15 feb 2015

ALTRO CHE DERIVA AUTORITARIA....

"quel pragmatico incedere autoritaritario determinato dalla mancanza di idee alternative"
di vincenzo cacopardo

Altro che deriva autoritaria....quello del sindaco d'Italia Renzi, promosso con tanta boria e saccenteria, appare il percorso furbo e breve... oltre ogni limite del rispetto di una democrazia parlamentare!..La cosa fa di certo meditare su un più che possibile sostegno da parte di certi poteri forti e lobbyes, poiché al contrario, questo suo decisionismo...non potrebbe essere espresso ai limiti di ogni rispetto e tolleranza.

L'attività della Camera, svolta in solitario dalla maggioranza sulla normativa riguardante le nuove regole costituzionali, dovrebbe far riflettere seriamente i cittadini sul metodo arrogante di un governo in perenne conflitto..un governo che pretende in solitario di mettere in atto le regole di una politica ormai trascinata nelle continue anomalie che ogni giorno si accavallano per opera dell'inefficienza di un sistema di contrapposizioni vecchio ed obsoleto.

Ma quali sono in realtà le grandi idee di cambiamento proposte da questo premier? Su cosa si fondono..se non sullo stringere e semplificare ogni percorso a danno di una evidente funzionalità? ..Il suo modo di procedere, seppur travisato nell'aspetto e nella comunicazione, rimane vecchio e pericoloso.. quanto lo sono i suoi conflitti!

Quello che desta maggiore meraviglia è un certo silenzio da parte dei tanti costituzionalisti che sembrano ormai esser stati ingurgitati dal cinico pragmatismo infuso da un personaggio autoritario che pare avere campo libero su tutto.

Renzi è ormai una figura che divide il Paese e che opera con presunzione attraverso l'unica via pragmatica del bisogno di un cambiamento.. al di là di come questo avvenga sia nel metodo che nel merito..Tutto ciò perchè si continua a ripetere che non vi sono altre alternative.. quindi: la mancanza di altre idee.. finisce col premiare un risoluto determinismo pragmatico e questo, di contro, condanna ogni possibile crescita democratica, in favore di un chiaro autoritarismo.

La frase del premier circa “il sostegno di una attività parlamentare che rimane lo stesso utile..anche se priva di una presenza delle opposizioni”,... fa tanto ridere, ma nel contempo rende un quadro sempre più triste di una grossa parte delle forze politiche di questa Nazione.. che sembrano ignorare l'importanza dei principi costituzionali e di una politica corretta.

Una parte del Paese ignora...un'altra finge di non vedere.. ed un'altra ancora sottovaluta l'importanza di queste riforme quando, come in questo caso, esse vengono manipolate in favore di un governo ed a sfavore di una sovranità popolare.



14 feb 2015

Le riforme ...un'occasione sprecata..


il rimpianto di una mancanza di ricerca più appropriata”
di vincenzo cacopardo

Con le ultime contestazioni alla Camera sfociate in un Aventino, la politica assume sempre più il tono di una bagarre e mentre il PD, in solitario.. con l'appoggio di un centro ex Scelta Civica, prosegue la sua pericolosa, opera di riforma costituzionale in una atmosfera tanto anormale..quanto discutibile, la parola del Presidente garante tarda a farsi sentire.

Se vi era un'occasione per promuovere una nuova riforma di cambiamento bisognava guardare molto più avanti , occorreva scorgere un futuro innovativo più consono alla nostra cultura politica, più funzionale e meno compromesso..arginando una lunga serie di evidenti anomalie.

L'occasione era data proprio da una utile divisione dei ruoli (induttivi e deduttivi) proponendo all'uopo la separazione stessa dei compiti delle due Camere....ossia un ruolo amministrativo legato alla integrità morale e l'efficienza di chi amministra e governa... ed un ruolo di ricerca delle idee e dell'ordinamento normativo proposto attraverso i Partiti. Partiti che a loro volta andavano riformati attraverso una regolamentazione più appropriata al loro evidente scopo di dialogo con i cittadini.

E' indubbio che oggi il sistema sostiene la teoria delle figure politiche inserite contemporaneamente nei due ruoli come appartenenti ad un unico lavoro. Questo sistema ha fatto sì che oggi.. il politico venga considerato colui che crea e nel contempo esegue, nel contesto di un’unica linea politica. Linea politica che, nel tempo, viene condizionata da una vera e propria oligarchia dei Partiti.

Di conseguenza...l'occasione sarebbe dovuta essere quella di studiare una legge elettorale diversa .. separata per competenze e ruoli. Uno studio organizzativo che avrebbe dovuto basarsi su principi di merito, specializzazione e suddivisione del lavoro, per evitare i ( più che evidenti) conflitti derivanti. ..Ma questo argomento rimane difficile da far comprendere a chi... come i nostri politici.. restano appesi ad una forma mentis antiquata e legata a principi vecchi che ne impediscono ogni innovazione.

Difficile persino da far comprendere ai nuovi entrati del M5Stelle che, se pur armati di buona volontà verso un cambiamento del sistema politico, si ostinano ad indirizzare il loro pensiero verso un'ipotetica e demagogica democrazia diretta, screditando ed offendendo chiunque non la pensi come loro. Democrazia diretta sulla quale non si continuano a vedere proposte funzionali ragionate. Una strana avveniristica ideazione che mal si confà con un Paese come il nostro... sia per problemi logistici legati all'entità della popolazione....che per quelle fissate dal rapporto indiretto con le indispensabili istituzioni Parlamentari già in essere.

La ricerca di un vero cambiamento sarebbe.. invece.. dovuta partire da una equilibrata distribuzione e divisione dei ruoli delle Camere che ne rappresentano il consenso, ed è proprio questo.. che deve essere offerto e diviso in base al merito ed alle idee sul programma. Certo questa non sarebbe la soluzione conclusiva.. se non venisse studiata nella sua fattibilità attraverso un dialogo collettivo, ma sicuramente, difendendo meglio i valori di una democrazia popolare, potrà anche arginare la più grande malformazione su quel conflitto perenne in seno alle istituzioni politiche dando maggior forza agli indispensabili pesi e contrappesi di cui tanto si parla.  

Oggi la fretta sembra comandare su tutto e l'approssimazione... unita alla semplificazione promuove una governabilità... tanto faziosa, quanto poco edificata nei suoi principi..
Contento il Paese...

13 feb 2015

l'Aventino..e la deriva del Premier

"Il capogruppo Speranza addolorato per l'abbandono dell'opposizione dall'Aula"  
di vincenzo cacopardo

J. Bernard  Shaw  diceva che "l'ipocrisia è l'omaggio che la verità rende all'errore"....La locuzione pare calzare con l'atteggiamento del giovane capogruppo alla Camera che oggi si è premurato nel definirsi profondamente addolorato....


