16 giu 2015

interessante articolo di Domenico Cacopardo sulla Gazzetta di Parma

L’abbiamo sostenuto, credendo che l’impeto riformatore che lo animava bastasse a rimettere in moto il Paese e a risolverne i problemi.
Ci siamo sbagliati. «Hic et nunc», l’Italia deve registrare il fallimento e l’insufficienza del governo e del «premier» rispetto all’emergenza: Europa, immigrazione, Roma.
Dopo il precipizio berlusconiano, anche Renzi deve registrare la propria insignificanza comunitaria per assenza di peso e di idee. L’invio a Bruxelles dell’insistente Mogherini, un irrilevante semestre italiano di presidenza, la statuizione di una diarchia Germania-Francia, quando l’Europa era stata per decenni diretta da vertici triangolari con la nostra partecipazione e, infine, il tragico e inaspettato epilogo del «dossier» immigrazione definiscono il fallimento della politica italiana.
Le frontiere chiuse a Ventimiglia e al Brennero ci dicono che le furbizie (non identificare gli immigrati, in modo che non potessero esserci restituiti, una volta dispersisi per l’Europa, né sottoporli a un vero «screening» sanitario che farebbe emergere la presenza di malattie endemiche da tempo debellate) non hanno pagato e che il mix di inefficienza burocratica (sino a 2 anni per definire una pratica di asilo politico), di famelici sfruttatori del business e di insipienza politica ci ha condotti alla situazione attuale. Non possiamo né sappiamo chiudere le frontiere e dobbiamo quindi assistere il continuo arrivo di povera gente affamata, di cui solo una minima percentuale può essere classificata «rifugiato politico».
Il governo ha anche dimenticato che a Milano c’è un’Expo, che sarebbe dovuta diventare il punto di ritrovo di mezzo mondo e che è già sotto budget, e ha permesso che la stazione Centrale si trasformasse in un grande accampamento di disperati, fermi lì per il blocco alla frontiera austriaca. Come a Roma, alla stazione Tiburtina, quella delle lunghe percorrenze, s’è radunata un’altra massa di immigrati illegali.
Il tutto comporta un enorme problema igienico, dato che questa gente soddisfa alle proprie necessità corporali là dove si trova.
E non è vero che la responsabilità del disastro africano è la nostra, di noi europei. Brutalmente, va ricordato che sinché hanno governato gli europei, l’Africa è stata un continente abbastanza ordinato.
Tutte le parole detteci sull’Unione e sull’Onu sembrano svanire per un leggero colpo di vento. Del resto solo degli incapaci e degli impreparati potevano immaginare che i nostri «partner» avrebbero accettato di dividere con noi la marea che ci sta travolgendo.
E pensare ad azioni militari(incautamente annunciate), con conseguenti spargimenti di sangue, insostenibili per chiunque.
Infine, Roma. Non c’è il coraggio di commissariare il comune sommerso dalla corruzione e dall’inefficienza. Non c’è il coraggio di nominare un vero commissario al Giubileo (improvvidamente deciso in solitudine da papa Francesco), e si designa un coordinatore, in modo che al comando delle operazioni siano in due: uno all’acceleratore e l’altro al freno. Follie.
Continueremo, però, ad assistere a questo indecoroso spettacolo e a scivolare nel peggio. Nessun parlamentare vuole andarsene a casa e, quindi, alla fine, nel modo più sgangherato, Renzi continuerà a sedere a Palazzo Chigi.
Domenico Cacopardo


15 giu 2015

Prosegue l'astensionismo..nella persistente giustificazione dei Partiti


di vincenzo cacopardo
Al di là dei risultati.. è di nuovo l'astensionismo a dominare nei quasi 80 comuni dove si doveva eleggere il primo cittadino. Quando pensiamo che solo un terzo dei cittadini è andato a votare, potremmo facilmente immaginarci quale logica potrà avere un futuro possibile ballottaggio riguardante le politiche. Se solo un terzo andrà al ballottaggio significherà che il partito che “vince”  (per dirla alla Renzi) andrà al governo con poco più di una decina di milioni di consensi su circa quaranta milioni di aventi diritto al voto: Questo risultato, come già previsto dal sottoscritto, è destinato a gettare ombre sul meccanismo di funzionamento dell’Italicum.

In queste elezioni comunali.. l'affluenza più alta si è registrata a Venezia (37,24%)....quella più basa ad Enna (22,80%).   Il turno elettorale ha riguardato oltre due milioni gli italiani: Va comunque sottolineato che era palpabile questo disinteresse per una politica che non riesce più a dare risposte ai cittadini, e che.. pur nell'ammanto di una veste di innovazione.. non convince assolutamente i cittadini.

Naturalmente in seno al PD le varie anime sembrano destinate a riaccendere la tensione: Tra il flop delle elezioni ..le inchieste del Mose e Roma capitale..le problematiche infinite sull'immigrazione, i temi del fisco e la crisi economica ..non c'è da star tranquilli. Renzi ha un bel da fare, ma.. come già ripetuto, non dovrebbe continuare sulla perentoria strada del determinismo eccessivo.. dovendo invece spingersi a mollare la poltrona della segreteria del Partito: Questa sua successiva fase di governo è iniziata con affanno, ma era prevedibile... e dopo il faticoso 5 a 2 delle Regionali, queste amministrative confermano, attraverso l’aumentato astensionismo, una nuova ondata di disinteresse verso la politica. 

Persino la vicesegretaria di Partito Debora Serracchiani (anch'essa in conflitto politico per essere nel contempo presidente della regione Friuli) afferma che è neccessario dare sfogo ad una seria riflessione. «È un calo importante e serve una riflessione” afferma la Serracchiani “La politica non può essere un pezzo del problema». La vicesegretaria del Pd pensa..in proposito.. che abbia pesato eccessivamente il sentimento nazionale sull'immigrazione. Ma quello che sicuramente fa pensare è la persistente giustificazione da parte di un modo di far politica che non può più avere scusante.

Intanto dovrebbero sostenersi con più interesse..da parte di tutti i Partiti.. le iniziative di Fabrizio Barca (alcune delle quali già proposte da diversi anni dal sottoscritto in questo Blog). L'ex ministro montiano, riciclatosi in anima della sinistra dem, pare avere realizzato un proprio "dossier" sullo stato dellle varie segreterie provinciali del PD. Il quadro che ne esce è desolante: Per lui "Il federalismo nel Pd sembra feudalesimo”. Barca chiede anche un ritorno al finanziamento pubblico subordinato al rispetto delle regole di una democrazia interna ed eprime l'importanza di poter bilanciare i poteri attaccando lo stesso segretario Renzi sull'esigenza di separare i ruoli di premier e segretario del Pd. 

