5 nov 2014

Moretti ...esempio politico di opportunità e convenienze?

Il curriculum politico della neo eletta per il Parlamento europeo Alessandra Moretti, ex membro dello staff di Bersani, ci informa che la stessa si è candidata nelle liste del Pd per le politiche del 2013. Conseguentemente, eletta alla Camera, inizia la sua attività a Montecitorio. Poi qualcosa nel suo partito cambia, la sua fede verso Bersani vacilla e... come tanti altri... sale sul carro del vincitore..il nuovo segretario Matteo Renzi.
Nel 2014 si presenta alle europee in quota Renzi, nonostante gli italiani l'avessero votata per un mandato che durerebbe 5 anni. Ma la Moretti ha i voti e quindi nella circoscrizione Nord-Est c’è lei come capofila, una delle 5 donne messe in testa alle liste del PD. Essendo stata eletta..sceglie di trasferirsi a Strasburgo. Nonostante ciò.. sembra che dopo pochi mesi si avvii ad un altro cambio improvviso: Ci sono le regionali in Veneto e la bella europarlamentare si mette in ballo per le primarie, che con molta probabilità vincerà per sfidare la Lega in una delle sue solide fortezze territoriali...aspirando, in tal modo, di poter occupare la poltrona di presidente della Regione.
Sembra evidente che in tal modo la Moretti, continui ad invalidare un consenso precedente...poichè sarebbe politicamente più etico chiudere l’intero mandato europarlamentare...invece di prendersi gioco degli stessi elettori. Se questo non ritiene debba considerarsi un obbligo morale fondamentale..non credo possa darsi da fare per predicare retoricamente in favore di un cambiamento della politica.
I cittadini potranno giudicare da soli questi improvvisi cambi spinti esclusivamente da opportunità e convenienze..soprattutto se operati da chi vuole apparire come colei che esercita orgogliosamente una politica moralmente corretta..Chiaramente il suo caso non è il primo..potremmo enumerarne altri...ma quello che stupisce e proprio la cultura sterile ed ambigua dei tanti che, malgrado queste assurde logiche, si ergono con enfasi a paladini del rinnovamento e della rottamazione.
vincenzo cacopardo



Euro si ...euro no..valutarne bene il peso!

di vincenzo cacopardo
Dai sondaggi rimane indubitabile il fatto che i Partiti euroscettici avanzano ovunque. Vi sono alcuni Paesi europei in cui questi Partiti sono in testa sui consensi popolari: l’Ukip in Gran Bretagna, il Front National in Francia, in Irlanda il nazionalista Sinn Fein, in Austria il Fpo, e caso eccezionale.. il PVV dell'Olanda che viene dato addirittura come partito di maggioranza assoluta.

Ma se analizziamo persino ciò che accade nell'est dei paesi europei.... cominciando dalla Polonia, ci accorgiamo che il malumore nei confronti dell'euro è crescente ovunque e persino il conseguente rischio di una interruzione della democrazia, rimane forte.. (vedasi il caso Grecia)

Chi... più delle organizzazioni socialiste più progressiste..paga oggi in perdita di consensi?..Si parla ormai di una posizione quasi “euro-fanatica” dei suoi dirigenti... mentre le scelte ormai imposte dalla guida di una troika..condizionano e umiliano ogni politica del sociale, in favore dei numeri di un mondo finanziario cinico e pragmatico.

In molti ormai credono che ogni benessere non può più costruirsi attraverso la moneta unica..come in tanti guardano a questa unione di economie fortemente slegata da una prerogativa socio culturale che avrebbe dovuto spingere in direzione di scelte più opportune e meno condizionanti per l'economia stessa dei paesi della comunità. Ricordiamoci.. in proposito.. come il nostro Paese sia stato condizionato dall'assurdo cambio euro-lira che ha stravolto ogni logica economica all'interno della nostra economia la quale, malgrado il pesante debito, godeva tuttavia di una forte produzione manifatturiera tra le prime al mondo.

Oggi Matteo Renzi potrebbe rappresentare una eccezione all'interno delle forze progressiste.. essendo riuscito (nel bene o nel male) a captare meglio di altri la domanda di cambiamento in funzione anti-euro. Il suo consenso è maturato a danno del centro destra ..ormai quasi inesistente, ma rimane il fatto che l'Euro sta provocando in Europa un terremoto esteso che potrebbe far temere l’avanzata dei regimi antidemocratici: Il nostro giovane Premier, non privo di forti ambizioni, sembra spesso peccare di eccessivo determinismo, poca umiltà e rispetto verso alcune regole fondamentali della democrazia. 

Non si tratta di essere contro o pro Renzi, ma si può.. con estrema obiettività... misurare il suo processo di rinnovamento spesso dedito ad iniziative assolute mancanti di un dialogo costruttivo...Nè si potrebbe semplicemente proporre una qualsiasi campagna contro una moneta unica, che pare non aiutare l'economia del nostro Paese, ma.. in una visione realistica.. non si può nemmeno far finta di non osservare i disastri portati da un modus operandi di una comunità europea che continua a valutare il benessere solo in termini di cifre... dimenticando l'importanza di una vera crescita sulla base territoriale delle risorse.



Uscire oggi dall'Euro comporterebbe rischi alti..ma restarvi ne comporta altri!..Bisognerebbe valutarne bene il peso.. 

4 nov 2014

Una nota alla sulla analisi del consigliere Cacopardo



di domenico Cacopardo
Un lucido cinismo guida la Camusso e Landini nel convocare, a spese del sindacato, la massa di disperati e illusi confluita a Roma, per la manifestazione conclusa in piazza S. Giovanni. Le parole d’ordine iscritte sul palco, sugli striscioni e pronunciate nei discorsi: o impossibili da realizzare o fondate sulla mistificazione dei contenuti del «job act».

Se c’è una speranza, una sola, che il mercato del lavoro si rianimi, insieme all’economia tutta, essa è fondata sull’approvazione di questa fondamentale riforma e dei decreti delegati. Non solo per la visione diversa che reca nel nostro sistema, sin qui anchilosato in settori tra loro separati e diversamente tutelati, ma perché, mediante il superamento dell’art. 18 abolisce un sistema punitivo per il datore di lavoro e, per li rami, del lavoratore. 

Il resto (frasi tipo «Più lavoro per tutti» o «Più diritti») appartengono alla più consumata retorica populista che non può avere una possibilità di successo, uno sbocco, alla luce dell’ordinamento europeo sugli aiuti alle imprese e sui bilanci degli stati membri.

