LA CRISI DEL SISTEMA ITALIA
Mentre il governo, tra mille difficoltà, anche di prospettiva, approva la legge di stabilità e la invia a Bruxelles per quelli che si annunciano come esami severi, un evento scuote quel poco che resta del capitalismo italiano, dimostrando che la crisi della Nazione è radicata e ampia. Non solo la politica, la giustizia, l’ordine pubblico, la sanità e le infrastrutture (difesa del suolo) testimoniano la perdita di valore del patto sociale e la crescita della sfiducia.
Anche nel mondo imprenditoriale che manifestano irresponsabilità e avventurismo, alla faccia della Borsa, delle maestranze e, soprattutto, dell’Azienda, soggetti di cui parla il codice civile (art. 2555): «il complesso di beni organizzati da un soggetto l'imprenditore, strutturato funzionalmente per l'esercizio dell'impresa». Spiegano i giuristi che, quindi, l’Azienda è organizzazione economica, le cui componenti sono disciplinate da rapporti gerarchici.
Il riferimento è alla situazione della Luxottica, sin qui vanto dell’imprenditoria nazionale, nella quale un prodotto di scarso «software», viene valorizzato dall’idea italiana di «fashion» e dall’imprevisto aprirsi di nuove inesplorate possibilità tecnologiche. Le questioni private che hanno determinato l’allontanamento dell’a. d. Guerra e, dopo un mese, del suo successore Cavatorta, sono ignote, ma hanno diretti riflessi sull’Azienda, sul suo presente e, soprattutto, sul suo futuro e su quello di migliaia di dipendenti.
La mancanza di chiarezza manifestatasi in questi mesi è inaccettabile ed è la riprova di quella crisi di cui dicevamo all’inizio. C’è da chiedersi a che cosa serva la Consob, visti le iniziative e i risultati di questi ultimi anni.
Così, «en passant», sarebbe importante comprendere a cosa serva il garante della «privacy», interpretato per primo dall’expresidente del Pds, Rodotà, e ora dall’expresidente dei deputati Pd, Soro, alla faccia dell’indipendenza e della terzietà.
La sensazione complessiva è che il Paese viaggi a più velocità. C’è quella di Renzi, alla quale non tutti i componenti del suo governo sono capaci di adeguarsi: basti pensare a Delrio che, l’altro ieri, sosteneva che la lotta all’evasione è uno dei fondamenti della nuova finanziaria. Dopo decenni di finanziarie scritte sul presupposto di entrate straordinarie dalla lotta all’evasione (mitica per mistificazione quella di Amato del 2001), ripetere un discorso del genere dimostra scarsa comprensione di ciò che è accaduto e che sta accadendo, anche dentro Palazzo Chigi.
Del resto, a parte l’economia criminale, l’evasione è figlia diretta e inevitabile dell’eccesso di tassazione che rende conveniente evadere per chi può evadere: il tessuto di decine di migliaia di operatori che, nell’artigianato, nelle professioni e nel commercio riescono a sfuggire, parzialmente, al «vessator scortese», uno Stato che infila le mani nelle tasche dei cittadini, ne preleva i soldi e li dissipa (in parte) in spese clientelari.
Alla velocità di Renzi non viaggia un pezzo del suo partito che oggi, 16 ottobre, scende in piazza con la Cgil contro il «iobs act» e lo «sblocca Italia». Non si capisce infatti come un gentiluomo come Gianni Cuperlo vada a manifestare contro il governo espressione del suo partito, per l’adozione di leggi –che lui non condivide- ma che rappresentano quel cambiamento di cui tutti avvertono la necessità, tranne il mondo parassitario della Cigl.
Non si muovono e rimangono lì a ripetere, come un disco rotto, il solito discorso le televisioni, prime fra tutte la Rai e La7. «Mitraglietta», al secolo Enrico Mentana, si spinge a implorare un’intervista a Beppe Grillo senza rendersi conto che il comico è legato a un passato di cui si attende solo la sepoltura.