Questo primo passo potrebbe essere importante ma dovrebbe andare oltre e suggerire una migliore divisione dei ruoli nelle cariche politiche istituzionali fondamentali.





Marcello Foa descrive la politica di Putin

Il professore Marcello Foa, attraverso un'intervista del Corriere della Sera, ci rappresenta le ragioni per le quali Putin potrebbe non aver torto rispetto al caso Ucraina e lo scenario geostrategico creatosi in questi anni. Un premier politico descritto in buona fede ..che sembra aspettare il momento per chiudere in pace una difficile situazione creatasi con l'ingerenza di una politica filo americana che pare non volere riannettere, nel contesto di una politica internazionale, la federazione Russa come Paese fondamentale per un reale assetto e la pace in tutto il medioriente...

Perché Putin, in fondo, ha ragione  

di Marcello Foa

Nelle relazioni internazionali bisogna saper cogliere innanzitutto il quadro generale; solo avendo ben presente la visione strategica dei Paesi coinvolti è possibile analizzare il dettaglio ovvero i singoli episodi. Riguardo alla Russia le mie idee sono da tempo piuttosto chiare. Premessa: mi sono recato a Mosca regolarmente per 18 anni, dal 1990 al 2008, in qualità di inviato speciale. Ho seguito in prima persona le fasi cruciali di questo Paese, dal crollo dell’Unione sovietica alla crisi finanziaria della fine degli anni Novanta, dall’ascesa di Putin al periodo di Medvedev, inclusi i drammi di Beslan e del teatro Dubrovka.

In questi 18 anni non ho mai dovuto coprire una sola crisi internazionale provocata dal Cremlino. In questi 18 anni ho assistito al progressivo, sovente passivo ridimensionamento di Mosca nello scenario geostrategico a cui è corrisposto, a partire dal Duemila, lo sviluppo di una nuova Russia che, sfruttando il boom dei prezzi petroliferi e delle materie prime, desiderava solo una cosa: continuare ad arricchirsi.
Era una Russia che, in politica estera, chiedeva agli americani solo di essere rispettata nel cortile ci casa ovvero in quel che restava delle proprie zone di influenza, come l’Ucraina e alcune Repubbliche asiatiche. Mai imperiale, mai militaresca. Non cercava guai e continuo a pensarlo oggi.
Della bella intervista rilasciata al neodirettore del Corriere della Sera Luciano Fontana e a Paolo Valentino, vale la pena di rileggere soprattutto due passaggi:
Domanda del Corriere: Parlando di pace signor Presidente, i Paesi dell’ex Patto di Varsavia che oggi sono membri della Nato, come i baltici e la Polonia, si sentono minacciati dalla Russia. L’Alleanza ha deciso di creare una forza dissuasiva di pronto intervento per venire incontro a queste preoccupazioni. Ha ragione l’Occidente a temere di nuovo l’«orso russo»? E perché la Russia assume toni così conflittuali?
Risposta di Putin: «La Russia non parla in tono conflittuale con nessuno e in queste questioni, come diceva Otto von Bismarck, “non sono importanti i discorsi, ma il potenziale”. Cosa dicono i potenziali reali? Le spese militari degli Stati Uniti sono superiori alle spese militari di tutti i Paesi del mondo messi insieme. Quelle complessive della Nato sono 10 volte superiori a quelle della Federazione Russa. La Russia praticamente non ha più basi militari all’estero. La nostra politica non ha un carattere globale, offensivo o aggressivo. Pubblicate sul vostro giornale la mappa del mondo, indicando tutte le basi militari americane e vedrete la differenza. Le faccio degli esempi. A volte mi fanno osservare che i nostri aerei volano fin sopra l’Oceano Atlantico. Il pattugliamento con aerei strategici di zone lontane lo facevano solamente l’URSS e gli USA all’epoca della “guerra fredda”. Ma la nuova Russia, all’inizio degli anni Novanta, lo ha abolito, mentre i nostri amici americani hanno continuato a volare lungo i nostri confini. Per quale ragione? Così alcuni anni fa abbiamo ripristinato questi sorvoli: ci siamo comportati aggressivamente? Vicino alle coste della Norvegia ci sono i sommergibili americani in servizio permanente. Il tempo che ci mette un missile a raggiungere Mosca da questi sottomarini è di 17 minuti. E volete dire che ci comportiamo in modo aggressivo? Lei ha menzionato l’allargamento della Nato a Est. Ma noi non ci muoviamo da nessuna parte, è l’infrastruttura della Nato che si avvicina alle nostre frontiere. E’ la dimostrazione della nostra aggressività?».

Domanda del Corriere: Nega le minacce alla Nato?
Risposta di Putin: «Solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato. Sostenere quest’idea non ha senso, è del tutto infondata. Forse qualcuno può essere interessato ad alimentare queste paure. Io posso solo supporlo. Ad esempio gli americani non vogliono tanto il ravvicinamento tra la Russia e l’Europa. Non lo affermo, lo dico solo come ipotesi. Supponiamo che gli USA vogliano mantenere la propria leadership nella comunità atlantica. Hanno bisogno di una minaccia esterna, di un nemico per garantirla. E l’Iran chiaramente non è una minaccia in grado di intimidire abbastanza. Con chi mettere paura? Improvvisamente sopraggiunge la crisi ucraina. La Russia è costretta a reagire. Forse tutto è fatto apposta, non lo so. Ma non siamo noi a farlo. Voglio dirvi: non bisogna aver paura della Russia. Il mondo è talmente cambiato, che oggi le persone ragionevoli non possono immaginare un conflitto militare su scala così vasta. Noi abbiamo altre cose da fare, ve lo posso assicurare».
Queste sono parole di un leader che non cerca guai. E’ evidente che Putin non aspetti altro che di poter chiudere la crisi con l’America e di poter tornare ad essere considerato come un partner economico sulla scena globale. Non esiste una nuova Russia imperiale, resta una Russia che chiede solo di essere riammessa nella comunità internazionale e di poter partecipare, di nuovo, al G8. Trovare un accordo sull’Ucraina non è difficile, ma bisogna volerlo. E questo è il problema.
E’ significativo che sull’edizione di ieri del Corriere, persino un atlantista di ferro come l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di fatto abbia certificato la buona fede di Mosca, rilevando come Putin gli avesse formulato il suo pensiero già nel 2013, pensiero che lo stesso Napolitano trasmise a Obama. Inutilmente.
Chi ragiona con onestà intellettuale dovrebbe chiedersi piuttosto quali siano gli obiettivi geostrategici che gli Usa stanno surretiziamente e a mio giudizio pericolosamente perseguendo. E perché Obama abbia deciso di rispondere alla mano tesa Putin minacciando nuove sanzioni economiche e un’escalation missilistica nell’Europa dell’Est.
Non è così che si mette in sicurezza il mondo.




