituzione. Questo fa sì che la sua posizione finisce col mettere in discussione persino il fine ed i valori della Costituzione stessa.. quando questi vengono scherniti o svalutati.. attraverso principi che a tutti i costi pretendono di determinare una governabilità come scopo e non come valore definito. In realtà: credo che possa e debba spettare al capo dello Stato un giudizio come garante (più che come arbitro) per la garanzia stessa di una democrazia..dato che oggi persino il raccordo tra Parlamento e Governo risulta incrinato o addirittura compromesso.

Per quanto attiene alle riforme..trattandosi di un considerevole numero di riforme tendenti a stravolgere l'impianto istituzionale voluto dai padri costituenti (esperti..oltre che fortemente istruiti in materia) risulterebbe utile muoversi in termini di un metodo più appropriato.. Pur lasciando da parte ogni riferimento al merito di queste riforme (che, invero, potrebbero anche portare danni peggiori nel futuro politico del Paese), avrebbe sicuramente fatto piacere un intervento in proposito... ascoltando le osservazioni di metodo da parte del nuovo Capo dello Stato. Considerazioni che in realtà gli appartengono in qualità di garante di un sistema di democrazia che dovrebbe vedere nel parlamento il punto centrale di tutta la politica istituzionale.Se è vero che “la mancata attribuzione dei poteri di indirizzo politico al Presidente della Repubblica, fa sì che tali poteri vengano accentrati nel raccordo Parlamento – Governo”.. è persino evidente che questo raccordo oggi si sia intaccato e dovrebbe destare serie preoccupazioni per la garanzia dello stesso principio di democrazia: i due ruoli (Parlamento – Governo) non riescono più ad operare in condizioni di indipendenza e, pur nella loro distinzione funzionale, risultano condizionati da un pressante potere partitico che li sottomette al proprio interesse...Nel passato non era così e quindi il raccordo non veniva compromesso..ma oggi le cose sembrano del tutto cambiate! 

Renzi oggi rappresenta l'evidenza di questo problema.. e quella tendenza equilibratrice che si voleva tramite il “raccordo”, non pare più possibile. La centralità del Parlamento non determina più la sua vera fondamentale funzione ed ogni azione governativa finisce sempre col prevalere e condizionare pragmaticamente su ogni indispensabile percorso politico parlamentare..Credo..perciò.. che in questo terreno sia indispensabile un ruolo di vero garante da parte del nostro Capo dello Stato.



Al Sud muore ogni speranza...


IL RAPPORTO SVIMEZ SULL'ECONOMIA DEL MERIDIONE
di vincenzo cacopardo
Da quanto lo scriviamo in questo Blog?..Da quanto mettiamo in evidenza l'importanza di un piano per il Sud? Da quanto critichiamo la mancanza di una vera politica per la crescita di questo terrirorio che necessita di infrastrutture per legarla ad uno sviluppo più consono al proprio territorio?

Si parla di desertificazione industriale, io la chiamerei più opportunamente totale desertificazione di idee e di risorse politiche più adatte: Non potrà mai esservi uno sviluppo imprenditoriale se non si esercita una adeguata politica che lo stimoli negli investimenti e che lo preservi da una sicurezza in un territorio da sempre abbandonato da uno Stato.. che sembra solo essersi dedicato a farlo prosperare attraverso risorse poco utili. In realtà non esiste questa prosperità..se non nelle comode poltrone delle regioni e delle amministrazioni locali dedite ad assumere per ottenere consensi in uno accrescimento di una politica guasta ed inconcludente. Come si poteva pensare che su questo piano il nostro Sud non avrebbe potuto battere persino la Grecia?

Il rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015 è chiaro e perentorio "Dal 2000 al 2013 il Sud è cresciuto del 13% la metà della Grecia che ha segnato +24%: oltre 40 punti percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28 (+53,6%)". Lo Svimez sottolinea anche che, nel periodo, l'Italia nel suo complesso è stato il Paese con meno crescita dell'area euro a 18 con il +20,6% a fronte di una media del 37,3%. Il Sud sconta inoltre un forte calo dei consumi interni e degli investimenti industriali. Come era chiaro prevedere e come risulta ormai superato in questa nostra Nazione... dove nessun politico riesce a leggere in lungimiranza..il meridione sta per crollare definitivamente nel più buio dei baratri.. spinto dall'inettitudine di ogni governo centrale e dai governi regionali locali condotti attraverso un criterio politico illogico che nella regione Sicilia vede solo continue deboli manovre di rimpasto di figure del tutto improprie.

Il Paese è già da tempo diviso in due e la politica non riesce nemmeno a scorgere questa differenza tanto è dedita a salvare le proprie poltrone ed i propri centri di potere. A livello nazionale, il Pil è stato di 26.585 euro, risultante dalla media tra i 31.586 euro del Centro-Nord e i 16.976 del Mezzogiorno... ma poco conta per i cittadini un PIL..quando la forbice tra ricchezza e povertà continua ad allargarsi al Sud in modo spropositato: Nessuna ricchezza potrà mai permettersi di fare investimenti in un territorio dove mancano le essenziali infrastrutture per renderla competitiva.. e nessuna sicurezza locale potrà bastare se lo Stato non si fa promotore di un piano di prevenzione adatto per salvaguardarla dal malaffare.. un malaffare che prospera proprio lì dove lo Stato resta assente e dove cresce la povertà spinta da una mancanza di iniziative valide.

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