Al di là dello scenario attuale relativo al lavoro parlamentare circa le regole del testo costituzionale e della contestata ed immotivata prassi imposta, quello che sta accadendo alla Camera circa l'abbandono dall'Aula delle forze di opposizione..non pare per nulla contestabile e potrebbe rappresentare la fotografia esatta di ciò che può avvenire in caso della affermazione di un modello bipartitico al quale Renzi e chi lo segue.. vorrebbero, con leggerezza, arrivare..Con la vittoria di un modello bipolare incontreremo ulteriori problematiche e forzature che porteranno a ben altri aventini....

Se la prassi parlamentare relativa alla “seduta fiume” potrebbe adattarsi alla normativa di una legislazione in ambito di urgenza e bisogni impellenti per il Paese, rimane impossibile poterla accettare in materia di ordine costituzionale...

Nel caso delle riforme per le modifiche degli articoli della Costituzione relativi al Senato ed al titolo quinto e quella istituzionale circa la legge elettorale, non è difficile asserire che l'odierno Aventino risulta più che giustificato...Il problema sarà solo quello di una resistenza..data persino la possibilità di un ritorno alle urne che nessuno vorrebbe.. poiché si perderebbero altri comodi benefici.

Malgrado i dispiaceri del deputato Speranza che sembra non tener conto del contesto in cui l'opposizione si è trovata, non si riesce a comprendere una discussione sull'argomento caldo e sensibile delle riforme costituzionali (con la pretesa di voler modificare 40 articoli in 80 ore), quando appare più che logico che non potrà mai servire a nulla visto i tempi contingentati ed una inusuale premura di un Premier che con la propria maggioranza (ottenuta anche grazie ad un premio) pretende di sottomettere di continuo il Parlamento al suo volere. A poco serve l'ostentato “politichese” di Buttiglione come anche quello dello stesso Speranza.

C'è modo e modo di procedere...soprattutto quando chi impone queste decisioni..lo fa pensando di trovarsi nel contesto di una assemblea costituente. E' inutile sottacerlo ma siamo in quei casi in cui chi governa pretende di imporre le regole...e questa tra le tante... appare una anomalia delle peggiori. Sarà forse assai triste veder uscire parlamentari dall'Aula, ma appare ancora più triste pretendere di decidere un simile cambiamento con questi toni e questa premura. Rimane doveroso astenersi allontanandosi e lasciare che la responsabilità nel metodo e nel merito ricada su chi pare dirigersi verso un certo autoritarismo.

La parola dunque al Presidente Mattarella che dovrà esprimersi ponendo la questione in una logica politica che tenda a non escludere quei pesi e contrappesi a difesa dei diritti ed i doveri di una funzionale democrazia parlamentare.   

Guerra alla Camera..


"PRASSI DI CONSUETUDINE E VALORI COSTITUZIONALI"
di vincenzo cacopardo

E' una vera guerra quella che in questi giorni sta esplodendo in seno alla Camera dei deputati sull'argomento relativo alle nuove disposizioni per le riforme del Senato e del Titolo V°. 

Un paio di giorni addietro la maggioranza ha insistito per la votazione sulla seduta “fiume” (ovvero senza limiti di interruzione) per poter porre un ostacolo alla lunga serie di emendamenti proposti dall'opposizione. Ci si è di conseguenza appellati ad una “prassi” che la maggioranza definisce “di consuetudine”...in quanto riferita ad avvenimenti già avvenuti per i quali si è proceduto di conseguenza. Ma la collera dell'opposizione non è venuta meno poiché come sembra, tale procedura non pare potersi adattare alle riforme di tipo costituzionali... non essendovi per nulla precedenti.

Ciò che appare davvero imbarazzante è il fatto che... da parte della presidenza della Camera non pare si sia prestata la dovuta attenzione verso un argomento talmente delicato..tale da poter spingere ad una soluzione per rendere più serenità in seno all'Aula.

Il muro contro muro è continuato e continua, ma è pur tuttavia evidente lo stato di prostrazione..ai limiti del servilismo della presidenza della Camera nei confronti del governo. La responsabilità delle presidenze di turno che continuano ad alternarsi, assenti a qualsiasi richiamo da parte dell'opposizione, la dice lunga sullo stato di fermezza imposto da una governabilità ormai indirizzata all'estremo che.. con pervicacia, fingendo di non considerare la portata di simili riforme... continua a spingersi verso un eloquente settarismo.

In tutto ciò non possiamo omettere il fatto che questo Parlamento gode oggi di una maggioranza determinata con un grosso premio di maggioranza e, con le pretese di poter assumere il ruolo di una “Costituente” pretende in tutti i modi di imporre ogni volontà governativa. Non sembrano dunque più esistere i pesi ed i contrappesi necessari affinchè si possano raggiungere gli indispensabili equilibri tipici di una democrazia parlamentare.

Quello che ancora oggi sorprende da parte di tutte le opposizione...è il fatto di restare ancora attaccati alle poltrone dell'Aula senza abbandonarla in massa (dopo l'evidente e provocatorio voto sulla seduta fiume) lasciando la patata bollente di simili delicate riforme in mano alla responsabilità di una maggioranza del tutto sottomessa ad un governo. Immaginiamo come potrebbero essere definite tali riforme dai cittadini, se votate esclusivamente da quella sola forza parlamentare della Camera che oggi rappresenta appena il 20% dei votanti del Paese.

Possiamo solo sperare che il nuovo Capo dello Stato possa immedesimarsi con attenzione sullo stato delle procedure in questa delicata faccenda che appare sicuramente un'altra delle tante anomalie della politica istituzionale di questo Paese. L'argomento della modifica delle regole di una Costituzione non dovrebbe mai potersi risolvere con la logica accentratrice di un determinismo imposto da un governo venuto fuori con le storture di una legge elettorale disapprovata dalla Corte e, per di più, con l'appoggio incondizionato di una presidenza della Camera che pare guardare altrove...Ogni motivazione sulla “fretta” non potrebbe mai far sopperire il primario rispetto dei valori.  

12 feb 2015

Il risveglio del fantasma di una guerra fredda


Prendendo spunto da cio che scrive in modo opportuno Domenico Cacopardo su Italia oggi

”Dopo la dissoluzione dell’impero sovietico, nel vuoto politico determinatosi a Est, il mondo occidentale, ma sarebbe meglio dire gli Stati Uniti, ha aggregato intorno a sé con trattati economici e militari quasi tutti gli Stati già al di là della Cortina di ferro. Alcuni paesi cruciali, come la Polonia, l’Estonia, la Lituania, la Lettonia sono entrati nella Nato e hanno fornito basi marittime e terrestri (con aeroporti) all’Alleanza. In una situazione ambigua era rimasta l’Ucraina, storicamente territorio russo, reso indipendente per poter contare su due voti in sede Onu, quando l’Onu fu costituita.