"Roma come Calcutta"... di Domenico Cacopardo



È condannato a governare, Matteo Renzi, nonostante i pasticci quotidiani, le insufficienze di sempre, il sostanziale avventurismo delle sue iniziative, si tratti di scuola o di riforma del Senato. Tutto sull’onda, senza un momento di riflessione, come se il mondo fosse iniziato il giorno in cui lui è entrato a Palazzo Chigi e che, da allora, le sue personali esigenze fossero quelle del Paese.

Basta andare in giro, per rendersi conto che l’Italia è allo sbando e che quel poco di positivo che si vede è frutto del caso che ha inserito nel «job act» idee e proposte del professor Ichino, che ha spinto la Bce al «quantitative easing», che ha mandato Mattarella al Quirinale dopo un incontro segreto Renzi, Amato, Braj andato pessimamente per l’exdottor sottile, gravato dagli anni e da un galleggiamento immeritato.

La cronaca di una giornata romana e le riflessioni che induce può descrivere lo stato in cui ci troviamo.

Cominciamo da Fiumicino: i tassisti non hanno la macchinetta per la carta di credito. Occorre aspettare mezz’ora perché ne appaia uno dotato dell’elementare strumento, necessario per agevolare i 150.000 nuovi arrivati di ogni giorno di questa stagione. A Roma non c’è «Uber» e nemmeno a Milano, per effetto della decisione di un giudice che ha ritenuto «concorrenza sleale» il nuovo servizio, dimenticando gli interessi dei cittadini consumatori e le opportunità che la concorrenza avrebbe indotto nel settore (più occupazione e miglioramento del servizio, attualmente operato da auto vecchie e scassate dalle quali è un’impresa salire e scendere), e trascurando la necessità di assicurare agli stranieri (c’è un’Expo in corso!) un servizio pari a quello assicurato altrove, soprattutto in Usa e in Cina.

A Fiumicino, oggi chiude il Terminal 3. Avevo immaginato che la società Aeroporti di Roma annunciasse che, dopo l’incendio, le maestranze italiane erano state capaci di ricostruire il Terminal, più bello che pria, in quindici giorni. È invece passato più di un mese e, a seguito del sequestro dell’autorità giudiziaria, non è iniziato alcun lavoro. Per carità, la magistratura applica la legge, ma qualcuno si è posto il problema del danno che produce all’Italia la riduzione della capacità di Fiumicino al 60%? Ciò significa che 60.000 persone al giorno saranno dirottate altrove e che imprecando contro l’Italia, difficilmente affronteranno di nuovo il Calvario ch’essa rappresenta. 

Roma è la capitale d’Italia. Mezza giornata in giro per il centro mostra: Piazza Navona in mano a accattoni di tutti i generi, venditori d’ogni cosa, pagliacci, musicanti (dalle facce patibolari) e presunti pittori, tutti arroganti e insultanti coloro che non offrono l’obolo dovuto. Dalle 18 alle 19,30 non un poliziotto, non un carabiniere, non un finanziere. Di vigili urbani manco a parlarne, non esistono. Poco più in là, via della Maddalena, con rissa in corso tra extracomunitari presumibilmente africani per questioni di occupazione del suolo per vendere mercanzia illegale. Anche qui le forze dell’ordine non esistono. Siamo nel cuore della Roma istituzionale. E in via Vittoria Colonna, sulla direttrice di via Tomacelli, un mondezzaio a cielo aperto: tra il bordo del marciapiede e la strada la spazzatura non viene asportata, all’evidenza, da giorni.

Se l’aspetto della capitale è questo, accanto ai gravi problemi del Campidoglio, si pone quello della inefficienza di coloro che lo governano, da Marino ai suoi esimi assessori.

Passiamo da Roma Tiburtina, ormai la stazione principale. Qui, oltre alla solita umanità di zingari organizzati che, in quattro o cinque, assaltano i soggetti adatti, di «home-less», di disperati, vivono alcune centinaia di neoimmigrati illegali, quelli che vengono fatti scappare dai Centri di accoglienza, ancora in mano a chi li gestisce da tempo. Un poliziotto con mascherina sussurra che c’è di tutto: dalla scabbia alla tubercolosi (si vede dagli sputi sanguinolenti in terra), a ogni altra malattia immaginabile. A domanda, precisa: «Ma crede possibile che questi, anche gli ultimi, siano sottoposti ad accertamenti sanitari che durano qualche ora per ognuno?»

Uno spettacolo incivile, tossico, indecoroso offerto a tutte le migliaia di italiani e stranieri che transitano dalla stazione.

E poi, ci chiediamo perché l’Europa ci abbia abbandonati, lasciati soli di fronte alla biblica migrazione, stretti tra i buoni sentimenti di papa Francesco, i pessimi dei finti enti di beneficenza e l’impossibilità di una misura ragionevole, una reazione logica? In definitiva, una politica?

Anche a Milano la stazione centrale (e non da ieri, da mesi distratto sindaco Pisapia) è un accampamento a cielo aperto di un’umanità dolente, portatrice di malattie e di disordine.

Ci vorrebbe un cambio di passo, a Roma, a Milano, nel governo e, in particolare, al Viminale dove siede Angelino Alfano, soprannominato «massima allerta». Non ci sarà. Matteo Renzi continuerà a governare, trovando ogni volta una maggioranza d’accatto, visto che nessuno in Parlamento vuole andare a casa, per effetto di uno scioglimento anticipato.

Continueremo a sprofondare, sapendo ogni giorno di più che il giovane naif alla guida del governo è del tutto insufficiente per affrontare la situazione, che ha sbagliato ovunque, e soprattutto in Europa dove non ha saputo battere i pugni sul tavolo quand’era necessario, e con l’America: invece di affrontare Obama e le sue sciocchezze là dov’era necessario, al G7, gli ha solo tirato un calcio negli stinchi il giorno dopo, ricevendo Putin in Italia.

In altri tempi, ci sono stati presidenti del consiglio che non hanno avuto paura degli Stati Uniti e hanno deciso solo nell’interesse dell’Italia e della sua sovranità. 

Dovremmo rassegnarci. Sarebbe naturale.

Non lo faremo, anche se sappiamo che l’intelligenza politica e la conoscenza dei problemi non si comprano al supermercato, non smetteremo di criticare questo Renzi e il suo modo di governare, nella speranza che un giorno un barlume accenda la sua mente e gli suggerisca di inarcare la schiena e di fare ciò che deve.
Domenico Cacopardo

14 giu 2015

Una critica al nuovo articolo del consigliere Cacopardo

Io..almeno non credo di appartenere a quella categoria degli "emarginati dal fiume della storia e della contemporaneità"..a cui fa riferimento Domenico che continua a dare credito alla politica del sindaco d'Italia.