Il rischio, nell’evocare la piazza e nel minacciare uno sciopero generale, è solo uno: che il processo di riforma del Paese, coraggiosamente messo in moto da Matteo Renzi, subisca una tragica battura d’arresto.

All’elenco degli irresponsabili nostalgici di un passato morto e sepolto, si iscrivono i vari Bindi, Cuperlo e Civati, che, con la loro presenza alla manifestazione di Roma sperano di ritagliarsi uno spazio politico. La loro massima aspirazione consiste nel riuscire a raccattare i voti necessari per mandare il governo sotto in Senato, bloccando, non il «job act» ormai alla Camera, ma tutto il resto del processo riformista.

La situazione, però, non lascia margini agli epigoni di un passato che ci ha consegnato una Repubblica disastrata, in continuo arretramento dal ’92, quando, la «prima» collassò sotto il colpi degli scandali di Tangentopoli. Non c’è nei dirigenti della Cgil e della sinistra Pd una parola utile a disegnare un futuro coerente con gli impegni comunitari, con la situazione della finanza pubblica e con le attese delle decine di migliaia di giovani che ancora non si sono accodate alle decine di migliaia già a Londra, Berlino o Barcellona. 

Ciò che restituirà la fiducia a coloro che possono investire in Italia è che il processo di omologazione dell’Italia all’Europa vada avanti, che le razionalizzazioni (pubblica amministrazione, giustizia, mercato del lavoro, monocameralismo, titolo V della Costituzione) siano attuate, che la moralizzazione mediante la trasparenza abbia successo.

Giustamente, Matteo Renzi, alla Leopolda, ieri, chiudendo i lavori, con un altro discorso di alto livello ha riaffermato la volontà di andare avanti senza tentennamenti o pause. Gli obiettivi di governo saranno perseguiti con forza maggiore, dopo l’esito positivo del confronto di Bruxelles.

Si profila, quindi, un ennesimo «show-down» in cui quella sinistra che si è sempre opposta al vento del cambiamento, quella sinistra che, guidata da un declinante Berlinguer, guerreggiò, perdendo, contro il taglio della scala mobile, quella sinistra arroccatasi nella difesa di un pessimo presente, subirà la nuova lezione della Storia.



Il giudizio proteso in favore del Premier offerto in questo articolo di Domenico Cacopardo potrebbe anche essere legittimo se visto esclusivamente dall'ottica di chi teme che la società ed il Paese possano presto collassare definitivamente. 
In parole povere, quello che afferma Domenico Cacopardo...... si racchiude nella proverbiale frase la quale recita che... se non ti bevi questa minestra... ti puoi solo gettare dalla finestra!

Cacopardo scrive ponendo analisi giuste ma fin troppo legate alla visione di un sistema che ormai tende a fare acqua da tutte le parti...e sembra farlo dimenticando l'importanza di un percorso che per Costituzione dovrebbe procedere sui binari di una democrazia corretta..

Sarà che i decreti delegati possano fare parte dei tempi moderni per poter riuscire (come afferma Domenico Cacopardo) a far procedere più speditamente verso il cambiamento..sarà anche che le continue fiducie facciano parte di questo gioco..sarà che tutto ciò che dice Renzi è giusto ed assoluto..ma allora bisognerebbe di conseguenza affermare, senza più ombra di dubbio, che la democrazia è definitivamente morta e che un Parlamento non ha più ragione di esistere!.

Al contrario ...quando si crede di poter prendere per il c...la gente attraverso simulate azioni democratiche, si commette un peccato peggiore che può pagarsi con reazioni più pericolose. 

Non è detto che si tratti solo di volere diritti per tutti (che tra l'altro dovrebbero essere riconosciuti), né di volersi unire ad un coro populista di chi approfitta per rovesciare la qualunque, ma se si scrive di una “irresponsabilità”..bisognerebbe quantomeno valutare in modo conforme anche l'operato di chi pretende di operare in un sistema di democrazia ...sovvertendone ogni principio...poichè in tal modo sarebbe fin troppo facile!

Non me ne voglia il cugino che stimo tanto ed apprezzo, ma se un magistrato di Stato della sua esperienza, riesce anche a condividere tali metodi che assai spesso confliggono con i principi cardine della democrazia e con le regole dettate dalla nostra Carta, non potrà mai riuscire a vedere d'accordo chi la pensa come il sottoscritto... o se anche intendesse farlo, come tanti altri, in nome di un esasperato pragmatismo, allora vuol dire che anche i più saggi e preparati sono ormai definitivamente codizionati da tutto il sistema.
Vincenzo cacopardo

Minacce di fiducia..nell'ombra di un Nazareno.


di vincenzo cacopardo
Quello che Renzi non riesce a percepire e non potrà mai comprendere è il fatto di considerare un "vero problema dell'Italia", i piccoli raggruppamenti che, secondo il suo limitato punto di vista, bloccano la possibilità di fare le riforme". La sua mentalità politica tanto chiusa ...quanto ristretta nel modello bipolare, gli impedisce una visione più lungimirante che induca a poter leggere al di là di ogni paradigma ristretto simile a quello di una partita di calcio.. La politica è ben altro!

La ristretta visione bipolare sembra condizionare una gran parte del mondo della politica non capace di ricercare ulteriori modelli più funzionali alle logiche di una società che deve ricercare maggiore equilibrio. Renzi appartiene a questa categoria, una tipologia di uomini con la mentalità pragmatica dell'amministrazione forte, ma una sensibilità politica limitata e ristretta..in cui le “regole del gioco” dovrebbero stabilirsi in base al presupposto di una governabilità stabile definita “ante” e non “post” la costruzione di un programma convenuto dal basso...Il chè equivale a dire che la democrazia conta poco o niente.