Krusciov accentuò i caratteri autonomi della repubblica di Kiev. Se torniamo, per un attimo, indietro di due secoli, scopriamo che le lande abbandonate che costituiscono l’odierna Ucraina erano in parte dell’Impero ottomano, in parte della Russia che, per volontà di Caterina la grande, colonizzò, sotto la guida del suo amante maresciallo Potemkin, quei territori «importando» contadini tedeschi, artigiani italiani e mercanti ebrei. Odessa su fondata proprio da Potemkin e costruita dai suoi successori russi.

Che ci sia quindi un cordone ombelicale tra la Russia e l’Ucraina è un dato di fatto, fertilizzato dall’arrivo di milioni di persone russofone che durante l’Unione sovietica furono invogliate a stabilirsi in quei territori dell’Unione medesima.

Quale geniale idea viene alla mente degli strateghi di Washington? Quella di «trasferire» la Repubblica di Kiev nella propria sfera di influenza, usando a questo fine l’Unione europea.

Va ricordato che, in sede di definizione degli assetti internazionali, dopo la caduta del Muro di Berlino e l’approvazione dell’unificazione tedesca, Kiev fu esplicitamente assegnata all’influenza russa.

Dalla volontà degli Stati Uniti di chiudere un cerchio politico e militare intorno alla Russia, discende tutto il resto: il «golpe», con determinante partecipazione dei movimenti neonazisti finanziati dalla Cia, che cacciò il presidente eletto Yanukovich e portò a un presidente provvisorio, Poroscenko, poi eletto a sua volta e a una politica di discriminazione interna nei confronti della minoranza russofona.

Va ricordato, per inciso, che la Russia è stata colpita dal terrorismo islamico in Cecenia e nel suo territorio e che non è mai stata indifferente alla situazione del Medio Oriente, avendo tenuto in piedi forti legami con il regime Baathista di Assad in Siria.

Quindi, ci sarebbe un interesse strategico per un «appeasement» che consentisse un’azione comune contro i movimenti fondamentalisti.

Poiché Putin non è un agnellino, né un ubriacone, era evidente che avrebbe reagito. E la sua reazione è stata quella di sostenere i movimenti separatisti in Ucraina e di staccare la Crimea, terra storicamente russa di grande interesse militare (in essa è basata la flotta che vigile sul mar Nero e sul Mediterraneo), dall’Ucraina per annettersela.

Da parte occidentale e del governo di Kiev nulla di concreto è stato fatto per attenuare la tensione. Anzi, le brigate neonaziste sono in prima linea nei combattimenti (senza prigionieri) che si svolgono nei territori russofoni dell’Est.

Purtroppo, non c’è una serena valutazione dei fatti e delle vie d’uscita nel sistema mediatico occidentale e, in quello italiano, in particolare.

Nessuno spiega che le sanzioni imposte alla Russia si sostanziano in sanzioni imposte all’Unione europea (Germania e Italia al primo posto) che paga il conto dell’arrestarsi delle relazioni commerciali. Come si dice apertamente a Bruxelles e a Berlino (a Roma non se ne parla perché, tranne Gentiloni, nessuno a Palazzo Chigi capisce questo genere di problemi) le difficoltà dell’Unione sono oro per gli Usa, fortemente avvantaggiati dalla crisi europea.

Ora, con pragmatismo, frau Merkel e Hollande sono andati a Mosca per cercare un’intesa. E, subito dopo, frau Merkel è volata a Washington per convincere Obama a non rifornire di armi l’Ucraina come dichiarato dall’improbabile segretario di Stato Kerry.

Insomma, è in corso (visto che la Nato dispone di armi atomiche) una Cuba al contrario.

Anche l’Italia dovrebbe far sentire le proprie ragioni, visto sta pagando la sua parte salata.

E ci vorrebbe un governo capace di capire che gli «strickers» (cacciabombardieri) italiani «Eurofighter», orgoglio dell’industria aeronautica nazionale (con Germania e Regno Unito), basati al confine Nord con la Russia, in volo sui confini di quello sterminato territorio, sono una inaccettabile provocazione per zar Putin, una provocazione gratuita dalla quale possiamo solo essere danneggiati. Va precisato che questi «strickers» sono nella filiera di comando Nato e che, come accaduto varie volte, l’ultima il Kosovo, non rispondono alla catena di comando italiana.

Kiev, con buona pace degli ambienti militari, non è Danzica. È la capitale di una nazione che deve imparare a convivere con Russia ed Europa, approfittando della propria posizione geografica per creare la ricchezza industriale e commerciale cui ha diritto di aspirare, invece di coltivare un pessimo revanscismo di stampo neonazista.

«Game out», dovrebbe dire l’Europa, rifiutandosi di proseguire in questo cinico gioco al massacro di cui non è protagonista, ma succube.”
Domenico Cacopardo 


IL RISVEGLIO DEL FANTASMA DI UNA GUERRA FREDDA 
di vincenzo cacopardo

Da questa puntuale analisi.. con la quale concordo, sembra ormai del tutto chiaro che l'atteggiamento imposto dagli Stati Uniti per voce di Obama appare come una vera provocazione verso la nazione russa ed il presidente Putin

In proposito..bisogna anche sottolineare che la Crimea si è voluta dividere da se dall'Ucraina.. attraverso un referendum che ha visto una netta prevalenza per il distacco... e che vi siano stati inni di gioia seppure qualche disapprovazione, ma il passaggio della Crimea alla Russia rimane comunque un dato di fatto. Mosca ha sempre dichiarato legittima la dichiarazione di indipendenza della Repubblica autonoma di Crimea.

Ma..oggi..la storia degli avvenimenti che coinvolgono l'Ucraina paiono condotti da un sistema mediatico occidentale non del tutto obiettivo. Ci tocca assistere alle conseguenze del vecchio modo di interpretare la questione basandosi sulla costruzione di un nemico. In questo caso il nemico rimane Putin che viene continuamente messo in cattiva luce.

Al contrario... Vladimir Putin pare aver dato prova di grande apertura, sia riguardo ai diritti umani sia intuendo l’aria delle nuove prospettive economiche da costruire attraverso le indispensabili relazioni internazionali. L'Europa non potrebbe mai sottovalutare il peso di Putin e la sua economia... come giustamente afferma Domenico: Kiev, con buona pace degli ambienti militari, deve imparare a convivere con Russia ed Europa, approfittando della propria posizione geografica.

