La stagione
delle vacanze non attutisce la polemica politica, anzi permette a
Grillo di conquistare la ribalta con un tema urticante per tutti:
l’immigrazione e la colpevole inerzia del governo.
Eppure,
qualche mese fa era sembrato che qualcosa si fosse mosso.
La
Mogherini, «lady Pecs», cioè una specie di ministro degli esteri
europeo, dopo diversi incontri aveva annunciato (giugno 2015) che
l’Unione aveva dato il via libera a un’operazione di una forza
militare comunitaria. Le aveva fatto eco l’altro ectoplasma
politico nazionale, la ministra della difesa Pinotti, rendendo noto
che il comando sarebbe stato italiano, che si era già insediato in
una base presso Roma e che tutto avrebbe avuto inizio nel mese di
luglio.
La natura
dell’intervento era avvolta dalla nebbia, anche se risultava chiaro
che non si trattava di un massiccio intervento mare-terra-aria ma di
attività di commandos rivolte agli scafisti e ai loro mezzi, i
natanti e i gommoni pronti a caricare gli sventurati in attesa sulla
coste libiche.
Infatti,
mentre le varie fazioni libiche facevano melina in interminabili
trattative per costruire un fronte antiterrorismo (impossibile da
realizzare per le rivalità fertilizzate dai quattrini dell’Isis,
dal petrolio, dalla immensa di disponibilità di armi), le Nazioni
Unite, rappresentate in loco da un personaggio da operetta, la cui
missione (quella, appunto, di definire un accordo di governo tra
tutte le fazioni esistenti in Libia) è decisamente fallita, non ha
mai autorizzato azioni militari in territorio libico ancorché contro
i criminali trafficanti di uomini.
Quello
delle Nazioni Unite è stato un ennesimo errore storico. Prima di
tutto avere affidato la missione a uno spagnolo, Bernardino Leon, che
non è un diplomatico, ma un generico «esperto» di questioni
mediterranee, evitando di incaricare un diplomatico italiano, che si
sarebbe giovato dell’Eni, fortemente radicato nel territorio, e,
comunque, avrebbe potuto vantare i nostri tradizionali rapporti con
il mondo libico per mettere insieme uno schieramento
filo-occidentale.
Ma, qui, su
questo punto, la responsabilità non è solo di Ban Ki-Moon, ma anche
del peso pulce Mogherini e dell’inesistenza internazionale del
governo italiano.
La mancata
autorizzazione dell’Onu, peraltro, non impedisce quelle azioni
mirate di polizia internazionale che sembravano essere state decise
dall’Europa.
Ma, nel
silenzio tombale della stampa nazionale, sono passate le settimane e
i mesi e nessuno si è mosso.
Anzi,
l’azione umanitaria si è allargata giovandosi di un maggior numero
di navi, prestate alla bisogna da altri paesi europei nell’ambito
della missione «Triton». Con il ben noto paradosso che la
flottiglia destinata a operare nel Mediterraneo e in prossimità
delle coste libiche si comporta come una forza di appoggio agli
scafisti (ai quali levano le castagna dal fuoco intervenendo al
momento giusto per imbarcare i profughi) che, però, non si cura
dell’umanità raccolta, in quanto la scarica sul territorio
italiano.
Alla fine,
ha avuto facile gioco Grillo a uscirsene con un’invettiva delle sue
e con un’accusa fondata: l’inesistenza del governo nell’azione
di contrasto all’immigrazione illegale e la grave omissione dei
compiti stabiliti dalla legge in materia.
Parliamo
non solo delle prescrizioni costituzionali sulla difesa
dell’integrità nazionale, ma: -del dovere di identificazione di
tutti coloro che, privi di visto, mettono piede in Italia; -della
necessità di distinguere coloro che richiedono l’asilo politico da
coloro che non lo richiedono; -dell’incapacità, ormai
macroscopica, del ministro dell’interno Alfano di pretendere dalla
sua amministrazione di definire le pratiche di asilo in due/quattro
mesi; della cinica speculazione praticata da coloro che esercitano il
lucroso mestiere (un vero e proprio mestiere, infatti)
dell’assistenza a spese dello Stato, un mondo che meriterebbe
maggiore attenzione da parte della magistratura.
L’accusa
di cinismo rivolta al comico genovese (dilagante sui media estivi)
sfiora il ridicolo, specialmente quand’è mossa da un
professionista come Orfini, che non può non sapere che il cinismo è
componente usuale della lotta politica.
Il governo
e il Pd mostrano, nella circostanza, l’abisso che si è ormai
aperto tra la realtà virtuale in cui credono di vivere e l’Italia
reale: quella che non constata la conclamata ripresa; quella che vede
in ogni momento di tutti i giorni il ritiro delle forze dell’ordine
dal territorio (Roma nelle mani indisturbate delle bande di zingari
che occupano piazza di Spagna e piazza Navona e tutti gli altri
luoghi di interesse turistico); che scopre il disinteresse con cui
sono trattati i reati all’ordine del giorno quotidiano
(depenalizzati con una folle decisione parlamentare); che osserva il
dilagare degli immigrati. Tutti fattori che provocano paura, la
peggiore consigliera delle opinioni pubbliche.
E ha avuto
buon gioco, Grillo, anche nei confronti di papa Francesco, che prima
o poi imparerà che chi di populismo ferisce di populismo perisce.
Nel senso che la demagogia chiama più demagogia. Aveva appena
parlato, il papa, del fenomeno immigrazione condannando duramente il
contrasto della stessa.
E Grillo ha
colto la palla al balzo rilevando che sarebbe ora che la Chiesa
aprisse conventi e chiese alla povera umanità stipata nei centri di
accoglienza, invece di riservare le proprie strutture al lucroso
affare del turismo e dell’imminente giubileo (una manifestazione,
storicamente, volta a raccattare quattrini).
La verità
è che Grillo (e Salvini) avanzano sulle ceneri di una politica nella
quale l’annuncio prevale sulla sostanza e, quando all’annuncio
corrisponde una riforma, essa è comunque di là da mostrare i suoi
effetti positivi.
La
sensazione è che Renzi sia alle ultime fermate della sua corsa. E
che essa si arresterà non per l’azione delle opposizioni o della
minoranza del Pd, ma proprio per le proprie insuperabili
insufficienze.
Una
prospettiva, quella di rimanere senza governo, che preoccupa, visti i
problemi attuali.
E la
prospettiva d’una vittoria dei 5 Stelle, evocata da Cacciari, è
tutt’altro che confortante, vista l’esperienza di questi anni.
La speranza
è l’illusione dell’irresponsabile.
Ma il
pessimismo della ragione si giova della forza del realismo.
Domenico
Cacopardo