Mentre Silvio Berlusconi..in uno dei momenti più delicati per il governo alle prese con le tensioni di piazza e quelle interne al Pd, continua a tendere una robusta mano al sindaco d'Italia.. rassicurandolo sul Patto del Nazareno e chiedendo in cambio garanzie precise su possibili elezioni anticipate (roba che solo nel nostro ridicolo Paese può esistere), il Premier impazza con i suoi nuovi slogan..e la schietta determinazione: "Il nostro mestiere non è fare una battaglia politica - noi dobbiamo rimettere in moto l'Italia".... "Il sindacato fa il suo mestiere, in bocca al lupo, noi andiamo avanti"...Il riferimento è quello sulla riforma del lavoro...il suo "job act" Ma quello che dovrebbe sorprendere e preoccupare una gran quantità di cittadini è la perentoria citazione al voto di fiducia:- Se ci sarà bisogno di mettere la fiducia la metteremo! ...e poi di seguito ancora con gli slogan:-L'importante è che la fiducia non la perdano quelli che devono creare lavoro in Italia"

Matteo Renzi insiste col fatto che nessuno, al di fuori del Parlamento, può trattare sulla legge di stabilità e su questo non si può che essere d'accordo....Ma trattare cosa?... se poi si continua con il voto di fiducia? Abbiamo visto in tutta questa legislatura quanto poco possa esservi stato da trattare.. se si è arrivati costantemente alla fiducia con la solita scusa della fretta e della semplificazione!

Ricordiamoci pure che questo governo non è mai passato attraverso il consenso di un voto..e se è pur vero che la Costituzione in tal senso non obietta per il fatto che, su richiesta del Capo dello Stato, debba essere il Parlamento a decidere sulla possibile formazione di un governo..è anche vero che tale Parlamento è già stato messo in discussione da una Corte Costituzionale per via dell'ambiguo sistema delle elezioni. ...Insomma..un vero pasticcio..nel quale si inserisce una figura assoluta che ne trae beneficio per la qualità evidente di una facile comunicazione!

Ambiguo è il Parlamento, ma ancor più ambiguo è tale governo condotto con assoluta decisione da chi pone con regolarità voti di fiducia, costringendo i valori di una democrazia e volendo apparire come il paladino di un cambiamento..che nulla cambia nella sostanza dei valori più importanti.



31 ott 2014

Pubblica sicurezza, lavoro e politica

di vincenzo cacopardo
Scrive il Consigliere Domenico Cacopardo su "Italia Oggi":

"Sembra che la direzione della Pubblica sicurezza sia affidata a un autista ubriaco. In mille casi si tollerano manifestazioni che tracimano sino a bloccare la viabilità, le ferrovie e gli aeroporti. Si usa la cosiddetta tattica della persuasione e, spesso, si consentono vere e proprie violenze passive nei confronti della comunità. Sia mediante l’espropriazione del diritto di libertà di movimento, sia mediante l’opposizione attiva o passiva all’esercizio del diritto di lavorare.

In altre nazioni, queste forme di pressione non sono consentite e le medesime organizzazioni sindacali si assumono la responsabilità di sconsigliarle e di impedirle.

Del resto da noi –e il caso Notav Torino Lione ne è l’esempio più eclatante- si rinuncia anche all’esercizio degli strumenti disponibili per conoscere in anticipo i propositi dei violenti che non mancano mai, in ogni circostanza. Sembra impossibile comprendere come possa accadere che Polizia e Carabinieri siano così spesso colti di sorpresa.

In altri casi, l’ultimo gli scontri del 29 ottobre a Roma, si dà il via a un duro contrasto: non si contiene, ma si respinge e si attacca fermamente. 

Non c’è un filo logico che renda chiare le ragioni di questa dicotomia.

Chi ha visto le riprese televisive della giornata romana dei lavoratori delle acciaierie di Terni, ha constatato che il barricadiero Landini si rivolgeva ai suoi uomini esortandoli a fermarsi «Così passiamo dalla parte del torto», dimostrando, così che le vittime non sono da una sola parte. Peraltro, si sa che la convinzione dominante tra i professionisti delle manifestazioni è che gli agenti della Polizia e i Carabinieri siano (miseramente) pagati per prenderle senza protestare né reagire. Una follia.

Vediamo tutti come, senza alcun senso di responsabilità, Susanna Camusso e Maurizio Landini (la sconfitta inflittagli dall’orco Marchionne non gli ha insegnato nulla) da mesi soffino sul fuoco del disagio sociale. Non sanno, per memoria corta o ignoranza, quello che accadde intorno alle tensioni degli anni ’70, sino alla metà degli ’80. Non conoscono i pericoli insiti nell’azione di un sindacato che non si fa carico dei vincoli generali, interni e internazionali, che pesano sulla situazione di molte fabbriche. Tra i pericoli, oltre all’ordine pubblico, c’è –e si staglia con un aspetto sanguinoso- il terrorismo. 

E non basta soffiare sul fuoco, si procede come una (piccola) legione romana contro il primo ministro Renzi e il suo governo, accusandoli d’essere espressione di non identificati gruppi di potere (Ferruccio de Bortoli denunciò un che di massonico, senza tuttavia fornire un solo elemento concreto), nemici dei lavoratori e promotori di un arretramento dei loro diritti e delle loro retribuzioni.

Se –non accadrà- la Cgil e la Fiom dovessero vincere, il processo riformista così decisamente avviato si fermerebbe e l’Italia finirebbe in mano a coloro che hanno contribuito a condurla alla situazione attuale.

Non è nell’interesse di chi lavora, di chi è cassintegrato, licenziato o disoccupato bloccare il rinnovamento, anche se è costato, sta costando e costerà sangue e lacrime.

Solo alla fine della guerra che il Paese e la parte più avanzata delle giovani generazioni hanno ingaggiato contro tutto ciò che c’è di vecchio e inaccettabile si potrà redigere il definitivo bilancio. Per ora, dobbiamo riconoscere che passi importanti sono stati compiuti.

E che la mentalità e il linguaggio dei politici e dei cittadini è già cambiato.

Il rinnovamento che ha investito l’Italia istituzionale con un governo e un Parlamento giovanissimi, non ha però attraversato il sindacato. Benché la Camusso si assolva, lei e la sua sigaretta appartengono a un passato che, non si illuda, non tornerà. 

In Germania, ai tempi del cancelliere Gerhard Schröder, il radicale riformismo, presupposto dell’attuale floridità della nazione, fu introdotto con la consapevole partecipazione del sindacato. Si stavano assorbendo il Land dell’Est e si doveva semplificare il mercato del lavoro e alleggerire i rapporti impresa-lavoratori.

Non c’è motivo perché qualcosa del genere non accada anche in Italia.

La via dello scontro non presenta vie d’uscita per il movimento operaio. Non allevierà la sofferenza, ma acuirà le difficoltà nelle quali il sistema si dibatte.

Né salverà il sindacato e i suoi gerarchi."


Tutte belle parole..quelle del consigliere Cacopardo!! Ma chi paga realmente il prezzo di questo “rinnovamento” se non i più deboli e i disagiati?