Se l'Europa in questo suo processo di politica internazionale si piegherà come un tappetino allo strapotere degli Stati Uniti, senza valutare una propria politica estera in base ad un equilibrio e l'interpretazione di una indispensabile logica etico culturale, al di là delle tragiche conseguenze che la investiranno sui conflitti e su azioni terroristiche, finirà col perdere ogni altra occasione di crescere anche in campo economico.



la posta di Paolo Speciale

Il Presidente tecnico-politico

L'agevole ascesa al Colle più alto di Sergio Mattarella certifica l'immutata valenza di quelle forze centriste, popolari e cattoliche che in pochi anni hanno annesso una sinistra che tuttavia ha fatto in tempo a rimanere protagonista grazie all'azione ad ampio spettro compiuta da Renzi sulle coscienze identitarie più diffuse non solo nel nostro territorio, ma anche trai banchi parlamentari.
Il sindaco d'Italia ha così compiuto –ai massimi livelli istituzionali, ed è questa la novità - quello che la pur vivida sagacia berlusconiana ha lasciato in uno stato di mediocre potenzialità nonostante l'assenza di lotte intestine e nonostante i quasi venti anni di pressoché ininterrotta gestione del potere, spesso legittimata da consensi praticamente plebiscitari soprattutto nel mezzogiorno.
Si è parecchio dissertato in senso negativo nelle ultime settimane – anche attraverso espressioni di basso profilo riguardanti fin troppo scontati timori di presunte restaurazioni - sulla perennità della Democrazia Cristiana, di cui i Mattarella furono autorevoli esponenti in più generazioni. Ma è un luogo comune, perché attesta per l'ennesima volta la inspiegabile necessità, purtroppo ampiamente diffusa presso la pubblica opinione,di dover negare a tutti i costi il prezioso valore aggiunto, nella storia della politica italiana, costituito dall'apporto dottrinale ed ideologico proprio del centro-sinistra cattolico moroteo, ideologo-teorizzatore del compromesso storico. Esso ha rappresentato infatti la prima vera espressione di carattere progressista del dopoguerra, perché per la prima volta ha determinato il superamento di vecchie – e spesso manichee – filosofie costrittive che mortificavano la libertà di coscienza di ciascuno (un esempio per tutti: comunista o cattolico).
Il riconoscimento della legittima coesistenza in un individuo di valori per troppo tempo impropriamente ritenuti antitetici è puro progresso ideologico-democratico di cui andare fieri, perché garantisce anche il necessario rispetto e la irrinunciabile tutela di ogni minoranza dissidente ovvero,altrettanto liberamente, concorde con ogni maggioranza in scelte di alta responsabilità come quella del Capo dello Stato.
Ecco allora come il superamento di  dualismi vari può e deve riguardare anche il nostro nuovo Presidente della Repubblica, dove l'anima tecnica e quella politica coesistono superando – anche in tale contesto e forse ancora più opportunamente – una anacronistica e logora contrapposizione, ma anche spianando la strada ad un processo di revisione costituzionale responsabile ed oculato che ormai tutti richiedono.
Paolo Speciale


11 feb 2015

due parole sul vincolo di mandato..

Libertà di espressione o ubbidienza ai gruppi? 
di vincenzo cacopardo

L'articolo 67 della Costituzione venne appositamente scritto per fornire ai membri deputati eletti nel Parlamento una propria libertà di espressione....fu concepito per garantire la più assoluta libertà ai membri eletti alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica. In altre parole, I costituenti, per garantire maggiore democrazia ritennero opportuno che ogni singolo parlamentare non fosse vincolato da alcun mandato né verso il Partito cui apparteneva quando si era candidato, né verso il programma elettorale, né verso gli elettori che, votandolo, gli avevano permesso di essere eletto a una delle due Camere. Il vincolo, semmai, avrebbe legato l'eletto agli elettori per una natura di responsabilità politica.
Il principio si fonda sul fatto che i rappresentanti eletti non possono essere i rappresentanti di un distretto particolare, ma della nazione intera e, quindi, non potrebbe essere conferito loro alcun mandato.

Sull'argomento diversi studiosi della dottrina si sono espressi in modo diverso e oggi risulta palese che la costituzione di gruppi in seno alle Camere ha generato un'ulteriore anomalia secondo la quale.. ogni partito ha la pretesa di imporre il rispetto della relativa disciplina.. traducendosi, di fatto, in una violazione del principio di libertà di mandato: La disciplina dei gruppi parlamentari rimane un freno ad ogni libertà di espressione ed ogni comportamento insubordinato dell'eletto finisce col divenire oggetto di sanzioni disciplinari che, come tutti sappiamo, in alcuni casi portano all'espulsione dal partito o alla non ricandidatura alle successive elezioni.

Partendo da questo articolo.. indubitabilmente fissato dalla Carta suprema, dovremmo toglierci ogni incertezza sul comportamento del trasferimento dei parlamentari da un partito all'altro. In un sistema proporzionale che non costringe in due determinate posizioni come invece quello bipolare, un parlamentare difficilmente può restare imprigionato da un obbligo di pensiero. Se l'articolo sul vincolo di mandato ha una più evidente logica in un sistema parlamentare bipolare che ne definisce una più aggregata maggioranza di unione dove i parlamentari tendono a seguire le linee dettate dal leader del Partito dominante ...ne ha meno in un sistema proporzionale dove si formano gruppi e coalizioni nella stessa Aula parlamentare e dove lo spazio alle proprie idee potrebbe difficilmente essere ristretto.Un sistema di elezione proporzionale definisce automaticamente un andamento parlamentare più fluido e meno rigido prevedendo fluttuazioni naturali in base al dibattito interno sulle singole questioni.

Il parlamentare ha un diritto sul proprio pensiero politico che supera ogni altro dubbio su altri interessi. Se sul piano dell'etica politica vi possono essere seri dubbi su queste strane migrazioni, non possiamo che attenerci a ciò che i costituenti hanno scritto in favore di un primario libero pensiero che prevale su tutto il resto.

Qualcuno, come me, pensa che la causa di queste dislocazioni non sia imputabile all'art 67, ma piuttosto alle pessime leggi elettorali sfornate fino ad oggi.. che non tengono conto..o meglio sottovalutano il valore di quest'articolo: Se il principio del vincolo di mandato è rappresentativo di una propria libertà di pensiero, è logico che questi rimanga libero, conducendo un lavoro normativo di un programma che dovrebbe restare aperto e separato da ogni condizionamento governativo. In poche parole: è proprio l'articolo 67(senza vincolo di mandato) riguardo alla libertà di pensiero dei Parlamentari.. che dovrebbe far riflettere sulle decisioni riguardanti la regolamentazione di un programma incidendo sul percorso (separato) di ogni governabilità. Come..al contrario.. una governabilità non potrebbe mai obbligare un percorso normativo parlamentare costringendo l'importanza dello stesso art 67.
Non sembra quindi necessario cambiare l'articolo 67 della costituzione sul vincolo di mandato, quanto appare di maggior opportunità rielaborare e disciplinare l'art 49 sui Partiti per poi formulare una legge elettorale più utile per il nostro Paese.