Non è per partito preso sul fatto di non voler credere ad un rinnovamento, ma come già ripetuto mille volte in questo Forum, la questione rimane sul merito stesso di tali riforme: Al di là del metodo assai poco ortodosso sul quale si è proceduto fino ad adesso.. attraverso anomalie macroscopiche ed infiniti colpi di fiducia, quello che non si può accettare è proprio il fatto di relegare un sistema di democrazia ad un ruolo che non gli appartiene e portarlo avanti con la naturalezza di una ipocrisia fuor da ogni limite.

Le sensazioni a pelle, formulate da Domenico Cacopardo, relative ad "una comitiva di nemici dell’ammodernamento di uno Stato intorno al quale sono vissuti e hanno prosperato in posizioni parassitarie", non giustificano, a parer mio, nemmeno il metodo assai poco democratico condotto con quell'assolutismo.. tanto osannano dallo stesso Domenico.

Ma entrando nel merito e rispondendo ad una domanda che lo stesso Domenico si pone: Possiamo davvero avere l’onestà di riconoscere che si sia rimesso in moto il Paese con riforme coraggiose? Chi può sostenere a priori che un sistema bipolare... in chiara direzione bipartitica.. potrà portare la politica ad un rafforzamento dei principi di una democrazia? Chi può esser certo che togliendo di mezzo una Camera.. rendendola non elegibile, si potrà sostenere un sistema migliore? Chi può credere che il lavoro possa aumentare per via di una regola che offre solo risorse temporali alle aziende, ma nessuna certezza sullo sviluppo futuro? Chi può sostenere che la scuola possa sostenersi attraverso una riforma che mira ad un adeguamento simile un sistema aziendale, senza curare alcuni aspetti più profondi del sistema di apprendimento? Chi può mai pensare che il Mezzogiorno, assai poco considerato da questo governo, potrà ancora avere possibilità di sviluppo?

Renzi ha parlato tanto di rottamazione..e non ha rottamato per nulla, ha disquisito abbondantemente sui risparmi e non si è procurato di riformare sulle cospicue entrate degli onorevoli e le spese della politica, ha sottolineato l'importanza di un'azione etica della politica e non si è preoccupato, con opportunità, di non candidare alcune figure....

Sono alcune delle tante domande che dovremmo chiederci, ma se restiamo immobili nel considerare che.. chi è con Renzi è un riformatore.. e chi non condivide il merito di queste sue riforme.. è un gufo...allora siamo al continuo gioco delle parti che non troverà mai fine! Se poi..con la solita retorica..si vuole continuare a ripetere che questo è l'unico modo per risolvere la questione..allora meglio buttarsi su un regime di dittatura e non fingere più con la "teoria" della democrazia!

Le nuove proposte di Fabrizio Barca sulla natura del Partito e sulla divisione tra il ruolo di premier e quello di segretario di Partito (questioni che nel mio Forum ho già messo in evidenza e trattato diverse volte) potrebbero essere un inizio migliore per poter dare più solidità e credibilità a qualsiasi altra operazione di base riformista.

Per ciò che riguarda le riforme Grilline..tra cui.. quella relativa ad uno pseudo reddito di cittadinanza.. ho già detto e scritto in abbondanza!
Vincenzo cacopardo


E c’è una cosa inaccettabile, è il salire in cattedra per attaccare con argomenti frusti che risalgono all’età della pietra democratica Renzi e il suo tentativo di mettere in movimento il Paese.
Non che non abbia risparmiato critiche al nostro primo ministro e su tanti fronti, dalla scelta delle persone al caoticità delle iniziative ad alcune insanabili contraddizioni sui contenuti delle sue proposte e sul suo atteggiamento sulla questione morale. Ma che, dalla riunione semisansepolcrista di Coesione sociale, una specie di club per vecchie glorie ormai in panchina e per gente emarginata dal fiume della storia e della contemporaneità.
Formule e slogan vecchi e inattuabili, petizioni di principio senza principi rendono poco credibili per peccato di irrealismo i propugnatori di una poco plausibile «coesione».
La sensazione, a pelle, è che si tratti di una comitiva di nemici delle riforme e dell’ammodernamento di uno Stato intorno al quale sono vissuti e hanno prosperato, insediati in ricchi parcheggi genere «authority» o, comunque, in posizioni parassitarie.
«Tutto meglio che lavorare», hanno detto in tanti a proposito del mestiere di giornalista e lo si può ripetere per tanti altri lavori che sono prosperati nel periodo delle vacche grasse, per i quali non c’è ormai spazio.
Al succo, la questione è semplice: la società contemporanea italiana non produce margini tali da consentire le vecchie dissipazioni, l’esercito di persone che vivono e mantengono le famiglie con la politica, le legioni di assistiti, di finanziati, di imboscati in associazioni senza apparente scopo di lucro, ma con concreti scopi di rapina e furto.
Al di là della volontà dei governanti, non ci sono soldi per proseguire o per inventare nuove formule dal reddito di cittadinanza al salario minimo garantito.
Senza invocare i sacri padri del liberismo (che hanno sostenuto a ragione che l’assistenza assopisce e uccide l’iniziativa e l’aspirazione al lavoro e alla crescita), basta esaminare il bilancio dello Stato italiano per scorgere un insuperabile disco rosso.
E occorre aggiungere che le colpe di questa situazione risalgono al passato remoto, quando iniziò lo scasso del bilancio per le necessità di una precaria pace sociale nella quale s’era impegnato il governo Andreotti (1976) dalla nonsfiducia del Pci, all’appoggio aperto comunista in quello che si chiamò il compromesso storico.
Poi, in tanti ci misero del loro, ma la risalita del debito pubblico s’impennò negli anni ’90, con ancora Andreotti e, poi, per le avventate decisioni del governatore della Banca d’Italia Ciampi (per una sanguinosa difesa della lira) e ancora dopo, con Berlusconi, sino alla decisione del duo Prodi-Damiano di controriformare il sistema pensionistico, aggravandone il deficit.
Ora, giugno 2015, non dobbiamo tacere o nascondere sotto il tappeto gli elementi critici di un governo e di un premier inadeguati all’attualità.
Ma dobbiamo avere l’onestà di riconoscere che, nonostante i limiti, hanno rimesso in moto il Paese con riforme coraggiose che vanno sostenute. Anche quella della scuola, che ha costituito la pietra dello scandalo e che è stata evocata dai «coesi sociali», costituisce un passo avanti, non definitivo, sulla strada per trasformare l’istruzione da diplomificio organizzato per i professori a opportunità formativa reale e concreta per milioni di giovani che debbono essere resi bravi come sono gli altri giovani delle nazioni sviluppate e non.
Non credo nella marcia indietro di Renzi sul tema scuola. Credo in qualche aggiustamento che tenga conto non tanto delle necessità reali del sistema quando della realtà degli schieramenti in campo e, quindi, del realismo necessario per andare avanti.
Sulla geometria variabile, infine, mentre nere nubi si addensano su Angelino Alfano per i suoi rapporti con Castiglione, il sottosegretario indagato, dobbiamo ammettere serenamente che non è nelle disponibilità di Renzi procedere a una rottura immediata e profonda con quel pezzo di Pci-Dc-Pd che è compromesso in Roma capitale e che ancora controlla vaste zone e vasti ambienti di militanza dura e pura.
È la voglia di vedere il Paese in marcia, in ripresa, in rilancio che ci può far dire che, a dispetto di gufi e di errori, la strada delle riforme deve essere percorsa sino in fondo. E se l’autista ha una macchina scassata, una patente fresca, e una scarsa abilità di guida, è l’unico che ha il volante in mano.