I fatti dimostrano che a pagare il prezzo di questo cambiamento, in base alle scarse e deludenti riforme di questo governo, siano quei cittadini che ormai hanno perso tutto: più si procede verso questo cambiamento, più si alterano i rapporti sociali e si mette in evidenza una mancanza totale del rispetto verso le categorie più deboli, le quali non hanno altra alternativa che la protezione dei sindacati. 

Se la politica di rinnovamento fosse più equa, condotta verso uno sviluppo utile e nel rispetto dei principi della democrazia...nessuno avrebbe da eccepire. Il processo riformista ormai (mediocremente) avviato non si arresterà per colpa dei sindacati, né per colpa dei poveri cittadini che oggi soffrono e che manifestano, ma per la responsabilità diretta di chi pensa di poter operare calpestando principi costituzionali, non dimostrando alcuna propensione in favore di buone idee occorrenti per la crescita delPaese.

Non son sicuro che l'esempio con la Germania, ai tempi del cancelliere Schröder e del suo “radicale” riformismo, condotto con la partecipazione del sindacato, possa calzare in proposito. La semplificazione del mercato del lavoro ed i rapporti impresa-lavoratori, appaiono, oggi, differenti nei parametri di un Paese come il nostro. 

L’era Schröder, proseguita nella grande coalizione, ha lasciato le sue tracce. Tuttavia la sua linea politica, pur in contrasto aperto con il programma elettorale, fu stabilita dall’alto, interrompendo il contatto della direzione con i funzionari intermedi e locali: L’SPD non era più un partito che aiutava la gente comune a risolvere i suoi problemi, non fungendo da portavoce di coloro che rimanevano indietro nella concorrenza globale. Dopo Schröder, l’SPD invocava maggiore responsabilità individuale, rivolgendosi agli strati più agiati della società. Fino alla fine degli anni ’90, aveva contribuito a strutturare la società, poi, nel 2010, la preponderanza dell’influenza dei media nei dibattiti interni e nelle decisioni del Partito hanno determinato la perdita di peso dell’SPD... aprendo una voragine nella struttura politica della società tedesca...Oggi siamo già al 2014...quella voragine pare aprirsi di più.
 vincenzo cacopardo

30 ott 2014

un commento sull'analisi di D.Cacopardo su Italia Oggi



Non è detto che il presidente del consiglio ce la faccia. Non si tratta di essere gufi o pappagalli, si tratta d’essere consapevoli della complessità della situazione, prima di tutto europea, nella quale deve guidare l’Italia. 

Insieme ai problemi della crisi generale, ci sono le diseconomie interne, le posizioni parassitarie, la caduta della produttività, l’inefficienza del sistema giudiziario, una concezione dei rapporti sociali, ormai da anni ovunque abbandonata. Pensiamo ai lavoratori le cui aziende debbono chiudere o ridimensionarsi. Da noi è normale che blocchino ferrovie e autostrade, che occupino Roma, che, insomma, tentino di scaricare le loro drammatiche questioni sulla comunità nazionale. Lo schema aveva rilevanti possibilità di successo sino agli anni ’90: le partecipazioni statali consentivano allo Stato di assumersi l’onere di gestire aziende decotte o in difficoltà, riuscendo, in qualche caso a risanarle. Il più delle volte continuavano a essere idrovore che consumavano la ricchezza nazionale. Anche questo c’è nel conto dell’immenso debito pubblico italiano. 

Ora no. I vincoli comunitari impediscono operazioni di salvataggio a spese degli stati. Perciò, i lavoratori possono occupare quello che vogliono, ma la comunità nazionale e, quindi, il governo non possono intervenire nell’unico modo utile: mettendoci quattrini. Salvo quelli degli ammortizzatori. Il paradosso è che il sindacato non si assume la responsabilità di dire la verità, anzi specula sulle crisi, mettendosi alla testa delle inutili manifestazioni di piazza che le accompagnano.

Al divieto di aiuti di Stato, si sommano i vincoli allegramente accettati, gli errori del ’98, quando l’accoppiata Prodi&Ciampi definì le ragioni di cambio lira-euro, l’assenza di una seria politica riformista, che hanno aggravato il disastro sino alle dimensioni attuali. 

Ora, alle difficoltà di maneggiare i rapporti internazionali e la crisi interna, si aggiunge un serio nemico che si aggira a Roma, a Bruxelles e Firenze: si chiama Matteo Renzi.

L’approccio dell’exsindaco di Firenze ai problemi dell’Europa e del governo è stato, quantomeno, discutibile. 

I politici di livello gestiscono il piccolo o grande potere affidato loro in due modi: ci sono quelli sicuri di se stessi che si affidano a collaboratori esperti, per dirla in modo chiaro, di serie A; ci sono quelli insicuri che si affidano agli amici, senza guardare alla qualità professionale degli stessi.

Tra i primi ricordo, per personali esperienze, Fanfani, Moro, Craxi e D’Alema. Fra i secondi, il più significativo è stato Romano Prodi, sempre pronto a preferire l’amico del proprio cerchio magico (il caso Rovati è il più noto, ma ce ne sono tanti altri) al professionista capace.

Craxi, per esempio, aveva intorno una squadra di compagni di strada di tutto rispetto: da Amato a Martelli, da Formica a De Michelis. E l’ingresso dei socialisti al governo nell’80 si caratterizzò con iniziative di grande significato innovativo. Il giro di De Michelis per le fabbriche, nelle quali nel pieno di un’altra crisi si incontravano agguerrite cellule terroristiche, mostrò il volto di un governo coraggioso nell’affrontare i problemi a viso aperto. In qualche modo, una tecnica mutuata dall’attuale «premier» che non manca occasione per andare nelle scuole, nelle fabbriche, nei luoghi del disagio. 

Quanto all’Europa –e non poteva essere diversamente, vista la combinata inesperienza di Renzi e dell’ectoplasmatica ministra Mogherini (che continuerà a non esistere a Bruxelles, ragione questa della generale approvazione)- il semestre italiano è stato francamente sprecato. Aveva il potere, Renzi, di iniziarlo convocando una riunione non sulle difficoltà dei vari paesi, ma sull’Unione, sullo suo stato e sulle più urgenti esigenze per andare avanti nel processo di integrazione (unica vera risposta alla crisi) con, per esempio, l’armonizzazione fiscale (divieto di dumping), la creazione di una FBI e di una forza armata europee, una reale politica di sviluppo.