10 feb 2015

Quella visione politica ancora bloccata sulle contrapposizioni ideologiche





di vincenzo cacopardo

La costante pretesa di voler seguire il percorso di un paradigma politico istituzionale secondo la forma mentis del passato.. non aiuta a crescere e frena ogni possibile innovazione su un sistema che ormai appare logoro. Nessuna politica fino ad oggi si è mai protesa verso un progetto di ricerca diverso..più innovativo.. che partendo dal basso.. difenda le regole di una democrazia e nel contempo imprima forza e sostegno ad ogni governabilità. Inoltre… insistere col costruire un nostro sistema sulla base di modelli esterofili non può significare essere nel giusto… perché non è detto che altri sistemi, pur nella loro efficienza, esprimano un vero principio democratico..come non è detto che possano essere compatibili con una cultura storico politica e territoriale come la nostra. La risposta di ogni politico basata sulla visione esterofila è limitativa oltre che di poco aiuto... ecco perchè risulta essenziale proiettarsi in direzione di un pensiero mentale diverso e di innovazione.

Se qualcosa di forte questo nostro Paese ha sempre saputo esprimere..queste sono le idee... Idee proposte con genialità...ed il fatto che ancora nel campo di un riassetto politico..esse non di scorgono...è proprio perchè si resta frenati da una visione che sembra costantemente sopravvalutare tutto ciò che è straniero: Se è giusto avere una conoscenza del mondo che ci sta intorno..non è certo sano..nè conveniente.. copiarne ogni principio.

Non è quindi detto che un sistema bipolare costruito sulle antiche ideologie possa oggi risultare utile al nostro Paese..anzi..se a questo aggiungiamo le profonde anomalie ancora esistenti nel nostro sistema..si manifesta una reale impossibilità di poter costruire un simile modello al fine di perseguire un correto principio di democrazia. Insomma...quella che veramente potrebbe risultare più utile è una ricerca di un percorso sistemico alternativo ed innovativo,.. più funzionele e congenito con la cultura e la storia del Paese che potrebbe rendere onore e competitività alla nostra Nazione...Capisco bene che di tratterebbe di qualcosa di rivoluzionario sull'assetto istituzionale esistente, ma non sono forse queste trasformazioni che danno apertura ad una solida innovazione rendendo forza ad un vero cambiamento?

Oggi restiamo ancora abbarbicati alle contrapposizioni ideologiche(destra-sinistra) e guai a uscirne fuori.. senza invece cercare di anteporre..merito a metodo.. idee a compimento..o..ancora.. programmi a funzionamento. Si resta ancora bloccati in posizioni che continuano a creare alterazione gigantesche pur di salvare maldestramente un primario principio di governabilità..Questo perchè ancora non si vuole accettare il fatto che una governabilità rimane un traguardo da ricercare con attenzione attraverso un principio di metodo più sicuro che parta dalle fondamenta.

Sappiamo bene che la politica per muoversi deve far uso delle istituzioni, ma queste dovrebbero essere rinnovate seguendo un cambiamento imposto da una società che deve innovarsi di continuo. La evidente dicotomia che scaturisce in un sistema come il nostro, che per Costituzione rimane di principio Parlamentare, fa si che possano automaticamente sorgere contrasti i quali, non favoriscono lo sviluppo naturale di una vera politica costruttiva. Quella simbiosi politica evidenziata nel Diritto Costituzionale, affinché ambedue i poteri potessero camminare in sinergia, per far sì che si costruissero assieme leggi, programmi e relative mansioni amministrative, si è persa poiché rimasta vittima della mancanza di alcuni valori fondamentali ormai spariti del tutto.

La visione odierna è certamente legata ad una condizione che lega in modo assiomatico il compito del politico nel suo genere: Una concezione che parte dal principio che chi governa, oltre a decidere, deve essere in grado di definire le normative. Un concetto legato ad una politica determinata nel passato, in cui si aveva una visione alta dei suoi valori, suggerendo costituzionalmente un armonico raccordo tra i due poteri, al fine di una costruzione più utile e corretta. Ma è proprio questa la base di partenza sulla quale si potrebbe porre qualche riserva, poiché non è detto che, oggi, questa procedura possa essere quella giusta per determinare la funzionalità e la concretezza delle proposte. Anzi, partendo dall’alto, ogni proposta, finisce spesso con l’essere bloccata o distorta in via parlamentare. Al contrario, poi, attraverso la molteplicità dei decreti o le richieste di fiducia, si svilisce notevolmente il lavoro dei parlamentari.

L’idea di poter dividere in modo più deciso le funzioni del potere legislativo da quello esecutivo, affidando ruoli separati per tutto l’arco della legislatura, non è sicuramente gradito alle forze politiche odierne: Il fatto di non poter dare contestualmente voce ed esecuzione alle loro azioni, li vedrebbe sottoposti in uno strano compito che non riuscirebbero a percepire positivamente. La maggioranza di loro si opporrebbe di certo ad una idea simile, ritenendo impossibile creare un ambito in cui chi governa e decide un programma, non viene contestualmente inserito in quella opera di costruzione delle leggi, essenziale per la determinazione progettuale di ciò che si vuole realizzare.

Rimane comunque, il fatto che proprio ”un programma”, in via preventiva, non può non essere  vagliato, discusso, partecipato ed infine votato dagli stessi cittadini.

La politica non può solo avere un sintetico senso del governare, in quanto essa racchiude in se i contenuti di teoria e pratica, di arte e scienza, di idea e funzionamento. La politica rimane arte nel principio consistente la ricerca delle idee, nel confronto con i cittadini, nella mediazione, diventa scienza nell’esercizio della sua funzione amministrativa legata allo sviluppo costruttivo della società. In base a questo concetto, si pone anche quello che potrebbe oggi apparire come un paradosso e cioè: Chiunque, motivato da una capacità creativa, geniale ed intuitiva, potrebbe essere in grado di saper creare iniziative politiche idonee e funzionali alle esigenze,  anche se solo in termini teorici. Le capacità di chi esercita questo ruolo appaiono  essere prevalentemente di inventiva il che comporta sicuramente quell’intuito e quella sensibilità per certi versi vicina alla capacità creativa di un artista in senso lato. Sebbene costoro, devono sempre avere una buona conoscenza dell’aspetto sociale ed istituzionale del paese in cui si vive. Ben diversa rimane l’attività di chi deve predisporsi per una amministrazione in termini di conoscenza e quindi anche di esperienza per la soluzione di un processo costruttivo e di un buon funzionamento: Chi amministra deve avere un ruolo determinato e diretto verso la conoscenza scientifica di ciò che si deve con efficienza realizzare.