Domenico Cacopardo

12 giu 2015

'Troppa ”arrogance” .. e meno consensi..

Ma c'è ancora un voto rimasto nell'ombra..un enorme consenso non espresso poichè non soddisfatto di un sistema politico che guarda poco alla democrazia e molto agli interessi di una governabilità imposta e poco chiara che non soddisfa i diritti dei tanti cittadini. Un consenso che primo o dopo dovrà sfogare...

I fatti ormai, dopo le recenti elezioni, sembrano mettere in evidenza alcune certezze: Sia Renzi che il cavaliere..agevolati dal volere della Merkel, hanno sempre insistito per l’Italicum...malgrado Berlusconi, dopo la rottura del patto del Nazareno, abbia fatto un chiaro dietrofront per palesi motivi di rivalsa.

Era perciò chiaro che Renzi, fino a poco tempo fa.. fosse straconvinto di una facile vittoria del suo PD col superamento della soglia del 40%..potendosi accaparrare..in tal modo.. un ricco premio di maggioranza tale da garantirgli una serena governabilità per lungo tempo. Credo che, adesso, dopo le recenti elezioni amministrative, sia messo in serio dubbio la possibilità di un superamento di tale soglia.. e qualcuno afferma che fra un eventuale ballottaggio potrebbe addirittura vincere il partito pentastellato dei grillini.

Pur non restando una ipotesi strampalata..non sarebbe facile..nè sereno.. immaginarsi una governabilità affidata ai giovani intraprendenti e presuntuosi del movimento di Grillo.. spronati da uno spirito di democrazia diretta alquanto impossibile.. oltre che dalla guida molto discutibile dei capi supremi affidata per controllo ai computers …

Tuttavia, dopo le regionali, si discute ancora su chi ha vinto o perso, ma un dato di fatto appare certo : Ha vinto ancora una volta l'astensione e, tra i Partiti votati... sicuramente la Lega. Forza Italia ha perso. Il Pd ha disperso una marea di voti. I grillini, pur non vincendo..non hanno nemmeno perso poiché.. con il loro 20% dei consensi, potrebbero partecipare ad un eventuale ballottaggio contro il Partito Democratico.. destinato verso una rottura alla sua sinistra.

E' quindi chiaro che i due protagonisti della politica italiana (Renzi-Berlusconi),fino a poco tempo fa,  non avrebbero mai pensato che potesse finire così. La destra pare condursi verso la strada di una interminabile perdita di consensi: un calo perpetuo ed inarrestabile di voti. La Lega avanza ma non si impone al sud..togliendo voti allo stesso Berlusconi. Di tutto ciò, il Movimento di Grillo, può approfittare sfruttando proprio l’Italicum voluto da Matteo Renzi per contendere alla stessa sinistra la vittoria. Ma non può di certo gioire Angelino Alfano, per un esito elettorale che porta il suo Partito ad un risultato sempre più deludente ..Talmente deludente quanto la sua stessa politica...

Per quanto riguarda il partito del sindaco d'Italia Matteo Renzi.. che ottiene una vittoria di cinque regioni su sette, si deve mettere in evidenza l'enorme drenaggio di voti... tanti consensi in meno rispetto a quelli che ottenne alle elezioni europee dell’anno passato: in certe città nelle quali si è votato ha ottenuto un risultato inferiore al trenta per cento:  L'arroganza con la quale aveva cantato vittoria lo scorso anno il segretario premier.. non ha certamente pagato!

Renzi ha sempre perseverato nella propria presunzione e il rischio per il Pd ed i molti che al suo interno lo seguono, è quello di un possibile arretramento. Inoltre i recenti fatti giudiziari riguardanti la capitale che coinvolgono in pieno il suo Partito, non agevolano di sicuro il percorso del sindaco d'Italia che continua a non comprendere quanto dannoso sia continuare a governare la Nazione attraverso precise divergenze con il cittadino e le forze lavorative del Paese...Renzi di sicuro non aggrega..o forse pensa di farlo attraverso stupidi “selfie”!

C'è chi pensa che quella del premier appaia più un'”arrogance” che un “governance”, ma non v'è dubbio che l’attuale capo del governo, si trovi oggi sempre più schiacciato dalle pesanti posizioni e gli obblighi di una Unione Europea fermamente controllata dalla Germania e..proprio le sue riforme.. sono sempre apparse come conseguenze di tale volontà.. non rispecchiando il valore, la cultura politica e gli interessi specifici della sua stessa Nazione.
vincenzo cacopardo



11 giu 2015

un appunto al nuovo articolo del consigliere Cacopardo su Obama e diplomazia Europea