Non è stato così. L’unico incontro di qualità politica è stato quello della scorsa settimana. Ma i risultati sono stati modesti e di corto respiro.

Ecco, se Renzi non rinnoverà profondamente la sua squadra di governo, se insisterà nel preferire gli amici fidati ai professionisti di riconosciute qualità, potrà sempre scivolare nella trappola che gli faranno trovare i vecchi marpioni europei e italiani e/o nella grave intensità dei problemi.

È questa l’ombra che permane su un processo di rinnovamento della politica italiana che apprezziamo e di cui vorremmo il successo. 



Un processo di rinnovamento che si potrebbe apprezzare..se non fosse guidato da una figura fin troppo ipocrita, per nulla umile e spinta subdolamente verso un successo personale.

Ricordiamoci che l'attuale premier è stato suffragato da un 40.80% di consensi in un paese che votava per una politica europea (oggi ancora più mal vista di qualche mese addietro) e non per una governabilità nazionale. Inoltre non è per niente trascurabile il fatto che abbiano votato solo il 50% degli aventi diritto. 

Tralasciando questi dati che comunque hanno il loro valore...le analisi di Domenico Cacopardo... malgrado le sue posizioni incerte (ed a volte ambigue)... nei giudizi verso il nostro Premier, risultano esplicative...ma dimostrano anche che il problema non sembra essere solo di inesperienza. Credere di poter condurre il nostro Paese portandosi avanti con un incessante determinismo... mal si concilia con l'umiltà che si dovrebbe in questo momento storico; un periodo difficile di cui lo stesso Domenico.. ne sottolinea le problematiche costrette dai vincoli comunitari. 

Quindi, al di là di ogni esagerata spinta da parte dei sindacati, bisognerebbe mostrarsi politicamente meno irruenti, persuasi e rigidi nell’affrontare simili agitazioni proposte da chi difende i tanti che oggi sopravvivono privi di lavoro o contenuti in miseri stipendi e relativi condizionamenti. Se si può affermare che il sindacato non si assume la responsabilità di dire la verità, e che speculi sulle crisi, mettendosi alla testa delle inutili manifestazioni di piazza...si potrebbe anche asserire che il tono assoluto di un Permier che si pone provocando in modo inidoneo gli stessi, non pare per niente utile..nè consigliabile, in un momento storico così difficile.

Al di là di un rinnovamento della sua squadra, sembra davvero difficile poter fare affidamento in chi, come il sindaco d'Italia, talmente carico di ambizione verso un proprio successo, affronta i temi della politica e del sociale con tale assolutismo e forte enfasi iniziale. La politica non può rinnovarsi con l'atteggiamento monarchico e semplificativo di chi ama tanto se stesso e che si crogiola in una comunicazione piena di slogan, ma col contributo di tanti, attraverso un'azione che guardi con estrema modestia alla ricerca costante: la sua sincronica posizione di premier e capo di un Partito.. è il fondamentale errore di base per quella politica che spera in un significativo cambiamento. 

C'è cambiamento e cambiamento! 

Questo suo processo di rinnovamento della politica italiana, al contrario, non si dovrebbe per nulla apprezzare, ne desiderarne il successo..perchè rimane troppo assoluto.. obbligando ogni principio di vera democrazia a solo beneficio di una governabilità costringente. Naturalmente chi oggi è sistemico non può che apprezzarlo perchè teme di perdere ciò che ha..al contrario di chi non ha e che..per logica diviene asistemico. 

Per dirla in termini antropologici: Esiste un naturale realistico percorso la cui strada viene determinata dall'uomo e dal suo modo di procedere. Oggi, nella nostra società, la bilancia pesa appena per poco a beneficio del sistema...quando l'asse, dovuta dal peso del crescente numero di asistemici si sposterà...tutto potrà cambiare assumendo un tono più drastico... Un equilibrio risulta necessario!

I valori della democrazia restano necessari... e molto più importanti di qualsiasi slogan.

29 ott 2014

Un commento su sindacati, politica e democrazia

Scrive Domenico Cacopardo sulla Gazzetta di Parma

Incapace di uscire dal paradigma di posizioni introdotte nella Cgil da Sergio Cofferati, lo «stolido leader» (definizione corrente ai suoi tempi per sottolineare le incapacità di manovra) che impedì la riforma del lavoro nel ’99, con un’economia florida e un governo di sinistra-centro, Susanna Camusso, dopo Guglielmo Epifani, due exsocialisti diventati più massimalisti dei massimalisti storici, si appresta allo scontro finale con lo schieramento riformista che fa capo a Matteo Renzi. Lo perderà.

Potrà non piacere per la vocazione cesarista, ma si deve ammettere che il giovane presidente del consiglio ha messo in moto la politica italiana, archiviando personaggi, riti e parole d’ordine. Basta sottolineare la sua posizione: «Il governo non deve trattare le sue leggi col sindacato. Deve ascoltare il sindacato e decidere per conto suo. Il sindacato deve trattare con gli imprenditori per i posti di lavoro e le condizioni dei lavoratori. Se un sindacalista vuole discutere le leggi, si faccia eleggere in Parlamento …»

Nemmeno Craxi, quando incontrava nel 1984 tre capi sindacali del calibro di Lama, Carniti e Benvenuto, aveva avuto il coraggio di definire e delimitare in questo modo l’attività sindacale. Anzi, in quello scontro combattuto col fioretto e con la sciabola, il vero avversario non era Lama, disponibile ad accettare il taglio della scala mobile, ma Berlinguer, ormai avvoltolato nelle propria concezione di Repubblica del CLN e sull’asserzione «Non si governa con il 51%.»

E poi è venuta la seconda Repubblica. Gli unici esponenti politici risparmiati da Tangentopoli erano i sindacalisti, che non erano perseguibili per i contributi «volontari» ricevuti. Superato lo choc dell’elezione di Berlusconi, Prodi e seguaci avevano tessuto una tela di relazioni con il sindacato rivolta a paralizzare l’autonomia della politica, a favore del consenso della Cgil. E avevano imbarcato il simpatico Bertinotti, un campione del rinnovamento a capo di un partito che si chiamava Rifondazione comunista e che, al momento giusto, levò i voti di cui Prodi aveva bisogno in Parlamento, mandandoli a casa.