Ecco, perciò, la determinazione dei due ruoli che differentemente potremmo definire “induttivi” e  “deduttivi”. Ruoli che, per scopo ed esigenza, definiscono due strade diverse che dovrebbero raggiungere un unico percorso costruttivo in relazione alla definizione di una “politica” che si vorrebbe funzionale.

Una delle parole chiave, quindi, sembrerebbe essere la “funzionalità”, come sinonimo di efficienza ed innovazione, ma intesa anche come teoria secondo la quale, nelle varie culture, la funzione dei singoli elementi culturali, ha un’importanza predominante sulla evoluzione stessa. Uno studio organizzativo che dovrebbe basarsi su un principio di specializzazione e di suddivisione del lavoro.

Le odierne esperienze dovrebbero ormai aver reso chiaro l’impossibilità di ricercare una governabilità stabile in un sistema democratico...se non attraverso una azione costruttiva di base, poiché solo così, una vera governabilità non potrà mai essere inventata o, ancor peggio, imposta.  Se la politica deve avere la funzione di “regolare i rapporti tra i cittadini e governare lo Stato”, proprio per questo, il principio specificato in quel verbo “regolare” che ne dovrebbe indicare la strada, non potrà che risultare propedeutico ed utile ad ogni azione del “governare.



9 feb 2015

un pensiero sull'analisi di Rosario Neil Vizzini in merito alla questione ucraina

di rosario neil Vizzini

L’Ucraina desidera l’Europa più di quanto l’Europa desideri l’Ucraina. Dietro le aperture e il sostegno di facciata alla nazione ex sovietica le grandi nazioni europee come Francia e Germania la temono. Entrando nell’Unione, infatti, ne sarebbe il principale paese per estensione territoriale, con una potenzialità economica (è il maggior produttore di grano al mondo, a cui si aggiungono le risorse naturali in situ e in transito dalla Russia) capace di spostare verso Est il centro degli equilibri europei.
Ma Francia e Germania sbagliano. Perché l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione è il più grosso affare che l’Europa possa mai concludere nella sua storia millenaria. Neanche Alessandro Magno si spinse a tanto. Nemmeno l’Impero Romano. Né fu permesso a Hitler. Con il plusvalore che la voglia di Europa dell’Ucraina non è indotta da invasioni militari o ricatti economici, ma legata solo e indissolubilmente alla volontà del popolo ucraino, espressa fin dall’inizio della rivolta contro il satrapo Yanukovich affiancando alla bandiera nazionale quella europea, e che guardacaso hanno gli stessi colori.
Una volontà popolare con cui tutti hanno dovuto fare i conti: l’Europa, messa quantomeno in imbarazzo da tanto dichiarato amore sanguigno e i suoi governi e cittadini antiunionisti messi in tragicomico; la Russia, che non ha potuto andare oltre l’annessione della Crimea. L’America e la Cina, che prima nel paese concludevano ottimi affari a prezzi stracciati. E tutti sono rimasti spiazzati dai veri fautori e finanziatori dell’alzata d’orgoglio degli ucraini, i banchieri ebrei.
Quegli stessi banchieri che fino a poco tempo prima si erano resi complici e sodali degli speculatori che aggredivano gli stati sovrani (Grecia, Cipro, la Spagna, il Portogallo, la stessa Italia, vi ricordate?) e che a cominciare proprio dall’Ucraina hanno iniziato a investire sulla sovranità, sulla voglia e la capacità di un popolo di rendersi indipendente, di liberarsi. Per questo l’Ucraina attrae ma fa paura, perché nonostante le difficoltà economiche date da questa transizione, è un paese libero. E che liberamente ha scelto l’Europa. Quando potrebbe benissimo starsene da solo.
L’Ucraina insomma, oltre al denaro sonante, porta in dono all’Europa una delle tradizioni culturali che l’ha costituiscono, quella Yiddish, quella degli ebrei europei. Le prime vittime del fanatismo nazista e comunista. Personalità del calibro di Menachem Mendel Shneerson, l’ultimo Lubavitcher Rebbe, medaglia d’oro del Congresso degli Stati Uniti d’America, dai suoi seguaci considerato il Messia. O di Menachem Mendel Hager, il Caritatevole, fondatore della dinastia chassidica Viznitz. Si chiamava ODESSA l’organizzazione segreta che aiutava i nazisti a fuggire scoperta da Simon Wiesenthal. Un patrimonio di valori di cui l’Europa ha fame ma che i governi sembrano ignorare. Se non osteggiare senza passare per antisemiti. Perché questo legame tra il potere finanziario e il popolo è a dir poco fastidioso per la politica. Addiruttura letale.
Se dunque l’Europa e l’Ucraina hanno solo da guadagnarci chi ha da perderci? L’America. Un’Europa forte con dentro l’Ucraina costituirebbe un grosso problema per gli Stati Uniti, così grosso che neanche la firma del TTIP così com’è risolverebbe.
Ma questo perché continua a campeggiare l’ormai vecchio e arrugginito sistema maschilista nordamericano. Se ci fosse una donna Presidente tutto si risolverebbe. Ella potrebbe ad esempio riaprire il dialogo con le tante leader donne dell’America Latina. Potrebbe parlare con Angela Merkel. E stringere un buon accordo con l’Europa. E fregarsene così di Putin. Che ci rimarrebbe malissimo. L’indifferenza è un’arma micidiale, specie in mano a una donna.

E invece ci tocca assistere ai tragicomici effetti del vecchio metodo basato sulla costruzione del nemico. Agli psicologi americani che danno dell’autistico a Putin sostenendo che ha la sindrome di Asperger per metterlo in cattiva luce. E poi si scopre che ne soffrono alcune tra le persone più sensibili e genialoidi del genere umano: Albert Einstein, Marilyn Monroe, Abraham Lincoln, per esempio, gli attori Dan Akroyd e Daryll Hannah. La cantante Susan Boyle.

Eppure è stato bravo Vladimir Putin. Ha dato prova di grande apertura e di prontezza, sia riguardo ai diritti umani sia nell’annussare subito l’aria nuova nelle prospettive economiche e nelle relazioni internazionali. Per primo tra i leader mondiali si è presentato in Vaticano per rendere omaggio a Papa Francesco appena eletto. Ha stretto ottime relazioni con l’America Latina.
Subito dopo ha perdonato le Pussy Riot, peraltro scomparse, dato che erano diventate famose non per la loro musica ma perché vittime del regime. E infine ha liberato lo storico nemico Michail Borisovič Chodorkovskij.