Ha ragione Domenico ..ma sembra addirittura che l'America cerchi un qualsiasi pretesto per provocare qualche atto di guerra in un territorio che non gli è mai appartenuto. Non credo che noi italiani , con tutto il rispetto che si deve per l'aiuto ricevuto nel passato, possiamo ancora restare legati e vincolati alle teorie imperialiste e spesso assolute degli USA. Che sia Obama la maggiore bufala.. non ci possono essere più dubbi...come non ci possono essere dubbi sulle azioni di difesa di Putin di fronte ad una certa arroganza espressa sul caso Ucraina: Problema diplomatico che si sarebbe dovuto affrontare con maggior equilibrio e con la fondatezza di una conoscenza storica territoriale meno approssimativa.
Questa Europa che si trascina al servilismo di una America tanto lontana dai veri problemi oggi esistenti, è l'emblema di una Comunità che rimane incapace di trovare soluzioni diplomatiche più efficaci ed utili persino a se stessa.
La verità sull'Ucraina (problema che sembra riaccendersi) è complessa e la responsabilità non può pesare sulle necessarie tutele operate dalla politica di Putin a difesa dei terrirori che più gli sono consimili per storia, cultura ed interessi economici.
Sembrano comunque volersi volutamente nascondere alcuni fatti essenziali avvenuti circa un anno fa quando le forze di destra del partito paranazista Svoboda, hanno militarizzato le difese di Maidan e molti manifestanti si sono armati di armi nuovissime, fucili e pistole. Naturalmente qualcuno vorrebbe anche sapere la verità sulla provenienza di quelle armi dato il fatto che non sia per niente assicurato che siano di provenienza russa. Vi sono stati massacri di manifestanti sempre attribuiti ai russi per indurre ad una indignazione e far sì che i media spingessero a favore dell'Europa e dell'America.
Di sicuro in quella data a Kiev gli eventi sono precipitati. Giorni dopo sembra essersi raggiunto un accordo con il presidente Janukovich e le forze di opposizione, ma successivamente la notizia fu smentita e poi... come si è dato sapere... in parlamento si è scatenato l'inferno. Successivamente... trovato l'accordo tra qualche fischio della piazza... ci si è apprestati ad una riforma costituzionale, si è formato un nuovo governo di unità nazionale ed elezioni a breve termine. In parlamento una quarantina di deputati di Janukovich passano all’opposizione, si depone il ministro dell’interno e si delibera la scarcerazione di Julya Timoschenko...infine.. la fuga di Janukovich.
Appare certo è che la decisione del destino del paese sia stata concentrata su una serie di avvenimenti poco chiari... non voluti dallo stesso popolo ucraino, ma determinati da forze diverse. Avvenimenti che lasciano senza alcuna chiarezza e che portano al sospetto di una ulteriore influenza dell'America nei terrirori dell'est.
vincenzo cacopardo



È Obama la bufala maggiore che ci sia in circolazione, ma gli europei si sono comportati con lui, al G7 bavarese, come se avessero l’anello al naso.
Non c’è nessuno, negli ambienti che contano delle capitali dell’Europa allargata, che abbia creduto alle notizie diffuse dalla Cia, il servizio segreto meno credibile del mondo, noto per le bugie distribuite in giro (le armi chimiche di Saddam, per esempio), sull’aggravarsi della tensione in Ucraina a opera delle milizie filorusse. Anche perché lo zar del Cremlino è dotato di un riconosciuto «esprit de geometrie» che lo induce, anche quando compie scelte forti e dure, a ragionare sulle situazioni e sulle mosse da compiere. Non era certo nell’interesse suo e della Russia venirsene fuori con incidenti sanguinosi alla vigilia del G7, diventato 7 dopo la sua espulsione.
Interessava solo al provvisorio ospite della Casa Bianca, ai padroni americani del business energetico e al loro rappresentante nello scacchiere, il presidente golpista Poroshenko, presentarsi al vertice accompagnati dal coro della stampa occidentale che denunciava l’irresponsabile aggravamento della crisi che inchioda l’Ucraina a un destino non inatteso, quello del territorio conteso tra Occidente e Oriente.
È utile ricordare brevemente il succedersi degli eventi.
L’Ucraina viene governata, dopo molti sussulti provocati dai filorussi e dai filoamericani, da Yanukovich, regolarmente eletto. Un equilibrista, questo presidente, in bilico tra le contrastanti esigenze dei suoi cittadini e, comunque, percepito come non ostile a Mosca. La cosa non va bene a Washington, a Berlino e allo schieramento di stati exsovietici che nutrono folli sentimenti revanscisti nell’era atomica (Lituania, Estonia, Lettonia, Polonia). Perciò si organizza un golpe, contando sulla forza dei gruppi neonazisti, sorti nell’ultimo decennio sulle macerie del passato.
Il golpe ha successo e porta al potere Poroshenko, un ucraino molto amerikano.
L’idea, di certo irrealistica, è quella di spostare l’Ucraina nel campo americano, completando lo schieramento all’Est dell’Europa, dal Nord finlandese sino alla Crimea.
Che l’operazione sia stata considerata ostile dalla Russia non è una sorpresa, solo una logica ineluttabile conseguenza.
Come ovunque nel mondo, Obama mostra le proprie irreparabili manchevolezze di visione e di leadership, aprendo fronti che sistematicamente gli si rivoltano contro.
Anche dal punto di vista militare, la situazione è grave e insostenibile, almeno per noi europei: sulla linea che va dal mare Baltico al mar Nero volano gli «strikers» occidentali (cacciabombiardieri, all’occorrenza atomici) in missione di sorveglianza e di prevenzione.
E allora, ci si sorprende che la Russia abbia dato il via all’aggiornamento del proprio armamento missilistico a medio raggio, cioè antieuropeo? Non lo si immaginava?
Nel concreto la questione, sfrondata dei demenziali progetti strategici di Obama, è la seguente: il confronto-scontro, trasferitosi sul terreno economico, significa un drastico azzeramento dell’interscambio Europa-Russia, stimato, prima della crisi, in 250 miliardi di euro (con una importante quota italiana). 

Se si volesse allentare la tensione in vista di un «appeasement», la strada giusta sarebbe approfondire e allargare i rapporti economici, rendendo la Russia sempre più legata all’Unione europea e, quindi, sulla via di un solido ancoraggio all’Occidente.
La politica di Obama, passivamente accettata dalla Germania (e dall’Unione) invece ha provocato lo spostamento dell’asse politico russo sulla Cina, con la quale è stato definito il più grande accordo di cooperazione commerciale della storia del mondo.
Ora, in Baviera, dopo la faccia feroce del presidente americano, sembra abbia avuto il via una nuova fase di maggiori sanzioni. Una linea che, in realtà, a questo punto significa solo che il prezzo delle sanzioni sarà pagato dalle economie di esportazione dell’Unione, le vere destinatarie dell’embargo.
Quanto alla questione libica, si potrebbe dire: «Non pervenuta.»
Si nota, per il contesto Mediterraneo, l’assenza di peso di Matteo Renzi, incapace di affermare un qualsiasi ruolo dell’Italia, nè sul fronte «caos libico», né su quello caldissimo delle migrazioni.
E dire che il disastro libico è tutto da attribuire agli Stati Uniti e alla Francia (Sarkozy), all’inseguimento, quest’ultima, della estromissione italiana e della sua sostituzione.
Non sarebbero questi due buoni motivi per rifiutare il ruolo di «fedele amico dell’uomo», quello che riceve il primo calcio in bocca?
No, non è bastato. Il giovane e inconsapevole primo ministro italiano se ne è uscito con una breve filippica contro il governo dell’epoca (Berlusconi) per la partecipazione all’operazione bombardamenti in Libia, dimenticando che, a quel tempo, l’Italia fu estremamente riluttante e che l’interventismo autolesionista fu fortemente caldeggiato dalla sua parte politica e dalla grande stampa, più attenta agli interessi transalpini che a quelli nazionali.
Sul dossier russo, invece, il nostro «premier» ha adottato la linea «coraggio con prudenza»: a Washington aveva detto a Obama che l’Italia non avrebbe rotto la solidarietà occidentale. In Germania ha, sostanzialmente taciuto, rinviando il suo discorso a ieri, alla visita di Putin all’Expo, a Mattarella e a lui medesimo. Nella speranza di ritagliarsi un ruolo privilegiato nei rapporti con l’ancora potente orso dell’Est e di ottenere un qualche consenso per le iniziative possibili in Libia.
Uno spiraglio, anche minimo, di autonomia che si sarebbe potuto ben altrimenti spendere al G7.
Domenico Cacopardo

Umberto Eco.. e i social


Secondo Umberto Eco "I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”.