E prima, con sussiegosa considerazione di se medesimo, lo «zio» della Patria Carlo Azeglio Ciampi, poi immeritatamente santificato, si piegò al rito della «concertazione» sottoponendosi a un negoziato con i sindacati sui contenuti dell’azione politica del suo governo.

Vent’anni di questo sistema, non intaccato dai periodici ritorni di Berlusconi, nonostante la chiarezza di idee di Maurizio Sacconi, l’unico di quel giro capace di studiarsi i dossier e di capire quello ch’era necessario, hanno bloccato il Paese e l’hanno fatto avvitare su se stesso. 

Finalmente, un giovane archivia il diritto di veto riconosciuto ad alcuni –e ad alcuni, come la Cgil, più degli altri- sulla base di una presunta rappresentanza di interessi mai verificata con una vera libera consultazione elettorale. Se ci si riflette, si scopre che il sindacato è l’organizzazione meno democratica del Paese insieme al Movimento 5 Stelle. 

Ora ci si confronta in campo aperto. E vincono le idee giuste. Vincono anche gli ideali, primo fra tutti quello di rinnovare a Nazione per dare una speranza agli italiani.

Non questo becero rinvangare il passato.

Non i proverbi demenziali in cui s’è specializzato Bersani.

Non le sciocchezze massimaliste di cui si riempiono la bocca alcuni excomunisti («in primis» Fassina e Civati) che costituiscono la parte meno disponibile della sinistra del Pd.

«Andiamo, è ora di partire.»

Ci stiamo muovendo. Incidenti e trappole sono sulla strada che abbiamo scelto. Ma se la voglia di andare è forte, se si intravvede una meta condivisibile, se è possibile rilanciare l’Italia, incidenti e trappole non ci impediranno di procedere.
Domenico Cacopardo



"La storia dei sindacati è divenuta nel tempo un'altra anomalia di questo Paese, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile alla deformazione che ha alterato e confuso i principi base che avrebbero dovuto guidare il vero paradigma di una democrazia."

Non per un becero rivangare il passato, e nemmeno per spegnere l'entusiasmo di chi, come il consigliere Cacopardo, ritenendo giusta la frase di Renzi ( che non posso tra l'altro che condividere), pensa che il tutto possa risolversi attraverso le posizioni determinate del nuovo sindaco d'Italia. 

Se è vero che “Il sindacato deve trattare con gli imprenditori per i posti di lavoro e le condizioni dei lavoratori, e se è altrettanto vero che se un sindacalista vuole discutere le leggi, dovrebbe farsi eleggere in Parlamento”..è anche vero che oggi la governabilità non potrebbe determinarsi con tale arroganza.. prendendosi gioco dei principi cardine di una democrazia...Oggi il percorso della politica la sta decidendo il Nazareno (Renzi e Berlusconi insieme)..come si può pensare che costoro potranno mai costruire regole in favore di possibili elezioni di sindacalisti in Parlamento?

La storia dei sindacati è divenuta nel tempo un'altra anomalia di questo Paese, ma non è nemmeno lontanamente paragonabile alla deformazione che ha alterato e confuso i principi base che avrebbero dovuto guidare il vero paradigma di una democrazia. Che dire..ad esempio.. delle nefande regole che vorrebbero guidare le riforme verso sistemi elettorali iniqui..attraverso premi di maggioranza e soglie di sbarramento che negano una politica che, per costituzione dovrebbe lasciare libero il pensiero dei piccoli? Che dire della costruzione semplificativa con la quale oggi si edifica un governo?...Che dire delle spudorate e continue fiducie...ovvero quelle continue stampelle con le quali si pretende di reggere un esecutivo imponendo persino deleghe alla decretazione legislativa? Che dire dei perenni conflitti che invadono il campo legislativo con quello governativo? Che dire dell'influenza eccessiva dei Partiti poco disciplinati e veri padroni assoluti di una politica oligarchica?...E si potrebbe andare oltre, ma se poi quello che conta.. è il dovere ottenere un risultato a tutti i costi, soprattutto chi ha una mente lucida come Domenico... comprende perfettamente che la crisi della democrazia è già in atto da tempo e senza democrazia vincono le arroganze ..anche quelle dei sindacati..Ben vengano...quando ciò che soprattutto manca è una sana e logica funzione della politica!

E' facile per Renzi, oggi, tirare fuori continui slogan come quello sopra scritto a discapito dei sindacati..quando nel disordine più totale di un edificio istituzionale..quello che per prima dovrebbe essere posto in ordine, è il funzionamento di una politica in favore di una democrazia.

Badiamo bene! Nessuno pretende per principio di schierarsi in favore di una qualunque forza sindacale, ma non si può nemmeno restare inerti nell'ascoltare le frasi boriose di un capo del governo che pretende di assumere le sembianze di un monarca, anche a causa di un partito che gli consente l'enorme conflitto ponendolo nel contempo nella carica di segretario e di premier di uno Stato.... Proprio da qui nascono le prime anomalie democratiche..e pochi se ne accorgono! 

Malgrado le belle parole di Renzi, proposte sempre attraverso slogan, quando si muovono i sindacati costruiti in anni ed anni di storia, risulta facile fare certi tipi di affermazioni, molto più difficile porre una barriera ad un diritto di sciopero. Cosa può poi significare ascoltare la parola dei sindacati per poi decidere come si vuole, quando ormai la vera azione legislativa parlamentare è in mano ad un padrone assoluto?..La crisi della democrazia avanza a passi veloci e potrà avere dei risvolti persino pericolosi.. 
vincenzo cacopardo

28 ott 2014

Il PD..un trampolino comodo per il sindaco d'Italia.



L'IPOCRISIA... IL SUO PEGGIOR PECCATO 
di vincenzo cacopardo

Pochissima umiltà..un forte determinismo..e molta boria..
C'è qualcosa in più che non convince del giovane sindaco d'Italia...qualcosa che, unita alla mancanza di una necessaria umiltà... lo fa apparire sempre più ipocrita.


L'ipocrisia consiste proprio nel fatto che Renzi continui ad usare un Partito di sinistra per operare attraverso una politica di destra e nel contempo affermare che oggi non esistono più tali contrapposizioni. Quindi la domanda più facile da porgli sarebbe quella di poterci spiegare come mai non si sia prima creato una parte politica indipendente nella quale far convergere le sue nuove proposte politiche.