Per non parlare del nuovo e amabile corso politico, e religioso anche, di Hassan Rouhani in Iran. Insomma questi due hanno dimostrato di saperci fare. Forse per questo stanno antipatici ai più, specie agli arrugginiti occidentali. Sbaglia invece la comunità internazionale a privarsi di queste intelligenze quando potrebbe guadagnarci. Il cambiamento viene dall’Asia. E noi siamo una penisola dell’Asia, non dell’America. Per questo è assurda una delegazione di pace congiunta Europa-Stati Uniti. Perché hanno interessi in conflitto. Cosa è andato a fare più volte nell’Est Ucraina il capo della CIA John O. Brennan? Chi manovra i ribelli filorussi quando quella gente ha tutto da guagnarci a entrare in Europa e non interessa alla Russia? Che cosa abbiano fatto davvero di male Russia e Iran per meritare quelle sanzioni? E lo spionaggio e le torture della CIA che tuttora vanno impuniti invece?

Vanno tolte le sanzioni alla Russia per sbloccare lo stallo ucraino e fermare la guerriglia. Putin sa bene che non può riavere l’Ucraina. E’ tramontata l’epoca dei governi fantoccio. Anche perché non conveniva più. Dato che i fantocci si erano fatti troppo furbi. Yanukovich infatti rubava tanto agli ucraini quanto ai russi e accumulava ricchezze private in Europa. Questioni di debiti e crediti incrociati che si metterebbe subito a posto se non ci fossero le sanzioni.


La analisi di Vizzini sembra abbastanza esatta poiché è chiaro che, un paese come l' Ucraina identificato e determinato nella sua cultura storica..pare aver subito la supremazia dei paesi occidentali in modo assai particolare. Credo anch'io che vi sia una indissolubile volontà del popolo ucraino, espressa con palese evidenza anche contro una certa tirannia..Un principio che..sottovalutato, non potrebbe aiutare a vedere in un'ottica più lucida. ....E bisogna anche tenere in considerazione alcuni avvenimenti avvenuti in concomitanza e subito dopo l'indipendenza della Crimea che non possono essere sottovalutati. 

Non abbiamo verità certe sui fatti svoltisi nel recente passato in Ucraina..ma una lunga serie di dubbi. Una faccenda apparsa subito ambigua che ha portato conseguenze nello stesso paese ucraino. Sono ormai in tanti ormai a pensare che tutti i guai dell’Ucraina sono nati per mantenere in vita la Nato e tutto il loro apparato militare... a premere sui confini per generare l’ingresso in Europa dei paesi dell’Est come un atto in contrasto alla Russia. Sembra che nella stessa Crimea vi siano stati inni di gioia e qualche disapprovazione, ma il passaggio della Crimea alla Russia rimane comunque un dato di fatto.Mosca ha sempre dichiarato legittima la dichiarazione di indipendenza della Repubblica autonoma di Crimea ed ha evocato in proposito lo statuto dell'ONU.

Se analizziamo gli eventi accaduti a Kiev il giorno della fuga di Janukovich ( piazze in allarme occupate dai manifestanti europeisti per un appoggio occidentale, la prodiga reazione dell'Europa della Merkel ed in particolar modo.. il sostegno americano), ci accorgiamo come di contro, da parte di Mosca... vi sia stata una evidente scelta democratica degli abitanti attraverso il ricorso ad un referendum che non può lasciare alcuno spazio a pensieri diversi o subdole pretese. Naturalmente il coro dei media occidentali ha imputato alla Russia un atto di aggressione militare invocando sanzioni dichiarando che era insostenibile appoggiare un presidente ucraino che rifiutava di portare il paese in Europa, il tutto in un sostegno più che apprezzabile da parte degli Stati Uniti che a loro volta dichiarano di aver investito miliardi di dollari negli ultimi vent’anni per dare all’Ucraina un futuro memorabile...

Ma cosa è accaduto davvero?...Sembrano volersi volutamente nascondersi alcuni fatti essenziali avvenuti a febbraio quando le forze di destra del partito paranazista Svoboda, hanno militarizzato le difese di Maidan e molti manifestanti si sono armati di armi nuovissime, fucili e pistole. Naturalmente qualcuno vorrebbe anche sapere la verità sulla provenienza di quelle armi dato il fatto che non sia per niente assicurato che siano di provenienza russa. Vi sono stati massacri di manifestanti sempre attribuiti ai russi per indurre ad una indignazione e far sì che i media spingessero a favore dell'Europa e dell'America.

Appare certo che la decisione del destino del paese sia stata concentrata su una serie di avvenimenti poco chiari... non voluti dallo stesso popolo ucraino, avvenimenti che lasciano senza alcuna chiarezza e che portano al sospetto di una ulteriore influenza dell'America nei territori dell'est: - Si parla di una fuga di Janukovich prima della sua destituzione per paura di fare una brutta fine. Chi ha vinto e chi ha perso?
L'america che ancora una volta ha voluto imporre la sua supremazia al di là di ogni altro interesse?...o la Russia.. che in qualche modo ha voluto dichiarare il suo sdegno di fronte alle posizioni territoriali che meno competono agli Stati Uniti e persino alla giovane Europa?

Gli ultimi avvenimenti ci avvisano che.. mentre Hollande spinge per un dialogo illustrando un piano di pace e la Merkel si muove per una cauta risoluzione.. la Nato pare spingere verso un intervento armato. L'Occidente non esclude quindi un'opzione militare in Ucraina..valutando bene prima la fornitura di equipaggiamento e armi all'esercito di Kiev, per fronteggiare i separatisti filorussi. In tutto ciò...Kiev, pare pronta a dichiarare la completa cessazione del fuoco per fermare il crescente numero di vittime tra i civili ed il presidente ucraino ha precisato che..nel merito.. il suo governo abbia avuto il sostegno da parte della Merkel e di Hollande.

Vedremo presto gli sviluppi di questa storia esposta dai media in modo poco convincente ed a volte di parte. Sembra comunque chiaro che le sanzioni verso la Russia operate da un paese come il nostro... con una crisi economica fuori dal normale... appaiono sprovvedute ( e pesanti per le casse dello Stato), malgrado il nostro governo, con la costante ipocrisia che lo accompagna..si sia accodato in tutto e per tutto ad una politica estera dei paesi economicamente più forti. Una politica che potrebbe spingerci in conflitti ed atti di terrorismo ancora più pericolosi.
vincenzo cacopardo




7 feb 2015

Brillante analisi di Domenico Cacopardo..