Parola di Umberto Eco che attacca così internet dopo aver ricevuto all’Università di Torino la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media”. “Prima – ha detto Eco - parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli imbecilli".
Per il premio Nobel il web sarebbe un vero e proprio “dramma” perché promuoverebbe “lo scemo del villaggio a detentore della verità”. La struttura di internet, secondo Eco, favorirebbe infatti il proliferare di bufale. E in proposito ha affermato anche che il ruolo dei giornali in tal senso è importante perché dovrebbero “filtrare con équipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno". Per fare questo “i giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all'analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi”, ha detto Eco riferendosi al fenomeno della copiatura dal web.
Per il professore e premio Nobel la laurea honoris causa è stata un ritorno alle origini. Proprio qui, infatti, anel 1954 si era laureato in Filosofia. “La seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica", ha scherzato Eco.


Queste.. del professore Eco ..sono parole che potrebbero anche condividersi, se non fosse che tendono.. solitamente.. a fare di tutta l'erba un fascio: La comunicazione offerta da questi strumenti sembra concedere, anche se con qualche evidente “dramma offerto dallo scemo del villaggio a detentore della verità”, la possibilità di scambiare opinioni e conoscenze attraverso pensieri e culture diverse che prima potevamo sognarci. 

Una invenzione straordinaria che, se contenuta in parametri di equilibrio, mira a scoprire il pensiero dei tanti e mette in evidenza storture e deformazioni di una società che prima tendeva a nascondere certe verità: Quanta conoscenza viene fuori dallo scambio del pensiero e dalle informazioni che tali mezzi ti consentono? In certi casi vengono fuori anche commenti migliori di quelli offeri da alcuni giornalisti compromessi!

Naturalmente il discorso del noto e valente professore.. tende a mettere in risalto solo le storture, a volte di cattivissimo gusto.. ed altre persino pericolose, che determinano tali strumenti.. e su questo non si può che restare d'accordo: in tal caso, per alcuni casi, occorrerebbero regole più rigide. Ma resta soprendente che una personalità.. come quella di Eco, non trovi anche il lato positivo che offrono tali strumenti di scambio.. dando vita ad una conoscenza che prima restava sommersa e che perdurava solo in mano ai pochi “Media” spesso manovrati da Lobbjes e poteri forti.

Mentre al bar..tra una poesia ed un dialogo.. si sorseggiavano i bicchieri di vino... i poteri forti potevano nascondere certe verità che oggi, grazie ai social, sembrano venire a galla!
vincenzo cacopardo


Una nota aggiuntiva all'opinione di Gaetano Armao sulla” Sicilia che ha già dato”.....


L'opinione di Armao centra il vero problema che sta impegnando la nostra isola in una gara di resistenza che non può più essere contenuta. I nostri centri scoppiano, mentre il resto della nostra Nazione ha sonnecchiato di fronte ad una problematica devastante in termini di vivibilità sociale: Era chiaro che lo stesso governo avrebbe già da tempo dovuto prevedere una simile affluenza ed una logica sofferenza da parte della nostra Sicilia. Al di là di ogni politica senza scrupoli che ha continuato a speculare in modo orrendo sulla già difficile opera di mantenimento degli extracomunitari, quello che oggi sorprende è la strafottenza nei riguardi delle evidenti difficoltà della nostra isola trovatasi di fronte ad una tragedia che non potrà più reggere e sopportare per l'evidente afflusso di migranti. La Sicilia rimane piegata nella drammatica crisi che la sta coinvolgendo e come giustamente afferma Armao strabocca di immigrati senza lavoro, occupati in attività illegali, privi di garanzie sanitarie e sociali, alla mercé della criminalità e del malaffare” 

La nuova strategia “Triton” in alternativa a “Mare nostrum”, continua a generare incidenti mortali senza sosta e la politica, sia quella nazionale che quella europea, appare inerte di fronte alle catastrofi annunciate ed alla sequela della morie al largo delle coste del nostro Paese. Ma è proprio l'ipocrisia il maggior peccato di chi insiste col mostrare retoricamente dolore per queste stragi che non potevano non essere annunciate da un andazzo indolente ed inoperoso di una politica internazionale rimasta lontana da quello che oggi rappresenta uno dei temi più scottanti nel quadro dei paesi del mediterraneo.

Certo..le soluzioni non risultano semplici, ma non vi possono essere equivoci sul fatto che il tempo trascorso e la poca importanza messavi, ha contribuito a far degenerare il problema in un dramma soprattutto per la nostra isola. L'agenzia europea Frontex (per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea) è un'istituzione che non può mai operare preventivamente per risolvere il vero problema...quando questo alla radice è proprio quello di bloccare sul nascere queste partenze. Nel frangente la nostra Nazione e soprattutto la nostra isola.. si sono mossi, spinti da un particolare senso umano, a protezione delle vite dei tanti emigranti (clandestini o no)..