La sua Leopolda appare oggi in netta contrapposizione col suo stesso Partito... ponendo ulteriori dubbi sulla doppia veste che Renzi assume nella qualità di segretario di un partito e Capo di un governo. I suoi riferimenti a gli I-Phone ed ai Pit Stop..suonano ancora una volta come slogan vuoti, entrati ormai in un linguaggio che cattura di certo l'attenzione dei giovani esaltandoli, ma non incanta chi ne percepisce l'uso ostentato e lo scopo. Se le contrapposizioni sono oggi poste tra chi vuole cambiare col presupposto che dall'altra parte non si voglia farlo per capriccio, si finisce col non dire la verità... portando avanti un discorso di comodo: Si usa una comunicazione subdola..ma efficace allo scopo di confondere!

Era chiaro che tutto ciò avrebbe creato attriti e formato posizioni antitetiche all'interno di un PD, visto sempre come un Partito di base ideologica comunista..seppur cresciuto successivamente con un'apertura in direzione di una social democrazia più moderna e progressista. Potremmo perciò sicuramente azzardare che Renzi possa avere usato il PD per costruirsi una piattaforma più comoda sulla quale lavorare una sua personale strategia di successo.

La valutazione che oggi si fa sull'operato del sindaco d'Italia rimane prevalentemente di metodo..mentre si trascurano i giudizi nel merito. Quando Renzi e la sua corte dichiarano che chi sta col cambiamento.. sta con lui, mentre chi non sta con lui.. non vuole il cambiamento, non fanno che confondere volutamente il giudizio dei tanti che, distolti, finiscono col non valutare in profondità le qualità peculiari della sua azione di rinnovamento.

Non può essere accettabile..nè tanto meno si potrebbe omettere di definire eccentrico.. l'atteggiamento di chi oggi, dichiarandosi renziano, definisce, chi non la pensa allo stesso modo, come un gufo od un ostacolo contro l'innovazione e persino connivente con la palude. La condotta del Premier risulta sfacciatamente ipocrita persino nei confronti di chi ancora gli offre sostegno in seno al suo Partito e che ancora... seppur forzatamente..lo sostiene in una personalissima campagna promozionale.

Un PD che sembra perdere ogni contatto con la realtà... che non manca di offrirgli  una base sulla quale costruirsi un proprio successo... a discapito dello stesso Partito.  

26 ott 2014

Nota recensiva sul nuovo articolo di Domenico Cacopardo



di domenico Cacopardo
Fa ridere l’indignazione Barroso, non di Katainen, il commissario competente per gli affari economici e monetari, per la pubblicazione, da parte del governo italiano, della lettera ricevuta giovedì con la richiesta di chiarimenti sulla legge di stabilità 2015.

Appartiene alla barocca e opaca liturgia inventata dai burocrati dell’Unione, questa specie di balletto di osservazioni e controsservazioni, da tenere riservato per non esporre i burocrati stessi al rischio di venire smentiti dai fatti e dalle decisioni della Commissione. Come del resto nelle previsioni, tutte sballate, relative alle loro controproducenti iniziative.

E ha fatto benissimo Matteo Renzi a pubblicare, dopo avere ottenuto il consenso di Katainen, la missiva. E farà ancora meglio a illustrare tutti gli sprechi di cui sono specialisti «lor signori» di Bruxelles.

La risposta del governo, anch’essa pubblica, sarà difficilmente contestabile, giacché sarà fondata sulla realtà dei fatti, che sono coerentemente volti a prendere atto della profonda recessione in corso, causata sì dalle leggerezze passate, ma più di recente da una politica europea disinteressata al benessere dei cittadini e alla salvaguardia dell’occupazione.

Una strada, quella imboccata dalla finalmente scaduta Commissione Barroso (che ha gettato la maschera dimostrandosi, per calcoli opportunistici, nemico dell’Italia), del tutto distruttiva del modello economico-sociale affermatosi nel secondo dopoguerra nel continente. Un collasso che ormai mette in discussione l’esistenza stessa di questa Unione europea, che guarda alle astratte «tavole» di una legge improvvida e sbagliata come il «Fiscal compact».

Ricordiamo tutti il presidente «ridens», Mario Monti, annunciare agli italiani la firma del relativo protocollo e i vincoli che avrebbe comportato.

Ma l’economia, come la vita e la società non rispondono agli astratti comandi degli economisti, dei sociologi, dei dittatori. Rispondono agli esseri viventi che sono capaci, anche senza rivoluzioni violente, di rovesciare gli astratti comandamenti per operare con più intelligenza e buon senso dei loro medesimi governanti.

«Dall’analisi preliminare … l’Italia programma una significativa deviazione dagli aggiustamenti richiesti per centrare l’obiettivi di medio termine nel 2015 … La Commissione intende continuare il dialogo costruttivo con l’Italia per arrivare alla valutazione finale … e gradirebbe il … (nostro, n.d.r) punto di vista non appena possibile e preferibilmente entro il 24 ottobre», questo il succo della nota dell’Unione, cui si vuol dare il significato (erroneo) di una reprimenda.

I punti più sensibili sono il mancato rispetto del patto di stabilità nel 2015, con uno scostamento del deficit consentito dal 2,3% al 2,9% e il rinvio del pareggio strutturale di bilancio.

Come se qualcuno rimproverasse un naufrago perché è tutto bagnato e non riesce ad asciugarsi nei tempi voluti.

È di tutta evidenza che si tratta di una posizione negoziale, espressa nell’ottuso linguaggio che domina i corridoi di Bruxelles, percorsi da centinaia di impiegati, lautamente retribuiti, che hanno costituito una casta autoreferenziale, indifferente rispetto alla vita pratica degli amministrati.

Spesso, grattando dietro le paludate posizioni, si scoprono interessi concreti, concretissimi, legati a realtà concorrenti dell’Italia, più capaci di «lobbying» di quanto siamo noi e le nostre aziende. 

In un tempo lontano, negoziando il piano siderurgico con Bruxelles, ci accorgemmo all’improvviso che le prescrizioni che uscivano dagli uffici erano tutte «favori» nei confronti della siderurgia belga, cui il visconte Etienne Davignon (nella Commissione Thorn, 1981-1985, vicepresidente e commissario per l'energia e gli affari industriali) era molto legato. Anche questo succede a Bruxelles e da sempre. 

Su quello che accade in queste ore, è lecito ogni sospetto, anticamera della verità (Ennio Pintacuda, gesuita).