Brillante analisi di Domenico Cacopardo sulla quale non si può che concordare...
Prendendo spunto dal caso greco, Domenico argomenta le perplessità di un sistema che sembra non offrire alternative per una crescita reale dei Paesi aderenti. Appare oggi imperativa, determina e fin troppo determinante... la visione di una economia internazionale europea che costringe le regole degli Stati aderenti: Il continuo controllo sul debito e le direttive sulla stabilità dei Paesi della comunità condizionano a prescindere ogni percorso economico ricercato dai singoli e diversi paesi. Difficilmente, oggi, anche un Paese come il nostro, potrebbe dare sfogo ad una economia più brillante in termini di investimenti e di conseguente economia reale!... 
v.cacopardo


that is the question...
Con drammatica immediatezza Alexis Tsipras, primo ministro greco, e Yanis Varoufakis, suo ministro dell’economia, sbattono il muso contro il muro di Mario Draghi, presidente della Bce, e di Wolfgang Schäuble, ministro delle finanze tedesco.
I rispettivi ragionamenti sono elementari: le misure adottate dal governo di Atene aggravano le condizioni della finanza pubblica e la Banca europea non può più negoziare i titoli di debito delle banche elleniche, sostiene Draghi; siete debitori e noi rifiutiamo di vedervi spendere spensieratamente altri euro, sostiene Schäuble.
Messo in questi termini, tutto viene ridotto all’osso e sottoposto alla logica inoppugnabile di un sistema neoliberista, fondato su una specie di «Gold standard» europeo, cioè l’euro.
Le lezioni della storia nulla hanno insegnato ai governanti dell’Unione europea, diretti da frau Merkel. Nulla il ’29 e il successivo arrivo del nazismo. Nulla le crisi da inflazione degli anni ’70. Rimane il dogma intoccabile di una linea politica e politico-economica che teorizza e applica un impoverimento indefinito di alcuni paesi indebitati, in vista di un lontanissimo riassetto (all’«eurostandard»), contando sul fatto che le popolazioni europee continueranno a votare per questa politica e per la miseria che serpeggia nei loro paesi.
Nessuno ritiene che la vittoria di Siriza in Grecia abbia un reale significato generale. Nessuno pensa alla crescita di Podemos in Spagna (un partito di sinistra) o del Fronte Nazionale in Francia, con l’appendice non irrilevante della Lega in Italia. Nessuno si rende conto che il muro eretto a Francoforte e a Bruxelles può innescare il temuto «Grexit» e la ridiscussione dell’idea d’Europa. Nemmeno l’Europa carolingia, l’asse preferenziale cioè stabilitosi tra la Francia di Mitterand e la Germania di Shmidt e Khol, continuato sino all’arrivo di Sarkozy e delle sue sventatezze, può resistere al vento che spira da Sud-Est, alla luce della crisi profonda che attraversa la Francia, stretta nella irresolubile contraddizione delle esigenze deflazionistiche propugnate a Bruxelles e a Berlino e le necessità di contenere l’impoverimento del Paese che il poco autorevole Hollande non riesce a intepretare e guidare.
In qualche modo, alla svolta politica greca si può applicare la metafora romana dell’attraversamento del Rubicone da parte di Cesare contro il divieto del Senato.
Se la Grecia ha attraversato il Rubicone e non teme le reprimende e gli inviti a tornare nei ranghi, tutto l’assetto dell’«impero» (l’Unione europea) ne risentirà rapidamente.
Anche perché, uno Tsipras può nascere dovunque e contestare il continuo impoverimento in vista di un dopodomani migliore.
La questione è preliminare: «… that is the question …» dice Amleto nel celebre soliloquio, possiamo ripetere noi oggi. Se devi 10.000 euro alla banca e non li hai, hai un problema. Se devi 1o.ooo.ooo e non li hai, il problema è della banca. 

Poiché l’Italia e la Grecia emettono titoli come li emettono tutti gli altri, quando il meccanismo di crescita del Pil si inceppa, le due nazioni non possono procedere con la ricetta precedente l’introduzione dell’euro: stampare moneta&svalutare. L’unica soluzione, immaginata a Bruxelles e a Berlino, è instaurare una politica di austerità: e ciò è accaduto, secondo l’autorevole americano Foreign Affairs, mediante un «constitutional coup d’état», quello che ha portato al potere in Grecia Samaras con la «Troika» (tre funzionari di Bce, Fmi e Unione) e in Italia Monti.

I sacrifici imposti agli italiani sono stati meno duri di quelli che si sono visti ad Atene: la Grecia ha dovuto tagliare stipendi, pensioni e assistenza sanitaria. Ha visto impennarsi gli indici di mortalità, di povertà, di disoccupazione. Tutto in negativo, salvo due stagioni turistiche da record, fertilizzate dal crollo dei prezzi e dalla necessità di incassare gli euro freschi di cui sono stati portatori prevalenti tedeschi, italiani e francesi.
Era immaginabile cosa sarebbe accaduto alla successive elezioni, quando la dura ricetta avrebbe già dispiegato tutti i suoi effetti: nessun povero (la maggioranza) avrebbe votato per confermare la propria povertà. Nessuno si sarebbe sacrificato sino alla fame per non mettere in discussione i soldi dovuti al sistema bancario internazionale, il medesimo che ha causato il disastro del 2008, da cui è risorto con robuste iniezioni di denaro pubblico, di proprietà dei medesimi cittadini impoveriti.
Se c’è qualcuno, a Bruxelles e a Berlino, che intende salvare il progetto europeo e l’euro che ne è il nucleo, questo deve misurarsi con la realtà, e cioè con Siriza e Tsipras per trovare una via d’uscita su ristrutturazione del debito e fine dell’austerità. Sul punto, confermando la propria inconsistente sensibilità internazionale, il «premier» Renzi ha dichiarato il proprio appoggio a Draghi che non ne ha bisogno e non può deflettere dal rigore (nemico anche dell’Italia), tanto da «spingere» Tsipras verso l’apertura di una «querelle» a Bruxelles.
Allo stringere, questo è il problema: gestire la situazione correggendo lo stolido dogma neoliberista con pragmatico realismo. Aprire un varco alla ristrutturazione del debito greco e all’avvio di una reale politica di rilancio.
Altrimenti ci sarà la deflagrazione.
Insomma, se frau Merkel non avrà coraggio e si chiuderà nel proprio legittimo fortino rifiutando di dare vero ossigeno ai greci, i tempi diventeranno più duri e finirà che ognuno andrà per la sua strada, in mezzo a pericoli crescenti, compreso quel confronto militare che nel lontano orizzonte appare e scompare.
Frau Merkel e il suo popolo accetteranno il sacrificio di fare i conti con la realtà di un (o più) «partner» cicala mentitrice e, per evitare guai maggiori, adeguarvisi?
«… that is the question …»
Domenico Cacopardo