Ma anche la politica della nostra stessa Regione, nella figura del suo Presidente.. non sembra aver dimostrato carattere e capacità, né un minimo di lungimiranza. Non si è imposta con grinta e determinazione nei confronti del governo.. ricercando come al solito la abituale via più facile dell'accompagnamento nei centri d'accoglienza con rischi e pericoli.. oggi.. sempre più evidenti. In ciò..non si può, quindi, che condividere la critica di Armao verso l'ineguatezza e l'incapacità di difendere la sicurezza dei territori dell'isola

Di fronte alla politica governativa del Paese.. che poco ha offerto allo sviluppo del Mezzogiorno...la Sicilia pare aver dato fin troppo..
Vincenzo cacopardo


"Bisogna subito correggere i parametri”

La Sicilia ha già dato. L’isola ospita oltre 16.000 persone tra centri di accoglienza, Cara e Sprar: quasi un quinto dell’intero Paese. Dobbiamo chiedere non solo di ripartire immediatamente i migranti tra le Regioni, ma di farlo su parametri che tengano conto oltre che della popolazione, anche della ricchezza, della capacità di assorbire coloro tra questi che resteranno nel mercato del lavoro. E questo senza compromettere i vincoli di solidarietà umana.
Con diversi e più corretti parametri la Sicilia dovrebbe accogliere poco più della metà dei migranti.Altro che la manfrine di questi giorni tra Regioni del Nord e del Sud, condizionati da interessi della politica senza scrupoli che gestisce la miseria. I Paesi europei chiudono le frontiere, le Regioni italiane del Nord rifiutano il trasferimento di migranti, e così città e paesi della Sicilia – già provati da una crisi drammatica che toglie lavoro ai siciliani e fa scappare le migliori capacità –straboccano di immigrati senza lavoro, occupati in attività illegali, privi di garanzie sanitarie e sociali, alla mercé della criminalità e del malaffare (anche di quello istituzionalizzato, a quanto pare…).
È vero che la gran parte dei migranti va poi verso altri Paesi d’Europa, ma molti restano ed appesantiscono il carico sociale ed economico di disoccupazione, fame e disperazione dei territori siciliani. Nei prossimi anni, secondo le stime di Frontex (l’Agenzia europea per le migrazioni), milioni, sì milioni, di persone cercheranno di sbarcare in Sicilia e nel sud del Paese
Che misure si stanno prendendo di fronte ad una migrazione di queste immani proporzioni? Per evitare che la Sicilia diventi un enorme ammortizzatore della incapacità europea di affrontare la mutazione dei rapporti tra Europa ed Africa? La Regione, anche in questa vicenda, ha dimostrato l’inadeguatezza dei suoi vertici, l’incapacità di difendere gli interessi dei siciliani e di garantirne anche la sola sicurezza, la remissività verso ogni “vessazione” imposta da Roma.
La vicenda dei migranti evidenzia anche l’incapacità del Governo nazionale ad affrontare questo dramma epocale sia internamente che a livello europeo (a cosa sia servito il semestre di presidenza italiana Ue a questo riguardo è più che lecito chiederlo ) ed a reprimere il crescente malaffare che connota la gestione dell’accoglienza.
Dal Governo statale, che amministra l’irrilevanza dell’Italia nel contesto europeo e dal suo omologo regionale esecutore dei voleri del primo, quando non ne risulta addirittura commissariato, i siciliani pretendano risposte immediate. Oggi è in gioco non solo la dignità della Sicilia, ma sopratutto la sua sicurezza ed il futuro dei suoi figli.
Gaetano Armao

10 giu 2015

Sull'immunità parlamentare... di Domenico Cacopardo


Sembra che il 2015 sia l’anno zero della Repubblica: un po’ la «naitivité» del personale politico inventato da Bersani, un po’ la banda sciamannata condotta da Grillo&Casalegno in Parlamento, un po’ la rimozione della storia di cui il «premier» Matteo Renzi è portatore, tutto contribuisce all’approssimazione e al dilettantismo istituzionale.

A rompere il dilettantismo, interviene Giampiero Buonomo, valoroso consigliere parlamentare nel Senato, con «Lo scudo di cartone», Rubettino editore, che sarà presentato nell’aula dei gruppi parlamentari della Camera, in via di Campo Marzio 78 lunedì 8 giugno alle 17 con Giovanni Crema e Marco Follini, già presidenti della Giunta immunitaria (dall’estate dei “furbetti del quartierino” al voto sul caso Ruby) e con Nello Rossi, procuratore aggiunto a Roma. Moderatrice Fiorenza Sarzanini, giornalista del Corriere della sera.
La monografia potrebbe anche intitolarsi «Dal dogma della sovranità parlamentare alla modernità dello Stato di diritto».
La questione è attuale perché riguarda i cruciali rapporti tra giustizia e politica, che hanno perso il loro equilibrio costituzionale per la continua erosione delle prerogative parlamentari e dell’affermarsi di un generale rifiuto delle stesse, considerate privilegio di persone ingiustamente beneficate.
Sottovalutato il valore etico e politico dell’immunità, si è arrivati a entrare nel merito di scelte specifiche, rilevando improprie o illegali induzioni delle stesse: un’operazione che dovrebbe essere riservata ai medesimi organi parlamentari, non a un soggetto esterno, espressione di un diverso potere peraltro dotato della «forza» (polizia giudiziaria e un improprio, acritico supporto mediatico).
Buonomo, con il suo volume, sviscera il problema, partendo dalle sentenze della Corte costituzionale per arrivare a definire una linea di confine tra le contrastanti posizioni del Parlamento e della magistratura: insomma l’operatività del duplice concetto, quasi un’endiadi, di inviolabilità e garanzie.
Buonomo entra nel merito di questioni «calde» e recenti come il processo per la compravendita del senatore De Gregorio, la responsabilità del direttore di un giornale che pubblica le dichiarazioni di un parlamentare, la discussa perquisizione della sede della Lega Nord in via Bellerio, le visite di parlamentari a carceri o caserme, le intercettazioni telefoniche a carico di utenze intestate a un deputato o a un senatore, il lodo Alfano e l’autonomia giudiziaria, detta autodichia.
È interessante l’«affaire» Lega Nord per la perquisizione di via Bellerio. Nel 2004, la Corte costituzionale aveva affermato che la prerogativa costituzionale dell’inviolabilità personale e del domicilio comprendeva gli spazi ulteriori identificabili come tale (domicilio). La Cassazione, nel 2009, s’era adeguata. Sulla vertenza apertasi per la perquisizione di via Bellerio la parola fine venne quindi messa dalla Corte costituzionale che ribadì che l’autorità giudiziaria non aveva l’autorità di farla eseguire, in quanto «luogo di fatto adibito a ufficio», se non dopo autorizzazione a procedere della Camera dei deputati.
Buonomo esamina anche, in punto di diritto, il procedimento per corruzione e finanziamento illecito di partiti nei confronti del deputato Silvio Berlusconi per il caso De Gregorio. Qui, emerge la discutibile idea giudiziaria dell’insussistenza della tutela costituzionale del «cieco arbitrio del parlamentare».
Rimane sullo sfondo, il mutamento delle sensibilità popolari, sempre meno attente alle garanzie, sempre più desiderose di giustizia purché sia, anche quando essa contraddice i principi storici della società democratica e dello Stato di diritto.
Insomma, una lettura risolutiva, scevra da pregiudizi parlamentaristi o antiparlamentaristi, idonea a consegnare ai lettori un’affidabile bussola per esprimere un giudizio consapevole su quanto sta accadendo sul piano dell’attuazione della Costituzione nel delicato campo delle prerogative e dei doveri dei componenti delle camere.
Domenico Cacopardo