A questo punto, occorre dire che, in sostanza, nulla che non fosse esplicito, alla luce del sole, c’era nelle intenzioni e nelle dichiarazioni pubbliche del governo italiano. E la risposta a Bruxelles si discosta dal passato perché non ha nulla del tremolante, tremebondo atteggiamento cui Monti e Letta avevano abituato gli eurocrati. La prospettiva di un accordo su un aggiustamento ragionevole indica la via di un’approvazione, magari condizionata al mantenimento delle promesse di riforma, ma pur sempre un approvazione, con buona pace del neorigorista Barroso (permissivista a suo tempo a casa sua, il Portogallo).

Ce la giochiamo serenamente a tutto campo la partita della legge di stabilità 2014. In attesa dell’insediamento della nuova Commissione, presieduta da Junker, con il suo programma di lotta alla recessione, rilancio economico e di finanziamento di 300 miliardi di infrastrutture, terreno duro. Alla fine anche se Barroso e la sua scaduta compagnia dovessero assumere l’atteggiamento inaccettabile che possiamo immaginare, è nella disponibilità del governo italiano fare l’uso migliore delle indicazioni comunitarie, accelerando il processo riformista, laddove è possibile farlo e continuando a perseguire una politica accettabile.

Un'altra «hora de la verdad» (il momento in cui il torero deve affondare la sua spada nell’attaccatura del collo dell’animale) per Renzi e il suo governo. 

Al di là dello stupido disfattismo di tanti osservatori invidiosi, siamo convinti che funzionerà.



di vincenzo cacopardo
Puntuale questa nota di Domenico Cacopardo che ci illustra gli ultimi avvenimenti di Bruxelles. La « barocca e opaca liturgia » inventata dai burocrati dell’Unione, si mette in evidenza in questi giorni in modo quasi ridicolo e non si può dire che Domenico non abbia reso con perfezione tutto ciò. Non v'è dubbio, tuttavia, che la prospettiva di un accordo su un aggiustamento ragionevole indica la via di un’approvazione, seppur...condizionata al mantenimento delle promesse di riforma.

Nulla da eccepire su questo, curioso..se non alquanto bizzarro, atteggiamento della Commissione definita tra le righe da Domenico come una «scaduta compagnia». Quello che è accaduto potrebbe ascriversi ad un' opera teatrale tragicomica...ma il problema nel merito delle riforme nel nostro Paese resta e permane immenso. 

Non volendo per nulla apparire come uno di quegli osservatori invidiosi che fomentano disfattismo ed allarmismo, da cittadino di questo Paese..posso permettermi di riflettere nel merito delle riforme, in quanto risulta essere il principale problema che mi stuzzica da attento speculatore del funzionamento della politica.. quale io sono. 

I principi di alcuni osservatori come me.. si basano, non tanto sull' atteggiamento poco chiaro di una Commissione Europea..nè sul metodo già di per sé poco ortodosso ed indisponente con il quale il Premier si muove e di cui tanto ho scritto, ma sul merito di ciò che propone e cioè: Riforme costituzionali che non predispongono ad un'apertura verso una democrazia moderna e che, al contrario chiudono con forza ogni partecipazione ad ogni dialogo.... Una riforma sul lavoro che restringe e non aiuta a crescere poiché limitata alle regole e non arricchita di nuove iniziative.... Una riforma sulla giustizia che prevede il percorso breve di una estrema semplificazione e che non porta in sé alcuna idea per un vero meccanismo della sua funzionalità. 

Non si capisce quindi perchè..quando si parla di riforme, si rimanga fermi sul fatto che si stiano facendo, sottovalutando..anzi quasi omettendo.. la logica di una loro peculiare qualità e prerogativa.

Se.. a questo.. aggiungiamo il metodo delle continue fiducie espresse su ogni proposta di legge e le inopportune, se non del tutto irregolari deleghe al governo, governo definito dallo stesso Domenico, come un esecutivo composto da una stra-maggioranza di incompetenti.. .mi permetto di sottolineare che, il ridicolo o curioso atteggiamento della Commissione, può solo rappresentare il male minore delle problematiche odierne della politica del nostro Paese.

23 ott 2014

Nuovi dipartimenti in mancanza di valide idee

di vincenzo cacopardo
Nulla di nuovo nella rituale strategia comunicativa del Cavaliere
Non sapendo più cosa inventarsi e per poter apparire ancora come un rinato nuovo centrodestra, Berlusconi istituisce un nuovo dipartimento «Libertà civili e diritti umani» Lo fa per la lotta contro ogni discriminazione....qualcosa che nel passato non avrebbe mai pensato di fare! Ma sappiamo che le contraddizioni oggi non si contano...quanto, al contrario, conta l'aumento delle ipocrisie di una politica di comunicazione e d'interessi.

Berlusconi nella conferenza di presentazione appare brillante e talmente curato come fosse risuscitato, Mara Carfagna..accanto, con la nomina a dirigere il dipartimento sembra gioire, pur rappresentando in un certo senso,  sorpresa per un’investitura inaspettata: Ricordiamo tutti come la compagna del Cavaliere in questi ultimi tempi abbia portato avanti questa lotta con un certo attivismo nell'area riguardante gay e transessuali.

L'operazione sembra studiata e compare a pochi giorni dall'evento sprovveduto del sindaco di Roma Marino sulle unioni civili. Con queste parole «Oggi ci sono i tempi e le condizioni affinché la politica si dia da fare, lontana da pregiudizi e ideologie di parte, per trovare soluzioni in grado di riconoscere tutele, diritti e doveri a persone dello stesso sesso che abbiano deciso di condividere un percorso di vita», Forza Italia, non avendo più a cosa attaccarsi e volendo apparire innovatrice e paladina di innovazione sociale, si prodiga in favore della “libertà dei diritti civili”..Tanto inverosimile..quanto grottesco!

La trovata di inventarsi un dipartimento di questo genere per Forza Italia, la dice lunga sulla mancanza totale di idee in altre materie.. sulle quali.. questo partito.. non pare aver altro da aggiungere....Ormai tutto il resto, si dirige attraverso lo scellerato patto del Nazareno. Il cavaliere dovendo ormai lasciare lo spazio a chi oggi guida il nuovo ed autoritario percorso.. simile a quello che fu nel suo passato, si affida, contraddittoriamente, a principi e valori che nel passato, non avrebbe mai sognato doversi assegnare.
Lo fa attraverso un dipartimento, ossia con una apposita sezione che dovrà analizzare l'aspetto di tali circostanze in un contesto sociale ormai globalizzato che ha già iniziato questo percorso, già da tempo ed assai prima.