L’expromessa Giovanni Floris si attarda su antichi personaggi come per tentare di riportare il dibattito indietro di dieci anni. Nasconde così (e con lui tanti altri, vedi Santoro) l’incapacità di interpretare ciò che sta accadendo.
L’avanzare della crisi metterà la parola fine alle illusioni.
Renzi non è la panacea. Ma sta tentando, tra gli errori, il cambiamento e, forse, ha capito che con le riforme verbali non si va da nessuna parte.
Il confronto con l’Europa lo aiuterà, soprattutto, se, «si vera sunt exposita», la legge di stabilità sarà accolta con prescrizioni congenti: contenuti delle riforme e cronogrammi. L’Unione, così, darà al «premier» l’arma finale, quella di cui abbiamo necessità per spezzare le resistenze di tipo ideologico che, come sempre, nascondono interessi pelosi.
In questo scritto Domenico accenna una tenue critica..sia su Mentana e Floris...(facendoli apparire come supplichevoli e modesti conduttori)... che contro i loro ospiti Cuperlo e Grillo che, in realtà, nella qualità di attivisti politici, si pongono domande puntando contro un certo sistema e le procedure adottate da chi oggi lo guida.
Domenico afferma alcune cose giuste, ma anche comode per chi, come lui e tanti altri, rimangono adagiati in un sistema che premia ricche pensioni ed emonumenti spropositati persistendo col vivere scevri da preoccupazioni ...Il premier Renzi continua a fornire costante serenità ad una buona parte di dipendenti inserita nel sistema con stipendi che in un modo od in un altro, ne permettono la sopravvivenza.
La visione del buon cugino Domenico non potrà mai esulare da una propria sicura posizione che (pur riconosciuta nei suoi alti meriti ed i conseguenti prestigiosi trascorsi) difficilmente potrà avere un riscontro con una visione più realistica delle odierne difficoltà di chi è oggi costretto a vedere la vita in termini di continue insicurezze economiche...Quando il consigliere Cacopardo ci spiega che Renzi, pur non essendo una panacea, contrasta le riforme verbali a beneficio del suo fare, dimentica di entrare nel merito specifico delle stesse.. in relazione ad una serie di questioni che toccano da vicino la vita ed il sociale di chi oggi vive con stenti e difficoltà...dei tanti professionisti (laureati e non) privi ormai di lavoro e che combattono ogni giorno per ogni misera commessa o incarico... a costo di finire col perdere ogni propria dignità.
Le considerazioni di Domenico.. nel merito su premier, non potranno mai convincere e soddisfare chi un lavoro non lo ha... nè i tanti giovani per lo più sfruttati in lavori sottopagati,... nè i tanti esodati ed i moltissimi pensionati con una minima incapaci di poter immaginare il domani. Quindi l'affermare, seppur in sottovoce e con qualche remora, di dover dare fiducia al sindaco d'Italia, mal si concilia con il merito delle scelte dallo stesso imposte ed ultimamente effettuate... che in maggioranza non aiutano nel merito coloro che ne avrebbero maggior bisogno. Tutto ciò senza alcun preconcetto o posizione politica di parte...
Come si può.. dunque.. pretendere che una gran parte di bisognosi... incapienti e professionisti ormai sul lastrico, possano credere o sperare in chi..malgrado in suo attivismo, si è costantemente mosso in favore di coloro ormai al sicuro (dipendenti pubblici, notai, magistrati, universitari, politici, rappresentanti istituzionali... etc, uniti nel futuro da una pensione d'oro)...tralasciando di dovere la ricerca di nuove iniziative, con regole fiscali più sicure che aiutino le libere professioni e per i tanti giovani oggi alla ricerca di un lavoro?...Come potrebbero costoro continuare ancora a sperare ad un processo di costruzione delle riforme.. quando questo è costantemente rivolto verso un sistematico modo di regolare i rapporti sociali con chi ha già... e non per chi desidera poter crescere attraverso iniziative e nuovo sviluppo..offrendo maggior sicurezza?.
vincenzo cacopardo